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Le singole associazioni nel Regno Unito

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Per quanto riguarda le singole associazioni, gli imprenditori si sono organizzati piutto-sto tardi (Plöhn 2001: 176) soprattutto considerando che il Regno Unito conta come casa madre dell’industrializzazione europea, se non mondiale. Però in questo punto sta anche la spiegazione dello sviluppo ritardato delle associazioni degli imprenditori: essendo il Regno Unito stato caratterizzato da una politica poco interventista negli affari economici, gli imprenditori non avevano bisogno di una rappresentanza formale - in effetti, i loro interessi furono già rispettati di per sé. Gli imprenditori inizialmente collaboravano addirittura con la classe operaia nell’interesse comune contro la nobiltà (ibid.). Solo la fine dell’800 e la Prima Guerra Mondiale videro le prime associazioni

25. Siamo ovviamente lontanissimi da un federalismo sviluppato come lo osserviamo negli Stati Uniti, in Svizzera o in Germania. Primo, non tutto il territorio britannico gode delle strutture decentraliz-zate; invece, gli affari dell’Inghilterra vengono sempre amministrati a livello nazionale e non in isti-tuzioni specificamente inglesi. Secondo, le competenze cedute al livello regionale non sono molto ampie. Terzo, le strutture istituzionali variano tra le regioni: mentre la realtà politica nell’Irlanda del Nord è sempre caratterizzata da un lunghissimo periodo di guerra civile, il Galles dispone solo di un parlamento, ma non - a differenza con la Scozia - di un governo.

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imprenditoriali (ibid.: 176s.). Oggigiorno si stima un numero di non meno di 1.600

associazioni imprenditoriali nel Regno Unito (Greenwood e Traxler 2007: 328). Dal 1965 esiste il CBI (Confederation of British Industry, Confederazione dell’industria

britannica) come associazione più importante degli imprenditori britannici. La sua fondazione fu una reazione alla programmazione economica, paradossalmente pro-mossa dal partito conservatore (Plöhn 2001: 177). Oggigiorno il CBI organizza sia altre associazioni (settoriali)26 sia anche singole imprese (ibid.). Il CBI stesso è strutturato in

varie commissioni; questa struttura però non è molto efficiente nel senso di una politica unica e continuativa del CBI (Baggott 1995). La decentralizzazione politica ebbe anche l’effetto di un rinforzo delle strutture regionali del CBI (Plöhn 2001: 177). Riprendendo la distinzione tra insider e outsider groups, il CBI conta come un classico insider group

che prova ad influenzare i ministri o gli ufficiali più importanti nei ministeri. È solo dal 1975 che il CBI è diventato pubblicamente più visibile (ibid.). È anche importante

menzionare che non ci sono dei contatti fissi solo con il partito conservatore. Il CBI pre-ferisce mantenere buoni rapporti anche con i laburisti per non avere problemi nel caso di un cambiamento di governo (Kingdom 1999: 323). Esistono anche i British United Industrialists il cui ruolo è il mantenimento dei buoni rapporti con il partito conservatore

(Plöhn 2001: 177). Il CBI rimane comunque l’attore centrale per gli imprenditori britan-nici; la sua dominanza in tutti i settori non può essere messa in dubbio (Greenwood e Traxler 2007: 330). Così può essere anche considerato l’unico attore britannico che dispone di un qualche potenziale per una collaborazione più accentuata nel sistema britannico (ibid.: 345).

Sarebbe però sbagliato vedere il CBI necessariamente come antagonista o addirittura nemico dei sindacati. Invece, il CBI è molto interessato ad un riconoscimento ufficiale dei sindacati (che a questo punto diventerebbero degli interlocutori più gestibili e controllabili). Inoltre, il CBI è in favore di programmi quadri per la programmazione economica e della collaborazione tripartitica tra gli imprenditori, i sindacati e lo stato. Questo servirebbe, seguendo il CBI, ad una ricompensazione delle debolezze strutturali dell’economica britannica (Plöhn 2001: 177). È dunque sbagliato considerare il CBI come rappresentante di una politica neo-liberale. È chiaro che questo atteggiamento non era per nulla in linea con le idee politiche di Margaret Thatcher (Baggott 1995: 122). Di conseguenza, la Thatcher ridusse notevolmente le consultazioni (ibid.: 114s.).

