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La nuova disciplina dell’ignoranza dell’età della persona offesa

LA LEGGE 1 OTTOBRE 2012, N 172, DI RATIFICA DELLA CONVENZIONE DI LANZAROTE IN ITALIA

2.6 La nuova disciplina dell’ignoranza dell’età della persona offesa

Una delle più rilevanti novità introdotte dalla legge del 2012 è indubbiamente consistita nella introduzione, con il nuovo art. 602-

quater c.p. (cui va tuttavia connesso anche il riformulato art. 609- sexies c.p.), di una disposizione dedicata all’ignoranza dell’età della

vittima dei delitti sessuali commessi a danno dei minori.

Anche in questo caso, è d’obbligo un confronto con il previgente sistema, caratterizzato da numerose e decise prese di posizione della giurisprudenza che avevano tuttavia contribuito alla creazione di un quadro abbastanza confuso, cui solo l’introduzione della nuova disposizione restituito con successo omogeneità.

L’art. 609-sexies, introdotto dalla legge 15 febbraio 1996, n. 66, abrogando e sostituendo il vecchio art. 539 c.p. (che stabiliva già il principio della imputazione oggettiva dell’età della persona offesa, sancendo una sorta di presunzione iuris et de iure di conoscenza dell’età dell’offeso), ribadiva che, nei casi previsti dagli art. 609-bis, 609-ter, 609-quater, 609-quinquies e 609-octies, qualora i fatti fossero stati commessi a danno di un minore di quattordici anni “il colpevole

non può invocare, a propria scusa, l’ignoranza dell’età della persona offesa”.

Il quadro così ricostruito veniva però inciso profondamente dagli interventi della Corte Costituzionale, culminati con la storica sentenza 24 luglio 2007, n. 322.

In passato il giudice delle leggi aveva escluso che la disposizione di cui all’art. 539 c.p. violasse il principio di personalità della responsabilità penale di cui all’art. 27 Costituzione, in quanto riteneva che l’età del soggetto non attenesse “(…) all’evento del reato,

che é costituito dallo stesso congiungimento carnale abusivo e che deve essere investito dalla coscienza e dalla volontà intenzionale. Invece l’età del soggetto passivo costituisce un presupposto del reato

e più propriamente una condizione (non obiettiva) di punibilità, la cui consapevolezza é estranea al nesso tra azione ed evento”327 . Costituendo cioè una condizione di punibilità, in quanto tale l’età della vittima sarebbe stato esclusa da un qualsiasi giudizio sulla sua conoscenza o conoscibilità da parte dell’autore, di modo che “(…) la

deroga che l'art. 539 Cod. pen. contiene circa la rilevanza di tale consapevolezza, non tocca il nesso psichico suddetto e tende soltanto a rendere più energica la tutela di persone che si trovino in determinate condizioni di immaturità o equivalenti, contro i pericoli derivanti da rapporti sessuali abusivi”328.

Lo stesso principio era poi ripreso e ribadito in altri provvedimenti dello stesso giudice329.

Tuttavia, con la sentenza n. 322 del 2007, la Corte Costituzionale ha mutato radicalmente la propria presa di posizione, sulla base del consolidamento, in giurisprudenza costituzionale, di una diversa lettura del principio di personalità della responsabilità penale.

Sulla base delle argomentazioni già operate dalla medesima Corte330, infatti, la Consulta giunge ad affermare che “(…) il principio

327

Corte Cost., sent. 107 dell’8 luglio 1957 328

Corte Cost., sent. 107 dell’8 luglio 1957 329

Corte Cost., ord. n. 22 del 27 marzo 1962; Corte Cost., sent. 20 del 17 febbraio 1971, “La questione sollevata é stata già dichiarata infondata dalla Corte

costituzionale con la sentenza n. 107 del 1957 e con l'ordinanza n. 22 del 1962. Il preteso contrasto, ora nuovamente denunciato, non sussiste. Occorre in primo luogo riconoscere che il soggetto attivo dei delitti contro la moralità pubblica ed il buon costume ha realizzato una condotta materiale - nella specie congiunzione carnale - che, essendo posta in essere volontariamente, é con certezza riferibile all'autore del reato come fatto suo proprio. Pertanto, anche nell'ipotesi prospettata, il soggetto viene a rispondere sempre ed esclusivamente per fatto proprio, e la norma che questo prevede é conforme al principio costituzionale invocato”; Corte Cost., 6

luglio 1983, n. 209. 330

Corte Cost., sentenza n. 364 del 1988, “per fatto proprio – del quale soltanto si è

chiamati a rispondere –«non si intende il fatto collegato al soggetto, all’azione dell’autore, dal mero nesso di causalità materiale (…) ma anche, e soprattutto, dal momento subiettivo, il quale deve investire – almeno nella forma della colpa – gli elementi più significativi della fattispecie tipica”; Corte Cost., sentenza n. 1085 del

