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L'impegno politico ed educativo di Bianca Milesi Mojon

Visioni educative Il dibattito sull'educazione femminile

2. L'educazione femminile come battaglia politica per i diritti civili delle donne

2.2 L'impegno politico ed educativo di Bianca Milesi Mojon

Amica di Cristina Trivulzio di Belgioioso, Bianca Milesi Mojon appare figura inquieta e poliedrica del primo Risorgimento, impegnata dal punto di vista politico (è una maestra giardiniera, a lei si deve l'invenzione di un codice segreto di comunicazione fra patrioti, la “carta frastagliata”; nelle lettere alla moglie di Byron sostiene il diritto elettorale per le donne204

), educativo (apre scuole di mutuo insegnamento a Milano, assieme a Federico Confalonieri) e didattico (sono suoi alcuni manuali per fanciulli e le prime traduzioni italiane di A. Lucia Barbauld e di Maria Edgeworth)205

. Milesi utilizza la biografia come strumento educativo: scrive le Vite di donne celebri, tra cui una Vita di Saffo e una Vita di Maria

Gaetana Agnesi, che esprimono l'ideale contemporaneo di esempi illustri da additare ai

giovani e alle giovinette, creando una vera e propria genealogia di cui le grandi scienziate e letterate sono le progenitrici206

. Milesi Mojon, traducendo con successo le opere pedagogico- letterarie dell'anglo-irlandese Edgeworth, che ebbero grande diffusione e furono più volte ristampati in Italia, si fa portavoce delle istanze innovative in esse contenute: l'importanza dell'esperienza personale nell'educazione, la necessità di una letteratura specifica per l'infanzia, il fatto che “l'educazione dei bambini sia non solo un compito genitoriale o didattico, ma una scienza sperimentale”207.

2. 3 Le ragioni storiche di un canone parallelo

Per capire le ragioni storiche dell'esclusione delle donne dal canone egemonico, occorre affrontare lo studio di tutti i fattori che intervengono a determinarne l'esclusione, dai contenuti simbolici alle cosiddette “agenzie educative”, dalle scelte d'istruzione familiari ai fattori sociali ed economici di cambiamento che accompagnarono tutto il secolo XIX. Come sottolinea Carmela Covato, è necessario superare i confini disciplinari e porsi di fronte a una pluralità di approcci, vista

la necessità di liberare l'indagine teorica dai limiti del descrittivismo positivista, che pure aveva svolto una funzione innovatrice rispetto alla tradizione precedente, e dalla discussa

204 Franca Pieroni Bortolotti, Alle origini del movimento femminile in Italia 1848-1892, Torino, Einaudi, 1963, p. 37

205 Sulle opere e traduzioni di Bianca Milesi Mojon, si rimanda all'Indice biobibliografico in appendice.

206 Sul personaggio di Saffo nella letteratura del Sette e Ottocento, Adriana Chemello, Saffo fra poesia e leggenda:

fortuna di un personaggio nei secoli 18. e 19., Padova, Il Poligrafo, 2012.

tendenza neo-idealistica ad esaurire la storia dell'educazione nella storia delle teorie pedagogiche208.

È necessaria oggi dunque, per tutte le scienze sociali, una “ricomposizione interpretativa di fenomeni apparentemente distinti”209

. Con la legge Casati del 13 novembre 1859, n. 3.725, e il successivo Regio Decreto 9 novembre 1861, n. 315, riguardante in specifico le Scuole normali e magistrali e gli esami di patente dei maestri e delle maestre delle scuole primarie, lo Stato unitario entrava nel merito dell’Istruzione secondaria classica e tecnica, della primaria e normale con una rete capillare di disposizioni per le scuole di ogni grado che avrebbero dovuto sostituire e normare, e sostituirono e normarono nei fatti, le poche scuole pubbliche esistenti e gli istituti d'istruzione clericali. Leggendo le relazioni di ispettori scolastici, a loro volta scrittori, come quella che stila nel 1861 Luigi Settembrini, nominato ispettore generale degli studi nelle province napoletane, poi delegato straordinario per la pubblica istruzione nelle province napoletane, sui tre Educandati regi di Napoli210, si delinea ai nostri occhi, come

