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LA LEGGE 1 OTTOBRE 2012, N 172, DI RATIFICA DELLA CONVENZIONE DI LANZAROTE IN ITALIA

2.3. iii Adescamento di minorenn

L’ultima delle tre figurae criminis introdotte ex novo dalla novella è costituita dall’inedita fattispecie dell’adescamento di minorenni di cui all’art. 609-undecies.

Il reato è descritto come quella condotta di chi “allo scopo di

commettere i reati di cui agli articoli 600, 600-bis, 600-ter e 600- quater, anche se relativi al materiale pornografico di cui all'articolo 600-quater.1, 600-quinquies, 609-bis, 609-quater, 609-quinquies e 609-octies, adesca un minore di anni sedici” precisando subito dopo

che “Per adescamento si intende qualsiasi atto volto a carpire la

fiducia del minore attraverso artifici, lusinghe o minacce posti in essere anche mediante l'utilizzo della rete internet o di altre reti o mezzi di comunicazione”.

La norma costituisce la diretta trasposizione della disposizione di cui all’art. 23 della Convenzione di Lanzarote, seppure in realtà i due contenuti non coincidano completamente.

La disposizione convenzionale, che recepisce in tal senso anche le più interessanti esperienze di altri sistemi giuridici, in particolare quello statunitense, canadese e britannico, impone infatti agli Stati firmatari di sanzionare “(…) la proposta intenzionale di un incontro,

da parte di un adulto, mediante l’utilizzo delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione, ad un minore (…) quando tale proposta è stata seguita da atti concreti volti a realizzare il suddetto incontro”.

Si è già detto, in sede di esame della norma, come la necessaria interrelazione tra la condotta di adescamento e la commissione di quegli “atti concreti” nel senso di realizzare l’incontro, vada a costituire la parte più problematica dell’art. 23, affievolendo quindi la tutela di fronte ad atti che non mostrino l’idoneità minima richiesta dall’enunciato in questione, e rendendo per tale via anche più difficile la configurabilità del tentativo.

Detto in altre parole, se la soglia di tutela, per integrare il delitto, richiede quel quid in più costituito dagli atti concreti, come potranno aversi quegli “atti idonei diretti in modo non equivoco a commettere

un delitto” che costituiscono l’elemento positivo richiesto dall’art. 56

c.p. per la configurazione del tentativo?

La scelta del legislatore italiano, che si fa apprezzare per aver tagliato il nodo gordiano delle problematicità poste dall’art. 23 della Convenzione, è stata invece quella di espungere ogni riferimento ad atti concreti o idonei, delineando quindi nell’art. 609-undecies un reato a condotta libera (come suggerisce l’inciso “qualsiasi atto”).

Siamo quindi in presenza di una marcata anticipazione della soglia di tutela che incrimina anche la semplice presa di contatto tra il soggetto attivo del reato ed il minore, purché il fine che si propone l’autore sia quello del compimento di reati sessuali o di pedopornografia.

Un simile anticipazione della tutela a comportamenti che ben potrebbero, de facto, trovarsi ancora al di sotto della soglia del tentativo punibile, sarebbe del resto suscettibile di sollevare critiche in merito alla reale offensività della condotta (e questa, del resto era stata la scelta del legislatore convenzionale202); si può tuttavia aderire alla opinione di chi afferma che l’anticipazione della tutela anche a fatti “troppo lontani dalla possibilità di offendere o mettere in pericolo la

libera determinazione della sfera sessuale del minore, si giustifica, oltre che per la particolare importanza assegnata dal legislatore all’interesse giuridicamente tutelato, anche per l’insidiosità della condotta che viene sanzionata. Il comportamento volto a carpire la fiducia del minore degli anni sedici in cui si risolve il reato, infatti, consiste nell’indebolire la volontà del minore inducendolo in modo

202

La volontà dei firmatari della Convenzione è chiaramente espressa nel Rapporto Esplicativo della stessa; Council of Europe Convention on the Protection of Children against Sexual Exploitation and Sexual Abuse, Explanatory Report, par. 157, “The negotiators felt that simply sexual chatting with a child, albeit as part of

the preparation of the child for sexual abuse, was insufficient in itself to incur criminal responsibility. A further element was needed (…)”.

graduale a superare le resistenze al prestarsi alla realizzazione del reato di pedofilia e pedopornografia che costituisce il fine dell’agente”203.

