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Il governo pontificio e la politica finanziaria nursina

CAPITOLO V: IL PAPATO NELLA MONTAGNA DI NORCIA DINAMICHE DI POTERE E RELAZIONI POLITICHE IN UN’AREA DELLO STATO

V 2. Il governo pontificio e la politica finanziaria nursina

A differenza di quanto accadeva per altre realtà cittadine, come ad esempio Viterbo e Perugia, ma più in generale come molti comuni che attualmente si collocano nella regione Umbria e in quello che era il vecchio Patrimonio, a Norcia la Santa Sede, con la sua politica finanziaria, non aveva determinato una contrazione delle entrate comunali, ovvero non si appropriava direttamente di alcune di esse. Sandro Carocci, nel già più volte citato contributo su città e governo papale, affermava: «Nei comuni umbri e del Patrimonio, il governatore ha infine un’ampia, una decisiva capacità di intervento sulle finanze comunali. Il bilancio ordinario del comune è infatti sotto il controllo della Camera Apostolica. La Santa Sede riscuote direttamente quasi la totalità delle entrate fornite dall’appalto delle gabelle, dall’affitto dei beni comuni (comunanze), dalla vendita del sale, dall’attività giudiziaria, dai tributi fissi versati dalla comunità ebraica e

dai centri del contado» 869.

Tutto ciò a Norcia accadeva solo in piccola parte. Fondamentalmente ciò che il governo centrale esigeva a livello di finanza era in primo luogo il sussidio annuale che dovevano pagare tutte le comunità inserite nei dominii pontifici. Si tratta di una tassa in merito alla quale è stata riscontrata molta documentazione nel corso dell’attività di ricerca. Innanzitutto essa figurava nei due bilanci papali l’uno del 1454-1458 e l’altro del 1480-1481, fonti già introdotte nel corso del primo capitolo della presente trattazione. Nel primo tra i sussidi figurava per l’appunto la comunità nursina, con un

ammontare di introito pari a trentatré ducati 870, cifra decisamente fuori norma rispetto a

868 ASCN, Diplomatico, Cassetto A, Fascicolo VI, n. 9.

869 CAROCCI, Governo papale e città nello Stato della Chiesa, p. 191 ovvero anche ID., Vassalli del papa. Potere pontificio, aristocrazie e città nello Stato della Chiesa, p. 128.

870 Va necessariamente sottolineato che tale bilancio è stato esaminato nell’edizione fattane da Mario Caravale. Il rimando all’informazione sul sussidio nursino è infatti CARAVALE, Entrate e uscite dello Stato della Chiesa in un bilancio della metà del Quattrocento, p. 178. La segnatura originale della fonte è

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quelle solitamente più elevate indicate in diverse altre fonti. Nel secondo tra le entrate

ordinarie compariva il «Subsidio de Castello, Riete et Norcia» 871 per un totale di

duemilacinquecento ducati. Ancora nello stesso bilancio del 1480-1481 tra i censi entrati alla Camera Apostolica era indicata la «communità di Norcia per la taglia

ordinaria» 872, per una cifra pari a seicentonovanta fiorini. Dal momento che nei

documenti che da Roma venivano inviati a Norcia relativamente all’esazione del

sussidio quest’ultimo era definito anche censum 873, è probabile che tale censo di

seicentonovanta fiorini rappresentasse il dettaglio relativo alla singola comunità nursina in merito a quell’unico introito comprendente tre centri e ammontante a duemilacinquecento ducati.

Esistono, poi, altre fonti che testimoniano di questa tassa. Durante il pontificato di Eugenio IV al gennaio del 1435 risale una bolla nella quale si richiedeva il

pagamento, tra le altre voci, «pro censu taleis et subsidio terre nostre Nursie» 874 per un

totale di ottocentocinquanta fiorini d’oro. All’agosto del 1442, invece, è datato un breve in cui venivano imposti, come censo e sussidio, addirittura duemila ducati aurei, dal momento che tuttavia la Santa Sede necessitava di denaro per la solvenza di un debito contratto nei confronti di Niccolò Piccinino, nel documento definito capitaneus nostro

generali 875. Sotto papa Niccolò V, invece, nel novembre del 1454 si faceva nuova richiesta per l’anno futuro del consueto sussidio o censo e si ripeteva la cifra già vista di

ottocentocinquanta fiorini 876. Agli anni di Pio II, poi, è riscontrabile un breve

all’interno del quale si sollecitava Norcia al pagamento della medesima imposizione, già

decorsa da diversi mesi; la cronologia recitava novembre del 1458 877.