in un avvincente racconto, la situazione endemica di sottosviluppo e di ignoranza in cui versavano gli istituti femminili, pure se riservati a un'élite di figlie della nobiltà o della grossa borghesia locale211. Non esisteva una vera e propria didattica né attenzione alle capacità e ai

talenti delle singole allieve. L'insegnamento era precettistico, mnemonico, legato a pochi contenuti di storia sacra imparati a memoria, esisteva una grossolana scansione oraria delle materie e molte ore erano dedicate al lavoro di cucito, svolto in una sala comune, e a qualche nozione di lingue straniere e di musica. Un'illuminante descrizione della vita e di uno dei momenti più importanti del percorso scolastico delle allieve negli Educatori femminili Regina Isabella Borbone del Regno di Napoli, ci è restituita nel 1839 da Ferdinando Spinelli Scalea, in una relazione alla sorella, “signora Marchesina Donna Giovanna di Transo, nata Spinelli Scalea, in cui descrive le fasi e gli allestimenti del “concorso212

”, tenutosi il 12 giugno del 1839 nel secondo di essi, quello di S. Marcellino.

208 Carmela Covato, Anna Maria Sorge, L’istruzione normale dalla legge Casati all’età giolittiana, Roma, Ministero per i beni culturali e ambientali, Ufficio centrale per i beni archivistici, 1994, p. 15.

209 Ivi, p. 16.

210 Luigi Settembrini, Relazione di Luigi Settembrini sui tre Educandati regi di Napoli, in Silvia Franchini, Paola Puzzuoli, Gli istituti femminili di educazione e di istruzione (1861-1910), Fonti per la storia della Scuola, vol. VII, Roma, Ministero per i beni e le attività culturali, Dipartimento per i beni archivistici e librari, Direzione generale per gli archivi, 2005, pp. 135-149.

211 Sugli istituti femminili di istruzione, vedi Silvia Franchini, Elites ed educazione femminile nell'Italia

dell'Ottocento. L'Istituto della SS. Annunziata di Firenze, Olschki, Firenze, 1993.

212 La parola “concorso” indica l'esame finale delle allieve dell'educandato, che si teneva davanti a insegnanti, genitori, e varie autorità, tra cui il ministro dell'interno di re Ferdinando II e la regina Isabella Borbone. Cfr.

Cenno sugli educandati Regina Isabella Borbone ed esame avvenuto nel secondo di essi il dì 12 giugno 1839,

Due vaste sale osservavasi entrambe elegantemente addobbate; una al letterario e scientifico cimento, a ricca esposizione di lavori l'altra. In questa bellissima mostra facevano esatti e vaghi dipinti, talché sembrava non persuadersi lo spettatore, che opere così accurate e precise sì nel disegno come nelle tinte state fossero frutto di donnesca mano. Il ricamo di ogni genere meraviglia dettava e sorpresa, dando piuttosto a credere, che nel più florido e vetusto stabilimento di arti si stava, ove la specolazione ed il guadagno e l'attivo spaccio erano al più alto grado di perfezionamento, lungi dal pensare di vedere saggi di nobili e distinte donzelle che per sola personale dote erano a tanto progresso incitate e spinte.

La sala dell'esame altra più viva impressione destava. Presentava in prospetto ad anfiteatro i banchi delle alunne distinte per classi, cominciando le fanciulle dal piano, sormontando le adulte, e ad esse tutte il ritratto dell'Augusta Proteggitrice. All'ingiù dell'opposto lato vedevansi disposti i sedili per i genitori ed altri personaggi invitati, ed innanzi ad essi gli esaminatori. Nel centro dicontro all'ingresso eravi distinto seggio alla Sovrana magnificamente ornato, ed all'intorno per i ragguardevoli cavalieri e dame di suo seguito, per lo Ministro degli affari interni e pe' capi subalterni dello stabilimento. Numeroso concorso animava si rispettabile e scelta adunanza, e grande quadro si era e nuovo fissare l'occhio su quella numerosa schiera di donzelle ad uniformità di vestimenta nel cui viso leggevasi il coraggio più che la perplessità, la fiducia e non il timore213.

