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Le “vie di mezzo”

L’ultima alternativa che esploreremo è quella di chi sostiene che tra passaggio del tempo e relatività speciale non ci sia nessun contrasto di principio. A una posizione di questo tipo si accompagna di solito la convinzione che il dibattito tra presentismo ed eternalismo sia privo di sostanza, e che tra le due posizioni non ci sia nessun contrasto reale, quantomeno al livello ontologico.

Come iniziale punto di riferimento di questo approccio al problema del passaggio del tempo nella relatività possiamo prendere i lavori di Dorato (2006a, 2006b, 2008, 2013). Il suo punto di partenza è una distinzione tra divenire “assoluto” e divenire “relativo”. Va specificato che con l’espressione “divenire assoluto” si intende in questa sede qualcosa di diverso da quello che si è inteso in tutte le sezioni precedenti, e cioè l’entrata e l’uscita dall’esistenza di certe entità (quelle concrete). Con “divenire assoluto” Dorato intende semplicemente il fatto che un certo evento e occorra o si svolga in un determinato posto a un determinato tempo. Ora, il divenire inteso in questo modo non può ricevere supporto da una teoria fisica per il semplice fatto che esso vi è già presupposto, o quantomeno lo è sia nella fisica newtoniana che in quella relativistica poiché entrambe adottano un’ontologia di eventi. Interpretando quindi il divenire in un senso che potremmo definire minimale – cioè come il puro e semplice occorrere degli eventi in sequenza – Dorato mira a dissolvere ogni contrasto tra la posizione presentista e quella eternalista. L’aggancio con le teorie fisiche avviene attraverso il divenire relativo, che è definito come una relazione di divenire tra eventi: per esempio, presi gli eventi ex ed ey, si possono in linea di principio stabilire due relazioni di divenire relativo

tra essi, e cioè che il primo sia divenuto rispetto al secondo – (exDey) – oppure viceversa

– (ey Dex). Si tratta, per dirla in parole semplici, di stabilire l’ordine con cui gli eventi

occorrano; per questo intervengono le teorie fisiche le quali dovrebbero individuare quelle asimmetrie nell’ordine di occorrenza degli eventi che sono catalogate sotto l’etichetta di “frecce del tempo”. Tra i due concetti di divenire quello più fondamentale

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resta comunque quello assoluto, che qui è appunto definito come l’occorre in sequenza degli eventi.

Secondo Dorato l’errore è stato quello di intendere la disputa tra presentismo ed eternalismo in senso ontologico, cioè come una disputa su quali entità esistano. Una disputa di questo tipo è per lui priva di contenuto poiché entrambe le parti possono senza problemi concordare sulla sua definizione minimale di divenire assoluto:

“Se io ho ragione nel sostenere che non ci può essere nessun disaccordo a proposito delle affermazioni metafisiche [inerenti alla mia definizione di divenire assoluto], ne consegue che il divenire non dovrebbe essere concepito come il divenire reale,

determinato, definito o fisso nel presente di eventi precedentemente irreali, indeterminati, indefiniti o non ancora fissati” (Dorato 2006a, pag. 563)

Possono sia il presentista che l’eternalista concordare su questa concezione? Dorato avanza diversi argomenti per difendere una risposta affermativa a tale domanda. Il primo è l’argomento della trivialità contro il presentismo, di cui abbiamo già discusso sopra (cap. 2) e che sostiene che a seconda della lettura tensionale o atensionale del verbo essere il presentismo sia una posizione, rispettivamente, assurda o banale. Più sopra questo argomento era stato respinto come inefficace, poiché la posizione presentista può benissimo essere espressa attraverso l’uso del quantificatore universale: ∀x (Presente (x)). I quantificatori non devono essere trattati al livello logico come dei verbi; si avrebbe quindi un’affermazione con cui il presentista concorda ma l’eternalista no.