1988, “(…) perché l’art. 27, primo comma, Cost. sia pienamente rispettato e la

responsabilità penale sia autenticamente personale, è indispensabile che tutti e ciascuno degli elementi che concorrono a contrassegnare il disvalore della

di personalità della responsabilità penale potrebbe ritenersi rispettato solo quando il precetto penale sia formulato in termini tali da garantire il collegamento psichico tra l’agente e il «nucleo significativo o fondante della fattispecie», nel quale si risolve il disvalore del fatto incriminato, giustificando così la funzione rieducativa della pena, che ne consegue”.

In tale nuova prospettiva non può pertanto più ritenersi compatibile con il sistema costituzionale la ricostruzione operata con la sentenza n. 107 del 1957, e quindi con la identificazione dell’età dell’offeso come condizione di punibilità e non di elemento attinente al reato; da ciò conseguirebbe immediatamente che “(…) l’età del

soggetto passivo non possa essere imputata in via oggettiva all’autore del fatto, senza compromettere il parametro costituzionale evocato”331, cioè il principio delle personalità della responsabilità penale espresso dall’art. 27 Costituzione.

Il bilanciamento degli interessi in conflitto non deve quindi necessariamente risolversi con il sacrificio del principio di colpevolezza: “L’esigenza di rafforzamento della tutela del minore

non varrebbe difatti a giustificare, di per sé, una deroga a tale principio: giacché, al contrario, quanto maggiore è il disvalore del fatto nella valutazione del legislatore e più severo il relativo trattamento sanzionatorio, tanto più effettivo dovrebbe risultare il giudizio di «rimproverabilità» dell’agente; giudizio che implica la prova della piena conoscenza di tutti gli elementi della fattispecie”332.

In altre parole, punire un soggetto in totale assenza di colpevolezza, invocando la meritevolezza di tutela del soggetto più

fattispecie siano soggettivamente collegati all’agente (siano cioè investiti dal dolo o dalla colpa) ed è altresì indispensabile che tutti e ciascuno dei predetti elementi siano allo stesso agente rimproverabili e cioè anche soggettivamente disapprovati. Alla regola della rimproverabilità si sottrarrebbero soltanto gli elementi estranei alla materia del divieto (come le condizioni estrinseche di punibilità che, restringendo l’area del divieto, condizionano, appunto, quest’ultimo o la sanzione alla presenza di determinati elementi oggettivi)”.

331

Corte Cost., sentenza n. 322 del 2007 332

debole ed il rango dei diritti coinvolti, oltre che esigenze di prevenzione generale, implicherebbe una vera strumentalizzazione dell’essere umano per il raggiungimento di contingenti obiettivi di politica criminale333.

Il legislatore invece ben può graduare il coefficiente psicologico di partecipazione dell’autore al fatto (dolo, colpa), in rapporto alla natura della fattispecie e degli interessi che debbono essere preservati: pretendendo così dall’agente un particolare impegno ed una particolare attenzione per evitare la lesione dei valori esposti a rischio da determinate attività. Ma in nessun caso è consentito del tutto prescindere dal predetto coefficiente; altrimenti, stabilire quando ricorrano esigenze repressive atte a giustificare una “rinuncia” al requisito della colpevolezza diverrebbe un apprezzamento rimesso alla mera discrezionalità del legislatore, con conseguente svuotamento delle funzioni, “garantistica” e “fondante”, del principio di colpevolezza.

Nel caso di specie, quindi l’età infraquattordicenne della persona offesa rappresenta certamente l’elemento intorno al quale gravita l’intero disvalore della fattispecie tipica, in quanto è proprio e soltanto il dato anagrafico che, facendo scattare la presunzione iuris et de iure di incapacità della vittima a prestare un valido consenso agli atti sessuali, segna il confine tra il reato di atti sessuali con minorenne ed un rapporto sessuale lecito tra soggetti consenzienti. Con la conseguenza che, ai fini del rispetto dell’art. 27, primo comma, Cost., l’elemento dell’età, quale che sia il suo ruolo nella struttura della fattispecie (ovvero sia elemento costitutivo, presupposto del fatto, condizione non obiettiva di punibilità), deve essere collegato all’agente anche dal punto di vista soggettivo, così da rendere la sua condotta, alla stregua dei principi espressi a partire dalla sentenza costituzionale n. 364 del 1988, espressiva di un “rimproverabile

333

Cfr. Russo C., “L’abuso sui minori dopo Lanzarote. L. 1 ottobre 2012, n. 172”, Il penalista, Giuffrè Editore, Varese, 2012, p. 49

contrasto o indifferenza rispetto ai valori sanciti dalla norma incriminatrice”.