In altre parole, la legge 172/2012, ha in qualche modo compensato l’arretramento della soglia di tutela, precisando il disvalore della condotta con la previsione la configurazione del dolo nella forma specifica, richiedendosi cioè che la condotta debba essere diretta al compimento dei più gravi delitti contro la libertà sessuale (e questa volta, a differenza della fattispecie di cui all’art. 414-bis c.p., correttamente è menzionato anche l’art. 609-octies c.p.).

Proprio il dolo del reato di adescamento costituisce quindi l’elemento maggiormente qualificante del nuovo art. 609-undecies.

E si tratta di un dolo non solo specifico ma altresì “doppio”204, come del resto conferma il dato testuale.

La componente soggettiva del reato, si qualifica cioè come duplice perché, per un verso si caratterizza per essere sorretta dalla volontà di compiere i reati-fine elencati nel primo comma, ovvero i più gravi reati di violenza sessuale e di pornografia minorile; per altro verso, più sottilmente, il dolo si arricchisce ulteriormente della volontà di carpire la fiducia del minore attraverso artifizi, lusinghe o minacce.

E questa precisazione, contenuta nel comma 2 dell’art. 609-

undecies c.p., lungi dall’avere solo rilevanza meramente concettuale,

realizza il fondamentale effetto di “trasferire la captazione della

fiducia del minore da evento del reato a dolo specifico dello stesso”205, con la conseguenza che il nuovo reato di adescamento non può qualificarsi come reato di evento (come avrebbe invece suggerito la mera indicazione del termine “adescare” senza altre precisazioni, nel qual caso l’acquisizione della fiducia del minore avrebbe assunto il carattere di elemento costitutivo della condotta di acquisizione anziché

203

cfr. Russo C., “L’abuso sui minori dopo Lanzarote. L. 1 ottobre 2012, n. 172”, Il penalista, Giuffrè Editore, Varese, 2012, p. 17

204

Cfr. ibidem 205

di elemento del dolo) ma proprio di reato di condotta, con l’ulteriore conseguenza che il mancato ottenimento della fiducia della vittima non conduce al tentativo del reato, ma all’integrale consumazione della fattispecie delittuosa.

Tuttavia proprio la definizione di adescamento di cui al comma 2 crea difficoltà di ordine interpretativo nella delimitazione della condotta incriminata.

L’intento del legislatore è stato quella di difendere i minori dalle condotte di adescamento particolarmente subdole, realizzate approfittando della fragilità emotiva e del non completo processo di maturazione intellettiva della giovane vittima; in tal senso depone la prima parte dell’inciso del comma 2 dell’art. 609-undecies, laddove richiede che per “carpire la fiducia del minore” la condotta possa essere realizzata tramite “artifici e lusinghe”.

D’altra parte le condotte adescatorie sono compatibili anche con altre modalità di approccio alla vittima, in particolare con una coercizione più o meno violenta. A conferma di una tale ricostruzione può invocarsi facilmente l’esperienza di altri ordinamenti, che prevedono anche la presenza della coercizione tra i comportamenti attraverso i quali si può circuire il minore206.

E del resto, rimanendo al solo dato testuale del nostro codice, una conferma indiretta di una tale ricostruzione può ricavarsi dal termine “minacce” che figura tra le modalità per mezzo delle quali può guadagnarsi la fiducia del minore.

