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Il passaggio del tempo nella teoria di Newton

Abbiamo adesso tutti gli elementi necessari per porci la seguente domanda: se la teoria di Newton desse una rappresentazione corretta dello spazio-tempo, che implicazioni ci sarebbero per una teoria A? O, in altre parole: una teoria dinamica del tempo può trovare spazio in un mondo newtoniano?

Potremmo in prima battuta dare la seguente risposta: la teoria di Newton è essenzialmente ospitale ad una teoria A per via della possibilità di foliare lo spazio- tempo. C’è la possibilità di definire classi di eventi tra i quali la distanza temporale è nulla; queste classi di eventi fanno al caso del teorico A, poiché potrebbero benissimo diventare gli “istanti” dei quali ha bisogno la sua teoria. Questi istanti sono ben definiti e possono essere ordinati. Otterremmo così la linea del tempo della quale il teorico A ha bisogno, e lungo tale linea potrebbe trovarsi l’istante Presente, impegnato nel suo scorrimento.

Notiamo quindi come la caratteristica fondamentale della teoria di Newton per la quale essa si presta bene a fare da supporto a una teoria dinamica del tempo è la possibilità di stabilire relazioni di simultaneità assoluta: relazioni di simultaneità che valgano indipendentemente dal sistema di riferimento.

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Riprendiamo qui la definizione di simultaneità data inizialmente (sez. 1.1):

SIMULTANEITÀ: Presi due eventi e1 ed e2, essi sono simultanei se e solo se tra essi

non intercorre alcun intervallo temporale. O, alternativamente, se essi si svolgono nello stesso istante.

Abbiamo più volte sottolineato come la concezione del tempo come linea di istanti sia per molti aspetti inadeguata. Tuttavia, limitandoci ora ad analizzare gli elementi di una teoria A standard, vediamo come la possibilità di stabilire relazioni di simultaneità assoluta le sia di fondamentale supporto. Anzi, bisogna dire di più: alla teoria A per come è solitamente formulata, la simultaneità assoluta è necessaria. In un certo senso, più che essere lo spazio-tempo per come è concepito da Newton a essere di supporto alla teoria A, si dovrebbe invece dire che è la teoria A stessa che deriva da una tale concezione dello spazio-tempo. Le teorie dinamiche del tempo, per come generalmente sono intese, si basano su quella concezione dello spazio e del tempo che, da Newton in poi, sembra essere diventata parte del senso comune. È essenzialmente per questo che la teoria di Newton può fare da supporto alla teoria A: perché questa seconda si origina dalla prima.

Cogliamo adesso l’occasione per richiamare un’altra definizione che sarà importante per le argomentazioni che seguiranno; quella di presente globale:

PRESENTE GLOBALE: Si può parlare di presente globale in una teoria per la quale, dato un osservatore e dato un momento nel tempo, per ogni punto dello spazio la domanda “Cosa sta accadendo lì?” trova una risposta definita.

Nello spazio-tempo di Newton la teoria A può ospitare un presente globale. Al di là dell’astrattezza delle definizioni, non è difficile vedere perché: prendiamo un osservatore nell’istante t; per lui la domanda “Cosa sta accadendo lì?” – dove a “lì” possiamo sostituire le coordinate relative al suo sistema di riferimento di un qualsiasi punto dello spazio – ha sempre una risposta ben definita. Questo sempre grazie alla possibilità di foliare lo spazio-tempo. Poiché dato un qualsiasi evento e è sempre possibile stabilire quali siano in ogni luogo gli altri eventi a lui simultanei è evidente che, partendo da e, sarà sempre possibile formare un presente di estensione globale nel senso sopra stabilito.

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Domandiamoci allora: presente globale e simultaneità assoluta sono la stessa cosa? La definizione che abbiamo dato della simultaneità assoluta è la seguente:

SIMULTANEITÀ ASSOLUTA: Una relazione di simultaneità che può essere stabilita indipendentemente dal sistema di riferimento.