Nel corso del pontificato di Sisto IV, tuttavia, si registra una maggior quantità di fonti inerenti l’argomento in questione. Due brevi, datati al gennaio del 1481, testimoniano dell’invio in loco, da parte del governo centrale, di un commissario addetto proprio alla riscossione del sussidio, con inoltre un’esortazione affinché i

nursini permettessero a costui di svolgere tale mansione con serenità 878. Un terzo breve,

invece la seguente: ASV, Arm. XXXVII, t. 27, ff. 741r-756r (nuova numerazione 746r-761r). Inoltre è corretto evidenziare un elemento molto particolare che compare in questo bilancio: ancora tra i sussidi, sempre a p. 178, veniva indicato un introito di venti ducati alla voce Vescovo de Nurcia. Tuttavia Norcia, come già anticipato in precedenza, non era città vescovile a quei tempi. Tale voce, pertanto, risulta decisamente strana e andrebbe compreso appieno il suo reale significato, sul quale al momento non è facile costruire delle ipotesi.

871 Anche in tal caso si deve ricordare che tale bilancio è stato esaminato nell’edizione fattane da Clemens Bauer. Il rimando all’informazione sul sussidio nursino è infatti BAUER, Studi per la storia delle finanze papali durante il pontificato di Sisto IV, p. 349. La segnatura originale della fonte è invece la seguente: ASV, Arm. XXXVII, vol. 27, ff. 545-577.

872 BAUER, Studi per la storia delle finanze papali durante il pontificato di Sisto IV, p. 390.

873 Un esempio di questa doppia nomenclatura è presente in ASV, Reg. Vat. 430, cc. 186r-186v.

874 ASV, Reg. Vat. 366, cc. 100v-101r ovvero anche ASCN, Diplomatico, Cassetto MM, n. 18.

875 ASCN, Diplomatico, Cassetto A, Fascicolo III, n. 2. 876 ASV, Reg. Vat. 430, cc. 186r-187v.

877 ASV, Arm. XXXIX, tomo 8, c. 37r. 878 ASV, Arm. XL, vol. 1, nn. 14 e 15.

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del febbraio seguente, attesta la richiesta che il sussidio stesso venisse pagato «pro

foculeris in omnibus nostris et Sancte Romane Ecclesie civitatibus terris et locis» 879.

Una disposizione, quest’ultima, simile a pratiche già operative in altre realtà, quali ad esempio Perugia, Viterbo, Gualdo: «anche in queste città il sussidio annuale dovuto alla Santa Sede (come pure altre imposizioni e i sussidi straordinari) viene riscosso, di norma, tramite imposte dirette, dunque non soggette ad incameramento, con un sistema misto che contempera versamenti per famiglia e uomo adulto (per focularia et capita) e

tassazione dei patrimoni immobiliari (allibratum, data)» 880. Così Sandro Carocci,

infatti, illustrava la situazione.

Tale imposizione non rappresentava, ovviamente, l’unica voce di entrata che il governo pontificio poteva contare relativamente alla comunità nursina. Altrettanto fortemente richiesta era la taglia sul vicariato di Arquata. Come è ampiamente descritto nel successivo capitolo, Norcia aveva ottenuto dalla Santa Sede il controllo su Arquata tramite l’istituto vicariato, a partire dal 1429. La comunità nursina, ovviamente, doveva pagare un indennizzo a Roma e si sono potuti riscontrare numerosi documenti che attestano il tutto. In primo luogo in quegli stessi bilanci citati precedentemente figuravano le relative voci di entrata. Nel bilancio del 1454-1458, tra i censi «de più

Signorj temporalj che tengano in feudo» 881, era indicata Norcia, per un ammontare di ottocento ducati. Poiché l’autore dell’edizione della fonte ammetteva che quella

tipologia di voce fosse dedicata ai vicariati pontifici 882, è abbastanza semplice sostenere

che si trattasse dell’introito dovuto al controllo nursino su Arquata. Nel bilancio del 1480-1481, invece, due voci attestavano l’una un sussidio di duecento fiorini, l’altra un censo di cinquantaquattro fiorini, sempre relativamente alla medesima località della

