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L’esperienza europea

Nel documento Stampa: Rubbettino Print (pagine 113-117)

La situazione contemporanea italiana è al centro dell’attenzione del presente volume per ovvi motivi. Si è deciso di aggiungere questo contributo comparato, perché sicura-mente la situazione italiana si capisce meglio se l’Italia viene confrontata con altri paesi, con una strategia meglio nota come ‘benchmarking’. Di conseguenza, in questo

contri-buto si cerca di evidenziare gli aspetti più importanti di altri sistemi di rappresentanza degli interessi come li troviamo inEuropa occidentale odierna. Il contributo tratterà in modo più dettagliato gli altri tre ‘grandi’ paesi europei, cioè la Germania, la Francia e il Regno Unito. Questa scelta non è solo dovuta alle popolazioni numerose di questi paesi, ma anche al fatto che costituiscono tre modelli della rappresentanza diversi: la Germania è diventata il famoso modello del capitalismo renano (Streeck 1999); il Regno Unito viene sempre considerato uno degli esempi più importanti del pluralismo (si veda ‘Box 1’ per la terminologia) degli interessi (Greenwood e Jordan 1993: 67; Ronit e Schneider 1997: 37; Siaroff 1999: 184); mentre alla Francia si attribuisce spes-so una situazione speciale (Siaroff 1999: 184) vista la particolare importanza sia degli attori statali che della magistratura e dell’amministrazione (Abromeit 1993: 202ss.). Ma non ci limitiamo solo a questi grandi paesi. Anche se solo in modo cursorio, si introduce anche brevemente la situazione in altri paesi europei. In effetti, i piccoli paesi spesso evidenziano meglio certi aspetti di un fenomeno che i paesi grandi. L’Austria, ad esempio, conta come esempio più importante del neo-corporativismo (si veda ‘Box 1’) e raggiunge i massimi valori negli indicatori del neo-corporativismo (Siaroff 1999: 184). La Svizzera invece, pur essendo stata definita uno stato dominato dalle organizzazioni di interesse, è difficile da classificare rispetto al neo-corporativismo (ibid.: 182f.). Quindi,

in questo contributo ci concentreremo sul caso paradigmatico dell’Austria, aggiungendo la Svezia come caso simile dove però - come evidenzieremo - il modello ideale è stato abolito, mentre tralasceremo la Svizzera per la sua complessità. Saranno anche omessi i paesi dell’Europa dell’est, perché le condizioni socio-economiche nonché politiche sono troppo diverse dalla situazione all’ovest. Visto che un interesse centrale di questo

contributo sta nell’evidenziare (anche se solo implicitamente) le somiglianze e le diffe-renze tra l’Italia e i suoi partner europei, una comparazione troppo forzata non è utile1.

Box 1: Pluralismo e neocorporativismo

Con i termini “pluralismo” e “neocorporativismo” ci riferiamo a due modelli idealtipici con cui nelle scienze sociali viene descritto il ruolo dei gruppi d’interesse nei processi politici (per le definizioni classiche, si veda Schmitter 1974). In poche parole, il termine del “neocorporati-vismo” descrive l’incorporazione più o meno formalizzata e ufficiale di gruppi privati (come i gruppi di interesse) nella formulazione, decisione, implementazione e valutazione delle politi-che pubblipoliti-che, includendo anpoliti-che le conseguenze per le singole associazioni come la mono-polizzazione di singoli attori. A volte, questo modello include anche la delega di certi compiti pubblici alle associazioni che, alla fine, sono attori privati1. Invece, il modello del “pluralismo” indica che i gruppi privati non godono di un ruolo riconosciuto nel processo politico e che le associazioni devono ricorrere al potere informale e a strategie come il lobbying.

Varie graduatorie sono state sviluppate per misurare il livello di neo-corporativismo, definendo il pluralismo di solito come concetto complementare (come fa esplicitamente Siaroff 1999: 177, ma anche Kenworthy 2000). Mentre è più facile che un paese raggiunga il massimo valore per il neo-corporativismo (come l’Austria)2, mentre paesi esclusivamente pluralisti sono più difficili da osservare (Siaroff 1999: 184). Questo dipende dal fatto che le associazioni di interesse sono relativamente coinvolte in almeno pochi settori, come regolarmente nel settore agricolo (Grant 1985: 186). Nonostante questo, il Regno Unito conta di solito come uno dei paesi più pluralisti in questo senso.

1. Per questo, questa variante si chiama anche un ‘Private Interest Government’(Streeck e Schmit-ter 1985, Wagemann 2012).

2. I paesi scandinavi raggiungono quasi il massimo valore, ma è solo l’Austria che ci arriva vera-mente (Siaroff 1999: 184).

In questo contributo si ricorrerà frequentemente al sistema politico-istituzionale come cornice in cui si svolge la politica degli interessi. Tre concetti analitici connessi fra loro sono stati promossi per tener atto dell’ambiente istituzionale nell’analisi dei gruppi d’interesse: da una parte esiste una letteratura che vede la rappresentanza degli inte-ressi (economici) come sotto-settore politico che è connesso strettamente al sistema politico2. Questo filone della letteratura propone che i sistemi di rappresentanza si 1. Inserire invece gli Stati Uniti non ha senso né dal punto di vista dell’obbiettivo di presentare il

quadro europeo né dalla comparabilità della situazione politica e socio-economica.

