LA LEGGE 1 OTTOBRE 2012, N 172, DI RATIFICA DELLA CONVENZIONE DI LANZAROTE IN ITALIA
2.9 Le modifiche alla legge di ordinamento penitenziario: i benefici penitenziari ai detenuti per reati sessuali commessi a
danno dei minori
L’art. 7 della legge 172/2012, dando attuazione agli artt. 16 e 17 della Convenzione di Lanzarote394, ha modificato la norma dell’art. 4-
bis della legge 26 luglio 1975, n. 354, sull’ordinamento penitenziario,
in materia di concessione di benefici penitenziari.
La disposizione di ordinamento penitenziario, realizzando un sistema cosiddetto “a fasce”, secondo la dizione di una nota sentenza
n. 4, della decisione quadro del Consiglio 15 marzo 2001, 2001/220/GAI, relativa alla posizione della vittima nel procedimento penale, devono essere interpretati nel senso che il giudice nazionale deve avere la possibilità di autorizzare bambini in età infantile che, come nella causa principale, sostengano di essere stati vittime di maltrattamenti a rendere la loro deposizione secondo modalità che permettano di garantire a tali bambini un livello di tutela adeguato, ad esempio al di fuori dell’udienza e prima della tenuta di quest’ultima”.
394
Convenzione del Consiglio d’Europa sulla protezione dei minori dallo sfruttamento e dagli abusi sessuali, art. 16: Destinatari dei programmi e delle misure di intervento: “Ciascuna delle Parti prevede, conformemente al proprio diritto
interno, che le persone perseguite per uno dei reati stabiliti conformemente alla presente Convenzione possono accedere ai programmi o alle misure di cui all’articolo 15, paragrafo 1, secondo condizioni che non siano né pregiudizievoli né contrarie ai diritti della difesa e alle esigenze di un processo equo e imparziale, e in particolare nel
rispetto delle norme che regolano il principio della presunzione di innocenza. 2 Ciascuna delle Parti prevede, conformemente al proprio diritto interno, che le persone condannate per uno dei reati stabiliti conformemente alla presente Convenzione possano accedere ai programmi o alle misure di cui all’articolo 15, paragrafo 1. 3 Ciascuna delle Parti prevede, conformemente al proprio diritto interno, che siano elaborati o adattati programmi o misure di intervento per rispondere alle necessità di sviluppo dei minori che hanno commesso reati a sfondo sessuale, ivi compresi coloro che sono al di sotto dell’età della responsabilità penale, al fine di trattare i loro disturbi del comportamento sessuale”; art. 17,
Informazione e consenso: “ Ciascuna delle Parti prevede, conformemente al
proprio diritto interno, che le persone di cui all’articolo 16, alle quali sono stati proposti programmi o misure di intervento, siano pienamente informate dei motivi di tale proposta e che acconsentano al programma o alla misura con piena cognizione di causa. 2 Ciascuna delle Parti prevede, conformemente al proprio diritto interno, che le persone alle quali sono stati proposti programmi o misure di intervento possano rifiutarli e, nel caso di persone condannate, che siano informate circa le possibili conseguenze di un loro rifiuto”.
delle Sezioni Unite395, conteneva un catalogo di delitti per i quali la concessione di benefici penitenziari (tra i quali l’assegnazione al lavoro esterno, i permessi premio e le misure alternative alla detenzione, esclusa la liberazione anticipata) era subordinata a diversi requisiti:
- Per i reati elencati nel comma 1, tra i quali, inter alios, rientravano i delitti di tratta, prostituzione minorile (solo l’ipotesi del 600-bis, comma 1 c.p.) e violenza sessuale di gruppo, era previsto che i benefici potessero essere concessi a detenuti ed internati solo nel caso in cui questi collaborassero con la giustizia;
- Per i delitti di cui al comma 1-ter, tra cui quelli di prostituzione minorile (art. 600, comma 2 e 3), pornografia minorile (limitatamente all’ipotesi dell’art. 600-ter, comma 3), iniziative turistiche volte allo sfruttamento della prostituzione minorile, e violenza sessuale, era previsto che i benefici potessero essere concessi solo in assenza di elementi tali da far ritenere che non vi siano legami con la criminalità organizzata, eversiva o terroristica;
- La terza fascia infine, di cui al comma 1-quater, che ricomprendeva i soli delitti di violenza sessuale di cui all’art. 609-bis ( eccetto l’ipotesi attenuata di cui al comma 3), 609-ter, 609-quater e 609 octies c.p., prevedeva l’attribuzione di benefici solo dopo il positivo esperimento dell’osservazione scientifica sulla personalità del condannato o internato, condotta collegialmente per almeno un anno, anche con la partecipazione degli esperti di cui alla stessa legge 354/75.
