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3. Il procedimento in variante “ordinario” nella legislazione regionale

3.5. E MILIA R OMAGNA

Da ultimo, va analizzata la legge regionale che in materia di rigenerazione urbana è probabilmente la più avanzata e, per alcuni178, spregiudicata: quella

dell’Emilia-Romagna179.

La legge regionale 21 dicembre 2017, n. 24, infatti, parte dal presupposto della decostruzione del modello INU per abbracciare un sistema ancor più lontano dalla tradizione180. Infatti il binomio piano strutturale-piano operativo

che rappresentava il contenuto del “vecchio” PRG lascia adesso il passo al piano urbanistico generale. Esso sostanzialmente è paragonabile ad un piano strutturale con la specificazione dei vincoli181. La novità di questa legge è quella

di demandare l’aspetto operativo al piano attuativo, e a sua volta tale piano attuativo non è frutto della diretta elaborazione comunale, ma può essere invece anche il risultato di un rapporto col privato, e infatti si parla di “accordi operativi e piani attuativi di iniziativa pubblica”.

«Il Comune, nel rispetto dei principi di imparzialità, trasparenza e parità di

trattamento dei privati, può promuovere la presentazione di proposte di accordi operativi attraverso la pubblicazione periodica di avvisi pubblici di manifestazione di interesse, nei quali esplicita gli obiettivi prioritari da perseguire nell'attuazione delle previsioni del PUG.»

(stralcio dall’art. 38, comma 1).

Tutti i Comuni sono spinti ad adottare questa strumentazione urbanistica. A tal scopo, la legge prevede tanto il caso di quelli “rimasti” al vecchio PRG,

178 Ad esempio, si può fare riferimento ai contributi raccolti in I. AGOSTINI (a cura di), Consumo di luogo. Neoliberismo nel disegno di legge urbanistica dell’Emilia-Romagna, Bologna, Pendragon, 2017. Così riporta T. BONETTI, La riforma urbanistica in Emilia- Romagna tra presente e futuro, in Istituzioni del Federalismo, 3, 2017, nota 7.

179 Sul punto, oltre all’articolo di Bonetti, v. anche O. PINI, La Legge regionale per l’Emilia- Romagna n. 12/2017 in materia edilizia, di attuazione della cd. riforma Madia, in Le Regioni, 3, 2017, pp. 609-616.

180 T. BONETTI, Op. cit., p. 686.

181 Art. 31, comma 1: «Il PUG è lo strumento di pianificazione che il Comune predispone, con riferimento a tutto il proprio territorio, per delineare le invarianze strutturali e le scelte strategiche di assetto e sviluppo urbano di propria competenza, orientate prioritariamente alla rigenerazione del territorio urbanizzato, alla riduzione del consumo di suolo e alla sostenibilità ambientale e territoriale degli usi e delle trasformazioni, secondo quanto stabilito dal titolo II.»

quanto quello di quelli che invece, adattandosi alla normativa regionale previgente, avevano adottato il modello INU (piano strutturale-piano operativo) oppure si erano dotati del solo piano strutturale.

La filosofia di fondo della nuova legge, accusata, come visto, di essere neoliberista182, è quella per cui non si può più pensare di regolare a livello

centralizzato tutti gli aspetti dell’urbanistica di una città. Questo perché tra il progetto astratto e la ricaduta concreta vi sono e vi saranno sempre molte differenze, per il solo fatto che vi sono moltissimi interessi, sia pubblici che privati, e costituzionalmente garantiti, in gioco. Ciò determina che il genotipo e il

fenotipo di un assetto urbano non sono mai uguali. Lo spazio dell’operatore

privato si è enormemente acuito, e vi è anzi chi dice già da tempo risalente che il vero protagonista dello sviluppo urbano è l’operatore privato183.