2. Spesso si suppone implicitamente che il sistema rappresentativo funzioni come variabile dipenden-te del sisdipenden-tema politico-istituzionale, cioè che il sisdipenden-tema rappresentativo si forma come risposta alle necessità del sistema istituzionale nel senso più stretto. Più raramente certi comportamenti nelle arene politiche più classiche (ad esempio, le arene dominati dai parlamenti o dai partiti politici) vengono visti come risultato della struttura del sistema rappresentativo (sistema rappresentativo come variabile dipendente; per un’eccezione, si veda Lehmbruch 1979, dove la tendenza alla

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lasciano differenziare proprio per la ragione che i sistemi politici democratici dispon-gono anche di certe determinate strutture (si veda Schneider e Ronit 1997 per una comparazione dei sette paesi del G7 di allora; in quel contributo si propone anche il termine di “ecologia politica” per descrivere l’essere connesso tra i vari aspetti di un sistema politico complesso). Ma anche una letteratura solo parzialmente connessa ai temi della rappresentanza, compresi nel senso tradizionale, sottolinea questo punto. Si tratta della letteratura sui movimenti sociali che possono essere evidenziati come rappresentanza di interessi sociali che non si basano su una forma organizzativa stabile, come fa un gruppo di interesse, ma che scelgono opzioni più fluide o che rinunciano addirittura completamente all’organizzazione formale (Rucht 1993). Si parla dunque di movimenti sociali (Della Porta e Diani 2005) che si esprimono in manifestazioni e varie altre forme di protesta, fino alla violenza politica. Nel caso dei movimenti sociali spesso viene menzionata la “Political Opportunity Structure” (POS, struttura delle opportunità

politiche). Anche se esistono pochi legami tra la letteratura sui movimenti sociali e quella sugli interessi organizzati, l’idea della POS è generalizzabile a tutte le forme della promozione di interessi: non ci vuole solo uno che esprime un interesse, ma anche uno che l’accoglie. E la strutturazione degli attori che sono potenzialmente in grado di accogliere gli interessi, determina ovviamente anche il modo in cui si propongono le richieste. Un terzo filone teorico funziona in modo simile, ma si è sviluppato soprattutto nel contesto delle ricerche sull’Unione europea: i ricercatori in questo ambito usano i cosiddetti ‘access points’(punti di accesso) per spiegare il modo della rappresentanza

degli interessi (Bouwen 2004). Analizzano il sistema politico europeo3 per i suoi poten-ziali punti di accesso che offre agli interessi: se un certo attore all’interno del sistema politico dell’UE non garantisce la rappresentanza dell’interesse promosso, allora è poco probabile che l’interesse verrà promosso verso di lui.

Simile a questa prospettiva sull’ambiente politico-istituzionale come struttura esogena agli interessi, è l’idea (molto meno discussa nella letteratura) che anche la struttura specifica del mondo imprenditoriale dei singoli paesi abbia una sua importanza per la costituzione del sistema degli interessi. Questo è molto in linea con degli approcci nella sociologia delle organizzazioni che guarda alle popolazioni cosiddette ecologiche delle singole organizzazioni, cioè rispetta il fatto che le singole organizzazioni fanno parte di una popolazione di organizzazioni che, a sua volta, fa parte di una comunità di organizzazioni (per i testi classici, si vedano Baum 1996, Hannan e Freeman 1977)4. mazione di alleanze parlamentari tra i due partiti austriaci più grandi viene proprio giustificata con l’importanza del sistema rappresentativo; metodologicamente parlando, in questo caso il sistema politico-istituzionale forma la variabile dipendente, mentre la struttura del conflitto la variabile indi-pendente).

3. Anche se non sappiamo esattamente come caratterizzare l’Unione europea (non è né uno stato nel senso classico né un’organizzazione internazionale), ci sono pochi dubbi sul fatto che l’UE ha sviluppato un sistema politico (Hix 2005).

4. Un esempio può forse chiarire la presunta ambiguità terminologica: un dato gruppo d’interesse è l’organizzazione; gli altri gruppi d’interesse che condividono il dominio d’interesse con quel gruppo, cioè che sono attivi nello stesso campo, compongono la popolazione delle organizzazioni; infine,

Traducendo questi spunti teorici al nostro caso della rappresentanza, significa che non solo il sistema politico-istituzionale, ma anche la struttura dell’economia determina il sistema rappresentativo degli interessi.

Dunque, in questo contributo si vedono gli interessi come risultati delle possibilità che altri attori pubblici e privati gli danno. Solo così si lasciano comprendere le varie scelte che sono state fatte nelle varie nazioni europee.

tutti gli attori (anche partiti politici, istituzioni, attori privati, ecc.) legati al settore costituiscono la comunità delle organizzazioni.

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La Germania

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