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iii L’assunzione di informazioni da minori: il colloquio assistito

LA LEGGE 1 OTTOBRE 2012, N 172, DI RATIFICA DELLA CONVENZIONE DI LANZAROTE IN ITALIA

2.8. iii L’assunzione di informazioni da minori: il colloquio assistito

L’art. 5, comma 1, lettera c), d) ed f) della novella introduce un nuovo istituto che potremmo chiamare assunzione “assistita” di informazioni dal minore, che sostanzialmente consiste nella necessaria presenza di un esperto di psicologia o psichiatria infantile ogni qualvolta debbano essere raccolte, in fase investigativa, informazioni dal minore.

Fra le disposizioni novellate assume un ruolo centrale l’art. 351, comma 1-ter c.p.p., dedicato all’attività di polizia giudiziaria, e a cui le coeve norme dettate per il pubblico ministero (art. 362, comma 1-

bis) e per il difensore in sede di indagini difensive (art. 391-bis,

comma 5-bis) ampiamente fanno rinvio.

L’art. 351, comma 1-ter, stabilisce infatti l’applicabilità di questa particolare forma di colloquio assistito per il minore, qualora si proceda per uno dei reati in tema di sfruttamento sessuale di minori, tratta di persone, violenza sessuale ed adescamento di minorenni.

Il legislatore ha così mostrato di recepire le indicazioni provenienti dalla stessa fonte convenzionale che, all’art 35, lettera c, chiede (anche se in realtà si tratta di un vero e proprio obbligo, superandosi così l’opinione della giurisprudenza che consideravano l’assistenza dell’esperto come meramente facoltativa371 ) che le audizioni di bambini ed adolescenti fossero effettuate da professionisti formati a tale scopo372.

371

Inter alios, Cass. Pen., sez III, 4 novembre 2010, n. 248757 372

Convenzione del Consiglio d’Europa sulla protezione dei minori dallo sfruttamento e dagli abusi sessuali, Art 35, Audizioni del minore: “Ciascuna delle

Parti adotta le misure legislative o di altra natura necessarie affinché:

a. le audizioni del minore abbiano luogo senza ritardi ingiustificati, dopo la segnalazione dei fatti alle autorità competenti;

b. le audizioni del minore si svolgano, ove necessario, in locali concepiti o adattati a tal fine;

c. le audizioni del minore siano condotte da professionisti formati a tal fine; d. il minore sia sentito, ove possibile e necessario, sempre dalle stesse persone;

Ciononostante permangono alcuni profili critici con riguardo alle modalità di trasposizione nel diritto interno della previsione convenzionale.

In primo luogo può apparire problematica la configurazione dell’obbligo di assistenza anche in capo agli adolescenti prossimi alla maggiore età: se infatti, scopo dell’audizione protetta è quello di evitare ulteriori traumi psicologici alla giovane vittima ed evitare così una “vittimizzazione secondaria”, appare chiaro come, in linea con le argomentazioni della Suprema Corte (seppur dettate in tema di perizia)373, l’audizione medesima sia non necessaria qualora il minore non presenti alcun segno di disagio psichico o rischi ulteriori di vittimizzazione a prestare un esame “ordinario”.

Un secondo aspetto problematico concerne le modalità dell’audizione.

e. il numero di audizioni sia limitato al minimo e allo stretto necessario per lo svolgimento del procedimento penale;

f. il minore possa essere accompagnato dal suo rappresentante legale o, ove necessario, da un adulto di sua scelta, salvo decisione contraria e motivata presa nei confronti di tale persona.

2 Ciascuna delle Parti adotta le misure legislative o di altra natura necessarie affinché le audizioni della vittima o, ove necessario, di un minore testimone dei fatti, possano essere oggetto di una registrazione audiovisiva, e che tale registrazione possa essere ammessa quale mezzo di prova nel procedimento penale, conformemente alle norme previste dal proprio diritto interno.

