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Il Bundesrat tedesco e quello austriaco a confronto

Nel documento Seconde Camere: modelli a confronto (pagine 111-116)

8. Il Bundesrat austriaco

8.2. Il Bundesrat tedesco e quello austriaco a confronto

Il Bundesrat austriaco è disciplinato agli artt. 34-37 B-VG, ma è l’art. 24 che attribuisce il potere legislativo al Consiglio federale, oltre che a quello nazionale.

I nove Länder sono rappresentati nel Bundesrat da un numero di membri proporzionali alla loro popolazione , ma con 230

un temperamento, essendo previsto in Costituzione un numero minimo e massimo di componenti per ciascuno stato: rispettivamente tre e dodici.

Se il criterio di rappresentanza proporzionale temperato richiama quello previsto nel Grundgesetz, la composizione dell’organo si discosta dal modello tedesco.

L’elettorato passivo dei membri del Bundesrat attiene ai parlamenti regionali (Landtag) e per l’elettorato attivo sono richiesti gli stessi requisiti che devono possedere i membri dell’assemblea di ogni stato.

L’elezione indiretta richiama il modello statunitense, quale era prima dell’adozione del diciassettesimo emendamento alla Costituzione degli Stati Uniti . 231

La composizione del Consiglio federale ha due ricadute dirette sul funzionamento dell’organo.

S. Bonfiglio, Il Senato in Italia. Riforma del bicameralismo e modelli di

230

rappresentanza, cit., pp. 77 ss.

P. Passaglia, Unicameralism, Bicameralism, Multicameralism: Evolution

231

Prima di tutto fa del Bundesrat una Camera permanente, che si rinnova parzialmente con le elezioni a livello regionale: in questo non si discosta molto da Bundesrat della Germania.

In secondo luogo, i componenti della seconda Camera godono dello status parlamentare e quindi delle immunità riconosciute ai membri della prima Camera, oltre al fatto di non essere sottoposti al potere di istruzione dei parlamenti statali da cui provengono (art. 56 B-VG) . 232

Possiamo dunque notare come sotto questo profilo il

Bundesrat tedesco e quello austriaco siano molto lontani, valendo

per quest’ultimo il divieto di mandato imperativo.

Oltre a ciò, nessuna norma costituzionale detta che il Consiglio federale debba rappresentare gli interessi dei Länder, a dimostrazione della mancanza di una solida concezione federalista da parte dei costituenti del 1920.

Dal punto di vista della funzione legislativa, l’art. 41 B-VG si avvicina al dettato costituzione tedesco prevedendo che l’iniziativa legislativa spetti ai membri del Consiglio nazionale, a quelli del Consiglio federale (o di un terzo dei membri del Bundesrat) o al governo.

Il Consiglio federale ha il potere di porre il veto sospensivo nei confronti di una delibera legislativa del Consiglio nazionale entro otto settimane dalla sua trasmissione . 233

F. Marcelli, T. Tutinelli, Le Camere alte in Europa e negli Stati Uniti,

232

Servizio Studi del Senato della Repubblica, n. 54, 2013, pp. 21-27.

A. D’Atena, I cantieri del federalismo in Europa, Milano, Giuffré, 2008, pp.

233

In caso di opposizione del Bundesrat, la proposta legislativa può essere promulgata e pubblicata solo con una delibera di conferma del Nationalrat adottata a maggioranza assoluta . 234

Il Consiglio federale deve invece prestare il proprio consenso per le leggi cornice — in base alle quali spetta allo Stato federale dettare la normativa di principio, ma che poi i Länder devono attuare — se gli stati membri devono approvarla in un termine superiore a un anno o inferiore a sei mesi (Art. 15, IV comma, B- GV).

Il Consenso del Bundesrat, espresso con la presenza di almeno la metà dei membri e con la maggioranza dei due terzi dei voti espressi, è richiesto anche per le leggi costituzionali che vanno a limitare la competenza esecutiva e legislativa degli Stati (Art. 44, II comma, B-GV) .