Così il CBI è stato solo di nuovo coinvolto nella politica britannica dopo la fine dell’era Thatcher (Plöhn 2001: 178). Non è dunque neanche sorprendente che anche il laburi-sta Tony Blair si sia assicurato la collaborazione del CBI, ovviamente però sottolineando la dominanza degli attori politici (ibid.). Questo riconoscimento ha reso il CBI un alleato

importante di Blair, soprattutto nel processo di pace nell’Irlanda del Nord (Kingdom 1999: 524ss.). In effetti, soprattutto il periodo del primo governo Blair (dal 1997 al 2001) viene considerato una fase importante di relazioni ottime tra il CBI e il governo

britannico (Greenwood e Traxler 2007: 335). Possiamo pensare che la causa di que-sta intensa collaborazione, sia la coincidenza di due fattori: da una parte, essendo un governo di sinistra, il governo Blair non era completamente contro il coinvolgimento delle associazioni private nelle politiche pubbliche. Dall’altra parte, Blair non ruppe completamente con la politica neo-liberale della destra e quindi fu amichevole con le grandi imprese e il settore industriale27. Comunque non tutto il vecchio potere del CBI fu re-istituito dopo la fine dell’era della Thatcher: Tony Blair continuò una politica economica abbastanza neo-liberale in cui organizzazioni come il CBI avrebbero solo disturbato; di conseguenza, Blair preferì direttamente le imprese come interlocutrici per la sua politica economica, tralasciando le associazioni (ibid.: 317). Nonostante

questo, soprattutto le altre associazioni furono invidiose del ruolo centrale del CBI e lo accusarono di una relazione quasi-neocorporativa con il ministero del commercio e dell’industria (ibid.: 330).

Il CBI deve essere differenziato dall’Institute of Directors (IoD) che rappresenta di più lo

stereotipo imprenditoriale che ci aspettiamo nel Regno Unito. Possono diventare mem-bri solo i direttori delle aziende, quindi né le aziende né altre associazioni. L’IoD dispone di 33 uffici regionali ed offre anche dei servizi e dei seminari per i direttori di aziende (Plöhn 2001: 178). Viene addirittura mantenuto un istituto per i seminari (Greenwo-od e Traxler 2007: 339). Tradizionalmente, l’IoD si serviva di due centri organizzativi a Londra, ma l’idea è di promuovere sei altri uffici regionali per complementare i due centri organizzativi di Londra (ibid.: 335). Esistono anche delle strutture organizzative

specifiche per le tre regioni Scozia, Galles e Irlanda del Nord (ibid.).

Essendo sempre stato in favore del libero mercato nella sua forma radicale l’IoD si trovò molto più d’accordo con le riforme economiche del governo della Thatcher che il CBI. Di conseguenza la Thatcher ha visto l’IoD come un interlocutore importante. Così durante gli anni del governo Thatcher l’IoD è diventato un competitore del CBI notevole. Dopo la fine del governo Thatcher l’IoD ha anche sviluppato dei contatti con i laburisti (Plöhn 2001: 178). Nonostante questo, l’IoD continua a contare come gruppo chiaramente neo-liberale ed anche euro-scettico28 (Greenwood e Traxler 2007: 331). Per questo mantiene dei contatti formali solo con il partito conservatore, ma non con gli altri partiti politici (ibid.: 339). Anche simbolicamente l’IoD prova a piazzarsi proprio

come rappresentante della classe imprenditoriale: anche i suoi uffici si trovano in una parte prestigiosa di Londra (ibid.).

Fino ad oggi, l’IoD ha pochi contatti con altre associazioni di imprenditori (ibid.).

27. Una simile strategia fu sposata da Gerhard Schröder, cancelliere tedesco dal 1998, il quale rinforzò i contatti con le parti sociali, senza avere problemi ideologici con gli imprenditori. Un esempio anche spesso citato in questo contesto (ma per ovvie ragioni molto più debole delle esperienze britanniche e tedesche) è quello statunitense della presidenza di Bill Clinton, soprattutto durante il suo secondo mandato (dal 1996).

28. L’IoD non dispone nemmeno di un ufficio rappresentativo a Bruxelles (Greenwood e Traxler 2007: 331), anche se questa possibilità viene considerata sempre di più (ibid.: 339).

