• Non ci sono risultati.

Il protagonismo dei diritti in Anna Maria Mozzon

La questione femminile nel lungo Ottocento

1. Il dibattito culturale e politico femminile in Italia

1.3 Il protagonismo dei diritti in Anna Maria Mozzon

Importante per l'inizio dell'impegno femminista della prima e più influente emancipazionista italiana, la lombarda Anna Maria Mozzoni, è l'incontro ideale con Adelaide Bono Cairoli. Figura dalla potente personalità, Adelaide Cairoli appariva come la “genitrice d'eroi”, madre simbolica per le attiviste del dopo Unità, prima fra tutte Gualberta Alaide Beccari, che nel 1868 fonda a Padova La Donna, “primo vero giornale femminista italiano121

. Sulle pagine del

118 Jessie White Mario, La miseria in Napoli, Firenze, Successori Le Monnier, 1877. 119 Ivi, pp. 88-108.

120 Ivi, pp. 35-36.

121 Rachele Farina, Politica, amicizia e polemiche nella vita di Anna Maria Mozzoni, in Emma Scaramuzza,

suo periodico Beccari aveva raccolto e fatto suo il desiderio di Francesca Zambusi dal Lago di realizzare un Albo da offrire in memoria dell'illustre patriota e che venne alla luce dopo la morte della Cairoli122.

Anna Maria Mozzoni partecipò a questa impresa di mobilitazione collettiva di intellettuali, che riunì varie protagoniste sia del patriottismo preunitario sia degli anni successivi, con un contributo saggistico123

. Molti nomi presenti nell'Albo li ritroveremo, nell'ultimo decennio del secolo (1890), in occasione di un'altra importante mobilitazione delle intellettuali italiane, quella Esposizione Beatrice organizzata da Carlotta Ferrari.

Un'altra modalità che ritroviamo in tutte le scritture femminili destinate all'educazione delle donne è quella delle dediche. Non è senza importanza la dedica che Mozzoni fa del suo saggio

La donna e i suoi rapporti sociali alla madre, marchesa Delfina Piantanida, da lei definita “la

sua vera educatrice al libero pensiero”124

.

Già Mazzini nell'ultimo decennio di vita aveva indirizzato le sue lotte verso la duplice battaglia per il suffragio universale e per l'istruzione obbligatoria, comprendendo fra gli oppressi operai e donne, di cui riconosceva la grandezza o perlomeno l'uguaglianza con l'uomo125

. Nel comitato di redazione del suo ultimo giornale, Roma del Popolo, chiamò la milanese Anna Maria Mozzoni, impegnata in prima linea nella causa di quello che sarà il femminismo italiano. Nel 1871, un anno prima della morte di Mazzini, su questo periodico Mozzoni pubblicò in quattro puntate il saggio La questione della emancipazione della donna

in Italia. L'Italia, accusa l'attivista milanese, è rimasta indietro di secoli rispetto all'annosa

questione dei diritti femminili. Attraverso la frantumazione dei vari ordinamenti statali, la restaurazione dei vecchi regimi e l'ombrello conservatore della Chiesa, la questione ha però insinuato qualche elemento di novità, e lo rileva nella polemica sorta nel 1855 fra la femminista francese Jenny d'Héricourt, che sulle pagine del periodico La ragione, diretto da Ausonio Franchi, appariva fautrice del diritto di voto amministrativo alle donne e del loro libero accesso alle professioni, e la risposta che Giulia Molino Colombini le aveva

rivista, che raccoglieva i contributi delle più importanti intellettuali e attiviste non solo italiane, e diretta ad un pubblico di donne del ceto medio, portava avanti battaglie radicali come il diritto all'istruzione, al lavoro, al voto e la tutela delle donne in ogni campo del sociale. Si confronti: Beatrice Pisa, Venticinque anni di

emancipazionismo femminile in Italia e la rivista La Donna (1868-1890), in «Quaderni della Fiap», n. 42, Roma,

s.d.

122 Ad Adelaide Cairoli le donne italiane, Padova, Premiata Tipografia alla Minerva, 1873. 123 Farina, cit. p. 59.

124 La sottolineatura del riconoscimento materno alla propria emancipazione è in R. Farina, cit. p. 58. Pieroni Bortolotti, se sottolinea che “letteratura e filantropia” sono considerati da Mozzoni “mezzi inadeguati”di lotta, pure concorda nel riconoscere che in quegli ambienti di letterate e filantrope ella trovava “le prime indicazioni valide” della questione femminile. (F.P. Bortolotti, cit. p. 65).

