• Non ci sono risultati.

Il ruolo del questore Sangiorgi nel processo Notarbartolo.

II. L’omicidio Notarbartolo Un delitto di stampo mafioso.

2.5. Il ruolo del questore Sangiorgi nel processo Notarbartolo.

Nel settembre del 1898 Pelloux nominò prefetto di Palermo Francesco De Seta e questore Ermanno Sangiorgi. Funzionario di origini romagnole, prima di essere nominato questore nel capoluogo siciliano, ricoprì numerosi incarichi, realizzando un vero e proprio cursus

honorum all’interno delle istituzioni del Regno167. Sangiorgi aveva svolto diverse mansioni in Sicilia, scontrandosi in alcuni casi con il mondo mafioso. Nel 1874 si trovava con la qualifica di ispettore nel mandamento di Castelmolo, una delle zone palermitane a più alta densità mafiosa. In questo periodo si occupò dell’arresto di numerosi estorsori, autori di grassazioni e assassini, ricevendo, attraverso una nota datata 3 maggio 1875, una gratificazione da parte del direttore del Ministero dell’Interno. Durante l’inchiesta per l’omicidio di Salvatore Gambino, Sangiorgi raccolse le rivelazioni del padre, Calogero, il quale indicava come responsabili dell’assassinio alcuni mafiosi. Il processo, tuttavia, si concluse con la condanna del fratello della vittima, ritenuto il vero assassino. Nel 1883, il funzionario romagnolo condusse l’attività inquisitoria contro la “Fratellanza di Favara”. Tale operazione portò in carcere ben 196 affiliati. Nel dicembre del 1884, però, il ministero

165

Carlo Altobelli fu deputato nelle legislature XVII (10/12/1890 - 27/09/1892), XVIII (23/11/1892 - 08/05/1895), XXI (16/06/1900 - 18/10/1904) e XXIV (27/11/1913 - 29/09/1919). Marchesano, invece, nelle legislature XXI e XXIV.

166

Renda, Socialisti e Cattolici, p. 107. 167

Le informazioni riportate qua, sono tratte dalla Nota biografica su Sangiorgi, contenuta in Santino, La

dell’Interno dispose il trasferimento di Sangiorgi ad Ascoli Piceno con la seguente motivazione:

“In vista della scandalosa condotta tenuta costì dall’ispettore di PS Cav. Sangiorgi il Ministero reputa conveniente che egli si debba allontanare al più presto da cotesta residenza”168.

Dal momento in cui Sangiorgi arrivò alla questura del capoluogo siciliano, si assistette a un periodo florido per le attività inquisitorie sul fenomeno mafioso. Egli, con una sapiente opera di intelligence, si rivelò capace di fornire alla magistratura informazioni dettagliate e minuziose sulla mafia palermitana, sulle sue attività, sul coordinamento tra le cosche delle borgate a sud - ovest del capoluogo esistente sino almeno al ’96, anno in cui vi fu una spaccatura al vertice, tra le fazioni dei Giammona e dei Siino169.

Le informazioni raccolte dal questore non riguardavano le cosche a Est di Palermo, nei pressi delle zone circondariali di Villabate. Quelle cioè maggiormente legate all’influenza di Palizzolo. Su di esse torneremo più avanti.

Sangiorgi non godeva di buona fama presso gli ambienti “palizzoliani”. Calpurnio, acronimo di un autore al soldo del deputato palermitano, segnalava i “misfatti” del questore:

Per tutta Palermo con orrore si ricordò ancora il processo di una vastissima associazione a delinquere imbastito dal Sangiorgi! Centinaia di sventurati languirono in carcere, e quando immiseriti scontarono i pochi mesi di pena, a cui erano stati condannati, quali irreparabili rovine non trovarono nel metter piede nelle loro case, fra le famiglie170.

All’Assise di Bologna, l’avvocato e deputato del Regno Enrico Rossi171 chiamava indirettamente in causa l’operato di Sangiorgi, negando l’esistenza della mafia e difendendo l’amico Palizzolo:

168

Cit. in Santino, La mafia dimenticata, p. 435. 169

Per approfondire dettagliatamente i risvolti del rapporto Sangiorgi, rimando al già citato Lupo, Il

tenebroso sodalizio, in Studi Storici.

