• Non ci sono risultati.

La speranza di vita senza limitazioni

Conclusioni: migliori informazioni per migliori politiche

1. LE CONDIZIONI DI SALUTE E L’AUTONOMIA DELLE PERSONE CON DISABILITÀ 1

1.6 La speranza di vita senza limitazioni

L’Italia si colloca ormai da alcuni decenni tra i primi paesi al mondo per longevità e il quadro demografico che si prospetta nei prossimi decenni segnala un ulteriore processo di invecchiamento della popolazione. Ciò non solo per l’aumento della longevità, ma anche per il forte calo delle nascite che si sta registrando negli ultimi anni. Restringendo il campo di osservazione alla popolazione anziana, in cui si concentra maggiormente la quota di persone con gravi limitazioni nelle attività, gli ultra-sessantacinquenni nel 2050 aumente-ranno di oltre 6 milioni a fronte di una riduzione complessiva della popolazione (da 60,4 milioni a 58,2 milioni); una persona su tre sarà anziana e il rapporto aumenta ancor più nel Mezzogiorno.

Considerando infatti le previsioni dell’indice di vecchiaia (Grafico 1.6)7, secondo lo sce-nario mediano, dal 2035 i valori per il Sud e le Isole saranno superiori a quelli previsti per il resto d’Italia.

È fondamentale fin d’ora monitorare se al progressivo allungamento della vita media corrisponderà un numero più elevato di anni di vita in autonomia. In altre parole, sarà de-terminante valutare se alla maggiore longevità si accompagnerà un peggioramento delle condizioni di salute in termini di perdita di autonomia.

Nel 2017, a 65 anni il numero medio di anni di vita attesi senza limitazioni nelle attività8

si stima pari a 10 anni per gli uomini e 9,4 anni per le donne. Ciò significa che un uomo di 65 anni si aspetta di vivere in media, dei complessivi 18,2 anni di vita che ha ancora davan-ti, oltre la metà in completa autonomia, mentre per le donne della stessa età, sebbene più longeve, solo il 40% dei 21,7 anni di vita residui è vissuto in piena autonomia.

7 L’indice di vecchiaia è dato dal rapporto percentuale tra la popolazione di 65 anni e oltre e la popolazione con meno di 15 anni

8 Per il calcolo dell’indicatore sulla speranza di vita senza limitazioni nelle attività si utilizza il quesito proposto a livello europeo del GALI (Global Activity Limitation Instrument). Per maggiori dettagli si veda l’appendice metodologica.

Fonte dei dati: Eurostat, Indagine europea sulla salute (EHIS)

* L’anno di riferimento dell’Indagine EHIS, per convenzione è il 2014, poiché la maggioranza dei paesi europei ha svolto la rilevazione nel 2014. L’Italia e altri pochi paesi tra cui Germania e Danimarca, hanno svolto l’indagine nel 2015, il Belgio nel 2013. Gli indicatori sono calcolati escludendo i non rispondenti.

Grafico 1.5 - Persone di 65 anni e più con gravi difficoltà nelle attività di cura della persona (ADL) e domestiche (IADL) per sesso e classe di età. Italia e media UE28. Anno 2014* (per 100 persone con le stesse caratteristiche)

0 5 10 15 20 25 65-74 75 e più Totale MASCHI 65-74 75 e più Totale FEMMINE

Gravi difficoltà nelle ADL

Italia Unione europea (28 Paesi)

0 10 20 30 40 50 60 65-74 75 e più Totale MASCHI 65-74 75 e più Totale FEMMINE

Gravi difficoltà nelle IADL

Confrontando nell’ultimo decennio a 65 anni la speranza di vita e quella senza limita-zioni nelle attività, emerge a livello nazionale il tendenziale incremento dei due indicatori. Tuttavia per genere si osserva un evidente gap della speranza di vita e che si annulla consi-derando la speranza di vita senza limitazioni nelle attività (Grafico 1.7).