125 G. Tramarollo, introduzione a A.M. Mozzoni, La questione della emancipazione della donna in Italia. Dalla

Roma del Popolo del 1871, Ristampa a cura del Comitato Regionale dell'Associazione Mazziniana Italiana per

contrapposto attraverso una serie di articoli riportati dalla rivista La donna, foglio settimanale di scienze naturali, di letteratura e arti belle126. Nel 1864 Salvatore Morelli pubblicava un suo

importante saggio su La donna e la scienza, dove non si parlava ancora di emancipazione femminile, ma se ne anticipavano le basi teoriche127. Parallelamente ai lavori della

Commissione parlamentare, incaricata di preparare la riforma del Codice Civile uscirono due “pubblicazioni di circostanza”: Dei diritti giuridici delle donne di Carlo Francesco Gabba e

La Donna e i suoi rapporti sociali, in occasione della revisione del Codice Civile Italiano di

Anna Maria Mozzoni. Secondo l'emancipazionista, lo Stato liberale era riuscito ad ottenere la separazione della Chiesa dallo Stato, ma non quella dell'autorità paterna e maritale nell'ambito domestico, dove “conservò i rapporti di obbedienza e protezione fra coniugi, confermò le larghezze del concubinato al marito, gli riconfermò il diritto esclusivo d'amministrazione, della scelta di domicilio, d'assenza, e vincolò per soprammercato la personale proprietà della moglie alla di lui autorizzazione”128

. Mentre, sul piano penale, la donna era soggetto giuridico pienamente responsabile delle sue azioni, non lo era sul piano dei diritti civili, dove era tenuta, al pari dei figli minori, sotto tutela maritale. Tre potenti elementi avversavano, secondo Mozzoni, il movimento delle donne: il clero, che combatte ogni innovazione all'interno della famiglia; le consorterie, che odiano ogni cambiamento che possa minacciare i loro poteri; “le fatue masse eleganti” dell'aristocrazia, che vedono ancora il lavoro tout court, e quello femminile in particolare, come “occupazioni plebee”129. Anche nel passato le donne italiane

hanno sempre lottato per il miglioramento delle proprie condizioni. Rievoca, in epoca romana, l'episodio di Ortensia, che nel 42 a. C difese davanti ai triunviri le donne romane, cui era stato richiesto di corrispondere un pesante tributo di guerra, chiedendo come mai le donne dovessero pagare le tasse, visto che erano escluse dalla magistratura, dai pubblici uffici, dal comando e dalla res pubblica. Nel medioevo addita la figura di Guglielma di Boemia, il cui pensiero, rilanciato dalla sua seguace Maifreda e dai Guglielmiti, primo fra tutti Andrea Saramita, andava verso una femminilità di Dio, incarnata nello Spirito Santo e nella negazione 126 La scrittrice francese Jenny P. D'Hericourt era conosciuta in Italia per il suo libro polemico La femme

affranchie: reponse a MM. Michelet, Proudhon, É. de Girardin, A. Comte et aux autres novateurs modernes,

Bruxelles, Fr. Van Meenen et C.ie; Paris : A. Bohné, 1860. Una copia è presente nel fondo Silvani della Biblioteca di San Giorgio in Poggiale a Bologna. La polemica D'Hericourt- Molino Colombini è ripresa da S. Soldani, Prima della Repubblica. Le italiane e l'avventura della cittadinanza, in N. M. Filippini, A. Scattigno,

Una democrazia incompiuta. Donne e politica in Italia dall'Ottocento ai nostri giorni, Milano, Franco Angeli,

2007, pp. 41-90, che però riconosce alla docente e scrittrice italiana, “tanto ostile ad una presenza pubblica autonoma della donne”, la richiesta per loro di “una legislazione che ne assicurasse la dignità come persone anche nel matrimonio, una formazione solida e aperta alle cose del mondo, capace di fortificarne la mente e la volontà”, p. 56. L'indicazione esatta degli articoli della Colombini è in F. P. Bortolotti, cit. p. 33.

