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1. La rigenerazione urbana e il rispetto del principio di legalità amministrativa

1.1. R IGENERAZIONE URBANA E LEGALITÀ

Ma se la rigenerazione urbana non è pacificamente un istituto giuridico, può dubitarsi della sua legalità? Se è vero che la rigenerazione è pacificamente un fenomeno urbanistico menzionato ampiamente da norme e sentenze, è anche vero che questo fenomeno trova una dimensione pratica nell’attività amministrativa. Ossia gli enti locali, le Regioni e più in generale qualsiasi soggetto pubblico che si occupi di urbanistica opera, o comunque è in grado di operare, quella che appunto si è definita una rigenerazione urbana.

Ma è proprio qui, nello scollamento tra rigenerazione-fenomeno e rigenerazione-istituto, che si colloca la possibile stortura. Le norme infatti

citano questo fenomeno e, di fatto, ne autorizzano la realizzazione. Le pubbliche amministrazioni, dal canto loro, operano contribuendo a realizzare la

ed auto-organizzati - di valorizzazione e rifunzionalizzazione di un contesto urbano dismesso o sottoutilizzato, sottolineando come il termine, derivato dal lessico delle scienze biologiche, suggerisca processi autopoietici nei quali le risorse necessarie alla trasformazione sono prevalentemente endogene (Rusci). In tal senso, dunque, il ruolo del soggetto pubblico sarebbe riconducibile ad una mera funzione di «innesco» (Cutini) – piuttosto che di pianificazione – di un fenomeno spontaneo ed auto-organizzato. ».

LA RIGENERAZIONE URBANA E IL RISPETTO DEL PRINCIPIO DI LEGALITÀ AMMINISTRATIVA

rigenerazione urbana.

Ci si potrebbe legittimamente chiedere se la rigenerazione urbana stessa sia una specifica attività amministrativa, e, se sì, se essa sia o meno rispettosa del principio di legalità. Alcuni autori, infatti, hanno parlato di una “funzione rigenerativa” autonoma210.

Per comprenderlo, è utile ripercorrere brevemente il significato (o i diversi significati possibili) del principio di legalità nel diritto amministrativo.

Anzitutto, non vi è un’unica espressione del concetto di legalità amministrativa ma i concetti storicamente ipotizzati sono almeno tre.

Un primo concetto, detto “debolissimo”, chiede semplicemente che l’attività amministrativa non sia contraria alla legge. Così esplicitato potrebbe sembrare pleonastico, ma considerato che a lungo l’attività amministrativa ha goduto di una presunzione di validità, bisogna replicare che non è affatto così. Se l’onere di legalità si concretizza solo nella non contrarietà alla legge, si deve pertanto dedurre che tutto ciò che non è contrario è permesso alla pubblica amministrazione, che quindi si trova a seguire un criterio invero non difforme da quello che riguarda qualsiasi cittadino211. Vi sono anche altre ricostruzioni

più generiche e meno puntuali, che invece affermano che la legalità consisterebbe, nel suo senso più debole, in un dovere di generica compatibilità con la legge dell’azione amministrativa212. Si tratta, a ben vedere, di un concetto

molto simile, anche se non proprio coincidente. A causa della evidente debolezza di un principio di legalità che si limiterebbe a replicare la più generica necessità di rispettare la legge, questo concetto non ha avuto altra pregnanza logica, a parte quella di estendere il rispetto concetto di “stato di diritto” anche

210 E. CHITI, La rigenerazione di beni e spazi pubblici: una nuova funzione amministrativa?, in F. DI LASCIO, F. GIGLIONI (a cura di), La rigenerazione di beni e spazi urbani : contributo al diritto delle

città, Bologna, Il Mulino, 2017. A dire il vero, però, l’autore in quel contributo pare far

riferimento soprattutto alla rigenerazione dei beni comuni, ossia, a parere di chi scrive, incappando nell’equivoco su descritto.

211 L. CARLASSARE, Legalità (principio di), in Encicl. giur., XVIII, Roma, Treccani, p. 2. 212 R. GUASTINI, Legalità (principio di), in Digesto delle discipline pubblicistiche, Torino, UTET, 1994, pp. 84-97.

alla pubblica amministrazione. Si tratta quindi di un concetto di legalità estremamente datato e adesso solo teorico.

