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Un primo accenno alla teoria B

Motivati dagli argomenti esposti sopra, molti filosofi hanno preferito adottare un’alternativa alla teoria dinamica del tempo e sostenere una teoria statica del tempo, chiamata anche teoria B o eternalismo. Ci limiteremo in questo capitolo a fornire alcune coordinate generali sulle caratteristiche della teoria B, che ci saranno utili nei capitoli successivi per il confronto con le teorie dinamiche del tempo.

La prima e più importante caratteristica di una teoria B è che in essa non si può parlare di passaggio del tempo; di qui deriva appunto l’appellativo di teoria “statica” del tempo. Poiché le teorie A si differenziano proprio per i diversi modi con i quali concepiscono il passaggio del tempo, ne segue piuttosto chiaramente che se ci sono più modi di essere un teorico A ve n’è generalmente uno solo per essere un teorico B.16

Non essendoci passaggio del tempo non vi è neanche divenire: non c’è entrata e uscita delle cose dall’esistenza. L’universo del teorico B – che è spesso chiamato “universo blocco” – è quindi un universo in cui tutti gli “stadi temporali” delle diverse entità coesistono. Prendiamo per esempio una mela. Una mela è un oggetto che ha delle parti spaziali; esso è cioè spazialmente esteso. Per una teoria del tempo che accetta la realtà del passaggio del tempo, le parti della mela cambiano attraverso quest’ultimo. Alcune parti potrebbero smettere di esistere, o quantomeno smettere di esistere in un certo modo; per esempio, la superficie della sua buccia potrebbe ricoprirsi di macchie. Questo significa, semplificando un po’, che la superficie rossa della mela matura ha smesso di esistere e che adesso esiste invece la superficie coperta di macchie (e in questo consiste il divenire). Nella teoria B non c’è niente di tutto questo. Si dirà invece che la mela ha delle parti temporali, insieme alle sue parti spaziali. Queste parti temporali coesistono allo stesso modo delle parti spaziali. La mela in quanto sostanza è quindi la somma di tutte le sue parti temporali e delle sue parti spaziali. La superficie

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Anche se c’è da specificare che spesso viene chiamato un teorico B qualsiasi filosofo che, prendendo posizione nel dibattito in filosofia del tempo, si distacchi per un qualsiasi motivo dalle teorie A.

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rossa e la superficie macchiata sono due parti temporali di uno stesso oggetto, e non vi è contraddizione nel fatto che abbiano proprietà incompatibili poiché le esemplificano in tempi diversi. L’espressione “in tempi diversi” per come è intesa dal teorico B può essere facilmente intesa se paragonata, appunto, a un’espressione che utilizzeremmo per parlare dello spazio, e cioè “in posti diversi”. In una stessa porzione di spazio x1 la mela

non può essere sia matura sia marcia; però può darsi il caso che la stessa mela nello stesso tempo, abbia una sua parte marcita in x1 e una sua parte matura in x2.

Analogamente per il tempo: una mela non può essere interamente matura e marcia in t1,

ma può essere interamente matura in t1 e interamente marcia in t2. Il teorico B considera

questi due istanti come parti di uno stesso complesso. Si parla a questo proposito di

quadrimensionalismo: gli oggetti sono dei complessi di quattro dimensioni, cioè le tre

usuali dimensioni spaziali più quella temporale. Ovviamente questo non vale solo per la mela ma per ogni genere di entità e, in generale, per l’universo nella sua interezza.

L’universo del teorico B è quindi un universo immobile, nel quale le cose prese nel loro complesso – considerate cioè come aggregati quadrimensionali – non cambiano. Si può parlare di mutamento anche in questo scenario ma intendendo solamente che gli oggetti hanno parti temporali con proprietà incompatibili tra loro. Per esempio, la foglia “cambia nel tempo” da t1 a t2 nel senso che a t1 è verde mentre a t2 è secca, ma tutto ciò

che questo può voler dire è che le sue parti temporali hanno proprietà diverse. L’oggetto, preso come aggregato quadrimensionale, cioè preso nella sua interezza, non cambia mai.

Riassumendo: per la teoria B non c’è né passaggio del tempo né divenire, ma c’è un senso – comunque molto diverso da quello del teorico A – in cui le cose cambiano nel tempo.

Il teorico B non ha quindi bisogno di postulare nessuna proprietà temporale. Originariamente, la differenza tra teoria A e teoria B è proprio sorta dal fatto che la prima poneva una particolare enfasi sul tempo inteso come proprietà – Passato, Presente, Futuro – mentre la seconda la poneva sul tempo inteso come relazioni: delle relazioni d’ordine quali “…precede…”, “…segue…”, “…è simultaneo a…”. Queste relazioni si stabiliscono tra istanti di tempo o tra eventi. Sono queste relazioni che definiscono la struttura dell’universo blocco, e cioè il modo in cui è ordinata la dimensione temporale.

Inizialmente il dibattito tra teoria A e teoria B è stato fortemente incentrato sulla dimensione linguistica. Ci si chiedeva cioè se gli enunciati in cui figurano le proprietà

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temporali, detti anche enunciati tensionali – come per esempio “La battaglia di Waterloo è passata” – potessero essere tradotti in enunciati atensionali, in cui figurino solo relazioni d’ordine temporale: “La battaglia di Waterloo è precedente all’emissione di questo enunciato”. In generale, il teorico B tende ad operare sempre una parafrasi di questo tipo per gli enunciati tensionali. Questa disputa linguistica, della quale qui non ci occuperemo, presupponeva che nel caso in cui il discorso tensionale si fosse mostrato irriducibile a quello atensionale, ci sarebbero dovuto allora essere un aspetto del mondo irriducibilmente tensionale – cioè le proprietà temporali – che poteva rendere veri tali enunciati. Attualmente è generalmente accettato che, sebbene al livello cognitivo il discorso tensionale non possa essere completamente rimpiazzato da quello atensionale, rimane il fatto che vi potrebbero essere fattori di verità atensionali anche per gli enunciati tensionali. Più semplicemente: sebbene per scopi pratici e di ragionamento non si possa fare a meno di parlare di presente, passato e futuro, da ciò non segue che vi siano effettivamente proprietà temporali, e tutti i nostri discorsi che fanno riferimento al tempo potrebbero trovare fattori di verità nelle pure e semplici relazioni d’ordine tra istanti.

Ciò che qui ci interessa, più di un confronto tra il discorso tensionale e quello atensionale, è invece il confronto tra la teoria A e la teoria B in quanto teorie metafisiche. Già dalla breve esposizione che se ne è fatta, dovrebbe risultare chiaro perché l’esperienza sembra essere ciò di cui più difficilmente la teoria B può rendere conto: non è forse ovvio che noi facciamo esperienza del mondo come di qualcosa che conosce il passaggio del tempo e il divenire?