Da ciò consegue tuttavia un’altra rilevante problematica: se l’adescamento, come abbiamo già sopra affermato, è il comportamento diretto a carpire la fiducia della vittima per i fini di

206

ne sono un valido esempio le previsioni del United States Criminal Code, Title 18, Part I, Chapter 117, § 2422, “Coercion and enticement”: “Whoever, using the mail

or any facility or means of interstate or foreign commerce, or within the special maritime and territorial jurisdiction of the United States knowingly persuades, induces, entices, or coerces any individual who has not attained the age of 18 years, to engage in prostitution or any sexual activity for which any person can be charged with a criminal offense, or attempts to do so, shall be fined under this title and imprisoned not less than 10 years or for life”.

abuso sessuale o pedopornografia, e se gli artifici, lusinghe e minacce sono le modalità con cui l’agente carpisce la fiducia del minore, ne consegue che se tali modalità non sono sorrette dal fine di carpirne la fiducia, ma da un altro fine (si pensi alla volontà di instaurare un qualunque genere di contatto con il minore), allora le modalità non saranno punibili autonomamente a titolo di reato.

In altre parole, se le minacce sono certamente idonee ad instaurare un contatto con la vittima, che teme un male ingiusto per sé o altri, e quindi sono persino idonee a realizzare il fine ultimo del compimento dei reati di violenza sessuale, prostituzione minorile o pornografia infantile, arduamente può affermarsi che possano essere idonee a “carpirne la fiducia”, a meno che non si attribuisca a questo termine un significato talmente ampio da accostarlo anche alla costrizione e alla determinazione a rendersi vittima del reato.

Il che sarebbe astrattamente possibile, soprattutto a livello teorico, ma potrebbe, nella migliore delle ipotesi, cozzare contro i canoni di determinatezza e prevedibilità della fattispecie penale.

Oppure potrebbe ritenersi che il significato di “carpire la fiducia” escluda la coercizione e vada cioè accostato a condotte seduttive, e come conseguenza ciò potrebbe condurre ad una

interpretatio abrogans207 della parte della norma che prevede la modalità minatoria, restringendo quella che sarebbe stata l’applicabilità della norma se non ci fosse stato l’ultimo periodo del secondo comma.

D’altra parte, se anche così fosse, le conseguenze non sarebbero particolarmente gravi: l’autore della coercizione realizzata tramite minacce, al fine di adescare la vittima per compiere reati di abuso sessuale o pedopornografia, potrebbe ben rispondere di violenza privata a norma dell’art. 610 c.p. per avere “con violenza o minaccia” costretto “altri a fare, tollerare, od omettere qualche cosa”.

207

Cfr. Carmine Russo, “L’abuso sui minori dopo Lanzarote. L. 1 ottobre 2012, n.

E in questo caso, l’autore subirebbe persino una sanzione più grave, in quanto più elevati sono i limiti edittali dell’art. 610 c.p. (reclusione fino a quattro anni contro reclusione da uno a tre anni).

Proseguendo nell’esegesi della norma, ci imbattiamo in un’altra difformità rispetto alla previsione dell’art. 23 della Convenzione di Lanzarote, ossia aver limitato la soglia di offensività solo ai minorenni che abbiano meno degli anni sedici.

La scelta va connessa alla presunta minore influenzabilità degli ultrasedicenni208, e alla loro maggiore maturità intellettiva, come del resto affermato anche dalla più recente giurisprudenza di legittimità209 che, nell’elaborare un sistema a “fasce d’età”, ha sapientemente graduato in base all’età le oggettive condizioni di maturità intellettiva e consapevolezza sessuale del minore con le esigenze di tutela alla libertà sessuale dello stesso.

D’altro canto, se pure è vero che un ultrasedicenne reca uno sviluppo intellettivo più completo rispetto ad un infrasedicenne, non è meno vero che si tratta ancora di soggetti minori di età, per i quali non può ritenersi raggiunto lo sviluppo ultimo della personalità intellettiva.