Se ci limitiamo ad osservare le definizioni, vediamo chiaramente che esse non sono equivalenti. Per averne una riprova basta chiedersi: potrebbe darsi un presente globale senza che vi sia simultaneità assoluta? Il problema sta nel fatto che, secondo un’impostazione propria tanto della teoria di Newton quanto delle teorie A, per stabilire quali eventi rientrano nel Presente bisogna utilizzare una qualche nozione di simultaneità. Prendiamo quindi quella proposta sopra per cui due eventi sono simultanei se e solo se tra loro non intercorre alcun intervallo temporale. Partendo quindi da un evento e1 e da un osservatore O1 potrei stabilire che una certa classe di eventi sono ad

esso simultanei, e questa classe potrebbe includere un evento per ogni punto dello spazio. Potrebbe però darsi il caso che partendo invece da e2 e da un altro osservatore

O2, il quale dal punto di vista di O1 è simultaneo a e1, io possa trovare una diversa classe

di simultaneità, ugualmente ben definita, ugualmente globale. In sostanza, sarei nella situazione per cui, dal punto di vista di O1 ho che e1 ed e2 sono simultanei, mentre dal

punto di vista di O2 non lo sono (e vedremo che questo è proprio ciò che si verifica nella

teoria della relatività). In questo caso avremmo quindi un presente di estensione globale ma che è di volta in volta relativo a un sistema di riferimento.

Qui il punto importante è che un presente di questo tipo non può essere d’aiuto al teorico A. Questo perché, per il modo di pensare implicito nella formulazione stessa delle teorie fisiche, ciò che si può considerare come facente effettivamente parte del mondo oggettivo è ciò che è invariante tra i diversi sistemi di riferimento. Potremmo dire che questo è un aspetto fondamentale e ineliminabile del concetto di realtà col quale opera la fisica. Ripensiamo ad esempio a ciò che si è detto a proposito delle velocità nella teoria neo-newtoniana. Abbiamo stabilito che esse non sono proprietà reali dei corpi; perché questo? Perché non c’erano valori di velocità che si potessero attribuire indipendentemente dal sistema di riferimento. Non c’erano, in altre parole, velocità assolute. Seguendo lo stesso tipo di ragionamento, potremmo dire che se il presente globale sul quale vuole appoggiarsi il teorico A non è invariante tra i diversi sistemi di riferimento, allora esso non può essere legittimamente ammesso come parte

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della realtà. Sarebbe, in altre parole, qualcosa di inevitabilmente legato a una prospettiva particolare, qualcosa di soggettivo in contrapposizione alla realtà fisica oggettiva.

A ogni modo, abbiamo stabilito con chiarezza che un presente globale non implica la simultaneità assoluta.

Si può vedere come non valga neanche il viceversa. Si potrebbero infatti trovare delle relazioni di simultaneità su cui tutti i sistemi di riferimento concordano e che però non sono globali nel senso che non si estendono a ogni punto dello spazio. Se delle relazioni di questo genere possano essere trovate dipende naturalmente sia dalla teoria di riferimento sia dalla nozione di simultaneità con la quale si opera.

Comunque sia, poiché la teoria di Newton offre al teorico A un presente globale che viene stabilito tramite una relazione di simultaneità assoluta, la realtà del passaggio del tempo e del divenire possono dirsi al sicuro in questo scenario.

Ci sono ovviamente delle critiche che vengono mosse anche su questo punto. Secondo una certa linea di argomentazione, la fisica, newtoniana o meno che sia, non potrebbe mai e in nessun caso essere di supporto a una teoria A poiché le sue teorie non fanno menzione di un momento presente privilegiato:

“…la fisica non può selezionare grazie alle sue teorie un momento presente. Per giustificare questa asserzione si pensi al fatto che le leggi fisiche non mutano in rapporto all’istante temporale nel quale le consideriamo e hanno anzi una caratteristica

simmetria che si chiama invarianza rispetto a traslazioni temporali. […] Una

conseguenza dell’invarianza per traslazioni nel tempo è che una legge di natura vera nell’istante presente rimane ovviamente vera se trasliamo il sistema fisico che essa governa all’indietro o in avanti rispetto al momento presente, in qualunque istante passato o futuro” (Dorato 2013, pag. 20)