Marca 883. Tali ultime indicazioni non facevano alcun riferimento, però, al vicariato di

Norcia su Arquata stessa. Ciò potrebbe derivare da due diverse ragioni. Poteva esistere una tassazione sussidiale anche per la cittadina delle attuali Marche. Ma, soprattutto, poteva trattarsi di un periodo, quello del biennio in questione, nel quale quel controllo nursino era stato in qualche modo affievolito dalla Santa Sede, che sulla questione arquatana tenne atteggiamenti variabili nel corso del Quattrocento, come viene nuovamente spiegato nel corso del successivo capitolo.

Gli altri documenti che attestano le richieste da parte del governo centrale in merito al pagamento della taglia per il vicariato su Arquata sono, come di consueto, brevi, bolle e lettere papali varie. Senza effettuare, in questo specifico caso, un’elencazione completa di tutte le rispettive scritture, si riportano di seguito solo alcuni esempi più rilevanti. Al gennaio del 1435 risale una bolla di Eugenio IV, già citata in

879 ASCN, Diplomatico, Cassetto A, Fascicolo II, n. 22.

880 CAROCCI, Governo papale e città nello Stato della Chiesa, p. 195 ovvero anche ID., Vassalli del papa. Potere pontificio, aristocrazie e città nello Stato della Chiesa, p. 131.

881 CARAVALE, Entrate e uscite dello Stato della Chiesa in un bilancio della metà del Quattrocento, p. 182.

882 Ivi, p. 170.

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precedenza, nella quale si indicavano addirittura ben seimila fiorini quale censo,

sussidio e affitto per la terra arquatana 884. Una disposizione che si ripeteva in un’altra

bolla, di pochi giorni successiva, che permette di comprendere meglio come il periodo di tempo cui il provvedimento si riferiva fosse abbastanza ampio, tale da far giungere ad un ammontare così elevato, ovvero sembra che si parlasse di una cifra da estinguere

ancora dal momento in cui Arquata era stata concessa a Norcia 885. Il documento che

certificava tale concessione, infatti, indicava in settemila i fiorini dovuti alla Santa Sede

per tale transazione 886. Evidentemente nel 1435, pochi anni dopo, la comunità nursina

ne doveva ancora seimila. Infatti, nel novembre del 1454, un documento di Niccolò V stabiliva che il pagamento del censo e affitto per la cittadina della Marca, in merito

all’anno in corso, doveva essere pari a duecentotrentatre fiorini 887. Una quantità di

denaro che era vicinissima alla somma dei duecento e dei cinquantaquattro fiorini visti già nel bilancio del 1480-1481, per sussidi e censi arquatani. Segno che, con tutta probabilità, quello era, più o meno, l’ammontare della tassa annuale in questione.

Il governo pontificio, inoltre, tentava in alcuni momenti di direzionare a proprio vantaggio finanziario anche due ulteriori attività: la tratta del grano e il pascolo del bestiame. Solitamente Norcia gestiva per conto proprio tali questioni. Nel secondo dei due casi sono state già analizzate, nel corso del secondo capitolo della presente trattazione, le politiche e i provvedimenti adottati via via dalle autorità locali. Per l’approvvigionamento del grano, invece, le regolamentazioni nursine prevedevano che fosse stabilito se e quando estrarre tale materia prima al di fuori delle terre soggette al controllo della stessa cittadina umbra, ed eventualmente da dove, se e quando passarne fuori dalle terre medesime determinate quantità e, infine, la non possibilità di utilizzarlo

quale merce di compravendita 888.