Un secondo concetto, per così dire mediano, afferma che conforme alla legge è un atto dalla legge espressamente autorizzato, positivamente fondato sulla legge213. Ciò è basato su un tacito assunto: che, cioè, la legge sia sempre

compatibile con sé stessa. Corollario della gerarchia delle fonti è infatti che le leggi “sono tutte uguali” e pertanto una legge successiva può modificare una legge precedente. Ciò si evince dalla lettura delle norme che dispongono sulla legge in generale che precedono il codice civile (cosiddette preleggi) e in particolar modo dall’art. 15 che esplica il principio lex posterior derogat priori.

Questa seconda accezione è detta anche del principio di legalità intesa come legalità formale. La legge deve «agire nelle ipotesi ed entro i limiti fissati dalla legge

che attribuisce il relativo potere.214».

La legge quindi crea una sorta di “recinto di legalità” entro cui l’attività amministrativa deve svolgersi, pena appunto la violazione del principio di legalità. Ogni atto dei poteri pubblici deve essere cioè espressamente autorizzato dalla legge215.

La terza, e più forte accezione del principio di legalità è quella della legalità in senso sostanziale. Essa postula la conformità necessaria del contenuto degli atti amministrativi a quello della legge216. Quest’ultima va intesa come “deducibilità

logica” dalla legge217. Naturalmente, la legge può disciplinare in molti modi:

definendo un sillogismo giurisdizionale (come nel diritto penale) oppure anche esprimendo una finalità (sillogismo teleologico). A seconda che definisca tutto o solo circoscriva il potere, si avrà potere vincolato o discrezionale. Come

213 Ivi, p. 86.

214 E. CASETTA, Compendio di diritto amministrativo, 12a ed., Milano, Giuffrè, 2012, p. 20. 215 G. GUASTINI, Op. Cit., p. 87. L. CARLASSARE parla invece di “necessità di una base legale per esercitare il potere”. (Legalità (principio di), in Encicl. giur., XVIII, Roma, Treccani, p. 2.)

216 L. CARLASSARE, ibid.

217 Ripreso da EISENMANN, Le droit administratif et le principe de légalité, in Etudes ed documents du

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osserva Guastini218, «la regola che vuole i pubblici poteri soggetti alla legge è inefficace

qualora la legge si limiti a conferire dei poteri, senza disciplinarli affatto (o disciplinandoli in modo solo sommario). Insomma, il cosiddetto principio di legalità “sostanziale” è condizione di efficacia del principio di legalità “formale”». Ma naturalmente, questa risposta al

quesito sul significato del principio di legalità nasconde un altro quesito quasi più complesso, e cioè ci si deve chiedere cosa significhi “disciplinare”. Lo stesso autore individua due possibili significati: disciplinare un potere ovverosia “circoscrivere”, ponendo al potere stesso dei limiti negativi. O ancora, disciplinare in quanto “vincolare”, predeterminando i suoi atti.

Questa scansione logica non corrisponde necessariamente ad una successione diacronica. Infatti, secondo Giannini, non si è storicamente partiti da una versione debole del principio di legalità per approdare ad una versione più forte, ma semmai il contrario. Il punto di partenza era infatti una concezione rigida del principio di legalità, tale per cui ogni atto ed elemento di esercizio del potere dovesse essere previsto come espressione di una ipotesi normativa. Solo dopo, verificando l’ingessatura del potere pubblico che da questa impostazione troppo rigida derivava, si è passati ad ammettere rilevanti valvole di sfogo: la discrezionalità amministrativa e le ordinanze di necessità219.

Il principio di legalità in senso sostanziale rappresenta perciò la massima espressione dello stesso, nonché il massimo livello di tutela del cittadino dal potere pubblico. Tuttavia, valorizzando i rilievi di Giannini, non necessariamente rappresenta l’accezione più dinamica dell’esercizio del potere pubblico.

In sostanza, si può dire che tutt’oggi si fronteggiano queste due concezioni, una sostanziale, più garantista ma ingessante, e una formale, meno pregnante ma più dinamica. Esse possono ritrovarsi nel diritto amministrativo

218 Ibidem.

219 M.S. GIANNINI, Diritto amministrativo, 2a ed., Milano, Giuffrè, 1988, pp. 87-88. Non è d’accordo con questa impostazione L. CARLASSARE (Op. cit.) la quale invece ritiene che queste tre scansioni seguano l’evoluzione della forma costituzionale. Tuttavia, queste due affermazioni potrebbero anche essere compatibili, se solo fosse maggiormente chiaro l’orizzonte temporale a cui si riferisce Giannini. Ma certamente sono in disaccordo sul punto di approdo.

a coesistere, vuoi nella scelta tra procedimenti vincolati e discrezionali, vuoi soprattutto nelle varie forme procedimentali, più o meno vincolate, più o meno libere. Queste due forme possono altresì trovare un punto di sintesi indicando in via generale come principio di legalità un principio che da un lato richiede il fondamento legislativo del potere e dall’altro postuli in via generale l’esercizio della potestà normativa secondaria, non prefissandone strettamente i contenuti ma quantomeno i principi generali della materia220.