L’analisi territoriale delle grandi aree geografiche mostra che, malgrado la generale tendenza al miglioramento dei due indicatori, il Mezzogiorno non è riuscito a recuperare lo svantaggio storico. Nel 2017 gli uomini 65enni residenti nel Mezzogiorno in media avevano una speranza di vita residua inferiore di circa 8 mesi rispetto ai loro coetanei del Centro e del Nord; per le donne il differenziale negativo è quasi di un anno rispetto al Nord e di 8 mesi rispetto al Centro. Per l’indicatore della speranza di vita senza limitazioni a 65 anni, i valori più elevati delle donne rispetto agli uomini emergono solo nel Mezzogiorno. Pertanto le

Fonte: ISTAT, Indicatori demografici al 1° gennaio 2017, Previsioni della popolazione residente su base 2017 - Scenario mediano

Grafico 1.6 - Indice di vecchiaia al 2017 e previsioni al 2050 (valori percentuali)

125 175 225 275 325 2017 2020 2025 2030 2035 2040 2045 2050 INDICE DI VECCHIAIA

Nord Ovest Nord Est Centro Sud Isole ITALIA

Fonte: Istat, Tavole di mortalità della popolazione italiana, Indagine Aspetti della vita quotidiana

Grafico 1.7 - Speranza di vita a 65 anni e speranza di vita senza limitazioni nelle attività a 65 anni per genere e area geografica. Anni 2010-2017 0 5 10 15 20 25 30 2010 2011 2012 2013 2014 2015 2016 2017 2010 2011 2012 2013 2014 2015 2016 2017 2010 2011 2012 2013 2014 2015 2016 2017 2010 2011 2012 2013 2014 2015 2016 2017

Nord Centro Mezzogiorno Italia

M Speranza di vita a 65 anni senza limitazioni M Speranza di vita a 65 anni F Speranza di vita a 65 anni senza limitazioni F Speranza di vita a 65 anni

donne anziane meridionali presentano un doppio svantaggio: sia rispetto alle loro coetanee delle altre aree geografiche (solo un terzo dei loro anni attesi è vissuto senza limitazioni a fronte di circa la metà per le anziane residenti al Nord e il 40% di quelle residenti al Centro), sia rispetto ai loro coetanei maschi (per i quali la vita media residua senza limitazioni a 65 anni è pari al 44% della speranza di vita alla stessa età).

I differenziali territoriali, analizzati con un maggior dettaglio, evidenziano che tra le regioni del Mezzogiorno, la minore vita attesa in autonomia per gli uomini si riscontra in Calabria (6,6 anni), Campania (7,1 anni) e Basilicata (7,7 anni) (Grafico 1.8). Si attesta al di sotto della media Italia anche qualche regione dell’Italia centrale, come ad esempio il Lazio (9,3 anni). La Provincia autonoma di Trento, insieme alle Marche, sono le zone con la più elevata speranza di vita senza limitazioni a 65 anni (11,6 anni), ma anche per Toscana, Lombardia ed Emilia Romagna i valori sono elevati. La Provincia autonoma di Bolzano, che ha valori simili a quella di Trento per l’indicatore sulla speranza di vita a 65 anni (rispettiva-mente 19,8 anni e 19,9 anni), per quella senza limitazioni ha un valore più basso di un anno, inferiore anche al dato medio dell’Italia.

Fonte: Istat, Tavole di mortalità della popolazione italiana, Indagine Aspetti della vita quotidiana

Grafico 1.8 - Speranza di vita a 65 anni e speranza di vita senza limitazioni nelle attività a 65 anni per genere e regione. Anno 2017 0 5 10 15 20 25 MASCHI

Speranza di vita senza limitazioni a 65 anni Speranza di vita a 65 anni

0 5 10 15 20 25 FEMMINE

Per le donne la geografia resta pressoché invariata riguardo al gradiente Nord-Sud. In fondo alla graduatoria si trovano la Sicilia (6,6 anni), seguita da Campania (6,7 anni) e Ca-labria (6,8) e, rispetto agli uomini, si aggiunge l’Umbria (7,5 anni). Le prime posizioni della graduatoria sono occupate dalle regioni più piccole, Valle d’Aosta e Molise, che precedono la Provincia autonoma di Trento, la Liguria, le Marche e il Friuli Venezia Giulia.

Nel confronto europeo, nel 2017 l’Italia è al terzo posto per l’indicatore sulla speranza di vita a 65 anni, dopo Francia e Spagna, sia per gli uomini che per le donne (Grafico 1.9), ma quando si considera la qualità della sopravvivenza (speranza di vita senza limitazioni a 65 anni), l’Italia perde diverse posizioni: scende infatti al 12° posto tra i 28 paesi UE per gli uomini e all’11° posto per le donne, sebbene con valori prossimi alla media UE.

Fonte: Eurostat database, https://ec.europa.eu/eurostat/data/database (aggiornamento al 08/07/2019) * Segnalazione di rottura di serie storica.