Il saggio d'esame inizia, secondo Spinelli Scalea, con le interrogazioni “da' primi rudimenti di nostra Santa Religione e della lingua”, ma rileva poi che le ragazze vennero interrogate su argomenti che erano fuori dalle materie trattate, suscitando le rimostranze degli esaminatori:

nel corso dell'esame le dimande al di là si spingevano delle materie indicate, ed alle giuste doglianze degli esaminatori a favore delle alunne, S. M. con benigno sorriso rispondeva, che non segnavasi né limite, né freno alle inchieste, e che anzi a loro bell'agio più oltre si estendessero.214

La seconda e terza classe vengono interrogate poi su varie materie: Letteratura italiana e Francese, “volgendo squarci nell'uno e nell'altro idioma, e recitando favolette e dialoghi con indicibile felicità, con felicissima memoria”, mitologia e geografia:

impavide e franche davano ragione di tutte le parti dell'universo, come se con viaggi le avessero percorse, o che altrimenti studiose per lunghi anni o per fama sulle carte versate si fossero. Ci sia permesso il dire che dalle isole dell'Europa a' monti dell'America passavasi, e dagli stretti dell'Africa agl'istmi dell'Italia: pruove al certo proprie ad alto sapere, e sublime forza d'ingegno. E tutto ciò all'istante avveniva, segnando quella cui era dato darne conto sulle carte l corrispondente contrada, o il sito di cui trattavasi, mentre alla quarta classe viene chiesto di rispondere215.

Sui quesiti di Grammatica, così si esprime il nostro commentatore: “Eguale precisione mostravasi nell'analisi e fine delle parti tutte del discorso, sicché ragguagliata e distinta osservavasi la massa intera de' componimenti della lingua”. Nelle “classi adulte” e fra queste

213 Ivi, p. 11-12. 214 Ivi, p. 13 215 Ivi, p. 14-15.

la quinta, oltre alla Storia Sacra, le ragazze vengono interrogate in Geografia, con l'aiuto di grandi carte da loro preparate, dove “L'Austria, l'Italia, la Spagna, la Francia, la Svizzera mirabilmente in contorno delineate ingannarono il nostro sguardo, ed impresse da bulino sembravano piuttosto, tant'era esatto e finito il lavoro”216. Viene svolto poi dalle adulte il

saggio di Scienze e di Storia sacra:

Elevandosi quindi alle sfere e nelle regioni dell'aere col loro ingegno, trattarle vedevi de' fenomeni della natura, del sistema del mondo, delle meteore, del terremoto, della cagione delle nubi e del fulmine, e ragionare de' circoli che la complicata e grandiosa macchina dell'universo racchiude: e qui ci è grato osservare, che esporre con proprio stile, e senza soccorso di opere in istampa teorie tanto ardue e sublimi, vale farla da autore e dar luogo a composizione piuttosto che a ripetizione. La religione, la gratitudine, l'educazione, il passaggio del Mare Rosso, la salvezza di Mosè, il fine dell'uomo con energiche frasi e vaghissimo stile trattare si videro, e scritti con singolare velocità, sicché squarci di eloquenza piuttosto dire si potevano, che scolastici quesiti e tali da farti credere fra le pareti di vetusta accademia più che in semplice sala di giovanile saggio217.

