La rigenerazione urbana viene indicata come strumento utile per una molteplicità di scopi. Gli scopi che le vengono attribuiti sono tali, tanti e di tali proporzioni, da far dubitare già a tutta prima che la rigenerazione urbana possa realmente incarnare questa panacea di tutti i mali dell’urbanistica e non solo così come si spera.
Riprendendo la quadripartizione funzionale di S. Vicari Haddock, possiamo elencare quattro funzioni. Anzitutto, la rigenerazione urbana può essere utilizzata per rinnovare un quartiere da un punto di vista architettonico, e così facendo non solo modificare il volto di un quartiere, ma, auspicabilmente, introdurre un elemento di dinamismo economico per tutta la città. Può essere utilizzata per mettere in cantiere una operazione schiettamente economica, di valorizzazione dell’esistente, concependo il quartiere da rigenerare come un prodotto da collocare sul mercato o comunque da aumentare di valore. Può anche essere utilizzata per scopi culturali, installando un teatro o un museo o una sala da concerto, sia per migliorare l’immagine del quartiere che per rilanciarne l’economia attraverso il consumo culturale. Può instaurarsi un procedimento dal basso che tende a realizzare scopi rigenerativi di piccole e medie dimensioni partendo dal rapporto col tessuto sociale locale.
Questi obiettivi non sono però i soli immaginati. Altri sono stati attribuiti a questo strumento nelle più diverse fonti ufficiali: dagli atti della Commissione europea ai decreti ministeriali, dalle norme regionali ai progetti comunali. Senza dimenticare, naturalmente, i testi accademici e di dottrina.
Il fine più invocato è la lotta al degrado. Il degrado può essere visto, come una sorta di antagonista della buona urbanistica. Laddove lo scopo dell’urbanistica è fare sì che tutte le parti delle città siano funzionali e funzionanti, il degrado è tutto ciò che sfugge a questo controllo. Il degrado è una sorta di entropia urbanistica, o, se si vuole, il fallimento dell’urbanistica.
La cosa interessante è che il concetto di degrado procede di pari passo con l’urbanistica stessa. Infatti, tante più finalità si prefigge l’urbanista, tante più forme di degrado si profilano.
Nel secolo XIX, infatti, una delle finalità precipue delle politiche urbanistiche erano quelle di rimodernare le città per dare loro una sistemazione più razionale al primario scopo di rimuovere il degrado, inteso come sporcizia, condizioni igieniche precarie e conseguenti epidemie88. E andando ancora più
indietro nel tempo, si vede come questo tipo di sensibilità nasce già nel XVIII secolo: si pensi all’ode di Parini sulla salubrità dell’aria89. La famosa legge n. 2892
del 1885 per il risanamento della città di Napoli ne è un esempio: lo scopo delle espropriazioni e poi demolizioni erano concepite per risolvere problemi di igiene e sanità.
Una idea di degrado, quindi, molto legata alla semplice sopravvivenza, alla difesa della salute pubblica intesa proprio come sanità del corpo, più che dello spirito.
Questa idea illuminista fu poi assimilata nell’Ottocento, secolo che ha visto profilarsi la teoria dell’urbanistica come smembramento di interi quartieri, e talvolta intere città, per conferire ad esse una struttura più razionale. I riverberi delle teorie illuministe si fondono con le visioni positivistiche e con gli interessi della alta e ricca borghesia, intenzionata ad avere una città più a propria misura.
È l’epoca degli sventramenti. La città di Parigi dalla seconda metà dell’Ottocento e alcune città italiane, in particolare Milano, dal 1870, subiscono questa sorte. In alcuni casi, come appunto Parigi e Milano, la città medioevale viene pressoché rasa al suolo per far spazio ad una urbanistica nuova: questo
88 Noto è il caso del quartiere londinese di Soho (che oggi comprende il famoso Piccadilly Circus) che fu individuato dal medico John Snow come l’origine di una epidemia di colera che scoppiò nel 1854 in tutta la città. Si è scoperto essere dovuto all’inquinamento di una fontana pubblica con dei liquami e acque reflue. Lo riporta S. JOHNSON, The Ghost Map: The Story of London's Most Terrifying Epidemic and How It Changed Science, Cities, and the Modern World, New York, Riverhead Books, 2006, p.299.