Grafico 1.9 - Speranza di vita a 65 anni e speranza di vita senza limitazioni nelle attività a 65 anni per genere. Confronti tra i paesi dell’Unione europea. Anno 2017

0 5 10 15 20 25 MASCHI

Speranza di vita senza limitazioni a 65 anni Speranza di vita a 65 anni

0 5 10 15 20 25 FEMMINE

Riguardo ai differenziali di genere in tutti i paesi dell’UE le donne, pur essendo più longeve degli uomini, vivono un minor numero di anni senza limitazioni. In media nell’UE, le donne a 65 anni si aspettano di vivere in assenza di limitazioni il 48% degli anni di vita complessivi attesi, gli uomini il 54%. Questa proporzione ha un’elevata variabilità nei vari paesi europei. In Svezia ad esempio supera l’80% per gli uomini ed il 70% per le donne, mentre in Slovacchia precipita al 25% per gli uomini e al 22% per le donne. Nei paesi dell’Europa dell’Est, sia per gli uomini che per le donne, non solo si osservano valori della speranze di vita a 65 anni tra le più basse d’Europa, ma, ad eccezione della Bulgaria, si stimano valori della speranza vita senza limita-zioni che raramente raggiungono i 7 anni di vita a fronte di una media UE pari a circa 10 anni.

1.7 Conclusioni

Pur nella consapevolezza che la presenza di limitazioni gravi può costituire l’effetto di una molteplicità di fattori legati alla salute, per l’impossibilità di poter segmentare tutte le sue specificità (possibili malformazioni alla nascita, malattie di tipo degenerativo come concausa di altri problemi di salute pregressi, malattie insorte in età adulta o anziana ecc.), nell’analisi si è fatto ricorso ai principali indicatori di salute, condivisi per lo più anche a livello internazionale, per rappresentare lo stato di salute di una popolazione.

Lo studio dell’associazione tra la presenza di limitazioni nelle attività e le condizioni di salute, misurate sia con indicatori soggettivi (salute percepita) che con indicatori oggettivi (presenza di malattie croniche), come atteso, ha evidenziato che tra le persone con limi-tazioni gravi nelle attività lo stato di salute è di gran lunga maggiormente compromesso rispetto a coloro che non dichiarano limitazioni. Inoltre poiché la composizione del colletti-vo delle persone con limitazioni gravi è fortemente sbilanciato verso l’età anziana, è molto diffusa la presenza di cronicità e comorbilità.

L’analisi delle condizioni di salute delle persone con gravi limitazioni e della perdita di autonomia negli anziani ha fatto emergere, oltre a differenze di genere - con un netto svantaggio delle donne rispetto agli uomini - la presenza di forti diseguaglianze sociali: emergono le sfavorevoli condizioni delle persone con basso titolo di studio rispetto a quelle con titolo di studio elevato. Inoltre nel territorio, il Mezzogiorno già svantaggiato rispetto al Centro-Nord, subendo un’accelerazione del processo di invecchiamento nei prossimi decenni, peggiorerà il suo divario con il resto del paese per la presenza di una quota molto elevata di popolazione anziana.

In tutti gli indicatori analizzati per la popolazione di 65 anni e più è emerso il forte legame tra perdita di autonomia e invecchiamento della popolazione. Nel confronto con gli altri paesi della UE, se per gli anziani di 65-74 anni l’Italia si colloca nella media europea, per i “molto anziani” sconta uno svantaggio demografico dovuto all’elevato grado di invecchiamento del-la sua popodel-lazione, perdendo posizioni rispetto ai primi posti in graduatoria raggiunti grazie ai guadagni in anni di vita attesi accumulati gradualmente negli ultimi quarant’anni.

Le previsioni per i prossimi anni in Italia evidenziano un ulteriore aumento dell’indice di vecchiaia che potrà aggravare l’attuale contesto, già caratterizzato dalla scarsità di strutture residenziali socio-assistenziali e socio-sanitarie, nonché da carenza di servizi di assistenza domiciliare, soprattutto nel Mezzogiorno e che potrà ulteriormente aggravarsi in considera-zione delle previsioni demografiche.

Una delle possibili strategie per contrastare l’incremento del bisogno di assistenza pas-sa anche per investimenti per promuovere policy che favoriscano l’invecchiamento attivo

(WHO, 2002) ovvero una condizione di vita autonoma e proattiva tra le persone ultra65enni. L’azione può essere condotta prima di tutto a livello preventivo, promuovendo stili di vita adeguati e controlli di prevenzione, ma anche attraverso attività di cura e assistenza che promuovano l’autonomia e l’autosufficienza. Specifiche azioni dovrebbero essere indiriz-zate a colmare anche le differenze di genere e di status socio-economico in una ottica di risparmio di risorse in ambito sanitario e sociale.