Il vero motore della norma è descritto all’art. 38: si tratta degli accordi operativi e attuativi di iniziativa pubblica, dove con “pubblica” si intende che l’iniziativa è pubblica, ma, come si vedrà, sono i privati a giocare un ruolo fondamentale. Infatti «Le previsioni del PUG relative al riuso e alla rigenerazione del

territorio urbanizzato e alle nuove urbanizzazioni si attuano principalmente attraverso accordi operativi […]». Il Comune pubblica periodicamente degli avvisi di pubblico

interesse, sollecitando così dei progetti privati. I privati, a loro volta, sulla base delle indicazioni ricevute nel bando, formulano i loro progetti con tutti i requisiti richiesti184. Il progetto viene esaminato dall’Ufficio di Piano, un ufficio istituito

182 V. Nota 24.

183 Così G. CAMPOS VENUTI, Amministrare l’urbanistica, Torino, Einaudi, 1967, p. 75 ss., come riportato da T. BONETTI, La riforma, cit., p. 692 e nota 28.

184 Così l’art. 38, comma 3: « Ai fini della stipula degli accordi operativi, i privati presentano al Comune una proposta contenente i seguenti elaborati:

a) il progetto urbano, con il quale viene puntualmente rappresentato l’assetto urbanistico ed edilizio dell’ambito territoriale interessato, comprensivo, assieme agli interventi di interesse privato, sia delle dotazioni territoriali, infrastrutture e servizi pubblici correlati all’intervento che l’operatore si impegna a realizzare, in conformità alle previsioni della strategia per la qualità urbana ed ecologico ambientale, sia delle eventuali misure di compensazione e di riequilibrio ambientale e territoriale e dotazioni ecologiche e ambientali stabilite ai sensi degli articoli 20 e 21;

b) la convenzione urbanistica, nella quale sono definiti gli obblighi funzionali al soddisfacimento dell’interesse pubblico assunti dal privato, il cronoprogramma degli interventi

IL PROCEDIMENTO IN VARIANTE “ORDINARIO” NELLA LEGISLAZIONE REGIONALE

dalla legge stessa e che sostanzialmente la promanazione funzionale del PUG, nel senso che ha il compito di interpretare il PUG, ma soprattutto di garantirne l’applicazione, verificandone la compatibilità ai progetti che vengono presentati. L’Ufficio di piano (entro 60 giorni) non solo può approvare, o decisamente respingere, il progetto, ma può altresì negoziare col privato per far sì che il progetto sia ancor più in linea con gli obiettivi del PUG relativi alla qualità urbana e ambientale. Nei dieci giorni successivi, l’Ufficio di piano invia il progetto alla Giunta comunale, che ovviamente pubblica il progetto e accoglie eventuali osservazioni.

Sempre in questo termine devono risolversi eventuali questioni, che specificamente richiamano la rigenerazione urbana e il riuso (art. 39) in relazione a problematiche ambientali: se infatti l’intervento si colloca all’interno del territorio urbanizzato è necessario, dopo l’approvazione da parte dell’Ufficio di piano, un passaggio dalle autorità competenti per la tutela ambientale, che hanno altri sessanta giorni per effettuare una verifica, che potrà concludersi con un accoglimento, un diniego, ovvero alcune indicazioni vincolanti riguardo alle modifiche da effettuare.

Se l’accordo è concluso, esso ha valore di piano attuativo (comma 2) e inoltre, a parte il contributo di costruzione, non è dovuto alcunché da parte dei privati ai Comuni (comma 5). Ha anche valore ed effetti di titolo abilitativo edilizio (comma 14) ed ha anche valore di vincolo preordinato all’esproprio (comma 15).

La legge in generale, poi, è letteralmente disseminata di rimandi alla rigenerazione urbana. Vi sono articoli interamente dedicati alla rigenerazione urbana e agli incentivi di ogni genere ad essa destinati. Oltre alle semplificazioni

e le garanzie finanziarie che il privato si impegna a prestare, per assicurare la realizzazione e cessione al Comune delle opere pubbliche previste dal progetto urbano di cui alla lettera a); c) la relazione economico finanziaria, che illustra analiticamente i valori economici degli interventi pubblici e privati programmati e che ne dimostra la fattibilità. La relazione è corredata dalle certificazioni camerali e dalle documentazioni finanziarie idonee ad attestare che l’operatore possiede le competenze professionali e dispone delle risorse finanziarie necessarie per la completa attuazione del programma di interventi o degli stralci funzionali in cui lo stesso eventualmente si articola.»