In definitiva, il sistema a fasce realizzava un quadro caratterizzato dalla divisione del trattamento, per gli autori di reati sessuali e di pedopornografia, tra le due ipotesi più generali di cui ai commi 1 e 1-ter, e l’ipotesi speciale del comma 1-quater, che richiedeva l’osservazione psicologica solo per i reati sessuali.
395
Corte di Cassazione, Sezioni Unite Penali, Sentenza 30 maggio 2006 (dep. 17 luglio 2006), n.24561
La novella va ad incidere su ambo gli aspetti dell’art. 4-bis. Per quanto riguarda la disciplina generale, il legislatore del 2012 ha ampliato il catalogo del comma 1, inserendovi i reati di cui all’art. 600-bis, 600-quater, 600-quinquies e 600-undecies c.p..
Ma è con riferimento alla disciplina speciale di cui al comma 1- quater dell’art. 4-bis che la novella incide maggiormente. In primo luogo, la fascia di reati in questione, ritenuti precedentemente di scarso allarme sociale 396 , viene ampliata con l’aggiunta delle fattispecie di prostituzione minorile (art 600-bis), pedopornografia (art. 600-ter), detenzione di materiale pedopornografico (art. 600-quater), iniziative turistiche volte allo sfruttamento della prostituzione (art. 600-quinquies), corruzione di minorenne (art. 609-quinquies) e adescamento di minorenne (art. 609-undecies), con la conseguenza che non si potrà più parlare, per le ipotesi previste nel catalogo, di delitti di scarsa gravità397.
L’art 7 comma 2 della novella inserise inoltre, nell’art 4-bis dell’ordinamento penitenziario, un nuovo comma 1-quinquies che prevede un nuovo percorso di accesso ai benefici penitenziari per gli autori di tutti i reati di pedofilia e pedopornografia, consistente in un trattamento psicologico con finalità di recupero e sostegno, in aggiunta alla più generica osservazione scientifica sulla personalità del condannato già prevista dal comma 1-quater.
Si tratta di un trattamento facoltativo, nel senso che il suo positivo esperimento è valutato favorevolmente dal magistrato di sorveglianza o dal tribunale di sorveglianza per la concessione del beneficio, ma non è obbligatorio ai fini dell’ottenimento dello stesso, che può essere ammesso anche sulla base dell’osservazione psicologica già prevista nella versione precedente la riforma398.
396
Cfr. Capitta A.M., “Legge di ratifica della Convenzione di Lanzarote: le
modifiche al codice di procedura penale e alla legge sull’ordinamento penitenziario”, in Diritto Penale Contemporaneo (www.penalecontemporaneo.it)
397 ibidem 398
Cfr. Russo C., “L’abuso sui minori dopo Lanzarote. L. 1 ottobre 2012, n. 172”, Il penalista, Giuffrè Editore, Varese, 2012, p. 70
D’altra parte tale previsione deve essere coordinata con quanto continua ad essere previsto dall’art. 13-bis dell’ordinamento penitenziario, che individua la possibilità di un trattamento psicologico specifico per i condannati per reati contro la libertà sessuale dei minori. La norma precisa che “la partecipazione a tale
trattamento è valutata ai sensi dell’articolo 4-bis, comma 1-quinquies, della presente legge ai fini della concessione dei benefici previsti dalla medesima disposizione”; dunque, se per un verso la
partecipazione al trattamento psicologico è facoltativa, per altro verso la decisione di sottoporsi al programma stesso costituisce elemento necessario di valutazione per la concessione dei benefici.