89 Ahi non bastò che intorno/Putridi stagni avesse;/Anzi a turbarne il giorno/Sotto a le mura stesse/Trasse gli scelerati/Rivi a marcir su i prati/E la comun salute/Sagrificossi al pasto/D’ambizïose mute,/Che poi con crudo fasto/Calchin per l’ampie strade/Il popolo che cade. (G. PARINI, La salubrità dell’aria, da Odi, 1761, vv. 73-84.)
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anche per il mantenimento dell’ordine pubblico, esigenza che in Francia dal 1848 e in Italia dopo l’unità iniziò a farsi sentire90.
In seguito si aggiunsero altri tipi di degrado: il degrado morale, il degrado sociale, e, più di recente, il degrado ambientale, con tutte le sue sfaccettature ed implicazioni91.
Una chiave di lettura per comprendere le finalità della rigenerazione è guardare ai tipi di degrado che ci si prefigge di combattere con essa. Si tratta di un punto di partenza. Infatti, la rigenerazione integrata offre la possibilità di perseguire non solo un obiettivo principale e generico, ma anche una buona quantità di obiettivi secondari più limitati. Può cioè dimostrarsi uno strumento politico-amministrativo estremamente adattabile, che promette la possibilità di una azione che viene percepita come estremamente prossima da parte del cittadino: il che è una possibilità che si realizza molto raramente, nel quadro della azione amministrativa.
Oltretutto, molte forme di degrado ritornano sotto altra forma. Infatti il degrado sanitario di Parini oggi verrebbe definito degrado ambientale, o meglio ricadrebbe in esso, benché il degrado ambientale abbia di mira la cura dell’ambiente tout court più che non la salubrità di esso per ragioni di salvaguardia della salute dell’uomo, e di nient’altro.
90 Commissione parlamentare di inchiesta sulle condizioni di sicurezza e sullo stato di degrado delle città e delle loro periferie, Relazione sull’attività svolta dalla commissione, Doc XXII-bis n. 19, allegato 1, p. 528.
91 Non va trascurato, ad esempio, il legame tra rigenerazione urbanistica ed efficienza energetica. Sul punto, v. A.M. FOGHERI, Ruolo dell’efficienza energetica nella rigenerazione urbana, in Rivista economica del Mezzogiorno, 3, 2014, 697-716.
Si parla oggi di: – Degrado ambientale – Degrado sociale – Degrado economico – Degrado edilizio-architettonico – Degrado idro-geologico – Degrado culturale
Nel degrado ambientale confluiscono non solo quello che potremmo definire come “inquinamento” o “danno ambientale”, ma anche il degrado energetico, inteso come la dispersione insensata di un grande quantitativo di energia per illuminare ma soprattutto riscaldare e raffreddare gli ambienti92.
Il degrado sociale, ossia il fatto che in un determinato quartiere aumentino i reati, il vandalismo, l’emarginazione sociale, esiste da sempre. E già da molto tempo si era compreso un collegamento tra il degrado urbano e quello sociale93.
La teoria sociologica del “Broken Windows” afferma che anche il degrado urbano può contribuire all’aumentare del crimine, perché ogni forma di
danneggiamento e degrado induce comportamenti di emulazione94. Un
esperimento recente conferma che un ambiente urbano disordinato e sporco vede attorno a sé aumentare la maleducazione, il disagio e anche il crimine, con una correlazione rilevante95.
Mentre vi sono più ricerche che confermano questa correlazione, ossia più degrado urbano uguale più crimine, più difficile è stabilire il contrario, ovvero che meno degrado urbano sia uguale a una riduzione della criminalità e in generale ad un miglioramento delle condizioni di vita in quel determinato quartiere96.
92 V. Nota 4.
93 A. PETRILLO, op. cit.
94 G.L.KELLING, J.Q.WILSON, Broken Windows: The police and neighborhood safety, in Atlantic Monthly, 1º marzo 1982, pp. 29–38.
95 The Economist, Can the can, 22-28 novembre 2008, p. 84-85.
96 Ad esempio uno studio della Università di Harvard e della Suffolk University del 2005 stabilì una correlazione tra ordine dell’ambiente e riduzione del crimine nella cittadina di Lowell, nel
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In generale, però, nonostante alcune voci critiche in merito97, sembra
assodato che un ambiente degradato da un punto di vista urbano richiama con sé un degrado sociale, non fosse altro che per la perdita di valore delle case che scaccia gli abitanti della classe media.