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A differenza della Germania e della Francia, le associazioni settoriali godono di più autonomia nel sistema britannico. Soprattutto da quando il ministero per il commercio e l’industria - dopo la fine dell’era della Thatcher - ha di nuovo introdotto delle strutture governative organizzate secondo i vari settori economici, le associazioni dell’industria chimica, del commercio, delle assicurazioni, dei produttori di energia elettrica e della costruzione delle case, hanno vinto molto della loro importanza. Questo, più recente-mente, vale anche per il settore bancario che non viene più rappresentato dalla Bank of England, ma dall’associazione delle banche (Plöhn 2001: 178).

Queste associazioni coltivano i loro contatti con tutte e due le forze politiche impor-tanti del Regno Unito, cioè con il partito laburista e il partito conservatore, per essere preparate a tutte le eventualità prodotte dal sistema elettorale britannico (ibid.: 188). È

anche ovvio che le associazioni degli imprenditori, malgrado tutti i tentativi di rimanere neutri nella competizione politica, tendenzialmente sono più vicine al partito conser-vatore (ibid.).

Come negli altri paesi discussi qui, esistono delle camere anche nel Regno Unito. La loro rappresentanza nazionale è l’Association of British Chambers of Commerce (BCC)

che però ha solo un ruolo coordinativo. La differenza agli altri paesi è che l’apparte-nenza alle camere britanniche non è obbligatoria. E non è nemmeno obbligatorio che le singole camere siano membri della BCC nazionale. Ciò che è uguale agli altri paesi è il ruolo importante delle camere nell’economia locale. Raramente le camere hanno anche degli effetti regionali, quasi mai nazionali. Solo la camera di Londra a volte può essere considerata un attore nazionale (ibid.: 178).

Infine, dobbiamo menzionare due altre associazioni particolari, la FSB e la FPB. I loro domini di interesse si sovrappongono fortemente: mentre la FSB organizza delle attività fino a 150 dipendenti, la FPB organizza le ditte dove il proprietario è allo stesso tempo anche il direttore dell’azienda (Greenwood e Traxler 2007: 329). È chiaro che quindi le due associazioni condividono molti membri potenziali. La realtà però ci dimostra che i membri della FPB sono un sottoinsieme della FSB - mentre la FSB riesce ad organizzare non meno di 185.000 imprese, la cifra è solo 25.000 per la FPB (ibid.)29.

La FSB è caratterizzata soprattutto da una forte presenza sul territorio e di conseguenza non solo da contatti importanti con il governo nazionale (già solo a causa del numero alto di membri), ma anche con i governi regionali (ibid.: 331s.). Al livello nazionale

fu soprattutto negli anni ’80 che la FSB smise di essere un outsider group e

comin-ciò a diventare un insider group che usava meno la protesta e la visibilità nei mass

media, ma preferiva i contatti diretti e discreti con gli organi governativi (ibid.: 336).

Politicamente, la FSB ha dei contatti stabili con tutti e tre i partiti importanti britannici, cioè anche includendo il famoso ‘terzo’ partito del Regno Unito, i Liberali (ibid.: 337).

Questi contatti con i partiti politici sono ancora più forti in contesti più ‘piccoli’ come in Scozia (ibid.). Inoltre, la FSB è molto attiva per quanto riguarda i servizi per i membri

29. Ci sono anche altre associazioni che organizzano le piccole e medie imprese nel Regno Unito. Il loro numero varia da tre a sette e non sono molto importanti (Greenwood e Traxler 2007: 331).

(ibid.: 332). Offre, ad esempio, consulenza legale al telefono30, mette a disposizione dei membri i suoi avvocati e aiuti con il debito aziendale (ibid.: 336).

La FPB invece investe più energie nello sviluppo di contatti rappresentativi nel sistema politico. Questo concerne soprattutto il coinvolgimento della FPB nella politica al livello dell’Unione europea (ibid.: 332). Così la FPB mantiene anche dei contatti stretti con

l’associazione europea, l’UEAPME (ibid.: 337).

Box 4: Le associazioni imprenditoriali più importanti del Regno Unito

CBI Confederation of British Industry

Confederazione dell’industria britannica

IoD Institute of Directors

Istituto dei direttori

BCC British Chambers of Commerce

Camere britanniche del commercio

FSB Federation of Small Business

Federazione delle piccole imprese

FPB Forum of Private Business

Forum dell’impresa privata

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