La disposizione dell’art. 609-sexies c.p., è comunque espressiva di una precisa scelta del legislatore, ovvero quella di accordare una protezione particolarmente energica, in deroga alla disciplina generale in tema di imputazione soggettiva, ad un bene di indubbia pregnanza, anche nel quadro delle garanzie costituzionali (art. 31, secondo comma, Cost.) ed internazionali, in specie la “intangibilità sessuale” di soggetti che, in ragione della loro immaturità psicofisica sono considerati incapaci di una consapevole autodeterminazione agli atti di natura sessuale e, per altro verso, risultano particolarmente esposti ad abusi.

Da ciò consegue che tale scelta è pienamente legittima e meritevole, e la norma in questione potrebbe ritenersi illegittima non certo nella parte in cui deroga ai criteri ordinari di imputazione per dolo o colpa, ma soltanto dove non ammette l’esclusione della responsabilità per ignoranza o errore inevitabile sull’età.

Siamo arrivati al nocciolo del problema.

La Corte infatti precisa a questo punto che, seppure non si possa negare rilevanza all’error aetatis, tuttavia “L’ignoranza e l’errore

inevitabile – per come sono stati evocati dalla sentenza n. 364 del 1988, quale coefficiente minimo indispensabile e limite estremo di rimproverabilità, e quindi di compatibilità con il principio di personalità della responsabilità penale, di cui all’art. 27, primo comma, Cost. – non possono fondarsi soltanto, od essenzialmente, sulla dichiarazione della vittima di avere un’età superiore a quella effettiva. Il giudizio di inevitabilità postula, infatti, in chi si accinga al compimento di atti sessuali con un soggetto che appare di giovane età, un “impegno” conoscitivo proporzionale alla pregnanza dei valori in giuoco, il quale non può certo esaurirsi nel mero affidamento nelle dichiarazioni del minore: dichiarazioni che, secondo la comune

esperienza, possono bene risultare mendaci, specie nel particolare contesto considerato”.

E qualora gli strumenti a disposizione non consentano un pieno accertamento sull’effettiva età del minore e lascino alcuni dubbi, per evitare di porre in essere un comportamento delittuoso, il soggetto attivo deve necessariamente astenersi dal rapporto sessuale, poiché operare in situazione di dubbio circa un elemento costitutivo dell’illecito (o un presupposto del fatto), lungi dall’integrare una ipotesi di ignoranza inevitabile, equivale proprio ad un atteggiamento psicologico di colpa, se non, addirittura, di dolo eventuale.

La portata dirompente della pronuncia della Corte Costituzionale ha avuto quindi l’effetto non di condurre ad una interpretazione abrogatrice dell’art. 609-sexies c.p., ma a confermarne la validità, offrendone una interpretazione costituzionalmente orientata che è stata ben presto recepita anche dalla giurisprudenza di legittimità, la quale, superando un proprio precedente orientamento334, è arrivata da ultimo ad affermare che “(…) in tema di reati contro la libertà

sessuale commessi in danno di persona minore di anni quattordici, l'ignoranza, da parte del soggetto agente, dell'età della persona offesa scrimina la condotta laddove la stessa sia inevitabile, in ragione della necessità di interpretare l'art. 609 sexies cod. pen. in aderenza al principio di personalità della responsabilità penale di cui all'art. 27, comma primo, Cost., secondo quanto indicato dalla sentenza della Corte costituzionale n. 322 del 2007; detta ignoranza inevitabile non può tuttavia fondarsi soltanto, od essenzialmente, sulla dichiarazione della vittima di avere un'età superiore a quella effettiva essendo richiesto a chi si accinga al compimento di atti sessuali con un

334

“L’ignoranza o l’errore sull’età della persona offesa, (in tema di reati contro la

moralità pubblica ed il buon costume a danno di infraquattordicenne) non scusa neppure quando sia stato determinato da circostanze particolari, come il precoce sviluppo fisico o gli ingannevoli atteggiamenti del soggetto passivo”. Cass. pen., sez.

soggetto che appare di giovane età, un "impegno" conoscitivo proporzionale alla presenza dei valori in gioco”335.