Sulla tratta del grano, pertanto, in alcune occasioni si inseriva la Santa Sede, con l’obiettivo di trarre ovviamente un proprio vantaggio. Ad esempio, nel novembre del 1472, Sisto IV tramite breve concedeva a Norcia di estrarre il prezioso cereale dalle terre del Ducato di Spoleto, per una quantità pari a millecinquecento rubrarum, in cambio di un pagamento che non veniva meglio specificato a livello numerico all’interno del documento, ma che, pare, andava a convertire o a impartire una gabella

locale per tale solvenza 889. Esattamente un anno dopo un nuovo breve pontificio

emanava una disposizione simile. Ancora una volta veniva concessa ai nursini la possibilità di approvvigionarsi nelle aree di Perugia, di Todi, di Amelia e, più in generale, all’interno di tutti i luoghi appartenenti allo stesso Ducato spoletino. Per

884 ASV, Reg. Vat. 366, cc. 100v-101r ovvero anche ASCN, Diplomatico, Cassetto MM, n. 18.

885 ASV, Reg. Vat. 366, cc. 121r-121v ovvero anche ASV, Reg. Vat. 374, cc. 27v-28r.

886 Si rimanda, anche in tal caso, a quanto si dice ampiamente nel capitolo successivo della presente trattazione, più precisamente a p. 216.

887 ASV, Reg. Vat. 430, cc. 186r-186v.

888 Per tali informazioni si rimanda ad alcuni esempi di regolamentazioni contenuti nei registri delle riformanze quattrocenteschi nursini: ASCN, Riformanze, Reg. 1476, cc. 16v-18r, cc. 20r-21r e cc. 53r- 55v.

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quanto riguardava la quantità della materia prima si parlava di non oltre cinquecento

salmarum 890. Sotto Innocenzo VIII si ripeterono in due occasioni provvedimenti da questa natura. Nel novembre del 1487 dalla cancelleria papale uscirono due brevi, diretti a Norcia, che regolamentavano la tratta del grano sia dallo stesso Ducato di Spoleto, sia

dalla Provincia della Marca 891. Il primo dei due era, contenutisticamente,

sovrapponibile ai precedenti sopra esaminati. In particolare, nella quantità del cereale da poter estrarre, si accostava del tutto alla seconda delle due disposizioni di Sisto IV. Il secondo, invece, prevedeva l’estrazione ancora di cinquecento salmarum di grano, con medesime modalità di pagamento, ma stavolta dalle terre inserite nella Marca Anconetana.

In ciascuno dei casi appena analizzati, peraltro, si premetteva, come motivazione della concessione, la grande penuria nella quale si trovava la comunità nursina relativamente all’approvvigionamento stesso di quella fondamentale materia prima. Sembra abbastanza lampante, tuttavia, che l’altra forte ragione che spingeva la Santa Sede ad adottare simili provvedimenti fosse di natura prettamente finanziaria. Anche nell’ambito dell’attività di pascolo del bestiame, che come visto nel capitolo sull’economia della Norcia quattrocentesca ne rappresentava una decisiva fetta, il governo centrale cercava in determinati momenti di trarre i suoi vantaggi. Tra Tre e Quattrocento, infatti, la Chiesa di Roma aveva accresciuto le proprie entrate monetarie anche grazie al lavoro delle proprie dogane. Tali entrate si basavano soprattutto sugli scambi commerciali che avvenivano lungo quegli stessi itinerari già analizzati nel capitolo sull’economia nursina, attraverso i quali la dogana di Roma e quella del Patrimonio, collocandosi geograficamente nel mezzo tra la parte settentrionale e quella meridionale della penisola italiana, producevano importanti introiti per effetto dei pagamenti dovuti al passaggio, al proprio interno, del bestiame che da Nord andava

verso Sud, e viceversa 892.

Eppure tale situazione non poteva coinvolgere in maniera totale i dominii papali. Giungendo al caso qui in questione, è stato mostrato come le vie degli scambi che transitavano per Norcia permettessero ai mercanti nursini di evitare il passaggio attraverso l’area del Patrimonio, per ciò che concerneva i collegamenti Firenze-Napoli. La documentazione fiscale del Pedagium generale di Rieti dava comunque l’idea che, in varie occasioni, anche gli operatori di mercato provenienti dalla cittadina umbra

entrassero nelle terre del Patrimonio medesimo 893. Ma evidentemente ciò non bastava

alla Santa Sede, che intendeva possedere una maggior fetta di introiti anche dalle zone dell’attuale Valnerina, che probabilmente avvertiva come finanziariamente meno direttamente controllate. E così, nel mese di settembre del 1469, un breve di Paolo II

890 ASCN, Diplomatico, Cassetto A, Fascicolo II, n. 17. 891 ASCN, Diplomatico, Cassetto A, Fascicolo IV, n. 12 e n. 18.

892 Per un’ampia e dettagliata analisi del fenomeno si rimanda a MAIRE VIGUEUR, Les pâturages de l’Église.

893 Per le informazioni sulle vie degli scambi commerciali che interessavano Norcia e sulla documentazione fiscale reatina si rimanda al secondo capitolo della presente trattazione.