3 Quando l’età della vittima risulta incerta e vi è la possibilità che si tratti di un minore, le misure previste dai paragrafi 1 e 2 sono applicate in attesa di verificarne l’età”.

373

Cass Pen., sez. III, 7 luglio 2011, n. 38211: “(…) in tema di reati sessuali nei

confronti di minori, il mancato espletamento della perizia in ordine alla capacità a testimoniare non rende per ciò stesso inattendibile la testimonianza della persona offesa, giacché un tale accertamento, seppure utile laddove si tratti di minori di età assai ridotta, non è tuttavia un presupposto indispensabile per la valutazione dell'attendibilità, ove non emergano elementi patologici che possano far dubitare della predetta capacità (Sez. 3, n. 38211 del 7/07/2011 Rv. 251381) e che in tema di valutazione della testimonianza del minore persona offesa del reato di violenza sessuale, non ricorre la necessità di indagine psicologica in relazione alle dichiarazioni di persona adolescente, la cui naturale maturazione è connessa all'età, ove si possa escludere la presenza di elementi, quali una particolare predisposizione all'elaborazione fantasiosa o alla suggestione, tali da rendere dubbio il narrato (Sez. 3, n. 44971 del 6/11/2007 Rv. 238279)”

Se infatti è stato chiarito dalla novella emerge che la presenza dell’esperto è, sì obbligatoria, ma non tale da far sorgere in capo a questi la qualità di ulteriore soggetto processuale legittimato a raccogliere elementi di prova374, anche in assenza del titolare del potere di svolgere le indagini, non è stato ulteriormente chiarito se all’esperto possa esere delegata integralmente la conduzione dell’audizione o se questi abbia invece solo la funzione di affiancare il pubblico ministero (o l’ufficiale di polizia giudiziaria o il difensore), con il compito di fornire assistenza solo laddove l’audizione assuma carattere di criticità per il minore375.

Inoltre non è chiaro lo stesso contenuto dell’esame condotto o assistito dall’esperto.

Alcuni spunti possono peraltro essere colti argomentando a partire dall’art. 498, comma 4, c.p.p., laddove questo stabilisce che

“l’esame testimoniale del minorenne è condotto dal presidente su domande e contestazioni proposte dalle parti. Nell’esame il presidente può avvalersi dell’ausilio di un familiare del minore o di un esperto in psicologia infantile”: quindi è il giudice a porre le domande, mentre il

professionista le traduce in un linguaggio comprensibile al minore376, anche allo scopo di evitare la suggestionabilità dello stesso.

L’esperto non dovrà quindi solo evitare eventuali traumi alla giovane vittima, ma dovrà altresì orientare l’esame verso la raccolta di elementi utili all’accertamento dei fatti per cui si procede, evitando quindi di condurre la sua intervista “con le modalità proprie delle

374

Cfr. Recchione S., “Le dichiarazioni del minore dopo la ratifica della

Convenzione di Lanzarote”, in Diritto Penale Contemporaneo (www.penalecontemporaneo.it)

375 ibidem 376

Cfr. Camaldo L., “La testimonianza dei minori nel processo penale: nuove

modalità di assunzione e criteri giurisprudenziali di valutazione”, in Indice Penale,

sedute di accertamento psicodiagnostico, orientando l’esame verso l’accertamento giudiziale”377.

Data la delicatezza del ruolo dell’esperto, occorre che vi siano regole specifiche per lo svolgimento del colloquio assistito col minore, così come previsto in via generale dalle previsioni redatte dagli studiosi di psicologia e criminologia e consacrate nelle Carte di Noto del 1996378 (aggiornata nel 2002 e successivamente nel 2011), alle

377

Cfr. Recchione S., “Le dichiarazioni del minore dopo la ratifica della

Convenzione di Lanzarote”, in Diritto Penale Contemporaneo (www.penalecontemporaneo.it)