170

Calpurnio, Dai Ricordi dal carcere del comm. Raffaele Palizzolo, cit. in. Lupo, Tra banca e politica in Rivista Meridiana, p. 131.

171

Deputato nelle legislature XX (05/04/1897 - 17/05/1900), XXI (16/06/1900 - 18/10/1904) e XXII (30/11/1904 - 08/02/1909).

Di questo fantasma chiamato mafia se ne parla molto, e ne fu parlato anche alla Camera dopo il dibattimento di Milano. Mafia è tutto quello che eccelle, e ad esempio si chiama mafiosa una donna bella, mafioso un bel cavallo, mafiose delle mani belle. La mafia è un esagerato sentimento di se stesso. Escludo assolutamente che il Palizzolo possa aver mai aderito a combriccole delittuose, e questo che io affermo viene pure affermato da tutti gli uomini onesti e indipendenti di Palermo. Molti funzionari per giustificare la loro inettitudine mettono in ballo la mafia172.

Tuttavia, al di là queste critiche - alquanto pretestuose - nei confronti dell’operato di Sangiorgi, i risultati non tardarono ad arrivare. Nell’ottobre del 1900 il prefetto De Seta segnalava al suo superiore Gianturco:

“la mafia (…) da due anni, con una serie di procedure repressive e preventive, è stata ridotta al silenzio ed alla inazione”173.

Sangiorgi svolse un ruolo fondamentale all’interno del processo Notarbartolo. Fu lui a permettere la cattura di Fontana, il possibile esecutore materiale dell’assassinio. Nel momento in cui si procedette all’incriminazione del Fontana (ci troviamo nel corso del dibattimento di Milano), egli lavorava nelle terre del principe di Mirto in qualità di soprastante. All’Assise di Bologna il ragioniere e testimone Giulio Perricone lodò le qualità del Fontana, “tenuto in molta causa per la sua operosità ed omertà”174. Un anno dopo, all’Assise di Firenze, affermò come i soprastanti siciliani “sono persone che si impongono e fanno così gli interessi dei padroni, altrimenti i villici non pagherebbero”175. L’arresto del fidato collaboratore del principe Mirto, stando alle parole del questore, avvenne nel modo seguente:

Non essendo la Questura riuscita a trovarlo e sapendo che era al servizio del Principe Mirto feci pratiche presso quest’ultimo, il quale mi rispose che riteneva innocente il Fontana e che quindi l’avrebbe fatto costituire. Infatti, un giorno mi si presentò il Fontana accompagnato dall’avv. Salerno e dal segretario del Principe Mirto. Il Fontana era sereno

172

Testimonianza di Enrico Rossi, ASBO Processo contro Palizzolo e altri, 25 novembre 1903. 173Relazione del 24 ottobre 1900 cit. in Lupo, Tra mafia e politica, in Rivista Meridiana, p. 131. 174Testimonianza di Giulio Perricone, ASBO, Processo contro Palizzolo e altri, 2 dicembre 1901. 175

e tranquillo e mi domandò un salvacondotto di 24 ore per visitare i parenti. Io glielo concessi e scadute le 24 ore tornò a costituirsi. Non so da dove venisse il Fontana quando accompagnato dall’Avv. Salerno e dal segretario del Mirto venne a costituirsi. Io l’avevo fatto cercare a Palermo, a Villabate e a Cammarata ma inutilmente. Non avevo però scaglionato molta forza. Per si avere il Fontana costituito e non latitante gli avrei accordato anche un salvacondotto di 15 giorni. Il Fontana si costituì sei giorni dopo che venne spiccato il mandato di cattura176.

L’arrivo del Fontana a casa del questore, accompagnato dal suo avvocato e dal segretario del principe, ricordò alla stampa una trattativa da “potenza a potenza”177

Sangiorgi, all’interno dei processi di Bologna e Firenze, portò la sua testimonianza riguardo alla “capacità a delinquere” di Palizzolo. All’Assise del capoluogo emiliano, raccontò un avvenimento che aveva tra i suoi protagonisti il deputato palermitano:

Era poco più di un mese che io mi trovavo come questore a Palermo quando il Palizzolo venne dal Prefetto e me presente gli domandò di sospendere l’ammonizione al Flippo Vitale, dicendo che sebbene questi fosse stato una volta condannato pure da ragazzo teneva una condotta incensurabile178.