Il secondo argomento riguarda i possibili fraintendimenti dell’affermazione dell’eternalista per cui sia gli eventi passati che quelli futuri sono reali. Questa affermazione va intesa per Dorato a significare semplicemente che ci sono stati eventi passati e che ci saranno eventi futuri, e su questo senza dubbio sia il presentista che l’eternalista concordano. A sentire espressioni come “universo blocco” o lo stesso termine “eternalismo” si potrebbe essere condotti a pensare che tutti gli eventi coesistano in una sorta di universo senza tempo. Questa è una visione assurda che, a detta di Dorato, nessun eternalista sosterrebbe (o dovrebbe sostenere). Ciò che va tenuto a mente è la distinzione tra una costruzione matematica che si utilizza per rappresentare il mondo fisico – cioè la varietà quadrimensionale dello spazio-tempo di Minkowski – e il mondo stesso:

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“In altre parole, anche se per scopi descrittivi può essere utile rappresentare l’intera storia del mondo come se fosse in qualche modo già ‘data’, col tempo visto come una dimensione del tutto simile allo spazio all’interno di un blocco quadrimensionale, non si dovrebbe dimenticare che si è preso un determinato evento nel tempo (un punto nel blocco), l’eternalista può (e dovrebbe) distinguere tra gli eventi che, relativamente a quel punto sono già occorsi e quelli che non lo sono ancora. Se l’occorrenza successiva degli eventi – nella quale consiste il divenire – è una caratteristica indipendente dalla mente dell’universo, allora non è legittimo confondere una rappresentazione ‘statica’ con ciò che viene rappresentato (il tempo)” (Dorato 2006b, pag. 96-97)

E ancora:

“…anche se è sempre vero che si può asserire che ‘un evento F occorre a t’, una tale verità eterna riguardo l’evento F non implica l’esistenza eterna di quell’evento” (Dorato 2006a, pag. 562)

“Noi possiamo rappresentare gli eventi come se ‘fossero già tutti lì’, come se fossero già tutti accaduti, ma non bisogna dimenticare che questa è solo una rappresentazione, visto che le cose reali, che vengono rappresentate, sono nel tempo. Conseguentemente, se la struttura dello spazio-tempo consente una qualche forma di divenire temporale, gli eventi occorrono uno dopo l’altro; quindi, una volta che è data una locazione temporale, relativamente a quella locazione, che essa sia occupata da un essere senziente o meno, c’è (atensionalmente) e oggettivamente un passato e un futuro” (Dorato 2006a, pag. 567)

Il terzo argomento riguarda l’utilizzo stesso del predicato “reale”, che per Dorato è uno pseudo-predicato. Non ci può essere contrasto tra presentista ed eternalista sulla questione della realtà degli eventi futuri se l’utilizzo di quel predicato è correttamente inteso. Per esempio, ha senso porre la distinzione tra un caffè reale e un caffè che non è reale nel senso che è un surrogato o che ha un colore simile alla sostanza originale ma non è caffè. Oppure, si può parlare di un accadimento reale in contrasto a un accadimento di pura fantasia, come quelli di una storia inventata. In entrambi questi due casi il predicato “reale” può essere utilizzato in maniera sensata poiché è possibile

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stabilire una classe di contrasto, cioè una classe di casi in cui ci è comprensibile parlare di qualcosa che reale non è. Ma nel caso del passato o del futuro, cosa vorrebbe dire che essi non sono reali? Né il presentista né l’eternalista sostengono che tutto il passato sia opera di fantasia, o che il futuro è irreale poiché il mondo avrà fine dopo il prossimo istante. Dire che il passato e che il futuro sono reali può significare solamente che ci sono stati degli eventi, e che ne occorreranno altri dopo quello presente. In questo consiste per Dorato il divenire assoluto, e su questo punto sia il presentista che l’eternalista non possono che concordare. Dorato (2008) insiste sul fatto che, una volta fatte queste precisazioni, il conflitto tra presentismo ed eternalismo si rivela essere nient’altro che un conflitto di attitudini pragmatiche. Il presentismo andrebbe intenso come l’attitudine a porre l’attenzione sul solo presente, l’unico tempo che viviamo davvero, mentre l’eternalismo spingerebbe a tener conto degli eventi passati che ci hanno riguardato e ad aver cura del proprio futuro. In sostanza, un atteggiamento da

carpe diem contro uno più avveduto. Sicuramente niente che abbia a che fare con

diverse posizioni in ontologia.