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invitava Norcia a mandare le proprie bestie a pascolare nelle dogane di Roma e del

Patrimonio 894. Allo stesso modo, nel settembre del 1479, un breve di Sisto IV esortava

la comunità locale a far banno affinché nessuno mandasse pecore e altro bestiame a

pascolare fuori dalle due dogane medesime 895.

Un’ulteriore questione attrae il suo interesse, per quanto riguarda i metodi di intervento finanziari in area nursina da parte del governo pontificio, anche se in tal caso si tratta di interventi decisamente meno frequenti e meno rilevanti rispetto ai settori dell’approvvigionamento del grano e del pascolo del bestiame appena trattati: quella del sale. La cittadina umbra trattava l’acquisto di tale importante materia prima soprattutto

con la Marca, come documentato da alcune riformanze locali 896. È decisamente raro

incontrare, per il corso del secolo XV, provvedimenti presi da Roma per il controllo delle transazioni legate all’acquisto nursino del sale. Eppure, in una evidente occasione, datata al febbraio del 1445, un lungo documento inserito nei registri de Curia di Eugenio IV disponeva, in sintesi, che la venditio salis relativamente alla comunità di Norcia venisse gestita direttamente dalla Camera Apostolica, tanto per il presente quanto per il futuro 897.

Andrebbe compresa appieno la valenza effettiva di tale ‘futuro’. Non sono stati riscontrati documenti successivi di questo stesso tenore. E le riformanze nursine, come detto, non riportano transazioni tra le autorità locali e, direttamente, la Camera Apostolica in merito al sale. Tuttavia la Marca Anconetana faceva parte dei dominii pontifici. Poteva trattarsi, allora, di un provvedimento, quello testimoniato dalla fonte prodotta sotto Eugenio IV, nel quale si disponesse che Norcia acquistasse il sale sì dalla Santa Sede, ma avendo come interlocutore tramite la Marca stessa in quanto sufficientemente provvista di tale materia prima? Una domanda non semplice alla quale rispondere attraverso la documentazione disponibile, ma di sicuro ciò che risulta tangibile è l’assenza, nella suddetta scrittura, di menzioni ad autorità e terre attualmente marchigiane. Il che lascia difficilmente credere ad una risposta affermativa.

Devono essere segnalate, infine, una serie di spese straordinarie che il governo centrale richiese ai nursini. Durante il pontificato di Paolo II ben cinque brevi papali, prodotti tra il 1465 e il 1470, documentano le richieste fatte ai nursini da Roma in merito a pagamenti vari da eseguire per via della costruzione di una rocca pontificia

presso Cascia 898. Nel 1464, invece, Pio II, in occasione della spedizione militare contro

894 ASCN, Diplomatico, Cassetto A, Fascicolo V, n. 6. 895 ASCN, Diplomatico, Cassetto A, Fascicolo II, n. 16.

896 Per tali informazioni si rimanda ad alcuni esempi di provvedimenti contenuti nei registri delle riformanze quattrocenteschi nursini: ASCN, Riformanze, Reg. 1471-1472, cc. 102v-103r e c. 107r; ASCN, Riformanze, Reg. 1491-1492, c. 107r. Si rimanda, inoltre, a quanto rapidamente detto a p. 143 del quarto capitolo della presente trattazione.

897 ASV, Reg. Vat. 378, cc. 110v-111v.

898 ASCN, Diplomatico, Cassetto MM, n. 39 e ASCN, Diplomatico, Cassetto A, Fascicolo V, nn. 1, 4, 8 e

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i Turchi, impose un subsidium speciale a tutte le comunità inserite nei dominii della

Chiesa. A Norcia, nel giugno di quell’anno, vennero chiesti cinquecento ducati 899.

V 3. Lotte di fazione a Norcia: ragioni e connessioni con sviluppi e conflitti non