• Non ci sono risultati.

LA LEGGE 1 OTTOBRE 2012, N 172, DI RATIFICA DELLA CONVENZIONE DI LANZAROTE IN ITALIA

2.7 Il nuovo sistema sanzionatorio: le pene accessorie

L’intervento della novella si indirizza anche sul sistema delle pene accessorie dei reati di pedofilia e pedopornografia, dettando un sistema che appare sorretto da due finalità: armonizzare le pene accessorie già previste per le due diverse tipologie di reati; correggere tutte le aporie e le irrazionalità del vecchio sistema.

Cominciamo con il considerare il quadro antecedente alla riforma del 2012.

Per tutti i delitti previsti e puniti dalla sezione I, capo III, titolo XII, libro II del codice penale (ovvero tutti i delitti di pedopornografia, ma anche quelli di tratta e riduzione in schivitù di cui agli artt. 600 e seguenti, oltre che i delitti di impiego di minori nell’accattonaggio ex art. 600-octies e sfruttamento del lavoro ex art. 603-bis), il vecchio art. 600-septies c.p. prevedeva le pene accessorie “dell'interdizione

perpetua da qualunque incarico nelle scuole di ogni ordine e grado, nonché da ogni ufficio o servizio in istituzioni o strutture pubbliche o private frequentate prevalentemente da minori”, nonché “la chiusura degli esercizi la cui attività risulta finalizzata ai delitti previsti dalla presente sezione, nonché la revoca della licenza d'esercizio o della concessione o dell'autorizzazione per le emittenti radiotelevisive”.

Per i soli delitti di cui agli artt. 609-bis, 609-ter, 609-quater, 609-quinquies e 609-octies, anche se compiuti a danno di maggiorenne, il testo dell’art. 600-nonies prevedeva la perdita della potestà genitoriale, quando la qualità di genitore fosse stata elemento costitutivo del reato, l’interdizione dagli uffici di tutela, la perdita degli alimenti e l’esclusione dalla successione della persona offesa e, nel caso in cui il reato fosse stato commesso su minore degli anni diciotto, anche l’interdizione perpetua da ogni incarico in scuole ed istituzioni o altre strutture abitualmente frequentatae dai minori.

Inoltre, per i delitti previsti e puniti dagli artt. 583-bis, 600, 601, 602, 602-bis, 609-bis, 609-quater, 609-quinquies e 609-octies era

prevista anche la decadenza dall’esercizio della potestà genitoriale, qualora il fatto fosse stato commesso da genitori, oltre alla interdizione perpetua dagli uffici di tutela.

Infine, una ulteriore pena accessoria era stata individuata dalla giurisprudenza341 per il solo delitto di sfruttamento o induzione alla prostituzione minorile, sulla base dell’estensione all’art. 600-bis c.p. del disposto dell’art. 6 della legge 58/75, laddove questo prevedeva per il reato di sfruttamento della prostituzione tout court l’interdizione dai pubblici uffici e dagli uffici di tutela per un periodo da 2 a 20 anni.

Un quadro visto da più parti come non solo caratterizzato da una intrinseca disomogeneità342, ma altresì giudicato come eccessivamente blando per i delitti di pedopornografia, per i quali era alla fine prevista la sola interdizione da incarichi in scuole o altri uffici, circostanza che tuttavia non precludeva ulteriori contatti con i minori, né ostacolava la successiva reiterazione dei medesimi reati.

Il nuovo sistema delle pene accessorie creato dalla novella mira a supplire alle deficienze di quello che lo aveva preceduto (pur tuttavia, come vedremo fra poco, ereditandone alcuni caratteri problematici), e si articola in tre norme.

Iniziamo dal nuovo art. 600-septies.2 c.p. che, per i reati di pedopornografia, nonché quelli di tratta, di impegno di minori nell’accattonaggio e sfruttamento del lavoro, prevede le pene accessorie della: perdita della potestà genitoriale, se il reato è commesso da un genitore; la perdita del diritto agli alimenti e l’esclusione dalla successione della persona offesa; l’interdizione perpetua dagli uffici di tutela ed assimilati; l’interdizione perpetua o temporanea dai pubblici uffici; ed inoltre le ulteriori pene dell’interdizione perpetua da incarichi nelle scuole o in altre strutture che prevedano il contatto con i minori e della chiusura degli esercizio

341

Cass. Pen., sez. III, 5 maggio 2008, n. 17844 342

Cfr. Russo C., “L’abuso sui minori dopo Lanzarote. L. 1 ottobre 2012, n. 172”, Il penalista, Giuffrè Editore, Varese, 2012, p. 54

commerciali finalizzati alla realizzazione dei reati in esame, la revoca della licenza e dell’autorizzazione per emittenti radiotelevisive.

Il nuovo testo dell’art. 609-nonies c.p. detta invece le pene accessorie previste per i delitti di violenza sessuale e pedofilia, che sostanzialmente ricalcano quelle dell’art. 600-septies.2: perdita della potestà genitoriale, se il reato è commesso da un genitore; la perdita del diritto agli alimenti e l’esclusione dalla successione della persona offesa; l’interdizione perpetua dagli uffici di tutela ed assimilati; l’interdizione perpetua o temporanea dai pubblici uffici; e qualora il fatto sia commesso a danno di un minore, l’interdizione perpetua da incarichi nelle scuole o in altre strutture che prevedano il contatto con i minorenni.