Il principio di legalità nella materia amministrativa trova la sua fonte nella Costituzione. Come è noto, però, l’enunciazione di tale principio è dovuto ad una elaborazione dottrinaria, perché le norme costituzionali che vi accennano non esprimono una opzione chiara in tale direzione, ma sembrano in qualche modo presupporlo.

Il primo articolo che ne parla è l’art. 23, che afferma che nessuna prestazione personale o patrimoniale può essere imposta, se non in base alla legge. Il riferimento va al principio di legalità tributaria e anche, più in generale, all’impossibilità per l’amministrazione di pretendere una prestazione di fare, di non fare o di sopportare (o anche di dare, come detto) da un cittadino, se questo potere non è contemplato dalla legge. Esso andrebbe, secondo Giannini221 e

Bachelet222, letto insieme all’art. 13 come il vero e proprio fondamento del

principio di legalità amministrativa. Gli articoli in questione, infatti, rappresenterebbero delle enunciazioni applicative di questo principio.

Un altro articolo che è riferibile al principio di legalità è l’art. 42, comma 4, allorquando enuncia il principio di legalità per le espropriazioni. Si è in presenza di un principio però limitato ad un procedimento particolare.

Ancora, l’art. 97, che richiede che i pubblici uffici siano organizzati secondo disposizioni di legge in modo da garantirne l’imparzialità e il buon

220 A. ROMANO TASSONE, La normazione secondaria, in A. MAZZAROLLI et al. (a cura di),

Diritto amministrativo, Bologna, Monduzzi, 2005, p. 68-69.

221 M.S. GIANNINI, Diritto amministrativo, cit., p. 83.

222 V. BACHELET, Legge, attività amministrativa e programmazione economica, in Giur. cost., 1961, p. 909.

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andamento. Questo è di gran lunga l’articolo più vicino dei tre all’enunciazione di un vero e proprio principio di legalità, anche se limitato all’organizzazione223.

In modo assonante, ma in tono minore, l’art. 95.3 richiede che con legge siano definiti sia l’ordinamento della Presidenza del Consiglio che il numero, l’organizzazione e le attribuzioni dei Ministeri. Sia questa norma che la precedente si afferma identifichino una riserva di legge relativa e non assoluta224.

Infine, si cita in genere anche l’art. 1 della legge sul procedimento amministrativo, che afferma che “l’attività amministrativa persegue i fini determinati dalla legge ed è retta da criteri di economicità, di efficacia, di imparzialità, di pubblicità e di trasparenza secondo le modalità previste dalla presente legge e dalle altre disposizioni che disciplinano singoli procedimenti, nonché dai princìpi dell’ordinamento comunitario”.

Sebbene questi principi rappresentino indubbiamente la fonte costituzionale del principio di legalità amministrativa, non sembra potersi univocamente da essi dedurre il principio come normalmente enunciato nel suo significato più forte.

L’art. 27 infatti fa riferimento solo al rapporto tra pubblica amministrazione e cittadini, e solo ad un particolare aspetto di questo rapporto, e cioè quello che incide in forma coercitiva sui rapporti stessi. A questo punto, si potrebbe però ipotizzare che questo concetto di “prestazioni richieste” non si limiti al significato civilistico di “prestazione” ma abbracci invece un senso più ampio. Questo senso più ampio includerebbe tutti i rapporti nei quali, a qualunque titolo, la pubblica amministrazione richiede ai cittadini un comportamento, fosse pure la compilazione di una istanza. In questo senso, sì, l’art. 27 sarebbe un solido plinto su cui fondare il principio di legalità amministrativa.

223 Non è d’accordo S. FOIS (Legalità (principio di) in Enciclopedia del diritto, Milano, Giuffrè, 1973, p. 677 ss.), che vede una contraddizione intrinseca nel fatto che, se la legalità è garanzia di imparzialità e questo articolo fonda il principio di legalità, ciò vorrebbe dire che le leggi- provvedimento rappresenterebbero la massima espressione tanto di legalità quanto di imparzialità. Al contrario, tali leggi sono considerate violative del principio di legalità, perché espressione di una forzatura tra il piano legislativo e quello amministrativo.