208

In questo senso anche ibid., pp. 19 ss 209

Corte di Cassazione, sez. III Penale, 6 dicembre 2012, n.47220, “(…) si ritiene

che il minore non abbia ancora raggiunto la capacità di esprimere un valido consenso nell'ambito sessuale, che dunque è irrilevante, ma, proprio in vista del raggiungimento di tale obiettivo, la norma tutela l'integrità psicofisica del minore con riguardo alla sfera sessuale in vista di un corretto sviluppo della propria sessualità, proteggendolo dal rischio di approcci erotici che potrebbero incidere negativamente sul processo di maturazione. Il legislatore distingue a tal proposito tre diversa fasce di età: età inferiore a dieci anni, età compresa tra dieci e quattordici anni, età compresa fra quattordici e i sedici anni. Fino all'età di quattordici anni il minore non ha ancora raggiunto uno stadio di sviluppo e di maturità psico - fisica necessari per intendere, coscientemente le manifestazioni e valutare le conseguenze legate alla sfera sessuale, sicché il delitto di cui all'art. 609 quater c.p., tutela il corretto sviluppo della personalità sessuale del minore attraverso una sua assoluta intangibilità sessuale (art. 609 quater primo comma n. 1A ed ultimo comma). Nella fascia di età ricompresa fra i quattordici anni e i sedici (art. 609 quater comma 1 n.2 c.p.p.) la tutela apprestata è relativa in quanto si tiene conto che il minore, ha già acquisito un certa libertà sessuale, tuttavia non ha raggiunto la completa maturità per cui potrebbe essere condizionato nell'adesione all'atto sessuale dall'esistenza di rapporti fiduciari o di autorità, quali quelli indicati dall'art. 609 quater comma primo n.2 c.p.”

Inoltre, la scelta del legislatore di limitare l’età della vittima a sedici anni, è foriero di possibili problematiche, anche in tema di concorso tra reati210, posto che tutte le fattispecie delittuose richiamate nel comma 1 dell’art. 609-undecies, con la sola eccezione degli artt. 609-quater e 609-quinquies c.p., si applicano a tutti i soggetti minorenni.

Proprio le due disposizioni da ultimo citate, ossia quelle che disciplinano gli atti sessuali consensuali con minore e la corruzione di minore, stante il diverso limite di età che recano, aprirebbero la strada, secondo certe ricostruzioni211, a ulteriori e gravissime problematiche: in altre parole, ci si domanda se sarà punibile l’adescamento di un minore ultraquattordicenne se finalizzato al compimento di atti sessuali con il suo consenso o alla sua corruzione?

L’intera vicenda muove dalla considerazione di questa dottrina secondo cui il confine tra atto lecito (adescare un ultraquattordicenne minore dei sedici anni per avere un rapporto consensuale) ed illecito (adescare un ultraquattordicenne minore degli anni sedici per consumare un rapporto sessuale non consensuale) starebbe tutto nella diversa qualità dell’elemento soggettivo, ovvero nel dolo specifico, che nel caso di specie è di difficoltoso accertamento.

In altre parole, sarà punibile anche a titolo di adescamento (oltre che di eventuali altri reati) il soggetto che abbia adescato un minore tra i quattordici ed i sedici anni di età per avere un rapporto sessuale con il suo consenso, se il consenso viene poi a mancare nella consumazione dell’atto sessuale?

La dottrina in parola, lamentando così un ampio vuoto di tutela anche nei confronti di soggetti minori che non possiedono capacità sufficienti di autodeterminazione sessuale (ovvero i soggetti dai quattordici ai sedici anni d’età), suggerisce per questa ipotesi, come unica alternativa, la necessaria adesione all’orientamento che afferma

210

Vedere infra 211

In questo senso anche Russo C., “L’abuso sui minori dopo Lanzarote. L. 1

che la condotta di adescamento, pur se eventualmente diretta alla ricerca di un rapporto consensuale col minore, non tenga in realtà alcun conto della volontà effettiva del minore ad intraprendere l’atto sessuale, con la conseguenza che l’elemento psicologico necessario per l’integrazione della fattispecie sia costituito da un dolo specifico che si sostanzia nella finalità di avere un rapporto sessuale con il minore, sia questi concretamente consenziente o dissenziente212.

