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4. La seconda generazione di programmi complessi: la legge finanziaria del 1995

5.2 I C ONTRATTI DI QUARTIERE (C D Q)

I Contratti di quartiere sono programmi di recupero urbano. Essi sono attivati dai Comuni in relazione a quartieri particolarmente degradati, sia da un punto di vista puramente urbanistico che anche, e anzi soprattutto, per quanto riguarda il degrado sociale e il disagio abitativo.

I Contratti di quartiere originano da una norma contenuta nel comma 63, lett. b) dell’articolo 2 della legge 23 dicembre 1996, n. 662, e successive modifiche. In essa veniva stabilito che una parte dei fondi inutilizzati negli anni 1993 e 1994 dovessero essere destinati alla sperimentazione138.

135 Art. 145, comma 86 della legge 23 dicembre 2000 n. 388.

136 le procedure sono state definite con decreto interministeriale del 27 maggio 2002.

137 e precisamente i progetti dei comuni di Aversa, Bagheria, Bitonto, Brindisi, Caltagirone, Campobasso, Catanzaro, Cava de' Tirreni, Cinisello Balsamo, Ercolano, Livorno, Messina, Rovigo, Savona, Seregno, Settimo Torinese, Trapani, Trieste, Venaria Reale, Venezia.

138http://www.sistemapiemonte.it/cms/pa/territorio-edilizia-e-opere- pubbliche/servizi/833-riqualificazione-urbana/3206-contratti-di-quartiere

I Contratti di quartiere nascono quindi come una forma sperimentale di programmi di recupero139.

L’art. 54 lett. e) del D. Lgs. 31 marzo 1998, n. 112 (“Conferimento di funzioni

e compiti amministrativi dello Stato alle regioni ed agli enti locali, in attuazione del capo I della legge 15 marzo 1997, n. 59”) precisa che, nella ripartizione delle funzioni tra

Stato e Regioni rimangono in capo allo Stato le funzioni relative “alla promozione

di programmi innovativi in ambito urbano che implichino un intervento coordinato da parte di diverse amministrazioni dello Stato.” Un primo programma partì infatti già nel 1998,

finanziato grazie alla legge 662/96 con 300 miliardi di lire. Lo scopo era quello di stimolare interventi di edilizia convenzionata.

Il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti è tornato con maggiore forza sul tema dei contratti di quartiere nel 2002, col D.M. 27 dicembre 2001 n. 24050. L’art. 2, comma 2 individua come scopo ancora una volta la lotta al degrado e allo scopo abitativo, e si prevede di farlo “anche con il supporto di investimenti privati”140. Le Regioni possono contribuire aggiungendo risorse

proprie.

I progetti vengono formulati dai Comuni e passano attraverso il vaglio di una commissione regionale bilaterale composta da sette membri, di cui tre scelti dalla Regione e quattro (tra cui il presidente) scelti dal MIT.

I contratti di Quartiere II sono stati ampiamente finanziati. Al 2012 lo Stato aveva finanziato alle venti regioni 842.562.742,34 euro, che andavano a sommarsi ai 503.762.305,96 euro di finanziamento accordato dalle regioni, per un totale di 1.346.325.048,30 euro in circa dieci anni141. La regione che ha

139 Vengono intesi anche come forma di attuazione della “Agenda 21”, un programma di sviluppo sostenibile derivato dalla Conferenza ONU su ambiente e sviluppo di Rio de Janeiro del 1992, recante raccomandazioni e pratiche per lo sviluppo nel ventunesimo secolo. L’impegno è stato ribadito nel vertice ONU per lo sviluppo sostenibile di Johannesburg del 2002. L’agenda 21 contiene una serie di buone pratiche di sviluppo sostenibile, raccomandando a ciascuno Stato ed anzi a ciascuna amministrazione di adottare una propria agenda 21. 140 Testualmente: “Il programma, promuovendo la partecipazione degli abitanti alla definizione degli

obiettivi, è finalizzato prioritariamente ad incrementare, anche con il supporto di investimenti privati, la dotazione infrastrutturale dei quartieri degradati di comuni e città a più forte disagio abitativo prevedendo, al contempo, misure ed interventi per favorire l'occupazione e l'integrazione sociale.”