Qualche problematica residuava invece, dopo la pronuncia della Corte Costituzionale, in tema di applicabilità della nuova interpretazione dell’art. 609-sexies c.p. non solo ai delitti di pedofilia ma anche a quelli di pedopornografia; questi ultimi infatti rimanevano esclusi dall’applicazione dell’art. 609-sexies, come del resto confermato anche dalla giurisprudenza336, con la conseguenza che per essi si prevedeva la necessità che l’età della persona offesa fosse imputabile a titolo di dolo, e quindi che l’agente poteva essere punito solo se conosceva (anche a titolo di dolo eventuale) l’età della vittima, determinandosi così una discrasia, specie nelle ipotesi di concorso tra reati sessuali e di pornografia commessi a danno dei minori.

A questa dualità il legislatore ha posto rimedio con la novella del 2012 che, sostanzialmente, seppure tramite due norme diverse (ossia il nuovo art. 609-quater e il novellato art. 609-sexies) non fa che estendere anche ai delitti di pedopornografia l’interpretazione costituzionalmente orientata dell’art. 609-sexies operata dalla Corte Costituzionale nel 2007.

Pertanto oggi, per entrambe le categorie dei reati sarà punibile il soggetto agente, salvo che la sua ignoranza o l’errore sull’età della vittima sia inevitabile.

Una ulteriore precisazione va fatta osservando il testo del nuovo art. 602-quater; se infatti la norma gemella dell’art 609-sexies si limita ad elencare le fattispecie cui si applicherà il nuovo regime dell’età dell’offeso, la prima disposizione afferma che tale disciplina si applica genericamente “ai delitti previsti dalla presente sezione”. E, nella

335

Cass. Pen., sez. III, Sentenza n. 32235 del 11/07/2007 Ud. (dep. 07/08/2007 ) Rv. 237654

336

Cass. Pen., sez. III, sentenza n. 46983 del 10 dicembre 2009 “(…) la previsione

di irrilevanza dell’età della persona offesa, con riguardo ai delitti di cui agli artt. 609-bis, 609-ter, 609-quater, 609-octies c.p. commessi in danno di infraquattordicenne nonché per il delitto di cui all’art. 609-quinquies c.p., è insuscettibile di estensione ad altri reati (nella specie di prostituzione minorile) pena la violazione del divieto di analogia in malam partem”.

sezione in questione non vi sono solo le fattispecie dedicate alla pedopornografia, ma altresì due altre categorie di norme: gli artt. 600 e seguenti, in tema di tratta e schiavitù; ed il reato di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro di cui all’art 603-bis.

Per quanto riguarda i delitti posti in apertura del capo III, sezione I, del codice, l’equiparazione di essi alle condotte di pedofilia e pedopornografia era già stata fatta in passato337, anche da norme di rito penale338, e desta pertanto scarso stupore.

Più interessante è invece il fatto che, per tale via, si superi l’interpretazione della giurisprudenza di legittimità che negava espressamente l’applicazione dell’art. 609-sexies c.p. in tema di conoscenza dell’età della persona offesa, alle fattispecie di cui agli artt 600 e seguenti339.

Del tutto inedita è invece l’estensione del nuovo regime in tema di età della vittima anche alla fattispecie di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro di cui all’art 603-bis.

Restano infine esclusi dalla nuova disciplina, nonostante l’affinità di struttura e di finalità protettive, la nuova fattispecie di maltrattamenti di cui all’art. 572 c.p., nonché le nuove forme di reato coniate dalla novella del 2012, quali la pubblica istigazione a commettere pratiche di pedofilia e pedopornografia di cui all’art 414-

bis e la nuova fattispecie associativa di cui al comma 7 dell’art. 416.

Esclusione quest’ultima certo frutto di una libera opzione del legislatore, ma che è sorretta pure da valide motivazioni di politica criminale, trattandosi in quest’ultimo caso di illeciti che sanzionano

337

Si consideri la rubrica della legge 3 agosto 1998, n. 269, come emblema di questo accostamento : “Norme contro lo sfruttamento della prostituzione, della pornografia,

del turismo sessuale in danno di minori, quali nuove forme di riduzione in schiavitù”

338

Tra gli altri, gli artt. 351, 362, 391-bis, 392 c.p.p. 339

Cass. Pen., sez III, 22 dicembre 2008, n. 47444: “ai fini della configurabilità

dell’aggravante di cui all’art. 600, comma terzo, c.p., è necessario che il colpevole sia a conoscenza della minore età della persona offesa, in quanto non è applicabile al delitto di riduzione o mantenimento in schiavitù o servitù né l’art. 609-sexies c.p. né l’art. 47 c.p., trattandosi di fatto prevsito dalla legge come delitto colposo”.

comportamenti più generali che prescindono dal rapporto con un singolo minore340.

340

Cfr. Russo C., “L’abuso sui minori dopo Lanzarote. L. 1 ottobre 2012, n. 172”, Il penalista, Giuffrè Editore, Varese, 2012, p. 53