378

Carta di Noto, Linee Guida: “1. Le collaborazioni come ausiliari della P.G. e

dell’Autorità Giudiziaria, nonché gli incarichi di consulenza tecnica e di perizia in materia di abuso sessuale, devono essere affidate a professionisti che abbiano conseguito una specifica formazione, tanto se scelti in ambito pubblico quanto se scelti in ambito privato. Essi sono tenuti a garantire il loro costante aggiornamento professionale interdisciplinare. Nel raccogliere e valutare le informazioni del minore gli esperti devono: a) utilizzare metodologie evidence-based e strumenti (test, colloqui, analisi delle dichiarazioni, ecc.) che possiedano le caratteristiche di ripetibilità e accuratezza, e che siano riconosciuti come affidabili dalla comunità scientifica di riferimento; b) esplicitare i modelli teorici utilizzati, così da permettere la valutazione critica dei risultati. E’ metodologicamente corretta una procedura basata su principi verificabili di acquisizione, analisi e interpretazione di dati e fondata su tecniche ripetibili e controllabili, in linea con le migliori e aggiornate evidenze scientifiche. 2. E’ diritto delle parti processuali, in occasione del conferimento di ogni incarico peritale, interloquire sull’effettiva competenza dell’esperto e sul contenuto dei quesiti. 3. In tema di idoneità a testimoniare del minore le parti e gli esperti si assicurano che i quesiti siano formulati in modo da non implicare giudizi, definizioni o altri profili di competenza del giudice.

4. La valutazione psicologica non può avere ad oggetto la ricostruzione dei fatti o la veridicità di quanto raccontato dal minore che spettano esclusivamente all’Autorità Giudiziaria. L’esperto deve esprimere giudizi di natura psicologica avuto anche riguardo alla peculiarità della fase evolutiva del minore. 5. Per soggetti minori di età inferiore agli anni dieci si ritiene necessario, salvo in casi di eccezionali e comprovate ragioni di tutela del minore, che sia disposta perizia al fine di verificarne la idoneità a testimoniare. La idoneità a testimoniare non implica la veridicità e credibilità della narrazione.

6. L’accertamento sulla idoneità a testimoniare deve precedere l’audizione del minore. Tale accertamento va condotto evitando di sollecitare la narrazione sui fatti per cui si procede. 7. Le dichiarazioni del minore vanno sempre assunte utilizzando protocolli d’intervista o metodiche ispirate alle indicazioni della letteratura scientifica, nella consapevolezza che ogni intervento sul minore, anche nel rispetto di tutti i canoni di ascolto previsti, causa modificazioni, alterazioni e anche perdita dell’originaria traccia mnestica. Le procedure d’intervista devono adeguarsi, nella forma e nell’articolazione delle domande, alle competenze cognitive, alla capacità di comprensione linguistica (semantica, lessicale e sintattica), alla capacità di

identificare il contesto nel quale l’evento autobiografico può essere avvenuto, alla capacità di discriminare tra eventi interni ed esterni, nonché al livello di maturità psico-affettiva del minore. Un particolare approfondimento dovrà essere effettuato in ordine all’abilità del minore di organizzare e riferire il ricordo in relazione alla complessità narrativa e semantica delle tematiche in discussione e all’eventuale presenza di influenze suggestive, interne o esterne, derivanti dall’interazione con adulti.

8. Non è metodologicamente corretto esprimere un parere senza aver esaminato il minore e gli adulti di riferimento, salvo che non ve ne sia la rituale e materiale possibilità, dando conto in tal caso delle ragioni dell’incompletezza dell’indagine. Tale valutazione - allo scopo di identificare eventuali influenze suggestive esterne - non può prescindere dall’analisi dei contesti e delle dinamiche che hanno condotto il minore a riferire o rivisitare la propria esperienza.