127 S. Morelli, La donna e la scienza, Napoli, Stab. Tip. Dell'Ancora, 1862. 128 A.M. Mozzoni, cit. p. 12.

dell'inferiorità del corpo femminile nell'ambito della Chiesa cristiana delle origini130. La

questione dell'emancipazione della donna, conclude Mozzoni, riguarda tutte le questioni sociali: dal militarismo all'igiene pubblica, dalla produzione alla condizione giuridica dei figli naturali, dall'istruzione allo sviluppo tecnico della nazione. La sua condizione domestica è di servitù, minorità, anormalità. Fuori dalla famiglia “ella ha una esistenza fortuita, miserabile o indecorosa nella gran maggiorità dei casi. La questione del proletariato contempla una parte degli uomini e la massa delle donne”131

. Proprio riconoscendo le difficoltà della condizione della donna, la teorica ed attivista milanese vedeva nell'educazione e nell'istruzione femminile il presupposto per la sua emancipazione, con la conseguente necessità dell'apertura di scuole professionali femminili132

.

1. 4 Il giornalismo di guerra di Margaret Fuller

Nel 1843 l'americana Margaret Fuller (1810-1850) pubblicò sul periodico The Dial, un articolo che fece scalpore e suscitò un acceso dibattito, dal titolo “The Great Lawsuit. Man

versus Men; Woman versus Women”133

. Rivisto e ampliato dall'autrice nel 1844, l'articolo diventò un lungo saggio dal titolo Woman in the Nineteenth Century, che fu pubblicato postumo dal fratello di Margaret, Arthur B. Fuller, assieme a numerosi altri scritti editi e inediti sulla condizione della donna, dopo la tragica morte della sorella e del cognato Giovanni Angelo Ossoli sul piroscafo che da Roma li riportava in America. Arthur Fuller scrive che, avendo avuto libero accesso alle carte della sorella, ha ritenuto opportuno pubblicarle come espressione del suo più intimo pensiero, mai sottomesso a un movimento o partito134. Secondo Bernard Rosenthal, il saggio è “the first american book to recognize that

the liberation of women and the liberation of men are the same cause” 135. Come preconizzava

Mary Wollstonecraft, i diritti che definiamo oggi “civili” chiamano in causa sia gli uomini sia

130 Sulla figura di Guglielma cfr. Luisa Muraro, Guglielma e Maifreda. Storia di un'eresia femminista, Milano, La Tartaruga, 1985.

131 Anna Maria Mozzoni, cit. p. 22. I corsivi sono nel testo.

132 Franca Pieroni Bortolotti, Alle origini del movimento femminista in Italia 1848-1892, Torino, Einaudi, 1963; C. Mancina, Anna Maria Mozzoni in E. Roccella, L. Scaraffia, Italiane dall’Unità d’Italia alla Prima

guerra Mondiale, I, 2003, pp 135-139; R. Farina, Politica, amicizia e polemiche lungo la vita di Anna Maria Mozzoni, in E. Scaramuzza, Politica e amicizia. Relazioni, conflitti e differenze di genere (1860-1915), Milano,

Franco Angeli, 2010, pp. 55-72; ead., Dizionario biografico delle donne lombarde 568-1968, Milano: Baldini e Castoldi, pp. 776-779.

133 Si tratta de The Dial, Boston, July, 1843, come riportato in Preface to Woman in the Nineteenth Century, Margaret Fuller, Woman in the nineteenth century, with an introduction by Bernard Rosenthal, New York, London, W.W. Northon & company, 1971, p. 13.

134 “yet she preferred, as in respect to every other reform, to act independently and to speak independently from her own stand-point, and never to merge her individuality in any existing organization”, ivi, p. 6.

le donne. Non a caso in America le rivendicazioni del movimento abolizionista della schiavitù sono parallele a quelle per i diritti delle donne. Margaret Fuller fu per due anni direttrice del periodico “trascendentalista” The Dial (1840-1844) su cui pubblicò articoli ed editoriali sulla letteratura e la questione dei diritti delle donne. Passata al newyorkese Daily Tribune, Fuller fu la prima donna reporter e la prima a introdurrre, con Woman in the Nineteenth Century, il “genre of women's liberation books”136

. Secondo la sua intuizione, l'emancipazione degli uomini e delle donne procede di pari passo. Schiavi, pellirosse e neri non hanno diritto alla proprietà, proprio come le donne:

It may well be an Anti-Slavery party that pleads for Woman, if we consider merelly that she does not hold property on equal terms with men; so that, if a husband dies without making a will, the wife, instead of taking at once his place as head of the family, inherits only a part of his fortune, often brought him by herself, as if she were a child, or ward only, non an equal partner137.