Infine, l’art. 4-bis, comma 1-quinquies, ordinamento penitenziario fa espressamente salve le condizioni di accesso di cui al comma 1 della disposizione; ne consegue che, quando la medesima fattispecie è prevista tanto nel comma 1 quanto nel nuovo comma 1-
quinquies, per fruire dei benefici sarà necessario accertare, oltre al
positivo esperimento del trattamento psicologico e alla osservazione annuale, anche la ulteriore presenza del requisito della collaborazione di cui all’art. 58-ter dell’ordinamento penitenziario.
Le modifiche apportate dalla novella sulle norme di ordinamento penitenziario intervengono su un acceso dibattito in merito alla applicabilità o meno della sospensione della pena per i condannati per delitti sessuali.
In particolare, la querelle si concentra tutta sull’opportunità o meno di applicare la sospensione per il delitto di violenza sessuale, qualora venga riconosciuta l’attenuante della minore gravità.
Ricordiamo infatti che l’art. 656, comma 9, c.p.p., richiamando esplicitamente l’art. 4-bis ordin. pen., esclude la possibilità di sospendere la pena per i condannati per i delitti previsti dal catalogo della disposizione di ordinamento penitenziario, che nella versione
ante riforma, non faceva figurare l’ipotesi di violenza sessuale
Tale situazione aveva suscitato un contrasto giurisprudenziale tra la giurisprudenza che riteneva “il divieto di sospensione
dell'esecuzione non è applicabile all’ipotesi attenuata del delitto ex art. 609 bis c.p. sia per quanto riguarda la necessità dell’osservazione scientifica sia in riferimento all'indicazione dei titoli di reato ostativi”399, e quella che invece negava tale soluzione400.
Oggi le posizioni della giurisprudenza devono fare i conti con le modifche apportate dalla legge 172/2012, che, operando il richiamo, all’interno dell’art. 656 c.p.p., dell’intero art. 4-bis, non consente più di addivenire, in via interpretativa ad un esonero dalla disciplina più rigorosa nel caso dell’ipotesi attenuata di violenza sessuale di cui all’art. 609-bis, comma 3.
Sul punto, del resto, è di recente intervenuta l’ordinanza n. 29 del 2013 della Corte Costituzionale401 che, seppur muovendo da un
399
Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 18-11-2010) 11-01-2011, n. 298 400
Inter alios, Corte di cassazione, Sezione III penale Sentenza n. 26832 del 15/6/2004; sez. I, 27 luglio 2010, n. 29384
401
Riportiamo i passaggi più significativi dell’ordinanza della Corte di Cassazione: “Ritenuto che, con ordinanza depositata il 27 marzo 2012 (r.o. n. 172 del 2012), la
Corte di appello di Bologna, in funzione di giudice dell’esecuzione penale, ha sollevato, con riferimento agli articoli 3 e 27, terzo comma, della Costituzione, questioni di legittimità costituzionale sia dell’articolo 4-bis, comma 1-quater, della legge 26 luglio 1975, n. 354 (Norme sull’ordinamento penitenziario e sull’esecuzione delle misure privative e limitative della libertà), nella parte in cui si riferisce anche ai condannati per il reato previsto dall’art. 609-quater del codice penale, attenuato a norma del quarto comma dello stesso articolo, sia dell’articolo 656, comma 9, lettera a), del codice di procedura penale, nella parte in cui, rinviando all’art. 4-bis dell’ordinamento penitenziario, prevede che non possa disporsi la sospensione dell’esecuzione della pena inflitta per tale reato; (…) che, come riferisce il giudice a quo, la difesa del condannato ha censurato il fatto che, in base al combinato disposto degli artt. 656, comma 9, lettera a), cod. proc. pen. e 4- bis, comma 1-quater, dell’ordinamento penitenziario nel caso di condanna per il delitto previsto dall’art. 609-quater cod. pen., attenuato ai sensi del quarto comma dello stesso articolo, non è possibile «la sospensione dell’emissione dell’ordine di carcerazione né la concessione di misure alternative alla detenzione prima del decorso di un anno di osservazione intramuraria», a differenza di quanto è stabilito nel caso di condanna per il delitto previsto dall’art. 609-bis cod. pen., attenuato ai sensi del terzo comma dello stesso articolo; che, riportandosi espressamente alle argomentazioni della giurisprudenza di legittimità, il giudice a quo precisa che il catalogo dei delitti ostativi alla sospensione dell’esecuzione delle pene detentive brevi coincide con quello dei delitti ostativi all’applicazione delle misure alternative