9. Il parere dell’esperto dovrà chiarire e considerare le modalità attraverso le quali, prima del proprio intervento, il minore ha narrato i fatti a familiari, P.G., magistrati ed altri soggetti. In particolare, dovrà dar conto: a) delle sollecitazioni e del numero di ripetizioni del racconto;

b) delle modalità utilizzate per sollecitare il racconto; c) delle modalità della narrazione dei fatti (se spontanea o sollecitata, se riferita solo dopo ripetute insistenze da parte di figure significative); d) del contenuto e delle caratteristiche delle primissime dichiarazioni, nonché delle loro modificazioni nelle eventuali reiterazioni sollecitate.

10. Le attività di acquisizione delle dichiarazioni e dei comportamenti del minore devono essere video-registrate, in quanto anche gli aspetti non verbali della comunicazione sono importanti per una corretta valutazione. La videoregistrazione è finalizzata anche a ridurre le audizioni del minore. Tutto il materiale video- registrato, anche in contesti quotidiani e domestici, relativo all’ascolto di minori da parte di figure adulte significative, deve essere acquisito agli atti al fine di valutarne la rispondenza ai requisiti di validità elaborati dalla letteratura psicogiuridica e dalle scienze cognitive. Le riprese video dovranno sempre consentire di verificare le modalità dell’interazione dell’esperto con il minore (comunicazione non verbale, feedback, ecc.). In caso di abuso intrafamiliare gli accertamenti devono essere estesi ai membri della famiglia, compresa la persona cui è attribuito il fatto, e, ove necessario, al contesto sociale del minore. Tali accertamenti non possono prescindere dalla videoregistrazione delle dichiarazioni delle persone sopraindicate. 11. Qualora il minore sia sottoposto a test psicologici, i protocolli e gli esiti della somministrazione devono essere prodotti integralmente ed in originale. I test utilizzati devono essere caratterizzati da elevata e comprovata affidabilità scientifica. La scelta dei test è affidata alla competenza dell’esperto che dovrà rispondere al giudice e alle parti del loro grado di scientificità. I test e i disegni non sono utilizzabili per trarre conclusioni sulla veridicità dell’abuso. Non esistono, ad oggi, strumenti o costrutti psicologici che, sulla base di teorie accettate dalla comunità scientifica di riferimento, consentano di discriminare un racconto veritiero da uno non veritiero, così come non esistono segnali psicologici, emotivi o comportamentali attendibilmente assumibili come rivelatori o “indicatori”’ di una vittimizzazione sessuale o della sua esclusione. 12. In sede di raccolta delle dichiarazioni del minore ritenuto idoneo a testimoniare occorre:

a) garantire che egli sia sentito in contraddittorio il più presto possibile;b) garantire che l'incontro avvenga in orari, tempi, modi e luoghi tali da assicurare,

per quanto possibile, la sua serenità; c) informarlo dei suoi diritti e del suo ruolo in relazione alla procedura in corso;

d) consentirgli di esprimere esigenze e preoccupazioni; e) evitare, anche nella fase investigativa modalità comunicative, anche non verbali, che possano compromettere la spontaneità e le domande che possano nuocere alla sincerità e genuinità delle risposte; f) contenere la durata e le modalità del colloquio in tempi rapportati all’età e alle condizioni emotive del minore, nel rispetto comunque dei diritti processuali delle parti. 13. Al fine di garantire nel modo migliore l’obiettività dell’indagine, l’esperto deve individuare eventuali ipotesi alternative emerse o meno nel corso dei colloqui. I sintomi di disagio che il minore manifesta non possono essere considerati come “indicatori” specifici di abuso sessuale, potendo derivare da conflittualità familiare o da altre cause, mentre la loro assenza non esclude l’abuso. Attenzione particolare va riservata ad alcune situazioni specifiche, idonee ad influire sulle dichiarazioni dei minori come: a) separazioni coniugali caratterizzate da inasprimento di conflittualità dove si possono verificare, ancor più che in altri casi, situazioni di falsi positivi o falsi negativi; b) allarmi generati solo dopo l’emergere di un’ipotesi di abuso;