Come vediamo, il saggio finale delle allieve è costruito sul bisogno di mostrare una preparazione oratoria più che scientifica, una capacità di apparire più che di effettivamente comprendere. Nel rapporto al Ministro, Settembrini sottolinea con gusto narrativo, ironia, e facendo nome e cognome delle renitenti, l'avvenuta opera da lui compiuta di epurazione delle istitutrici, maestre e suore che si erano rifiutate di prestare giuramento al Re d'Italia, pena la scomunica minacciata dal provicario della curia arcivescovile di Napoli218

. Il nuovo corso vedeva rivoluzionati orari, materie, insegnanti e insegnamenti, un colpo esatto di scopa al vecchio mondo clericale, in cui “preti villani […] non han coscienza del loro uffizio, non hanno amore alla loro professione”219

, facendo pagare il prezzo di un'educazione inconsistente, povera di contenuti e totalmente distaccata dalla realtà ad allieve che fino ai 18 anni non sapevano leggere, facevano errori di ortografia, leggevano senza capire. Altrettanto interessante appare la relazione di Aleardo Aleardi sul Reale collegio femminile “agli Angeli” di Verona220

. Il resoconto di Aleardi ci restituisce una realtà educativa di élite, dato che il collegio di Verona, che seguiva il modello del Collegio Reale delle fanciulle di Milano, istituito da Napoleone I e aperto verso la fine del 1810, accoglieva le “fanciulle delle famiglie più distinte vuoi fra le patrizie, vuoi della grassa cittadinanza così di Verona come delle vicine

216 Ivi, p. 16. 217 Ivi, p. 17.

218 Franchini, Puzzuoli, cit. p. 150. 219 Ivi, p. 142.

220 Aleardo Aleardi, Relazione sul Collegio femminile degli angeli in Verona, Firenze, 6 maggio 1867, in Franchini, Puzzuoli, cit. pp. 170-179.

provincie221, e prevedeva rette che si aggiravano sulle 814 lire italiane, più 328.40 lire per il

corredo, cifre inavvicinabili per una famiglia di modesta estrazione222. Bisogna ricordare che

nel decennio 1861-70 il reddito nazionale medio pro-capite era di lire 291 annue, nel decennio successivo di lire 348. Artigiani e operai difficilmente raggiungevano le 900 lire annue, e un'insegnante di Scuola normale percepiva sulle 800 lire annue, un direttore di Scuola normale 1800223

. Sulla destinazione alle élite degli educandati del primo Ottocento insiste lo studio appassionato di Silvia Franchini, che dipinge uno splendido affresco della vita quotidiana in un Istituto come quello della SS. Annunziata a Firenze, tanto delle educande (un nastrino verde o rosso ne distingueva lo stato di già alfabetizzate alla lettura e alla scrittura) quanto delle “signore di classe”, spesso giovani donne trascurate dai parenti o orfane, costrette a prolungare a tempo indeterminato la loro permanenza e destinate alla sorveglianza delle classi224

. In Toscana, la Riforma Leopoldina del 1785 conteneva già in nuce un progetto di qualificazione dell'istruzione femminile più avanzato che altrove, se si affidavano le ragazze, dopo avere “dirozzato le più piccole”, ai migliori precettori privati e professori di scuole maschili, come lo stesso Pietro Thouar o il Tommaseo225

. Il nucleo dei libri per le biblioteche degli educandati, acquistati con oculatezza e passati al vaglio del direttore spirituale, oltre agli aneddoti ed episodi dell'Antico Testamento, ad estratti e compendi di storia antica e medievale e di mitologia, a florilegi morali e plutarchi, viene da Parigi, con un forte interesse per i libri per l'infanzia e l'adolescenza, comprese le lezioni di Madame Campan226. La scuola statale

laica crea i presupposti di una migliore istruzione per le donne grazie alla capillare rete di controllo affidata a Ispettori e Ispettrici regi, spesso insegnanti essi stessi e autori/autrici di testi scolastici, su cui torneremo.

2. 4 Le lezioni educative di Erminia Fuà-Fusinato

Gaetano Ghivizzani, amico della famiglia Fusinato, e socio della Regia Deputazione ai Testi

221 Ivi, pp. 171. 222 Ivi, p. 172

223 Simonetta Polenghi, I problemi dell'università italiana, in Idem, La politica universitaria italiana nell'età della

Destra storica 1848-1876, Brescia, Editrice La Scuola, 1993, p. 231. Sullo stipendio annuo dell'insegnante

Emma Tettoni e del direttore della Scuola Normale maschile provinciale di Bologna, Adelfo Grosso, mi rifaccio alle lettere conservate presso l'Archivio dei Corrispondenti di Casa Carducci.