alla detenzione, contenuto nell’art. 4-bis dell’ordinamento penitenziario, a cui l’art. 656, comma 9, lettera a), cod. proc. pen. fa rinvio mobile o recettizio; che a fronte del dato normativo, assolutamente esplicito nel senso di escludere dal divieto della sospensione dell’esecuzione le sole condanne per il delitto dell’art. 609-bis cod. pen., attenuato ai sensi del terzo comma dello stesso articolo, non vi sarebbe spazio per una interpretazione estensiva di tale deroga alle condanne per i reati di cui all’art. 609-quater cod. pen., attenuati ai sensi del quarto comma di quest’ultimo articolo;
che, pertanto, secondo il rimettente, alla stregua della normativa richiamata, non sarebbe accoglibile la richiesta, avanzata dal condannato, di sospensione dell’esecuzione; (…)»; che un ulteriore passaggio argomentativo della Corte di cassazione, espressamente richiamato e non condiviso dal rimettente, concerne l’affermazione che la disciplina dell’art. 4-bis dell’ordinamento penitenziario riguarda scelte di opportunità in materia di politica penitenziaria, su cui la Corte costituzionale non può incidere, poiché esse rientrano nella discrezionalità riservata al legislatore e non risultano esercitate in modo arbitrario; che la ratio della differenziazione risiederebbe nella particolare natura dei reati di violenza sessuale in danno di minori, «riconosciuti di particolare gravità da un lato ed espressione, dall’altro, di una particolare e patologica espressione della personalità dell’autore», sì da giustificare che le misure alternative alla detenzione e l’accesso al lavoro esterno e ai permessi premio siano possibili solo dopo un anno di osservazione personologica condotta dall’équipe carceraria; che secondo il rimettente, però, il legislatore e la stessa Corte di cassazione non hanno valutato appieno la gamma dei fatti coperti dalla previsione dell’art. 609-quater, ultimo comma, cod. pen.; che in particolare «la considerazione dell’ipotesi di fatto del processo» a carico del ricorrente, che «ha portato all’inflizione della pena della cui esecuzione si discute nel presente incidente di esecuzione, mostra in tutta evidenza un profilo di irragionevolezza nel complesso normativo applicabile alla fase esecutiva, così come correttamente ed inevitabilmente interpretato dalla Corte di cassazione»; che, infatti, la condanna riguarda «fatti di congiunzione carnale con una minorenne» con la quale il ricorrente «aveva allacciato una relazione – nec vi nec clam e consenzienti i genitori della vittima – iniziata quando anch’egli era minorenne e proseguita nel corso degli anni sino all’instaurazione di una stabile convivenza dalla quale era nato anche un figlio»; che, pertanto, secondo il giudice a quo, trattandosi di una relazione «nata nell’ambito del gruppo dei pari e sfociata in rapporti sessuali privi di qualunque connotato di violenza o clandestinità», non sarebbe possibile individuare nell’agente «alcun profilo personologico patologico tale da suggerire o imporre quel periodo di osservazione intramuraria di un anno previsto dalla legge»; che nel caso di sottoposizione della vittima ad atti di natura sessuale con violenza o minaccia, con l’attenuante del terzo comma dell’art. 609- bis cod. pen., pur residuando nell’autore un profilo personologico tale da consigliare un’osservazione della personalità, l’esecuzione della pena verrebbe riportata alle regole ordinarie, mentre in una situazione di fatto di minore gravità, quale quella di cui all’art. 609-quater, quarto comma, cod. pen., sopra riferita, il condannato subirebbe un trattamento ingiustificatamente deteriore rispetto al primo, con violazione del principio di uguaglianza di cui all’art. 3 Cost.; che, secondo la Corte di appello di Bologna, inoltre, sarebbe ravvisabile la violazione dell’art. 27, terzo comma, Cost.; che tale precetto, attuato a livello penitenziario con la previsione della «forma carceraria di esecuzione della pena soltanto come extrema