c) fenomeni di suggestione e di contagio ‘dichiarativo’; d) condizionamenti o manipolazioni anche involontarie (es. contesto psicoterapeutico, scolastico, ecc.) . 14. Nei casi di abusi sessuali collettivi cioè di eventi in cui si presume che una o più persone abbiano abusato sessualmente di più minori, occorre acquisire elementi per ricostruire, per quanto possibile, la genesi e le modalità di diffusione delle notizie anche al fine di evidenziare una eventuale ipotesi di "contagio dichiarativo". 15. L’incidente probatorio è la sede privilegiata di acquisizione delle dichiarazioni del minore nel corso del procedimento, sempre che venga condotto in modo da garantire, nel rispetto della personalità in evoluzione del minore, il diritto alla prova costituzionalmente riconosciuto.16. Quando sia formulato un quesito o prospettata una questione relativa alla compatibilità tra quadro psicologico del minore e ipotesi di reato che abbiano visto lo stesso vittima di violenza anche sessuale, è necessario che l’esperto rappresenti, a chi gli conferisce l’incarico, che le attuali conoscenze in materia non consentono di individuare dei nessi di compatibilità od incompatibilità tra sintomi di disagio e supposti eventi traumatici. L’esperto non deve esprimere, sul punto della compatibilità, pareri né formulare conclusioni. 17. La funzione dell’esperto incaricato di effettuare una valutazione sul minore a fini giudiziari deve restare distinta da quella finalizzata al sostegno e trattamento e va pertanto affidata a soggetti diversi. La distinzione dei ruoli e dei soggetti deve essere rispettata anche nel caso in cui tali compiti siano attribuiti ai Servizi Socio-Sanitari pubblici. In ogni caso, i dati ottenuti nel corso delle attività di sostegno e di terapia del minore non sono influenti, per loro natura, ai fini dell’accertamento dei fatti, che è riservato esclusivamente all’Autorità Giudiziaria. La stessa persona che ha svolto o sta svolgendo a favore della presunta vittima attività psicoterapeutica o di sostegno psicologico non può assumere il ruolo di esperto in ambito penale. Fatta eccezione per i casi di rilevante e accertata urgenza e gravità di disturbi a livello psicopatologico del minore, l’avvio di un percorso terapeutico deve avvenire dopo l’acquisizione della testimonianza per evitare eventuali inquinamenti.18. L’assistenza psicologica al minore va affidata ad un operatore specializzato che manterrà l’incarico in ogni stato e grado del procedimento penale. Tale persona dovrà essere diversa dall’esperto e non potrà, comunque, interferire nelle attività di indagine e di formazione della prova.”

Linee Guida S.I.N.P.I.A.379 (Società Italiana di Neuropsichiatria dell’Infanzia e dell’Adolescenza del 15 febbraio 2007) e alle Linee Guida Nazionali per l’ascolto del testimone minore del 2010380.

Ma questi documenti sono ovviamente privi di ogni efficacia vincolante.

Una possibile soluzione che sarebbe stata attuabile già in sede di trasposizione della Convenzione di Lanzarote nell’ordinamento interno, avrebbe potuto consistere nella riproduzione, negli artt. 351, 362 e 391-bis c.p.p., con i dovuti adattamenti, del testo dell’art. 398, comma 5-bis, laddove questo stabilisce che “il giudice, ove fra le

persone interessate all'assunzione della prova vi siano minorenni, (…) stabilisce il luogo, il tempo e le modalità particolari attraverso cui procedere all'incidente probatorio, quando le esigenze di tutela delle persone lo rendono necessario od opportuno. A tal fine l'udienza può svolgersi anche in luogo diverso dal tribunale, avvalendosi il giudice, ove esistano, di strutture specializzate di assistenza o, in mancanza, presso l'abitazione della persona interessata all'assunzione della prova”.381

In ogni caso, attualmente la delimitazione in concreto dei poteri dell’esperto nell’ambito del nuovo colloquio assistito dovrà essere necessariamente rimessa alle elaborazioni della giurisprudenza.

