• Non ci sono risultati.

Capitolo 3 Neuroscienze, apprendimento, autismo

3.2 Reciprocità sociale ed intersoggettività

3.2.1 L’impatto sul processo di apprendimento

Il deficit sociale nell’autismo non solo si manifesta precocemente ma ha un profondo impatto sul processo d’apprendimento tanto che alcuni interpretano l’autismo come un disturbo dell’apprendimento sociale (Mundy et al., 2007; Vivanti, Rogers, 2014). Fin dalla nascita, infatti, i sintomi sociali dell’autismo incidono sul modo di percepire l’ambiente, di organizzare gli stimoli sociali, di interpretarli e, dunque, sull’organizzazione cognitiva e comportamentale del bambino. L’impatto del deficit sociale sul processo di apprendimento è osservabile sia per quanto riguarda i processi di apprendimento – come il bambino impara – sia i contenuti dell’apprendimento – cosa il bambino impara. La letteratura scientifica di riferimento (Vivanti, Rogers, 2014) oggi è concorde nell’affermare che i bambini con autismo non mostrano una riduzione della capacità di apprendimento: questi sono capaci di apprendere attraverso modalità, strategie ed organizzazione cognitivo-comportamentale differenti rispetto a quelle dei bambini a sviluppo tipico.

Alcuni studi condotti attraverso l’uso dell’eye-tracking mettono in evidenza, come, in compiti di apprendimento risulti fondamentale riuscire a guardare in volto una persona e a discriminare stimoli sociali (Vivanti et al., 2008; Vivanti et al., 2011; Vivanti, Trembath, Dissanayake, 2014). Osservando il comportamento visivo di bambini con autismo e bambini a sviluppo tipico emerge che i bambini con autismo prestano molta più attenzione agli oggetti presenti nella scena, al movimento di parti del corpo dell’altra persona e ai piccoli particolari. I bambini a sviluppo tipico, invece, mostrano maggiore attenzione al volto della persona, alla direzione del suo sguardo e alle azioni finalizzate ad uno scopo. Sia quando si chiede al bambino con autismo di imitare un’azione, di guardare un filmato e scegliere l’azione da compiere alla fine, sia quando si mette in atto una situazione di insegnamento diretto, i bambini non riescono a portare a termine il compito e mostrano scarsa tendenza ad osservare il modello e a seguirne lo sguardo. Tutto ciò ha ricadute fondamentali sul processo di apprendimento poiché l’ambiente offre incessantemente, sotto forma di relazioni sociali e stimoli sociali, opportunità di apprendimento: i bambini con autismo, seppur non evitano attivamente di guardare negli occhi, facendolo perdono non solo opportunità di interazione ma anche di apprendimento (Senju,

Johnson, 2009; Dawson, Bernier, 2007; Falck-Ytter et al., 2013). Alcuni studi mostrano che anche quando il bambino con autismo riesce a portare a termine il compito lo fa denaturando l’azione appresa dalle componenti socialmente rilevanti come, ad esempio, bussare alla porta con gentilezza (Hobson, Hobson, 2008). Da ciò è possibile comprendere che i bambini con autismo, dunque, utilizzano, analizzano e organizzano gli input provenienti dall’ambiente secondo una gerarchia di priorità che sembra mettere da parte gli aspetti sociali delle situazioni di apprendimento.