Al contrario, la rigenerazione dell’ambiente urbano può contrastare il degrado sociale? Le politiche europee come Urban e Urban II98 sembrano partire da
questo presupposto. Più in generale, i risultati di politiche di rigenerazione urbana come lotta al degrado sociale possono facilmente essere testimoniati semplicemente dagli autoctoni di un quartiere, che vedono le correlazioni tra le nuove edificazioni e il vivere sociale in quella zona99.
Senza dubbio il degrado più rilevante è il degrado economico, inteso non soltanto come perdita di valore delle abitazioni, ma soprattutto come riduzione della produttività di un quartiere, in un’ottica che mischia urbanistica e sviluppo economico.
Un’area depressa, con abitazioni di scarso valore costruttivo oppure inficiate da una vicinanza dannosa (come una fabbrica, o altro) o ancora difficilmente raggiungibile dai mezzi di trasporto sia privati che pubblici, rappresenta non soltanto uno scarso valore di per sé. Visto in ottica dinamica e raffrontato con il valore di altre zone della stessa città, una zona economicamente depressa rappresenta anche un valore mancato, un guadagno che non si realizza per il solo fatto che non vi è una trasformazione che invece sarebbe auspicabile.
Massachussets. C. JOHNSON, Breakthrough in “broken windows”, Boston globe, 18 febbraio 2009.
97 R. J. SAMPSON, S. W. RAUDENBUSH, Systematic Social Observation of Public Spaces: A New
Look at Disorder in Urban Neighborhoods, in American Journal of Sociology, Vol 105, n.3, Novembre
1999, p. 603-651. 98 V. infra.
99 Si può citare il caso di via Casella a Firenze, originariamente piagata dalla criminalità e dal disordine sociale. Con la costruzione della multisala-centro commerciale e dell’hotel Hilton nel 2003, la situazione è cambiata. Molti ragazzi e famiglie hanno iniziato a popolare la zona nella serata, e la presenza di una sorveglianza costante per gli ospiti dell’hotel Hilton ha giocato un ruolo importante. Adesso, via Casella non è più menzionata per una attività criminale di rilievo, e vi è addirittura un parco di grandi dimensioni, il parco del Cavallaccio, in cui è possibile passeggiare in tutta sicurezza anche a notte inoltrata e senza la presenza di luci.
Il degrado a tutti più familiare è il degrado edilizio-architettonico. Dagli anni ’50 in avanti, e ad incrementare negli anni ’60 e 70, in Italia si è assistito ad una vastissima, a tratti selvaggia, urbanizzazione avente come target le classi emergenti. Si tratta perlopiù di edifici alti, massicci, di scarsa qualità costruttiva e ancor minore qualità architettonica. Questi quartieri sono oggi ancora presenti, sono fittamente popolati e spesso presentano danni strutturali notevoli che portano alla necessità di riparazioni, che a loro volta pesano enormemente sui bilanci famigliari degli abitanti e portano peraltro ad un vasto contenzioso tra i condòmini e il condominio.
Oltre a questo, anche capannoni industriali ed edifici pubblici o ex pubblici soffrono di danni strutturali o anche solo di un degrado architettonico evidente.
Le esperienze di questi ultimi anni in Italia hanno poi evidenziato come l’urbanizzazione selvaggia di cui sopra non abbia tenuto conto del necessario rispetto di cautele e distanze per prevenire il rischio idro-geologico. Si tratta di una forma diversa dal degrado ambientale, perché non vengono in gioco tanto le forme di inquinamento dirette e indirette (degrado energetico) quanto piuttosto direttamente la sicurezza e la stabilità degli edifici e la vita delle persone. Si può ricordare l’episodio dell’alluvione del 2014 a Genova, in cui esondarono diversi torrenti, ma fu indicata come scelta pericolosa e scellerata la tombatura del torrente Bisagno, chiuso appunto per esigenze di urbanizzazione100. Ancora più vicina temporalmente (e geograficamente) è
l’alluvione di Livorno del 9 e 10 settembre 2017, in cui sono morte 9 persone e che ha visto l’esondazione del Rio maggiore, anch’esso tombato per esigenze costruttive.