ratio», laddove forme diverse di esecuzione non siano possibili o praticabili, troverebbe un suo «corollario inevitabile nell’adeguatezza della forma di esecuzione della pena alla concreta esigenza rieducativa»; che nei casi come quello di specie non sussisterebbe la particolare «esigenza rieducativa» che ha condotto il legislatore a stabilire un regime differenziato e più gravoso dell’esecuzione penale, con la previsione dell’anno di osservazione intramuraria; che nel giudizio è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che la questione sia dichiarata manifestamente infondata; che, secondo l’Avvocatura, la normativa denunciata non appare irragionevole, essendo evidente che «la ratio che giustifica la differenziazione tra il trattamento penitenziario riservato ai soggetti condannati per reati di violenza sessuale ai danni di minorenni, sia pure attenuati ai sensi dell’art. 609-quater, quarto comma, cod. pen.», e il trattamento riservato alle persone condannate per reati di violenza sessuale attenuati ai sensi dell’art. 609-bis, terzo comma, cod. pen. si rinviene nell’esigenza «di assicurare la particolare protezione di soggetti minorenni e di affrontare adeguatamente casi che mettono in luce profili patologici della personalità dei rei»; che ugualmente non fondata risulterebbe la questione concernente la violazione dell’art. 27, terzo comma, Cost., in quanto la finalità della rieducazione del condannato potrebbe essere realizzata solo sulla base di un’attenta osservazione intramuraria della personalità delle persone condannate per reati di violenza sessuale ai danni di minorenni. Considerato che (…) nell’ipotesi di sottoposizione della vittima ad atti di natura sessuale con violenza o minaccia, attenuata ai sensi del terzo comma dell’art. 609-bis cod. pen., pur residuando nell’autore un profilo personologico tale da consigliare un’osservazione della personalità, l’esecuzione della pena verrebbe riportata alle regole ordinarie, mentre in una situazione di fatto di minore gravità, quale quella di cui all’art. 609- quater, quarto comma, cod. pen., sopra riferita, il condannato subirebbe un trattamento ingiustificatamente deteriore, con violazione del principio di uguaglianza di cui all’art. 3 Cost.; (…) che successivamente alla pronuncia dell’ordinanza di rimessione è intervenuta la legge 1° ottobre 2012, n. 172 (Ratifica ed esecuzione della Convenzione del Consiglio d’Europa per la protezione dei minori contro lo sfruttamento e l’abuso sessuale, fatta a Lanzarote il 25 ottobre 2007, nonché norme di adeguamento dell’ordinamento interno); che questa legge ha, tra l’altro, inciso sull’art. 4-bis dell’ordinamento penitenziario, sia modificando il comma 1-quater, con l’ampliamento del catalogo dei delitti rispetto ai quali l’accesso a taluni benefici penitenziari è subordinato ai risultati positivi dell’osservazione scientifica della personalità del detenuto, sia, soprattutto, inserendo il comma 1-quinquies, secondo il quale ai fini della concessione dei benefici ai detenuti e internati «per i delitti di cui agli articoli 600-bis, 600-ter, anche se relativo al materiale pornografico di cui all’articolo 600-quater.1, 600- quinquies, 609-quater, 609-quinquies e 609-undecies del codice penale, nonché agli articoli 609-bis e 609-octies del medesimo codice, se commessi in danno di persona minorenne», è previsto un trattamento psicologico con finalità di recupero e sostegno del condannato e la sua «positiva partecipazione» è valutata dal magistrato di sorveglianza o dal tribunale di sorveglianza; che lo jus superveniens appare idoneo ad influire sulle proposte questioni di legittimità costituzionale; che, in particolare, devono essere considerate le possibili implicazioni derivanti dall’introduzione del comma 1-quinquies dell’art. 4-bis dell’ordinamento penitenziario, posto che, richiamando l’art. 656, comma 9, lettera a), cod. proc. pen.