Come valutare questa proposta? Si può senza dubbio dire che se fosse vero che anche l’eternalista può accettare l’occorrenza in successione degli eventi, che la realtà del futuro non ammonti a nient’altro che al fatto che ci saranno eventi dopo quello presente e che il passaggio del tempo non consista in altro che in questo, allora senza dubbio il presentista potrebbe accettare senza riserve la dissoluzione del dibattito e la sua chiusura. Chi infatti sembra guadagnarci di più è proprio il teorico A, mentre non è detto che l’eternalista possa conservare la sua posizione originaria anche solo ammettendo la realtà del divenire nel senso minimale in cui lo intende Dorato. Per l’eternalista infatti la rappresentazione della totalità degli eventi di uno spazio-tempo come già dati tutti insieme corrisponde alla realtà. Egli potrebbe certo concordare con l’affermazione per la quale, preso un evento ce ne sono alcuni che sono occorsi prima e altri che occorreranno dopo, ma intenderà questa affermazione in un senso diverso dal presentista, cioè come la mera constatazione che ci sono eventi che hanno un valore della coordinata t più alto rispetto all’evento dato e altri che ce l’hanno più basso.

È vero che il fatto che gli eventi siano dati tutti insieme non significa che siano simultanei, cioè non significa che a tutti sia assegnato lo stesso valore della coordinata t, ma per l’eternalista essi esistono comunque in un mondo che, preso nel suo insieme, è fondamentalmente statico e non conosce nessuna sorta di passaggio. Possiamo chiarire questo punto immaginando che allo spazio-tempo quadrimensionale di Minkowski

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venga aggiunta, per una qualche rivoluzione all’interno della fisica, una quinta dimensione chiamata N. Poniamo che essa non sia classificabile né come dimensione spaziale né come dimensione temporale poiché, all’interno del formalismo della nuova teoria, N è trattata in maniera diversa da esse. Ora, a ogni evento è assegnato un valore all’interno di N; diversi eventi avranno valori diversi di N. Essi non saranno cioè “simultanei” rispetto a N. Ma questo implica forse che ci sia un qualche cosa come il “passaggio di N”? Niente affatto. N potrebbe essere una dimensione che, come le dimensioni spaziali, non conosce nessun tipo di passaggio o divenire o dinamicità. Per l’eternalista anche il tempo è una dimensione che va pensata a questo modo. È certo che gli eventi non possono essere detti tutti simultanei tra loro, ma è solo per una questione terminologica, poiché “simultanei” per l’eternalista vuol dire semplicemente “con stesso valore della coordinata t”. In questo senso gli eventi non sono tutti simultanei così come non avvengono tutti nello stesso posto, senza che questo implichi che ci sia un passaggio dello spazio. Ed è sempre in questo senso che molti teorici B descrivono la loro teoria paragonando il tempo a un’altra dimensione spaziale: non perché abbia lo stesso ruolo nel formalismo di una teoria fisica ma perché, in maniera simile allo spazio, tutto ciò che quella dimensione contiene esiste allo stesso modo anche se non vi siamo localizzati. Cioè, come non pensiamo che qualcosa smetta di esistere poiché è “laggiù” e noi siamo “qui” così non dovremmo pensare che le cose smettano di esistere (o non esistano ancora) perché sono passate (o future) rispetto a noi.

Prendiamo poi le considerazioni sul predicato “reale”. Senza dubbio concordiamo sul fatto che sia il presentista sia l’eternalista possano accettare la realtà del passato come opposta alla finzione o alla fantasia, e la realtà del futuro come opposta a un’imminente fine del mondo; così come è perfettamente sensato concordare sul fatto che non ci siano altri sensi in cui il passato o il futuro possano essere definiti reali. Tuttavia le cose cambiano se invece che parlare di realtà parliamo di esistenza, visto che i due concetti non sono equivalenti. Ammettiamo pure che l’argomento della trivialità contro il presentismo sia efficace e lo squalifichi come teoria del tempo; questo non significa però che non ci sia alcuna differenza al livello ontologico tra un’altra teoria A e l’eternalismo. Prendiamo per esempio la teoria growing block. Se adoperiamo la lettura atensionale del verbo essere, essa può essere espressa nel seguente modo: “Tutto ciò che esiste, è esistito o esisterà è presente o passato”. Quest’ipotesi equivale a sostenere che tutto ciò che esiste temporalmente è passato o presente, e non si tratta di un’ipotesi assurda (ricordiamo che nel caso del presentismo il problema era che non