Qualche parola merita di essere spesa invece sulla qualifica processuale dell’esperto: sarà questi qualificabile come ausiliario o come consultente tecnico?

Il codice prevede la figura dell’ausiliario dotato di competenze tecniche solo per la polizia giudiziaria che, secondo quanto previsto dall’art. 348, comma 4, c.p.p., può avvalersi di persone con specifiche

379

Il documento aggiornato è reperibile in http://www.sinpia.eu/atom/allegato/154.pdf

380

http://www.psicologiagiuridica.com/pub/docs/numero_1/annoxx%202011/ Consensus_Testimonianza.pdf

381

Cfr. Capitta A. M., “Legge di ratifica della Convenzione di Lanzarote: le

modifiche al codice di procedura penale e alla legge sull’ordinamento penitenziario”, in Diritto Penale Contemporaneo (www.penalecontemporaneo.it)

competenze specialistiche quando “compie atti od operazioni che

richiedono specifiche competenze tecniche”.

La corretta norma di riferimento per l’attività dell’esperto è invece l’art. 359 c.p.p., in tema di consulenza disposta dal pubblico ministero. L’inquadramento giuridico dell’esperto non può perciò che essere quello del consulente tecnico382.

Tuttavia da ciò può nascere una ulteriore problematica: le fonti sovranazionali383 propendono decisamente verso la necessità che il minore debba essere sentito sempre dalla stessa persona nel corso di tutto il processo, ma nel nostro sistema ciò non è possibile, specie se si riconosce all’esperto la natura di consulente di parte che, ex art. 225 c.p.p., non può essere nominato perito dal giudice.

D’altra parte, almeno in sede di indagini preliminari, sarà necessario il ricorso ad un solo tecnico anche nel caso in cui le dichiarazioni del minore siano raccolte, oltre che dal pubblico ministero, anche dal difensore dell’indagato nel corso delle sue indagini difensive, o, altrimenti, si vedrebbe del tutto sconfessato il principio previsto dall’art. 35 della Convenzione384.

Ulteriore problematica sorge dalla possibilità frequente che, per lo stesso fatto, penda parallelamente al processo penale principale, un altro procedimento presso il Tribunale per i minorenni, e che entrambi richiedano l’audizione del minore.

Il frazionamento delle sedi processuali potrebbe infatti fare sì che il minore sia sottoposto a più interviste, il tutto a scapito del quel principio di concentrazione delle occasioni traumatiche per la giovane vittima, al fine di evitare per quanto possibile episodi di cosiddetta vittimizzazione secondaria.

382

Cfr. Recchione S., “Le dichiarazioni del minore dopo la ratifica della

Convenzione di Lanzarote”, in Diritto Penale Contemporaneo (www.penalecontemporaneo.it)

383

Si consideri l’art. 35 della Convenzione di Lanzarote 384

Cfr. Recchione S., “Le dichiarazioni del minore dopo la ratifica della

Convenzione di Lanzarote”, in Diritto Penale Contemporaneo (www.penalecontemporaneo.it)

La domanda che bisogna porsi è se, quindi, possano essere ridotte le audizioni del minore o con la predisposizione di esami congiunti o quantomeno con la nomina del medesimo esperto per tutte e due le sedi processuali, secondo un indirizzo già perseguito dalla giurisprudenza385.

Una domanda alla quale sarebbe preferibile una risposta negativa.

Se infatti, la concentrazione in capo allo stesso esperto presenta sicuramente profili di inopportunità386, anche la predisposizione di esami congiunti non è esente da rischi, data la diversità del ruolo del consulente tecnico nei procedimenti penali e minorili.

E ne è ulteriore dimostrazione l’ipotesi di coordinamento prevista espressamente dall’art. 609-decies c.p., laddove comporta l’obbligo per il Procuratore della Repubblica, qualora si proceda per delitti sessuali a danno dei minori, di informare tempestivamente il