• Non ci sono risultati.

La semplessità: un possibile modello interpretativo

Capitolo 3 Neuroscienze, apprendimento, autismo

3.7 La semplessità: un possibile modello interpretativo

Al fisiologo francese Alain Berthoz, membro del Collége de France, si deve la teorizzazione della semplessità. Il termine semplessità, come scrive lo stesso Berthoz, non è nuovo nella comunità scientifica poichè viene ampiamente utilizzato fin dagli anni cinquanta in ambiti di studio e ricerca differenti, seppur, spesso ridotto a sinonimo di semplicità. La semplessità, lungi dall’essere semplicità, rappresenta una caratteristica dei sistemi complessi adattivi e viene definita come

“complessità decifrabile perché fondata su una ricca combinazione di regole semplici […] l’originalità degli organismi viventi è precisamente quella di avere trovato soluzioni che risolvono il problema della complessità con meccanismi che non sono semplici, ma semplessi” (Berthoz, 2011, p.__).

Nel corso dell’evoluzione i sistemi complessi adattivi, tra i quali gli uomini, hanno sviluppato una serie di proprietà e principi per riuscire a decifrare e fronteggiare la complessità del mondo circostante. Tali proprietà e tali principi

rappresentano rispettivamente gli strumenti che possono essere adoperati per decifrare la complessità e le regole attraverso le quali i sistemi complessi adattivi devono “funzionare” per poterla fronteggiare e “risolvere” in maniera efficace ed efficiente.

Dall’analisi della letteratura scientifica emergono molti elementi che permettono di ricollegare la teoria della semplessità al disturbo dello spettro autistico, in particolar modo le riflessioni più suggestive riguardano proprio le proprietà e i principi semplessi.

Di seguito saranno presentate le proprietà e i principi semplessi così come elaborati dal fisiologo francese e per ognuno di essi si proporranno possibili punti di collegamento con il disturbo dello spettro autistico.

Proprietà

1. Separazione delle funzioni e modularità; caratteristica essenziale degli esseri viventi si traduce nella capacità di separare funzioni senso-motorie in moduli specializzati che cooperano. Ogni apparato, ogni sistema, ogni senso, dell’uomo è differenziato dagli altri e svolge funzioni differenti dagli altri per permettere al sistema di sopravvivere. La modularità consiste, dunque, nello svolgere compiti differenti all’interno dello stesso sistema.

Nel “sistema-autismo” si assiste ad una iper-separazione delle funzioni non accompagnata da modularità; la capacità di discriminare i movimenti, di seguire lo sguardo altrui, di imitare le azioni, sono tutte funzioni che si per sé funzionano ma non in modo modulare. Ognuna possiede una propria specificità che, però, non concorre con tutte le altre al funzionamento ottimale del sistema.

2. Rapidità; atti cognitivi complessi vengono, spesso svolti, attraverso un alto grado di velocità che permette al sistema di prendere decisioni in maniera istantanea o sub-cosciente. La rapidità permette al sistema di operare immediatamente in vista della risoluzione di un problema e di risparmiare risorse energetiche e temporali che, invece, verrebbero adoperate attraverso una presa di decisione cosciente.

Nel “sistema-autismo” tale rapidità può essere analizzata sotto due punti di vista differenti: da un lato come una iper-risposta istintiva, ovvero, un’incapacità ad elaborare velocemente determinati stimoli e dunque a

decidere in maniera ottimale quale strategia adoperare per affrontare la complessità (iper-sensibilità agli stimoli percettivi), dall’altro come ipo- risposta, ovvero un rallentamento della capacità di decidere velocemente strategie ottimali (ipo-sensibilità). Il risultato porta il sistema a prendere decisioni che non portano alla risoluzione del problema, anzi, spesso, vengono a crearsi nuovi problemi.

3. Affidabilità; affinché un sistema sia affidabile c’è bisogno che esso eviti di commettere errori, in questo caso l’errore può essere evitato se i meccanismi neuronali del cervello e i meccanismi annessi lavorano in maniera precisa ed “affidabile”.

Nel “sistema autismo”, come mostrano gli studi esaminati, alcuni meccanismi neuronali funzionano in maniera differente rispetto a persone con sviluppo tipico e portano ad azioni, decisioni, interpretazioni non precise; ciò potrebbe far supporre che tale tipo di funzionamento non sia affidabile, non riesca, cioè, a svolgere il lavoro senza commettere errori.

4. Flessibilità e adattamento al cambiamento; qualsiasi organismo, al fine di sopravvivere all’interno del proprio ecosistema deve riuscire a percepire, interpretare ed agire in molti modi differenti sulla base del contesto, delle nuove situazioni che si presentano. L’organismo deve, dunque, non essere rigido ma pronto a modificare sé stesso e adattarsi agli input esterni.

Il “sistema autismo” è caratterizzato da rigidità, fissazione, ed immodificabilità legata non solo al sistema stesso ma anche all’ambiente circostante. Il sistema, infatti, opera attraverso rituali, stereotipie, comportamenti ed interessi ristretti e ripetitivi, i problemi vengono affrontati adoperando sempre i medesimi meccanismi. Tale rigidità e fissazione sono legati però anche all’esterno del sistema: nulla nell’ambiente deve cambiare.