224 Silvia Franchini, Élites ed educazione femminile nell'Italia dell'Ottocento. L'Istituto della SS. Annunziata di

Firenze, Città di Castello (PG), Leo Olschki Editore, pp. 234-237.

225 Ivi, pp. 237-238. Sui Conservatori leopoldini in Toscana vedi Luciana Bellatalla, Sant'Anna in Pisa e San Lino

in Volterra: due conservatori “Leopoldini” dal 1765 al 1860, in Sira Serenella Macchetti, Luciana Bellatalla, Questioni e esperienze di educazione femminile in Toscana. Dalla Controriforma all'ultimo Ottocento, Roma,

Bulzoni, 1998, pp. 69-166. 226 Ivi, pp. 253-271.

di Lingua, su indicazione di Arnaldo Fusinato fu il curatore per l'editore Carrara degli Scritti

educativi di Erminia Fuà-Fusinato227. Il libro vide le stampe dopo la morte dell'educatrice, il

30 settembre 1876, che lasciava tre figli, Gino, Guido e Teresita. A quest'ultima è dedicato il libro dallo stesso curatore, che si è accostato a quelle pagine “con affetto di figlio”, come sottolinea nell'avvertenza l'editore. Nel Proemio, datato Cagliari, 1879, Ghivizzani rende conto della eredità che la Fuà-Fusinato lascia alle fanciulle italiane, soprattutto nelle Lezioni

di morale, tenute alla Scuola superiore femminile di Roma. Ghivizzani sottolinea il carattere a

volte improvviso e incompiuto di queste lezioni, dette a voce, per appunti e a braccio, per cui “andrebbe errato chi volesse cercarvi e trovarvi un lavoro compiuto e strettamente ordinato, un trattato di morale femminile pensato innanzi, e pensatamente designato in carta”228

. In realtà, le diciotto lezioni, sulla morale e sul dovere, sociale e familiare, sulle virtù cardinali e sul vizio, sulla beneficenza, la magnanimità e la pazienza, appaiono come un corpus ben unitario e strutturato. Seguono le otto Lezioni pedagogiche alle allieve maestre, raccolte nelle

Conferenze magistrali tenute a Roma nei mesi di agosto e di settembre 1871, dove l'educatrice

veneta discute dei doveri della maestra, della carità, della necessità di conoscere e superare pregiudizi e superstizioni, del fare buon uso dell'”economia del tempo, della necessità della perseveranza. Nella prima, si rivolge in particolare alle future maestre delle scuole rurali avvertendole che il loro lavoro “è di vera redenzione intellettuale”: si troveranno, infatti, alle prese con “la madre povera e rozza, cui non è dato apprezzare i vantaggi dello studio, per avere dalla figliuola assistenza per le faccende domestiche, per mandarla ad attingere l'acqua, a guardare il gregge, a raccogliere un fascio d'erba e un fastello di legna”229. Seguono le

lezioni tre discorsi, detti per l'inaugurazione della scuola, il 6 gennaio 1874, all'apertura del secondo anno e al terzo, di cui è indicata la data, 1876, alla distribuzione annuale dei premi. Seguono le Conferenze tenute alle allieve maestre nel 1871, che furono stampate nel 1873 da Paggi, assieme ad una serie di temi ad uso delle alunne del terzo anno230

. Fuà-Fusinato è per una educazione delle donne prima di tutto morale. Insegna cos'è l'etica, in cosa consistono il dovere e la libertà, passa poi a dipanare cosa siano i doveri scolastici, religiosi, ed anche verso noi stessi, tra questi appaiono i doveri verso il corpo231

. Amore e ubbidienza verso i genitori rappresentano i doveri dell'infanzia, con il crescere dell'età e della ragione, si aggiungono la gratitudine e la riverenza, da adulti il dovere di conoscere se stessi, nel corpo e nello spirito.