Tuttavia, questa ipotesi sembra da scartare, perché questo significato ampio appare un po’ forzato, e soprattutto incoerente con tutto il resto. Anzitutto, non si vede perché la Costituzione non dovrebbe fare riferimento alle prestazioni dando ad esse un significato preciso e definito, anziché ampio e generico. In secondo luogo, questo significato ampio contrasterebbe in astratto con la riconosciuta natura relativa di questa riserva di legge, e in concreto con il fatto che moltissimi aspetti del rapporto tra PA e cittadino non sono definiti con legge, e purtuttavia sono validi. Infine, identificare la legge come fonte unica di tutti i rapporti tra PA e i cittadini va ben al di là del principio di legalità amministrativa, e porterebbe a un ingessamento dell’intera materia, oltreché a rendere incerto il confine tra il merito politico e quello amministrativo.

Per qualcuno, il principio di legalità è ricavabile da un semplice ragionamento costruito sulla scorta del senso generale dato dalla Costituzione al potere pubblico. Se infatti si ammette che un provvedimento amministrativo può, come infatti è, creare, modificare o estinguere i diritti dei singoli, esso non può non trovare nella legge il proprio fondamento giuridico225.

Vi sono poi ulteriori fonti costituzionali possibili secondo alcuni autori: l’articolo 3226, l’art. 76227, gli articoli 1 e 113228, l’art. 101229.

Tuttavia, questa indagine sul principio di legalità rischia di arenarsi in questa dissonanza di voci, ciascuna autorevole. L’abbondanza di norme costituzionali indiziate di essere la fonte del principio di legalità, anziché rafforzare la convinzione sulla solidità di questo principio, visto il numero di ancoraggi che esso possiede, crea piuttosto l’idea che l’appiglio sia realmente poco solido. E questa idea è alimentata dal fatto che l’argomentazione che ciascuno adduce per indicare questa o quella fonte, e scartare le altre, implica una visione del principio stesso non proprio coincidente con un canone unico.

225 Così F. SORRENTINO, Lezioni sul principio di legalità, 2a ed., Torino, Giappichelli, 2007, p. 23.

226 L. PALADIN, Il principio costituzionale d’eguaglianza, Milano, Giuffrè, 1965, p. 166-169. 227 G. AMATO, Rapporti tra norme primarie e secondarie, Milano, Giuffrè, 1988, p. 129 ss.

228 L. CARLASSARE, Regolamenti dell’esecutivo e principio di legalità, Padova, CEDAM, 1966, p. 152 ss.; ID., Amministrazione e potere politico, Padova, CEDAM, 1974, p. 176 ss.

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Questa discordanza sulle fonti, oltreché sul significato del principio di legalità adottato dal nostro ordinamento, creano il dubbio che “quando i medici

prescrivono troppe medicine, vuol dire che la malattia è incurabile”230.

Superando però questo momento di frustrazione, si può cercare di pervenire alla soluzione dell’enigma ponendosi una domanda in teoria non pertinente, ma che invece è probabilmente la chiave per pervenire ad un felice approdo. La domanda è la seguente: quale è il rapporto tra il principio di legalità e la riserva di legge in materia amministrativa?

Il dubbio viene posto dal fatto che il principio di legalità, e anche la riserva di legge, in ambito amministrativo hanno una fonte tanto incerta, quanto certa e sicura è invece quella in materia penale. In materia penale, infatti, ben pochi dubbi sussistono riguardo al fatto che il fondamento costituzionale del principio di legalità penale sia l’art. 25 comma 2 e 3231. Rispetto ad esso, quello della riserva

di legge è uno dei tre corollari, accanto al principio di tassatività e a quello di irretroattività.

Al contrario, non vi è nessuno che altrettanto esplicitamente affermi che, in materia amministrativa, la riserva di legge sia un corollario del principio di legalità, sia per mancanza di appigli logico-formali, sia soprattutto perché un simile assunto contrasta con l’ordinamento esistente, nel quale l’aspetto quantitativamente preponderante dell’attività amministrativa è normato da norme di rango secondario. Chi affermasse che dal principio di legalità amministrativo deriva la riserva di legge dovrebbe spiegare per quale motivo la gran parte dei regolamenti che vengono emessi disciplinano appunto procedimenti (e quindi attività) amministrative.