141 Fonte: sito del Ministero delle infrastrutture e trasporti. www.mit.gov.it/mit/mop_all.php?p_id=13779

LA TERZA GENERAZIONE DEI PROGRAMMI COMPLESSI: I PROGRAMMI DI RIGENERAZIONE URBANA

maggiormente usufruito dei finanziamenti per i Contratti di Quartiere II è stata la Lombardia, con più di 128 milioni ricevuti; è stata anche la sola regione d’Italia ad investire in proprio più di quanto abbia ricevuto dallo Stato: più di 180 milioni. Al contrario, la Toscana e la Calabria non hanno destinato nemmeno un euro del budget regionale ai contratti di quartiere, pur avendo ricevuto rispettivamente 49.990.360,18 euro e 38.941.730,66 euro, cifre che si collocano subito sopra e subito sotto la media di quanto ricevuto da parte di ciascuna regione (circa 42 milioni).

Quanto ai lavori effettuati, si deve segnalare un basso grado di efficacia. Infatti, dei 184 progetti avviati in altrettanti Comuni, solo 3 sono stati ultimati142.

La gran parte di essi (82 su 184, il 44%) è rimasta, sempre alla data del 2012, ad uno stadio di avanzamento del 10%. Quanto ai finanziamenti, in totale, degli 842 milioni stanziati, sono stati effettivamente versati dallo Stato a Regioni e Comuni 406.873.670,04 di euro, cioè meno della metà di quanto accordato in fase progettuale.

Già questi dati possono portare a sospettare che l’esperienza dei Contratti di Quartiere II non si possa definire un esempio di efficacia organizzativa e realizzativa. La Conferenza delle Regioni e delle Province Autonome ha espresso un auspicio di semplificazione nella propria conferenza unica del 15 maggio 2014 con riferimento ai Contratti di Quartiere II143. Essa muoveva in

particolare da una pronuncia della Corte dei Conti, che in merito al programma “CdQ II” ha inteso fare una indagine conoscitiva sullo stato di attuazione di questi progetti (n. 15/2013/G emessa dalla Sezione centrale di controllo nell’adunanza del 21 novembre 2013). Il risultato è stato quanto mai deludente: dei 192 progetti finanziati alla data del novembre 2013, solo 7 sono stati ultimati.

142 E cioè uno in Piemonte, uno in Lombardia e uno nel Lazio. 143Conferenza 14/052/CU6/C4, reperibile in

www.regioni.it/conferenze/2014/05/12/15052014-ordine-del-giorno-conferenza-unificata- 347556/

La Corte dei Conti, nella sua indagine ha indicato come fattori di maggiore criticità il dilatamento dei tempi144 oltre che uno scarso monitoraggio delle varie

fasi di lavoro. Problema tecnico poi non trascurabile è, sempre secondo la Corte, il termine di perenzione troppo breve dei finanziamenti, che non è in linea con i tempi di realizzazione delle opere. Infine, la Corte rimprovera alle Regioni di concentrare spesso tutta la propria attenzione sulle questioni abitative trascurando le altre esigenze di cittadinanza, da un lato, e di disperdere eccessivamente i fondi ricevuti in troppi progetti simili.

La Conferenza delle regioni, dal canto suo, individua problematiche ulteriori nei casi dei progetti non portati a compimento. Per quanto concerne i provvedimenti non avviati, spesso ciò sarebbe dovuto a necessari adeguamenti del progetto con normative sopravvenute (es., normative antisismiche o di sicurezza, etc.). I provvedimenti avviati, ma in una fase di avanzamento inferiore al 50% (ossia la maggioranza, stando sempre ai dati del MIT), sarebbero tali per difficoltà esecutive. Nel caso di provvedimenti in avanzamento superiore al 50% (ossia la maggioranza secondo la conferenza delle Regioni) vi è un problema di scarso monitoraggio e accompagnamento da parte delle Regioni stesse. Vi sono poi progetti interrotti per inadempienza contrattuale delle imprese, oppure progetti non più attuabili per la perdita dei requisiti di fattibilità tecnico- amministrativa. Le Regioni propongono allora, oltre al monitoraggio proposto dalla Corte dei Conti ed un maggiore accompagnamento da parte loro, anche una maggiore flessibilità nelle procedure.