Mentre è richiesto un quorum di partecipazione ordinario, ovvero la presenza di almeno un terzo dei membri e la maggioranza dei voti espressi, per l’approvazione delle modifiche agli articoli 34 e 35 B-GV, in quanto tali articoli attengono alla struttura del

Bundesrat . 235

Inoltre, il Consiglio federale non ha il potere di emendare progetti di legge riguardanti il bilancio.

E. Bertolini, I rapporti finanziari intergovernativi nell’evoluzione

234

dell’ordinamento federale tedesco, in G.F. Ferrari (a cura di), Federalismo, sistema fiscale, autonomie. Modelli giuridici comparati, Roma, Donzelli, 2010, pp. 80 ss.

F. Palermo, M. Nicolini, Il bicameralismo: pluralismo e limiti della

235

Come il Bundesrat tedesco, quello austriaco non ha un rapporto fiduciario con il governo, ma ha nei confronti di esso degli strumenti di controllo, ovvero le interpellanze e le mozioni.

Dopo questa breve delineazione dei punti principali del

Bundesrat austriaco, mai riformato, si può notare che tale organo,

nonostante si possa delineare dal punto di vista istituzionale come una seconda Camera, in quanto insieme al Consiglio nazionale è un ramo dell’Assemblea nazionale (artt. 38 ss. B-VG), non ha un carattere decisivo e finisce per essere in buona misura inutile : 236

non rappresenta i Länder e ha pochi poteri in uno stato federale fortemente centralizzato.

Il Bundesrat, dunque, rimane all’ombra della prima Camera e delle esigenze dei partiti, senza che all’orizzonte si prospetti alcuna riforma per dare una nuova veste e vitalità a tale camera.

F. Palermo, Il Bundesrat in Germani e Austria, in S. Bonfiglio,

236

Composizione e funzioni delle seconde camere: un’analisi comparativa, cit., pp. 86-109.

CAPITOLO IV


IL MODELLO CORPORATIVO

SOMMARIO: 1. Un lungo percorso dottrinale. — 2. Il corporativismo di Weimar. — 3. Il corporativismo nei paesi autoritari: Italia e Portogallo. — 4. Proposte di un senato corporativo in Italia: il ruolo della Democrazia cristiana. — 5. Il modello Irlandese. — 6. Slovenia. — 7. Marocco.

1. Un lungo percorso dottrinale

In risposta alla crisi degli stati liberali, all’affermazione del capitalismo e al conflitto delle classi sociali, l’ipotesi corporativa si fa strada in maniera decisiva tra gli anni venti e trenta del secolo scorso.

Tale sistema corporativo rispecchia un qualcosa di immanente nel patrimonio storico della penisola italica e rinvia direttamente alle corporazioni medievali.

La rappresentanza degli interessi particolari delle categorie professionali, inoltre, emerge come esigenza della società cattolica già nel 1874 nel primo Congresso dell’Opera dei congressi e dei comitati cattolici: il corporativismo cattolico fonda le proprie basi sul dovere morale di solidarietà tra le classi.

Lo stato è per la religione cristiana un insieme di corporazioni e ciò emerge anche in due importanti encicliche papali, ovvero la Rerum Novarum di Leone III (1891) e la

Quadragesimo anno di Pio XI (1931) . 237

G. Zamagni, Concordia e corporativismo cattolico nel romanticismo

237

Queste ultime vedono nelle unioni professionali corporative la risposta ai problemi derivanti dall’avvento del capitalismo e dall’individualismo delle società liberali.

Anche per questo, quando il fascismo presenterà come soluzione, rispetto al conflitto di classe, un sistema corporativo, i cattolici non potranno rimanere indifferenti in virtù dei principi fondamentali ora richiamati.

In particolare, sarà richiesto il contributo della società cristiana allo sviluppo del corporativismo in un ciclo di lezioni organizzate nell’Università Cattolica del Sacro Cuore . 238

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