procedurali (in particolare, di matrice ambientale): emblematica al riguardo la rubrica dell’art. 7, “disciplina favorevole al riuso e alla rigenerazione urbana”, che identifica tre tipologie di interventi (“Qualificazione edilizia”, “ristrutturazione

urbanistica” e “addensamento e sostituzione urbana”) come declinazioni della

rigenerazione urbana, o l’articolo seguente, che esonera gli interventi di rigenerazione urbana e riuso dal pagamento del contributo straordinario (se all’interno del territorio urbanizzato) e riduce del venti per cento il contributo di costruzione. Ancora, l’art. 10 prevede un significativo margine di esenzione dal dovere di rispettare gli standard urbanistici per edifici demoliti e ricostruiti, e l’articolo 11 prevede una sorta di corsia preferenziale per ottenere l’approvazione quanto ai parametri ambientali laddove già il PUG avesse previsto una disciplina urbanistica di dettaglio su una particolare area, senza lasciare margini di discrezionalità e valutando già a monte gli aspetti ambientali.

Come appare evidente, questa nuova legge punta decisamente su un modello di urbanistica del tutto nuovo, e coraggiosamente rivoluziona i parametri di riferimento precedentemente concepiti. In questo nuovo modello di urbanistica, non si insiste più sul PRG, sia pure dinamizzato dal modello INU, ma si decide di superarlo, decretandone la morte. Si tratta, in pratica, di rinunciare alla “panurbanistica”, cioè al voler predeterminare tutto o quasi a priori, arrivando a comprendere che la migliore strada è distinguere le invarianti strutturali, che devono essere definite in solitaria dal potere pubblico, lasciando le scelte concrete al momento della realizzazione e alla luce degli interessi in quel momento coinvolti. È questo in sintesi il pensiero di P. Stella Richter185, che

trova probabilmente nella legge emiliano-romagnola una convinta applicazione. Concludendo, sembra di poter affermare che, se la legislazione nazionale non ha fatto passi in avanti significativi riguardo alla rigenerazione urbana rispetto ai programmi complessi degli anni Novanta e alle esperienze soft, sulla scorta dei programmi Urban, degli anni duemila, le Regioni, al contrario, hanno

185 P. STELLA RICHTER, La fine del piano e del suo mito, in Rivista giuridica di urbanistica, 3, 2017, p. 432 ss.

IL PROCEDIMENTO IN VARIANTE “ORDINARIO” NELLA LEGISLAZIONE REGIONALE

ben presente il fenomeno e la sua importanza. Lo sforzo di aprire la porta alla rigenerazione in queste norme è evidente, e si può notare in ciascuna normativa un diverso approccio: quello muscolare e di ispirazione marginalmente autonomista della Lombardia, che conta molto più sulle ingenti risorse economiche di cui dispone che sulle semplificazioni normative; quello più confuso e all’inseguimento delle emergenze del Lazio, che unisce la rigenerazione urbana alle questioni del dissesto idro-geologico, così inquinando una norma urbanistica con questioni ambientali; quello falsamente pionieristico della Puglia, che in quindici anni ha emanato ben due leggi urbanistiche (la l.r. 20/2001 e la l.r. 28/2016, che la emenda) e una legge specifica sulla rigenerazione urbana (l.r. 21/2008) che però non apportano alcuna modifica di rilievo, limitandosi a piccoli cambiamenti e a mutazioni nominali ( benché, va detto, già la legge del 2001 poneva un assetto degli strumenti urbanistici, tra piano urbanistico generale e piano urbanistico esecutivo dall’architettura giuridica non molto dissimile da quella della legge emiliano-romagnola; tuttavia le procedure sono eccessivamente scarne e gli incentivi del tutto trascurabili). O infine, l’approccio molto diverso delle Regioni “prime della classe” quanto alla produzione normativa: la Toscana, con il suo rigore tecnico ineccepibile che nasconde forse un atteggiamento eccessivamente scrupoloso, per non dire pavido; e all’opposto l’atteggiamento “bersagliere” dell’Emilia-Romagna, che porta la sfida della rigenerazione urbana all’estremo, attirandosi però una moltitudine di critiche che non appaiono necessariamente infondate.

Nel complesso, però, va detto che la sensibilità al tema in ambito regionale è presente, ed in modo forte.

4. I procedimenti regionali: la