A queste due norme dallo spettro più ampio si aggiunge l’isolata previsione dell’art. 583-bis c.p., in tema di mutilazione genitale femminile, che al comma 4, prevede le sanzioni accessorie della perdita della potestà genitoriale se l’autore del delitto è un genitore, e dell’interdizione perpetua dagli uffici di tutela, se la vittima è un minore degli anni diciotto.

Il sistema che si è venuto delineando dopo la riforma del 2012 ha così operato una decisa razionalizzazione di tutta la materia.

Ma permangono alcuni aspetti problematici, alcuni dei quali sorti proprio dopo la modifica operata dalla novella.

Iniziamo dalla situazione in cui un genitore commetta un delitto sessuale a danno del figlio minore ma ultrasedicenne. La problematica sorge qui appena si consideri la disposizione dell’art. 609-nonies che applicava (e anche dopo la riforma, applica) la pena accessoria della perdita della potestà genitoriale “quando la qualità di genitore è

elemento costitutivo o circostanza aggravante del reato”, come anche

ribadito dalla Suprema Corte con sentenza del 2008: “In caso di

condanna per il reato di violenza sessuale aggravata in danno di figlia minorenne, la pena accessoria della perdita della potestà genitoriale va disposta solo quando la qualità di genitore della vittima

sia elemento costitutivo o circostanza aggravante del predetto reato”343.

Da ciò discende l’inevitabile conseguenza che, essendo aggravante della violenza sessuale solo il fatto che la vittima sia infrasedicenne, e non essendo l’età della vittima elemento costitutivo del delitto, in caso di violenza sessuale su figlio che ha già compiuto i sedici anni l’autore del reato non subirà la perdita della potestà genitoriale344.

Discorso in parte analogo può farsi in caso di genitore che commette atti sessuali con figlio minore infraquattordicenne consenziente.

Come noto, infatti, essendo gli atti sessuali con minorenne puniti indifferentemente, chiunque li abbia commessi, la qualità di genitore non è elemento costitutivo né circostanza aggravante della fattispecie base di cui all’art. 609-quater c.p., mentre è reato il compiere atti sessuali, da parte del genitore, con minore degli anni sedici ma maggiore degli anni quattordici (e la qualità di genitore ha qui carattere costitutivo), da cui conseguirebbe che la perdità della potestà genitoriale sarà applicata al genitore che abbia un rapporto sessuale col figlio infrasedicenne e non nella più grave ipotesi in cui la vittima abbia meno di quattordici anni345.

Per evitare una simile inaccettabile conseguenza, la giurisprudenza della Suprema Corte ha ritenuto necessario correre ai ripari, statuendo che “(…) la condotta di atti sessuali con minorenne

ad opera del genitore o di altra persona qualificata rientra comunque nell’ipotesi di cui all’art. 609-quater, n. 2 c.p., anche quando la vittima sia infraquattordicenne, con conseguente applicabilità, anche

343

Cass. Pen., sez. III, 16 settembre 2008, n. 35414 344

Cfr. Russo C., “L’abuso sui minori dopo Lanzarote. L. 1 ottobre 2012, n. 172”, Il penalista, Giuffrè Editore, Varese, 2012, p. 58

345 ibidem

in tal caso, della pena accessoria della perdita della potestà genitoriale”346.

E lo stesso ragionamento potrà essere applicato anche nell’ipotesi di violenza sessuale compiuta da genitore, a danno del figlio minore ultrasedicenne.

Resta da considerare un ultimo aspetto: ossia se la perdita di potestà genitoriale debba configurarsi solo nei riguardi del figlio che è vittima dei delitti sessuali o se tale sanzione operi tout court anche nei confronti di altri figli estranei agli abusi.

In presenza di una certa vaghezza del dato legislativo, che parla generalmente di potestà genitoriale, la situazione è stata affrontata, per la prima volta, ed in assenza di un qualsivoglia precedente, dalla giurisprudenza della Corte di Cassazione.

Ed i giudici della Suprema Corte hanno inteso estendere al massimo l’ambito applicativo della norma affermando che “(…) non

sembra dubbio che questa specifica pena accessoria debba riferirsi a tutti i figli, e non solo al figlio che è vittima dell'abuso sessuale. E ciò sia per la formulazione letterale della disposizione normativa, che non fa alcuna distinzione al riguardo; sia per la ratio legislativa che la ispira, la quale intende sanzionare la indegnità del genitore in quanto tale e non in rapporto a questo o quel figlio determinato. In altri termini, se un genitore ha gravemente mancato ai suoi doveri morali verso un figlio, egli è indegno di esercitare la sua potestà genitoriale anche nei confronti degli altri figli”347.

346

Cass. Pen., sez. III, 18 ottobre 2011, n. 37509, riportata in Russo C., “L’abuso sui

minori dopo Lanzarote. L. 1 ottobre 2012, n. 172”, Il penalista, Giuffrè Editore,

Varese, 2012, p. 59 347