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includesse nel novero di ciò che esiste le entità passate, come ad esempio Giulio Cesare). Il growing block può quindi dirsi, almeno secondo questo criterio, una teoria del tempo coerente, ed il contrasto con l’eternalismo è evidente poiché quest’ultimo include nel suo inventario ontologico anche le entità future. Entrambe le teorie possono benissimo accettare la realtà degli eventi futuri nel senso in cui la intende Dorato, cioè come il fatto che ci saranno nuovi eventi che occorreranno dopo quello attuale. L’eternalismo però aggiunge qualcosa a questo: gli eventi futuri, o meglio, le entità che essi riguardano esistono già. Facciamo un esempio per chiarire: prendiamo una coppia che abbia deciso dare alla luce un figlio. Prima che il nascituro venga concepito esso ancora non esiste, né per il presentismo né per una teoria growing block. Per l’eternalismo, al contrario, esso esiste già (ed esistono già tutte le fasi della sua vita, così come della nostra). Per una teoria eternalista infatti non è paradossale dire che esiste già qualcosa che non esiste adesso; il significato di “esiste già” e “esiste sempre” non è così diverso in una teoria eternalista da “esiste laggiù” e “esiste là nella direzione opposta”. Per l’eternalismo, per esempio, Giulio Cesare non esiste ora – non è cioè contemporaneo alla scrittura di questa frase – ma esiste sempre, così come la torre di Pisa non esiste qui – poiché io scrivo da Livorno centro – ma esiste sempre, anche se in un altro luogo.

Questo è anche il motivo per cui nell’eternalismo non ci sono vere e proprie

occorrenze di eventi. Nella teoria B quella di evento diventa un’etichetta e poco più,

poiché per poter parlare propriamente di occorrenza di eventi bisogna che ci sia una differenza oggettiva tra la loro occorrenza e non occorrenza; questa differenza non può esserci se le entità che gli eventi riguardano vengono considerate esistenti anche per osservatori passati o futuri rispetto ad esse. Riprendiamo come esempio Giulio Cesare. Tutti gli eventi che lo riguardano sono occorsi, quindi, secondo la visione di Dorato – che come abbiamo sottolineato da subito, è molto vicina a quella di una teoria dinamica del tempo – di Giulio Cesare è certamente corretto dire che è esistito ma non che esiste ancora. In una teoria eternalista invece c’è un senso in cui si possono dire entrambe le cose: Giulio Cesare è esistito nel senso che esiste in un tempo precedente a quello attuale; esiste ancora poiché rientra nell’inventario ontologico che costituisce l’universo nella sua interezza. A questo punto, però, il termine evento si riduce ad essere il nome che si dà ai punti dello spazio-tempo. Per vedere con maggiore chiarezza perché nell’eternalismo non si può parlare di occorrenze di eventi si potrebbe costruire una specie di paradosso di McTaggart che invece che sulle proprietà temporali si basi

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sull’occorrenza degli eventi: gli eventi che riguardano Giulio Cesare sono occorsi; ma se, come vuole l’eternalismo, Giulio Cesare esiste ancora (cioè, deve essere considerato esistente anche da noi che abitiamo una prospettiva temporale successiva alla sua) gli eventi che lo riguardano stanno ancora occorrendo; ma non ha senso dire di un evento che è occorso e insieme che sta occorrendo. Ergo, nell’eternalismo non si può propriamente parlare di occorrenze di eventi.