Si profila un degrado specifico, che richiede degli interventi specifici. Già adesso si comincia a parlare di riqualificazione fluviale101.
Oltre alle alluvioni, ci sono naturalmente i terremoti, e la maggior parte degli edifici in Italia (specie gli edifici di cattiva costruzione relativi al boom
100 www.biologiamarina.eu/Alluvione%20Genova.html. 101 http://www.biologiamarina.eu/Fiumi_agonia.html
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edilizio) non sono costruiti con criteri anti-sismici. Il rischio sismico si aggiunge a difetti strutturali o a condizioni di debolezza delle fondazioni anch’esse spesso connesse con la struttura del sostrato geologico e con le falde acquifere102. I
recenti terremoti nelle Marche, in Umbria e nel Lazio e l’alto numero degli sfollati hanno messo in evidenza da un lato quanto sia serio il rischio di terremoti e dall’altro quante abitazioni siano in realtà non in grado di reggere l’impatto di un tale evento sismico, specie se reiterato come sempre è stato nei più recenti eventi sismici. Ad esempio, nelle Marche, dopo il terremoto dell’agosto 2016 circa il 43% delle case era dichiarata inagibile, e cioè 4122 su 9537 abitazioni valutate103.
L’ultimo degrado esaminato è il degrado culturale, ovviamente in connessione con l’assetto urbano e che proprio in questa ottica si differenzia dal degrado sociale. Infatti, la mancanza di centri di aggregazione culturale può essere causa di un degrado ulteriore rispetto a quello sociale, che investe soprattutto i giovani104 e li spinge ad abbandonare la zona quando non ad
indulgere in divertimenti meno sani o a frequentare centri sociali di orientamento estremistico105.
Ma il degrado culturale non si esaurisce in una causa o con-causa del degrado sociale. Vi sono numerosi quartieri cittadini che non manifestano particolari segnali di degrado sociale e che, però, sono privi di identità e di “vita”. Sempre il più volte richiamato boom edilizio, unito a scelte discutibili in campo urbanistico e ad una fin troppo ossequiosa applicazione dello zoning previsto nella legge urbanistica ha portato alla creazione di quartieri residenziali privi di spazi aggregativi e perciò ridotti a dormitori cittadini, dove cioè le persone si
102 Sempre per fare esempio molto vicini, si può citare il nostro Palazzo della Sapienza, dal 2012 in restauro per danni strutturali legati al terremoto, ma legati anche alle fondazioni che in origini poggiavano su palificazioni sulla ex-rada dell’Arno. Movimenti idrogeologici di profondità hanno indebolito le fondazioni e il terremoto dell’Emilia ha contribuito a danneggiarlo ulteriormente, rendendolo inagibile.
103 www.cronachemaceratesi.it/2016/10/10/verifiche-post-terremoto-nelle-marche-4-122- edifici-inagibili-ancora-115-in-tenda/869842/
104 G. STRAPPA (a cura di), Studi sulla periferia est di Roma, Milano, Franco Angeli, 2012, p. 86. 105 Ibidem.
ritirano solo per dormire dopo il lavoro. Anche questo degrado è frutto di una diminuzione del valore della città o del quartiere.
Questa breve disamina delle tipologie di degrado è utile in quanto permette di mostrare come tutte queste forme di degrado siano i risultati di una cattiva urbanistica. Attraverso la rigenerazione urbana è possibile, almeno ipoteticamente, profilare una soluzione per tutte queste forme di degrado, e anzi le esperienze rigenerative mostrano come tale sia l’obiettivo primario a cui mirano e, spesso, l’esito.
Si potrebbe obiettare che se il degrado discende dalla cattiva urbanistica, allo stesso modo una buona urbanistica, sia pure portata avanti con gli strumenti tradizionali e senza fare ricorso alla rigenerazione urbana potrebbe allo stesso modo risolvere i problemi di degrado urbano, e che quindi non è corretto affermare che la rigenerazione urbana sia l’unica soluzione a tanto.
Non si arriva infatti ad affermare questo, e questo problema sarà magari affrontato oltre. È però innegabile che lo scopo della rigenerazione urbana è proprio quello della lotta al degrado nel senso su indicato.