5. Memoria; è la capacità di riportare alla mente, di rievocare, quanto del passato può essere utilizzato nel presente o per prevedere il futuro. Nel “sistema autismo” la memoria sembra essere intaccata sotto due punti di vista: il primo è il non riuscire a rievocare esperienze già vissute o apprese, il sistema opera, infatti, attraverso schemi consolidati che non

mutano sulla base delle nuove esperienze; il secondo riguarda invece la difficoltà di utilizzare le tracce di memoria per prevedere il futuro. Tutto ciò si traduce nell’incapacità di affrontare un ambiente mutevole. 6. Generalizzazione; di fronte a situazioni e problemi analoghi i sistemi

complessi adattivi sono in grado di utilizzare schemi d’azione già sperimentati in altre situazioni. In questo caso ciò che accade è che il sistema valuta il problema da risolvere e sceglie, tra le varie opzioni che ha per agire, quella che, in una situazione analoga, è risultata efficace ed efficiente.

Per il “sistema autismo” ciò non accade, basti pensare all’apprendimento: in molti casi la letteratura scientifica indica una difficoltà a generalizzare quanto appreso in situazioni analoghe. È come se il sistema fosse legato al qui ed ora e non riuscisse a scindere gli elementi salienti e fondamentali di una situazione che appartengono e caratterizzano altre situazioni.

Principi

1. Inibizione e principio del rifiuto; i sistemi complessi adattivi, ogni volta che si trovano a dover risolvere un problema, effettuano costantemente delle scelte che presuppongono la capacità di frenare una risposta istintiva ed immediata e la capacità di individuare, attraverso il principio del rifiuto, tra le opzioni possibili quale sia quella più adatta a risolvere il problema.

Nel “sistema autismo” l’inibizione ed il rifiuto risultano essere compromessi laddove comportamenti non adattivi si perpetuano nel tempo e non viene dato spazio ad altre opzioni di realizzarsi. Il sistema non è dunque capace di scegliere coscientemente quali opzioni realizzare e quali invece mettere da parte.

2. Specializzazione e selezione; la selezione degli input esterni non data esclusivamente da un rapporto stimolo-risposta ma dipende dal modo in cui l’organismo, autorganizzato ed autonomo, si relaziona col mondo esterno e proietta su di esso le proprie intenzioni. L’organismo, dunque, elabora le informazioni attraverso dei sistemi specializzati (movimenti,

viso, linguaggio, emozioni, ecc…) e seleziona gli input rilevanti per la risoluzione del problema.

La letteratura scientifica di riferimento analizzata fino a questo momento ha fatto emergere una diversa organizzazione del principio della specializzazione e selezione all’interno del “sistema autismo”. ciò che accade, infatti, è che alcuni stimoli, fondamentali per la costruzione di processi cognitivi superiori sembrano passare inosservati dal sistema, mentre altri input, meno utili alla sopravvivenza, vengono maggiormente selezionati. Accade, dunque, che il sistema si specializza sull’individuazione di determinati input a discapito di altri.

3. Anticipazione probabilistica; strettamente ricollegata alla memoria, permette di anticipare e prevedere, in termini probabilistici, il futuro. Essa si traduce come doppia strategia, prospettiva e retrospettiva, che fa si che il presente possa essere letto attraverso il confronto costante tra passato e futuro.

Il “sistema autismo” non riesce a leggere il flusso dinamico degli eventi e ad interpretare il presente attraverso la comparazione dei dati tra passato e futuro; risulta, dunque, incapace di riuscire a prevedere le conseguenze degli eventi e delle azioni.

4. Deviazione; attraverso forme di complessità accessoria permette al sistema di risolvere in maniera efficace ed efficiente situazioni problematiche. Esso presuppone la capacità di uscire da strade consolidare e sperimentate, da schemi già costruiti ed utilizzati, in favore della sperimentazione di nuove strade, schemi e strategie operative. Tale deviazione richiede, però, al sistema lavoro aggiuntivo poiché le risorse energetiche e temporali devono essere investite in toto.

La deviazione non rappresenta per il “sistema autismo” un principio applicabile: gli schemi di azione, le strategie operative e le strade sperimentate non mutano, anzi laddove il sistema è costretto a cambiare si assiste ad un suo vero e proprio blocco.

5. Cooperazione e ridondanza; diversi processi o meccanismi di un sistema possono lavorare insieme al fine di risolvere un problema utilizzando informazioni specifiche. La ridondanza consiste, infatti, nella capacità dei diversi processi o meccanismi di cogliere gli elementi salienti del

problema ed utilizzarli, secondo la propria specificità, cooperando con gli altri meccanismi per risolvere il problema.

Nel “sistema autismo” la cooperazione e la ridondanza tra i meccanismi sembra essere assente, ogni processo, ogni meccanismo opera in maniera isolata dagli altri e non condivide con questi le informazioni utili alla risoluzione del problema.

6. Senso; costituisce il fulcro della teoria della semplessità poiché restituisce all’atto, all’intenzione o al desiderio di agire un significato che è incarnato e situato.

Sotto questo punto di vista potremmo affermare che, nonostante il “sistema autismo” non operi secondo principi e proprietà comuni ai sistemi complessi adattivi, comunque opera e risolve problemi all’interno di un contesto, di una situazione. Probabilmente ciò che manca agli studi sul “sistema autismo” è proprio la comprensione del “senso dell’autismo”, il riuscire a capire come questo sistema opera e perché opera in questo mondo che è il suo modo di operare e di donare senso al mondo.