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Il coinvolgimento delle associazioni nelle politiche pubbliche

Nel documento Stampa: Rubbettino Print (pagine 142-145)

Qual’è allora il modo di interazione dello stato con le associazioni britanniche? Sia la forte frammentazione del sistema, sia l’importanza dei singoli settori economici nel sistema economico britannico in generale,sia la forte decentralizzazione recente, per-mettono una grande varietà di strutture.

Sono particolari alcune forme di interazione che non corrispondono per nulla allo stereotipo del pluralismo britannico (Greenwood e Traxler 2007: 324), come la coali-zione di interessi fissa per le strade dove collaborano le associazioni per i costruttori di automobili, per i produttori di petrolio, per i trasportatori, per i gestori di pullman, per le imprese attive nella costruzione delle strade e per gli automobilisti (Plöhn 2001: 178f.). Quindi si tratta di una coalizione ampissima che però organizza tutte le parti interessate. Però si consideri anche che questa ampia coalizione non include gli ambientalisti che, in effetti, recentemente hanno sfidato il monopolio della coalizione (ibid.: 179).

Questo è un esempio estremo di una policy community che esiste anche in altre forme

per altri temi politici. È evidente che le associazioni così organizzate hanno degli accessi molto efficaci alle burocrazie ministeriali che gli servono. Il CBI invece mantiene dei contatti con un numero più elevato di ministeri. Invece è diventata meno importante 30. Si tratta di non meno di 100.000 chiamate all’anno la cui maggior parte concerne questioni

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una strategia del passato quando i contatti politici si presero nei club di Londra (ibid.:

185). Va anche menzionato che i cambiamenti di ministri abbastanza frequenti impedi-scono la creazione di contatti più duraturi. Più raramente dei rappresentanti dei gruppi d’interesse hanno anche dei contatti con il Primo Ministro (ibid.: 186).

Fa proprio parte del processo politico la produzione dei ‘papers’. Nei papers verdi le

varie associazioni pubblicano le loro opinioni rispetto ad un certo tema politico31, men-tre l’opinione del governo viene pubblicato in papers bianchi (ibid.).

Certamente, le associazioni contattano anche il parlamento britannico sebbene il modello comparativo della democrazia britannica (‘il modello di Westminster’) teori-camente non sia molto adatto per queste iniziative; Il parlamento le riceve però con piacere, perché così si può sottolineare la rilevanza del parlamento (nonché del singolo deputato nel sistema elettorale maggioritario)32 nei processi politici. Rimane il fatto che si tratta soprattutto di gruppi nuovi che contattano il parlamento, mentre i gruppi tradizionali e già ben integrati preferiscono gli organi esecutivi (ibid.: 187).

Non sono da sottovalutare le commissioni reali, organi di consulenza molto importanti nel Regno Unito e che quindi vengono anche contattati dalle associazioni (ibid.: 186)33. È chiaro che, alla fine, le associazioni sono anche coinvolte nell’implementazione delle politiche (ibid.). Esistono inoltre pochi coinvolgimenti ufficiali delle associazioni nella

formulazione delle politiche pubbliche, come nell’autogestione delle professioni legate alla giurisprudenza e alla medicina (Greenwood e Traxler 2007: 324).

Sarebbe comunque sbagliato interpretare le fasi di collaborazione e di concertazione degli interessi con un modello (pur temporaneo) di un neo-corporativismo ‘britannico’. Non è così, nemmeno nel caso delle policy communities. Invece si tratta di strategie

di mediazione dei conflitti che prendono atto delle caratteristiche del sistema politico (Plöhn 2001: 191). In effetti, un pluralismo puro è anche difficile da immaginare34, anche se ovviamente la tendenza è plausibile e confermata dai fatti empirici (Gre-enwood e Traxler 2007: 344).Un pluralismo puro corrisponderebbe ad un’economia davvero ed esclusivamente di mercato senza nessuna correzione da parte della politica. E questo significherebbe nient’altro che l’anarchia completa35. Rimane però il fatto che non c’è nessun organo formale o informale per il dialogo sugli interessi delle parti socia-li nel Regno Unito. Una ragione che viene data per questa eccezionasocia-lità nel confronto con altri paesi europei è il fatto che nel sistema politico di Westminster (e soprattutto con la legge elettorale maggioritaria) è abbastanza facile per un singolo partito gover-31. Le associazioni vengono contattate da rappresentanti del sistema politico. Di solito gli vengono dati

due mesi di tempo per rispondere.

32. Fu uno scandalo politico non indifferente quando, negli anni ’90, i parlamentari del partito conser-vatore vendettero gli accessi a loro per soldi (‘cash for questions’) (Plöhn 2001: 188).

33. A questo punto diventa importante il fatto che la forma legale del CBI non corrisponda all’altro 99% delle associazioni (che sono soprattutto companies limited by guarantee), ma che la loro costituzione è garantita dalla Casa Reale (Greenwood e Traxler 2007: 318).

34. Mentre l’Austria evidenzia che il contro-modello del neocorporativismo può esistere nella sua forma pura (Siaroff 1999: 184).

35. In effetti, l’idea di caratterizzare un paese come un esempio di un pluralismo puro rischia di diven-tare una caricatura della realtà (Greenwood e Traxler 2007: 324).

nare senza alleati e soprattutto con delle maggioranze favorevoli36. Alla fine dei conti ciò significa che non c’è un bisogno particolare di incorporare gli interessi organizzati nel processo politico. Dall’altra parte, il fatto che le associazioni, comparate alle singole imprese, non siano molto forti nel processo politico britannico, rende facile agli attori politici ignorarli. (ibid.: 323).

Ci sono stati dei tentativi di introdurre un modello più avanzato del neo-corporativismo, soprattutto quando i settori più tradizionali dell’economia britannica sono andati in crisi negli anni ’60 e ’70, anche a causa dell’importanza crescente del settore bancario; però fu il governo di Margaret Thatcher a eliminare subito queste iniziative (ibid.: 317).

Nonostante questo, il Regno Unito non possiede neanche il tessuto necessario per sviluppare le relazioni tripartitiche: c’è poca coordinazione e collaborazione tra le asso-ciazioni imprenditoriali; ci sono strutture organizzative sottosviluppate rispetto ad altri paesi; c’è poco coinvolgimento con il governo; e c’è una certa resistenza al dialogo continuativo, da tutte le parti coinvolte (ibid.: 344). Tutti questi punti però contano

come delle precondizioni importanti per lo sviluppo di un neo-corporativismo forte ed efficace (Schmitter 1974).

Quindi abbiamo a che fare con un pluralismo che però non è puro: la competizione tra le associazioni è più limitata di quanto si penserebbe in un modello di pluralismo ideale. In effetti, tutte le associazioni importanti hanno trovato le loro nicchie in cui hanno addirittura una specie di monopolio. Inoltre, la collaborazione rispetto a singoli temi è evidente e frequente, soprattutto nella forma di policy communities. Se

guardia-mo al livello regionale come frutto della recente decentralizzazione del sistema politico britannico, scopriamo in effetti molti processi che non sono affatto segni di pluralismo, ma che assomigliano molto alle pratiche neocorporative in altri paesi (Greenwood e Traxler 2007: 345).

36. È chiaro che il governo attuale di Cameron e Clegg (che è una coalizione di due partiti) rappresenta un’eccezione nella storia contemporanea britannica. Il futuro ci insegnerà se il Regno Unito può tornare all’ideale del modello di Westminster o se le coalizioni diventano delle forme di governo più stabili.

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