“Dillo alle donne e ai bambini (Tell that to women and children)138

” è la frase che, secondo la giornalista, caratterizza storicamente la discriminazione in cui gli uomini tengono le donne e ne definisce il bisogno di tutela. Per avvalorare la sua tesi sul valore storico della forza e dell'intelletto femminile, Fuller compie un'ampia carrellata di casi e di personaggi reali, come la contessa polacca Emilia Plater, di personaggi mitologici e di figure storicamente esistite. Passa in rassegna il mondo greco-romano, quello dei Germani, quello del dramma elisabettiano, ma fa riferimenti anche al suo tempo, alle squaw e agli indiani d'America, che trasportano “the burdens of the camp139

”, condividendo la fatica dell'uomo. Parlando dell'istruzione femminile, spesso impartita da uomini giovani e inesperti, sottolinea che le donne hanno bisogno di sviluppare quanto gli uomini le proprie capacità intellettuali, non potendo essere sufficiente la sola educazione del cuore:

Whether much or little has been done, or will be done, - whether women will add to the talent of narration the power of systematizing, - whether they will carve marble, as well as draw and paint, - is not important. But that it should be acknowledged that they have intellect which needs developing – that they should not be considered complete, if beings of affection and habit alone- is important140.

Uomini e donne sono parte della medesima armonia dell'universo, come due semisfere, come

136 Ivi, p. vii.

137 Margaret Fuller, cit. p. 31. 138 Ibidem, p. 33.

139 Ibidem, p. 34. 140 Ibidem, p. 95.

i bassi e gli alti in una composizione melodica (like hemispheres, or the tenor and bass in music141). Solo tre anni dopo, nello Stato di New York, i diritti civili delle donne furono

applicati142, mentre la battaglia al fianco dei più deboli portava la giornalista americana sulle

barricate della repubblica romana per mai più tornare indietro.

1. 5 Ludmilla Assing, traduttrice in tedesco di Mazzini

Ludmilla Assing, di origine tedesca ma fiorentina d'adozione, ritiene che l'attuale civiltà “è costretta in forme pietrificate, le quali non corrispondono più ai bisogni dell'umanità”143

. Pur auspicando un costante miglioramento della condizione sociale delle donne, Assing non desidera l'uguaglianza con l'uomo, uguaglianza che toglierebbe alla donna quegli speciali caratteri che la rendono differente: senza più delicatezza, grazia e dolcezza, e senza poter ottenere in compenso la forza dell'uomo, ella si trasformerebbe “da fata benefica in una strega”. Molta strada è stata fatta, afferma, da quando addirittura era considerata priva di anima. Gli uomini le assegnarono le occupazioni più umili, come cucire, cucinare, badare alla casa, ma ora che esistono macchine che filano, tessono, e i socialisti parlano di cucine e lavanderie in comune, ora che molte donne non si sposano o rimangono vedove, cos'altro possono fare? “La donna ha il dovere quanto l'uomo di educarsi, di svolgere le proprie qualità mentali e morali”, non deve però rinunciare agli affetti del cuore, “non può vivere per se stessa”. La società fa del matrimonio una “assicurazione mercantile”, in cui la donna che prende marito senza affetto, “è una donna che si vende”144. L'invito che Assing fa alle donne è

perciò ad emancipare l'affetto, la sincerità che deve presiedere al nuovo matrimonio borghese. Ludmilla Assing aveva pubblicato un anno prima del suo importante saggio da cui ho desunto alcuni stralci, la biografia di uno dei principali collaboratori toscani di Mazzini, Piero Cironi145

, ed era in quegli anni la traduttrice in tedesco delle opere di Mazzini. Nel racconto di Maria Antonietta Torriani, era stata proprio l'emancipazionista e traduttrice amburghese ad accogliere sia lei che Anna Maria Mozzoni a Firenze nel 1871, in occasione delle conferenze che le due attiviste avevano in programma, riferendo loro che era in corso nella città una

141 Ibidem, p. 170.

142 La Seneca Fall Convention risale al 1848.

143 Ludmilla Assing, La posizione sociale della donna, Milano, Tipografia e Libreria di Giuseppe Chiusi editore, 1866, edizione elettronica. Il fascicolo riporta la dicitura Igea – Giornale d'Igiene e Medicina Preventiva, Tolto dall'anno IV, 1866, p. 5 e seguenti. Cfr. F.P. Bortolotti, opera cit. p. 89. Direttore della rivista era Paolo Mantegazza (1862-81).

144 Ivi, p. 15.

Esposizione di lavori femminili di stampo molto tradizionale146. Alle conferenze assistettero

Erminia Fuà Fusinato, Marianna Giarrè-Billi ed altre “distinte donne”, come viene riportato su La Donna il 10 maggio 1871147.