Discorso simile vale per la chiusura e la determinatezza del futuro. Dorato sottolinea come il divenire non vada inteso come ciò che fa diventare determinati eventi prima indeterminati. Io interpreto questa affermazione come a intendere che la chiusura e la determinatezza del futuro non sono caratteristiche della realtà che dipendono direttamente dal passaggio del tempo in se stesso; in questo senso, mi sento di concordare in pieno. Ma un eternalista potrebbe concordare? Sembra di no, poiché per l’eternalista la chiusura del futuro e la sua determinatezza in ogni aspetto seguono direttamente dalla sua metafisica del tempo. Riprendendo l’esempio della coppia e del nascituro, possiamo dire che per l’eternalismo non solo egli esiste già, ma è già determinato il numero dei suoi capelli, il numero di secondi di cui sarà composta la sua vita, il numero di cellule del suo cervello e così via; ed è già determinato per noi ora, anche se rispetto alla nostra prospettiva tutti questi eventi sono futuri. Dire che “esiste già” vuol dire in questo caso: va considerato come esistente anche se noi ci troviamo in una prospettiva temporale per la quale egli è a noi successivo. Ogni aspetto del futuro è perciò già fissato nell’eternalismo. Questo è un punto su cui il presentista non può ovviamente essere d’accordo e, in questo senso, vi è una sostanziale differenza ontologica tra le due posizioni.

Ora, poniamo che un sostenitore dell’eternalismo che ha letto questo mio breve resoconto della sua posizione metafisica si dimostri estremamente deluso e non concordi con niente. Al contrario, egli sostiene, per un eternalista si può parlare di occorrenza di eventi in successione, del fatto che Giulio Cesare sia reale anche se non più esistente e di futuro aperto. In sostanza, ammettiamo che anche l’eternalista accetti la caratterizzazione minimale del divenire offerta da Dorato. È vero che a quel punto il dibattito tra presentismo ed eternalismo potrebbe dirsi risolto in positivo, poiché entrambe le parti avrebbero concordato ad accettare ciò che vi è di più fondamentale per loro. Rimane l’impressione che questa eventuale risoluzione della controversia metafisica in sua dissoluzione andrebbe più a vantaggio del teorico A che dell’eternalista. Questo perché la posizione eternalista è solitamente descritta come

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quella che non accetta il passaggio del tempo, in nessuna forma. Quest’impressione è certamente rafforzata dall’affermazione di Dorato per la quale il divenire debba essere visto come un fatto metafisico fondamentale, più primitivo della stessa nozione di causa:

“…la freccia del divenire fonda quella causale, mentre quest’ultima fonda quella della nostra esperienza [in prima persona] e… anche quelle fisiche dell’entropia e della radiazione. In una parola, l’asimmetria fondamentale dalla quale tutte le altre direttamente o indirettamente dipendono è quella del venire in essere in successione, un fatto metafisico che non può essere ulteriormente analizzato, ma è al contrario presupposto anche dall’ontologia della fisica relativistica classica” (2013, pag. 117)

Può davvero l’eternalista accettare qualcosa come il “venire in essere in successione”? Sembra di no; ma se sì, allora la sua posizione può effettivamente essere riconciliata a pieno con quella del presentista. Probabilmente, un argomento che squalificherebbe in maniera se non definitiva (perché non esistono squalifiche definitive in filosofia) almeno quasi-definitiva la visione dell’universo come di un blocco quadrimensionale in cui nulla cambia o diviene dovrebbe mostrare come la stessa assunzione di non-simultaneità di tutti gli eventi – cioè il fatto che ad essi vengano assegnati valori diversi della coordinata t – implichi l’occorrenza in successione di questi ultimi. L’argomento dovrebbe cioè far vedere che anche solo per parlare di eventi non simultanei tra loro sia necessario assumere un qualsivoglia tipo di venire in essere in successione, e che l’universo blocco non potrebbe essere altro che un Totum Simul, per usare un’espressione adoperata più volte da Dorato. Ma poiché si hanno ragioni (e bisognerebbe elencare che ragioni siano) per escludere che viviamo in tale Totum Simul, allora non tutti gli eventi sono tra loro simultanei e quindi vi è un venire in essere in successione40.

Un argomento simile a questo è forse quello portato da Maudlin (2002), la cui visione sul passaggio del tempo è per ceri aspetti affine a quella di Dorato. Come