227 Erminia Fuà-Fusinato, Scritti educativi. Raccolti e ordinati per cura di Gaetano Ghivizzani, Milano, Libreria di Educazione e d'Istruzione di Paolo Carrara, 1880.

228 Ivi, p. 10.

229 Di alcuni doveri della maestra, p. 157. 230 Ivi, p. 13.

La salute del corpo necessita di sobrietà nel cibarsi, nel dormire e nel divertirsi; l'anima deve tenersi lontana dai turbamenti: “la morale è al pari dell'igiene necessaria alla conservazione della nostra salute”. Ci preserva dalle sofferenze e “ci dà la forza di lavorare coraggiosamente intorno al nostro perfezionamento morale”.

L'educatrice stampò nel 1871 lo scritto L'educazione della donna sul giornale La Gazzetta

d'Italia, che viene inserito nel volume curato dall'allievo. Sulla questione della

“emancipazione della donna”, Fuà-Fusinato prende le distanze sia da chi “vorrebbe la donna dotta in ogni scienza ed arbitra dei destini del mondo”, sia da “chi la desidera ignorante d'ogni cosa e contenta di esserlo”. Ella considera il progresso come “una immensa locomotiva” che è lanciata comunque verso il futuro, con una velocità che ad alcuni può sembrare eccessiva e ad altri insufficiente. Una cosa è per lei certa: non si può “educare senza istruire”, ed emancipazione non vuol dire “dai sacri doveri, dagli affetti soavi della famiglia, bensì da quell'inerte ignoranza ch'è fonte perenne, e forse unica, d'ogni materiale e morale miseria”232

. Rivolgendosi al signor Forsitan, che aveva pubblicato un articolo sul n. 75 del giornale La

Nazione, e che asseriva la necessità per le donne della sola educazione, e non dell'istruzione,

fa gli esempi di donne illustri, come Giannina Milli, Caterina Percoto, Caterina Franceschi Ferrucci, che sanno conciliare intelletto e cuore, letteratura e “mura domestiche”: l'istruzione non toglie, ma sviluppa e accresce i pregi della donna: “le donne italiane pare si siano fatte dell'ingegno e dello studio uno scudo, una bandiera sacra ad ogni virtù” e auspica che questo fatto possa essere giudicato innegabile soprattutto da “coloro che avversano l'istruzione femminile”233. All'impegno educativo, Erminia Fuà Fusinato affiancò quello letterario, che

vede la produzione di poesie, saggi critici o anche la cura di opere come le Confessioni di un

italiano di Ippolito Nievo, configurandosi così come una delle prime figure di scrittrici

“miste”, che compiono con l'eclettismo la parabola completa della possibile formazione femminile intellettuale del tempo234

.

2. 5 I pensieri educativi liberali e laici di Rosa Piazza

Rosa Piazza, veneta, amica di Erminia Fuà-Fusinato, dedica alla di lei figlia Teresita, a due mesi dalla morte della madre, il libro di lettura Strenna delle giovinette, Venezia, 1876235

. Nel 1873, superati gli esami all'Università di Padova, diventa, prima donna veneta, professore di

232 L'educazione della donna, cit., pp. 317-322. 233 Ivi, p. 322.

234 Letteratura Italiana, Le Opere, Dall'Ottocento al Novecento, p. 569. 235 Rosa Piazza, Strenna delle giovinette, Venezia, 1876.

Pedagogia. Sostenitrice dell'educazione femminile, fu direttrice della Scuola magistrale di Padova, si batte per l'innalzamento dell'obbligo scolastico e per la protezione del lavoro minorile. Stende il progetto per l'apertura della Scuola professionale femminile a Venezia, che il Municipio istituisce e apre nel 1891. Insegna e dirige la Scuola superiore femminile di Venezia. Legata alle esponenti dell'emancipazionismo veneto, collabora col giornale La

Donna, primo giornale emancipazionista italiano fondato e diretto dalla padovana Gualberta