Le difficoltà di apprendimento legate al deficit sociale si evidenziano anche quando il bambino non utilizza il meccanismo dell’attenzione condivida. L’apprendimento può essere considerato come un processo sociale; questo sia quando il bambino si trova in un contesto come quello scolastico dove un adulto – docente – entra intenzionalmente in relazione con il bambino al fine di insegnare qualcosa, sia in contesti non formali – come quello familiare, ricreativo, culturale – all’interno dei quali il bambino si trova immerso in situazioni, esperienze ed eventi sociali dai quali apprende in maniera latente. Ciò che accade, all’interno dei differenti contesti, è che il bambino vive delle esperienze, riceve dei feedback, che generano una retroazione che ritorna al bambino e gli permette di apprendere. L’apprendimento, dunque, non è un processo unidirezionale ma è un processo bidirezionale che trae origine proprio dal riuscire a seguire lo sguardo altrui per creare uno spazio di attenzione condivisa. Quando un bambino guarda negli occhi un adulto e successivamente indica un oggetto fa in modo che l’adulto risponda a quel comportamento attraverso un’azione, parole, gesti, espressioni emotive. Tale risposta sarà incorporata dal bambino ed inserita nei possibili comportamenti utilizzabili in altre situazioni analoghe. I bambini con autismo non avviano interazioni attraverso il guardare il volto dell’adulto o la condivisione di un interesse ed inoltre non rispondono ai feedback che provengono da situazioni sociali. Ciò porta alla nascita di uno spazio sociale monodirezionale; l’adulto, infatti, in assenza di feedback da parte del bambino diminuisce per quantità e qualità le interazioni, oppure, al contrario, agisce e comunica col bambino in modo eccessivo. In entrambi i casi il bambino perde opportunità socialmente mediate di apprendimento poiché non partecipa attivamente alla relazione.

Possiamo affermare che il processo di apprendimento è alimentato da stimoli sociali: fin dalla nascita questi accompagnano lo sviluppo di abilità sociali, cognitive, linguistiche, comportamentali. Proprio attraverso le esperienze sociali il cervello si specializza nell’individuare, riconoscere e decifrare gli stimoli sociali e, in un secondo momento, nel leggere il comportamento altrui e nell’imparare da quest’ultimo. Il cervello di un bambino che presta attenzione ai particolari di un ambiente, agli oggetti e al loro movimento, e che ignora gli input sociali, si specializza nell’individuazione, riconoscimento e decifrazione di stimoli non sociali perdendo, in tal modo, infinite opportunità di apprendimento e di relazione (retroazione – geraldine). Una delle dirette conseguenze di questa specializzazione verso input non sociali è proprio il non riuscire ad entrare in relazione con gli altri. Le relazioni sociali, come scrivono Temple Grandin e Sean Barron (2005) sono ricche di regole non scritte, implicite, che solo chi non ha un deficit sociale riesce a comprendere e ad imparare. Le persone con autismo non comprendono tali regole e non sanno utilizzarle ma riescono perfettamente in compiti dove è richiesta una capacità analitica di aspetti della realtà materiale e di comprensione ed utilizzo di regole esplicite, definite e non mutevoli.

In ambito educativo risulta fondamentale riflettere su alcuni aspetti degli studi presentati. In primo luogo è indispensabile sottolineare che il deficit sociale nell’autismo inficia il naturale processo di apprendimento che si realizza, in ambito educativo, proprio attraverso la relazione con i docenti e con il gruppo dei pari. Potremmo definire tale relazione come enattiva poiché è proprio il ciclo azione-feedback-retroazione tra docente e discenti che regola il processo di insegnamento-apprendimento; per i bambini con autismo tale ciclo sembra bloccarsi al suo primo step, ovvero l’“azione”. Un bambino che non riesce a sfruttare le relazioni sociali per apprendere o che risponde agli input sociali in maniera atipica blocca il processo feedback-retrozione restando, così, fermo al primo step. In secondo luogo bisogna notare che non tutte le difficoltà che un bambino con autismo incontra nel percorso di sviluppo sono legate al deficit sociale: stereotipie motorie, sensibilità agli stimoli sensoriali, acquisizione scarsa o nulla del linguaggio, imitazione, sono processi che intervengono nel processo di apprendimento ma che non dipendono dal deficit sociale. Inoltre, le riflessioni sugli studi neuroscientifici portano ad affermare che nonostante i dati

mostrino che determinare aree non si attivano durante un compito ciò non significa necessariamente che quel compito non viene portato a termine perché quell’area non è attiva. Semplicemente i dati mostrano che aree che si attivano maggiormente in persone a sviluppo tipico, nelle persone con autismo non si attivano. La più interessante riflessione, che può essere posta sotto forma di domanda, sorge in merito al legame tra deficit sociale e comportamento sociale del bambino: è il deficit sociale che rende difficile la comprensione degli stimoli sociali e, dunque, il comportamento sociale o sono la difficile comprensione degli stimoli sociali ed il comportamento sociale a portare allo sviluppo di un deficit sociale?