• Non ci sono risultati.

Investimenti immateriali: i potenziali guadagni di produttività

Nel documento Stampa: Rubbettino Print (pagine 79-84)

Come possono intervenire le classi dirigenti in questo contesto? Prima di fornire alcune indicazioni in merito, analizziamo la distribuzione degli investimenti in training e R&S

nei paesi EU e procediamo ad un esercizio contro-fattuale per quantificare la dinamica della produttività che l’economia italiana avrebbe seguito nel periodo 2000-2008 se avesse avuto una dotazione di capitale immateriale in linea con la media dei paesi europei. Si tratta, come nella sezione precedente, di un esercizio che non pretende di riscrivere o preconizzare una storia diversa da quella che il Paese ha attraversato, anche perché si fonda sull’ipotesi irrealistica che solo un aspetto del nostro sistema venga “sostituito” con quello di altre realtà europee. Piuttosto, l’obiettivo è quello di mostrare come la progressiva adozione di differenti istituzioni economiche (il mercato del lavoro) e di diversi comportamenti degli attori sociali (maggior propensione all’in-vestimento in capitale immateriale) possano in futuro condurre l’Italia su traiettorie di sviluppo più promettenti.

Le Figure 8 e 9 mostrano lo scostamento delle quote medie annue di investimento nazionale in training e R&S sul Pil, rispetto alla media dei Paesi europei censiti nella tabella 6, nell’arco del periodo 2000-2008. I dati indicano una distanza rilevante dell’Italia rispetto alla media, con una quota annua inferiore di 0.28 per il training e di 0.70 per la R&S. -0,40 -0,30 -0,20 -0,10 0,00 0,10 0,20 0,30 0,40 0,50 pt it es at uk de fi fr se nl dk

Fig. 8 - Quota degli Investimenti in R&D sul PIL (scostamento % dalla media EU)

81 capitolo 2 › nuovi paradigmi economici

-1,50 -1,00 -0,50 0,00 0,50 1,00 1,50 pt es it nl uk dk fr at de fi se

Fig. 9 - Quota degli Investimenti in Training sul PIL (scostamento % dalla media EU)

Fonte: elaborazioni LUISS Lab su dati Eurostat e nazionali

Cosa sarebbe accaduto nel periodo 2000-8 se, lasciando inalterate tutte le altre variabili economiche e sociali italiane, in Italia si fosse investita in training e in R&S una quota di Pil pari a quella delle economie europee dove è più sviluppata l’economia della conoscenza? Un buon riferimento in tal senso è costituito da Regno Unito e Finlandia, che prima della recessione del 2009 hanno mantenuto una crescita stabile della pro-duttività anche grazie a un tasso sostenuto di accumulazione di capitale immateriale (tabella 6). In particolare, il Regno Unito ha mantenuto un alto tasso di investimento in training, mentre la Finlandia ha registrato elevati tassi di accumulazione di R&S. Al fine di quantificare i benefici per l’Italia, in termini di produttività, di una maggiore dotazione di capitale immateriale, abbiamo simulato l’effetto di un incremento del tasso di accu-mulazione di capitale immateriale pari a quello di Regno Unito e Finlandia.

L’esercizio è stato svolto utilizzando i parametri stimati recentemente in alcuni studi empirici che valutano l’impatto dell’accumulazione del capitale immateriale sulla cre-scita della produttività14 nei settori ad alto contenuto tecnologico. L’idea è che i settori più intensivi di tecnologie dell’informazione e della comunicazione (ICT) beneficiano maggiormente degli investimenti in beni immateriali a causa della forte complemen-tarietà di questi ultimi con l’ICT (Bloom e Van Reenen, 2007). La tabella 7 riporta

i risultati dell’esercizio: nella prima riga, i tassi di crescita medio annuo del capitale immateriale complessivo (%K), delle sue disaggregazioni in R&S ed in training, e dei loro impatti sulla dinamica produttività del lavoro (PL) sono quelli che l’Italia ha sto-ricamente registrato nel periodo 2000-8. La seconda e terza riga, invece, mostrano i tassi di investimento ed i loro impatti sulla crescita della produttività che l’Italia avrebbe registrato se ceteris paribus avesse adottato, rispettivamente, le quote di investimento

sul Pil di Regno Unito e Finlandia.