Da cui tuttavia discenderebbe, sempre secondo questa dottrina, la conseguenza che, richiedendo l’art. 609-undecies c.p. un “doppio dolo specifico”213, non sarebbero in realtà punibili le condotte che pur rechino tutti gli elementi richiesti dalla norma, ma che non giungano fino al compimento del reato-fine, anche per circostanze indipendenti dalla volontà del reo (si pensi ad un incidente che impedisca al soggetto attivo di recarsi all’incontro col minore, o al rifiuto di quest’ultimo di recarvisi).

E con l’ulteriore conseguenza che, in detti casi, si potrebbe configurare al più un tentativo, ma non sarebbe comunque integrato il delitto di adescamento214.

Del resto non appare agevole oggi propendere per l’adesione ad una tale ricostruzione, potendosi solo attendere un supplemento di indagine da parte della dottrina e della giurisprudenza, ancora carente al momento in cui si scrive.

Resta da considerare un altro aspetto, richiamato dalla clausola di riserva “salvo che il fatto non costituisca più grave reato” ovvero se il delitto di cui all’art. 609-undecies c.p. concorra con i reati-fine o con il loro tentativo o sia assorbito, o se vi sia un concorso apparente di norme.

Analizzando il caso di concorso con il reato-fine consumato, ben difficilmente potrà sostenersi che la condotta di adescamento sia riassorbita nel disvalore del delitto successivo.

212 Cfr. ibid, p. 19 213 Cfr. ibidem 214 Cfr. ibidem

Infatti l’anticipazione della soglia di tutela realizzata con la disposizione incriminatrice dell’art. 609-undecies, non significa che la relativa condotta debba essere assorbita nei reati-fine, quasi che l’adescamento ne costituisca un necessario antefatto.

Esso è un possibile antefatto, e del resto reca un profilo di offensività diverso dalle norme in esso richiamate, in quanto non si limita a tutelare la libertà sessuale del minore ma mira pure “a

consentirgli quei contatti con le persone esterne alla cerchia delle sue conoscenze che costituiscono pur sempre una modalità di formazione della sua personalità, senza il rischio di incappare in soggetti che approfittino della sua personalità non ancora formata”215.

In altre parole, “(…) l'ipotesi del concorso di reati appare,

almeno allo stato, per quanto la più severa, come la più plausibile, in quanto i beni tutelati dalle diverse norme appaiono ben distinti: da un lato, il reato di adescamento, che tende a carpire la fiducia del minore, circuendo ed indebolendo le sue capacità, già non sviluppate appieno, di difesa psicologica, e, all'altro lato, il reato sessuale vero e proprio, delitto contro la personalità o la libertà individuale del minore attinente alla sua sfera sessuale”216.

Ciò premesso, un discorso in parte analogo potrà farsi per il concorso ed il tentativo di reato-fine.

Se è pur vero che, astrattamente, il comportamento adescatorio possa ben integrare quegli “atti idonei diretti in modo in equivoco a commetter il reato”, non vi è necessariamente coincidenza tra le due modalità di esternazione della condotta, vuoi perché l’adescamento può collocarsi, come abbiamo già sopra cennato, anche al di sotto della soglia di punibilità dei reati-fine, vuoi perché il tentativo di abuso sessuale su minore o pedopornografia può realizzarsi anche con modalità assai differenti dall’adescamento.

215

Cfr. ibid, p. 20 216

Pittaro P., “Adescamento di minore e violenza sessuale: concorso di reati?”, 19/12/2012, in http://pluris-cedam.utetgiuridica.it