“La fisica è sempre stata autosufficiente senza bisogno di postulare una A-serie. La fisica aristotelica, newtoniana, einsteiniana e la meccanica quantistica non hanno bisogno di postulare un momento privilegiato. Poiché manca un Adesso, manca anche un flusso temporale o un’asimmetria tra passato e futuro, poiché entrambe dipendono da esso. Questa affermazione non dovrebbe essere controversa. Se si guarda in un manuale di fisica non troveremo nessun ‘Adesso’, né nell’indice né da nessuna parte” (Callender, 2017 pag. 21)

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Abbiamo visto come le teorie A possano trarre solamente beneficio dalla rinuncia al Presente come proprietà. Per cui questo tipo di obiezioni non si applicano alle formulazioni migliori delle teorie A, che non concepiscono il Presente come una peculiare proprietà di un istante.

In generale, sul fatto che leggi della fisica non possano identificare un istante privilegiato, non si capisce in che senso questo possa essere un problema per un teorico A poiché in linea di principio nessuno dovrebbe aspettarsi che un tale compito possa esser svolto dalla fisica. Innanzitutto, come lo stesso Dorato (2013, pag. 20) fa notare, se le leggi della fisica cambiassero continuamente nel tempo non sarebbero ciò che di fatto sono, e cioè leggi della natura. Ciò vorrebbe dire che l’esistenza di leggi immutabili nel tempo è di per se stessa incompatibile con una concezione dinamica della realtà? Assolutamente no; il punto è che tali leggi descrivono il modo in cui si passa da uno stato di cose a un altro, e non c’è alcuna connessione di principio tra tale descrizione e una disputa metafisica sull’esistenza del passato o del futuro. Il fatto che nella descrizione di un accadimento fisico non si faccia menzione di un momento presente privilegiato è una conseguenza banale della forma di tale descrizione: se un accadimento che ha un’estensione temporale deve essere completamente descritto, deve esserlo dal suo momento d’inizio fino al momento in cui termina; per questo, non ha senso identificare un istante privilegiato di tale accadimento, in maniera simile a come non ha senso identificare un istante privilegiato in una biografia. A riprova di ciò si nota che nel passaggio citato è lo stesso Dorato a fare utilizzo del termine “presente”! È come se egli stesso si rendesse implicitamente conto che tra la realtà del tempo e il modo in cui accadimenti temporalmente estesi vengono rappresentati attraverso una teoria fisica c’è una differenza ineliminabile.

Per quanto riguarda l’obiezione di Callender, invece, sembra che anch’egli sia vittima di una tendenza a oggettivare il tempo. Se il tempo è concepito come una cosa, come un’entità, allora diventa naturale chiedersi se una delle sue componenti – se uno degli istanti – abbia qualcosa di diverso rispetto agli altri. Gli istanti vengono quindi indagati come fossero degli oggetti, così come si potrebbero indagare le proprietà di un blocco di ghiaccio, e seguendo la fisica stabiliamo che per nessuno di essi c’è ragione di postulare una proprietà temporale aggiuntiva. Tutto ciò che si può rispondere a questa obiezione è che, oltre ad avere un approccio alla realtà del tempo che rischia di

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fraintenderla completamente, anche qui si stanno facendo deduzioni sulla struttura metafisica della realtà partendo dal modo in cui essa viene rappresentata.

Queste concezioni possono essere efficacemente riassunte dalla seguente affermazione di Dainton (2010):

“Sebbene non ci sia nessuna distinzione tra passato, presente e futuro nei diagrammi dello spazio-tempo newtoniano, da questo non segue che non ci sia tale distinzione in un mondo newtoniano” (pag. 328)

Se si vuole esplorare con più serietà il concetto di tempo utilizzato nella fisica, invece che trattarlo come un ennesimo oggetto di studio, è ben più sensato seguire il suggerimento dato da Klein (2018):

“Ci siamo talmente assuefatti a questa rappresentazione da considerarla naturale, al punto che non pensiamo più di porci una domanda semplicissima: a partire da quale concezione del tempo e attraverso quale percorso intellettuale Newton è arrivato a scegliere una tale definizione? E quali conoscenze anteriori gli hanno permesso di

riconoscere il tempo dietro le sembianze di un’entità matematica così rachitica?” (pag.

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