In Italia il tasso effettivo di accumulazione di capitale immateriale (2.1 per cento in media d’anno) è stato circa la metà di quello inglese (4.4 per cento in media d’anno) e poco più di un terzo di quello finlandese (5.7 per cento in media d’anno). La simu-lazione mostra che se l’Italia avesse allineato le sue quote di investimento in training e R&S sul Pil a quelle di Regno Unito e Finlandia, si sarebbero ottenuti notevoli incrementi della nostra produttività del lavoro. Nel caso in cui il sistema-Italia si fosse allineato al tasso di accumulazione di capitale immateriale inglese, il guadagno sarebbe stato pari all’1.8 per cento, mentre sarebbe stato del 2.3 per cento nel caso di allineamento al benchmark finlandese: rispettivamente, un contributo triplo e doppio rispetto a quanto è accaduto con il tasso storico di accumulazione italiano nel decennio passato.

Tab. 7 - Simulazioni dell’impatto del capitale immateriale sulla crescita della produttività

Totale intangibili R&S Training

% K PL % K PL % K PL

Tassi effittivi Italia 2,1 0,8 0,1 0,0 -1,1 -0,4 Ipotesi A) adozione di

tassi di investimento pari

al Regno Unito 4,4 1,8 1,0 0,4 3,3 1,3

Ipotesi B) adozione di tassi di investimento pari

allla Finlandia 5,7 2,3 7,9 3,2 0,3 0,1

Fonte: elaborazioni LUISS Lab su dati Eurostat e nazionali

I costi per avviare l’Italia su una simile traiettoria di incremento della produttività del lavoro sarebbero stati tutt’altro che irrilevanti: gli investimenti complessivi, pubblici o privati, in capitale immateriale sarebbero dovuti aumentare di circa 35 miliardi l’anno se l’Italia si fosse uniformata al modello inglese, e di ben 85 miliardi l’anno se si fosse uniformata al modello finlandese. Cifre improponibili per il sistema-Italia, e probabil-mente anche eccessive per l’equilibrio del nostro modello economico. Non va trascu-rato, infatti, che il nostro esercizio si riferisce agli anni 2000-8, quando alcune delle economie europee (quella inglese, ad esempio) sono cresciute più della nostra anche a causa di un indebitamento eccessivo del settore privato e di una espansione abnor-me della finanza. Inoltre, la nostra specializzazione industriale in segabnor-menti ad intensità tecnologica media e medio-alta può aggiornarsi anche con una minor spesa per ricerca

83 capitolo 2 › nuovi paradigmi economici

e innovazione “codificata”. Tuttavia, la bassa dinamica della nostra produttività del lavoro è documentata almeno dal 1995, ed adeguare l’investimento complessivo in capitale immateriale alla media europea invece che a modelli “estremi”sarebbe costato circa 15 miliardi all’anno nello scorso decennio.

In Italia, diversamente da quanto avvenuto negli altri paesi europei, sono mancate le condizioni per realizzare compiutamente la transizione verso un’economia della cono-scenza che appare ormai un presupposto chiave per realizzare la priorità 1 della prima parte del capitolo. In Italia, le classi dirigenti dovrebbero preoccuparsi della carenza di nuovi modelli manageriali e organizzativi che, associata al modesto livello di capitale umano della forza lavoro costituisce un ostacolo al cambiamento e allo sviluppo. In Germania, ad esempio, negli ultimi anni è stato dato largo spazio alle iniziative volte allo sviluppo di un sistema di formazione e d’istruzione orientato all’innovazione.. A tal fine, si è ritenuto necessario creare un sistema per la formazione dei lavoratori che stimoli l’apprendimento e la diffusione di nuove idee, per consentire l’avanzamento della frontiera tecnologica del paese. In Italia, si dovrebbe puntare al rafforzamento del sistema d’istruzione stimolando anche l’interazione con il sistema produttivo, ad oggi piuttosto carente rispetto a quanto accade nel resto d’Europa. Per raggiungere gli obiettivi di “Europa 2020”, e permettere quindi alla nostra economia di partecipare attivamente al processo di globalizzazione, la classe dirigente dovrebbe svolgere un ruolo centrale e “proattivo” nella creazione di un ambiente favorevole alla concorrenza, agli investimenti in tecnologia e in beni immateriali, all’innalzamento della qualità del lavoro impiegato e all’adozione di nuovi modelli di business.

Nel documento Stampa: Rubbettino Print (pagine 79-84)