Né poi avrebbe pace individuando una riserva di legge solo relativa. Infatti, alcune delle norme che sono indiziate come possibili fonti costituzionali del principio di legalità amministrativo individuano delle palesi riserve di legge,

230 A. ČECHOV, Il Giardino dei ciliegi, atto primo.

231 Così, all’unisono, F. MANTOVANI, Diritto penale parte generale, 7a ed., Padova, CEDAM, 2011, p. 39; G. FIANDACA, E. MUSCO, Diritto penale parte generale, 5a ed., Bologna, Zanichelli, 2008, p. 49; G. MARINUCCI, E. DOLCINI, Manuale di diritto penale parte generale, 6a ed., Milano, Giuffrè, 2011, p. 42.

come per esempio l’art. 43 in materia di espropriazioni. Si tratta di una riserva di legge assoluta o relativa? E se è una riserva relativa, fin dove può spingersi la norma e dove può intervenire il doveroso procedimento, i cui aspetti di dettaglio possono essere affidati a norme secondarie?

Vi è in sostanza, una confusione tra principio di legalità e riserva di legge in ambito amministrativo. Ed è precisamente da questa confusione che nascono molti equivoci. È l’opinione di Rescigno, che afferma esistere una sostanziale differenza tra i due concetti: mentre il primo è un principio, il secondo è un istituto, ossia appunto l’istituto della riserva di legge232. Nell’espressione “riserva

di legge” la parola chiave sarebbe “riserva”, e non “legge”: cioè l’istituto si occupa di smistare una competenza, non tanto di indicare una fonte. Quanto a questo, va distinto un “contenuto” della riserva (ossia cosa si impedisce a qualunque altro soggetto, non titolare della riserva, di fare: ovverosia, di normare) e un “oggetto” della riserva. L’oggetto della riserva è appunto costituito da quei contenuti normativi che sono riservati. Si usa il termine “oggetto” anziché “materia” perché più puntuale, e spiega come mai sia possibile che in materie riservate in via assoluta siano però possibili dei regolamenti di mera esecuzione: perché essi non disciplinano la materia ma solo elementi strumentali, che appunto non rientrano nell’oggetto della riserva (ma che in teoria potrebbero rientrarvi)233.

L’autore può così agilmente e spiegare come mai non si riesca a trovare una fonte chiara del principio di legalità in ambito amministrativo, così come invece avviene in ambito penale. La Costituzione pone infatti più riserve di legge puntuali, che semmai implicano un principio di preferenza per la legge, ma non direttamente il principio di legalità. Tale principio non viene quindi indicato per non essere svilito, impoverito, o malinteso, ma è tuttavia evocato dalla impostazione generale che si dà alla pubblica amministrazione come funzione. Questa tecnica non è aliena alla Costituzione, che infatti non esplicita da nessuna

232 G. U. RESCIGNO, Sul principio di legalità, in Diritto pubblico, 1, 1995, p. 247 ss. 233 Id., p. 255.

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parte il principio della divisione dei poteri, ma che tuttavia lo tiene ben presente nel modo in cui struttura i poteri stessi.

Prendendo per buona la posizione di Rescigno, il principio di legalità dovrebbe essere considerato come scorporato dal concetto di riserva di legge: ipotesi, questa, tutt’altro che pacifica234. In altri termini, un particolare potere o

una particolare funzione esplicitata dalla pubblica amministrazione (si pensi per esempio ad un intervento rigenerativo) non sarebbe esercitato nel pieno rispetto del principio di legalità solo perché vi è una norma in materia che soddisfa la riserva di legge.

La legalità, in altri termini, non sarebbe rappresentata dall’assillo che una legge e non un regolamento debba disciplinare questo o quel particolare aspetto della attività amministrativa: questi sono invece i problemi della riserva di legge, che è certamente collegato al principio di legalità, ma non certamente si identifica con esso né ne costituisce l’unica esplicitazione pratica. La legalità si esplicherebbe piuttosto nel complesso dell’attività amministrativa, nel come una funzione viene concepita e attuata235.

Questa impostazione è particolarmente feconda. Infatti, grazie ad essa si comprende probabilmente appieno quello che è il pensiero di Lorenza Carlassare sul principio di legalità, giudicato da molti (Fois, Guastini) inopinatamente sicuro riguardo al fatto che l’accezione vigente del principio di legalità nel nostro ordinamento sia quella in senso sostanziale. Se infatti si intende la legalità come un “criterio generale di valutazione dell’insieme”, allora sì che si può essere d’accordo con Carlassare nel dire che la legalità permea

234 Ad esempio, non concorda M.S. GIANNINI, che in ID., Corso di diritto amministrativo.

Premesse sociologiche e storiche e profili costituzionali, Milano, Giuffrè, 1965, p. 96, ricostruisce il

principio di legalità come dettato dall’esigenza di limitare l’aspetto autoritativo della funzione