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2.3 ARISTOTELE

2.3.3 F ISICA , V

Il terzo testo rilevante per le teorie medievali della relazione è tratto dal Libro V della Fisica di Aristotele.

«Secundum substantiam autem non est motus propter nullum substantie contrariorum inesse. Neque iam ad aliquid; contigit enim altero mutante verum esse alterum nichil mutans, quare secundum accidens motus horum est»38.

In questo testo si afferma che secondo la sostanza non c’è movimento, perché la sostanza non ha contrario. Allo stesso modo, nei relativi non c’è movimento, infatti, quando un relativo cambia, può accadere che l’altro correlativo non cambi affatto e che, pertanto, si tratti di un caso di movimento fortuito (“per accidens”)39. Questo passo sembra dare sostegno alla tesi per cui la relazione non è una realtà che si aggiunga alla cosa che viene riferita. Infatti, se il soggetto non cambia quando perde o acquista la relazione, allora non acquista né perde alcuna realtà. E così, la relazione non è una realtà effettiva, una “res”, tale che si possa perdere o acquistare40. Per comprendere le affermazioni del testo aristotelico è necessario in primo luogo richiamare la teoria del mutamento espressa nella Fisica. Nel capitolo primo del Libro V, Aristotele

38 ARISTOTELE, Fisica, V, 225b, 11-13 (AL, VII/1.2, 196).

39 Un discorso analogo viene fatto, poco dopo, per l’agire e il patire; si veda: Ivi, 225b, 23.

40 Si tratta di uno degli argomenti in favore della tesi per cui la relazione non esiste al di fuori dall’intelletto – una

tesi già discussa al tempo di Simplicio, il quale la fa risalire agli Stoici. Simplicio è una delle fonti per la conoscenza del pensiero stoico su questo punto, pertanto è difficile discernere quanto la sua interpretazione sia fedele. Egli riporta alcuni argomenti degli Stoici tesi a indebolire o negare la consistenza ontologica della relazione. La stessa notizia circa l’opinione degli stoici proviene anche da Sesto Empirico. Nel XIII secolo, già Alberto Magno ma anche Enrico di Gand, Giacomo da Viterbo e lo stesso Scoto riferiscono come un’opinione abbastanza consolidata quella secondo cui gli Stoici abbiano negato la realtà extra-mentale della relazione. Dal punto di vista storiografico, la questione circa l’effettivo insegnamento degli Stoici e l’elaborazione di una teoria della relazione di ragione è più complessa. Sembra, infatti, che gli Stoici intendessero negare la corporeità delle relazioni oppure negare che esse costituissero una categoria a se stante. Ma ciò non significa già affermare la nozione di relazione di ragione. Secondo Brower, la prima concettualizzazione della relazione di ragione si deve rintracciare nel problema posto da Avicenna nella sua Metafisica circa lo statuto ontologico della relazione. Essa non è la prima testimonianza della teorizzazione di questa nozione, ma è probabilmente la più influente nell’occidente latino. Per l’elaborazione (e la critica) della nozione di relazione di ragione bisogna attendere il XIII secolo. Su questo si vedano: M.G. HENNINGER, Relations, 9; J. BROWER, v. Medieval Theories of Relations, in “Stanford Encyclopedia of Philosophy”, in URL: <https://plato.stanford.edu> in data 30.04.2019. Sulla complessa questione della dottrina degli Stoici sulle categorie, si veda: C. LUNA, La relation chez Simplicius, in I. HADOT (éd.), Simplicius. Sa vie,

son oeuvre, sa survie. Actes du colloque international de Paris (28. Sept. - 1er Oct. 1985), De Gruyter, Berlin -

New York, 1987, 128-131; J. BRUNSCHWIG, Stoic Metaphysics, in B. INWOOD (a cura di), The Cambridge

Companion to Stoics, Cambridge University Press, Cambridge, 2003, 227-232; A. GRAESER, The Stoic Categories, in J. BRUNSCHWIG (a cura di), Les stoïciens et leur logique, Vrin, Paris, 20062, 356-357. Sull’interpretazione data

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distingue le cose che mutano fortuitamente (“per accidens”), le cose che mutano perché una loro parte muta e le cose che mutano esse stesse. Nel primo caso, è come quando si afferma che il musico cammina: in questo caso, il fatto di camminare avviene a qualcosa a cui capita di essere anche musico, mentre è chiaro che non è in quanto musico che quella cosa cammina, ma in quanto è un animale (un essere animato). Il secondo caso rappresenta quanto avviene nella guarigione di un uomo il quale, quando guarisce, propriamente non muta in quanto uomo, ma in quanto una sua parte (p.es., la mano), prima malata, torna ad essere sana. Il terzo caso è quello in cui avviene il mutamento propriamente detto, perché è la cosa stessa che muta per il fatto che è una tal cosa, p.es. una cosa sanabile oppure riscaldabile muta essa stessa quando viene sanata oppure riscaldata41.

Poiché i primi due casi di mutamento avvengono sempre e in ogni cosa – in quanto, appunto, in questi casi si attribuisce a qualcosa il mutamento che in realtà appartiene propriamente a un’altra cosa – non ha senso indagare i loro principi o la loro natura; perciò Aristotele li esclude dalla sua trattazione. Il terzo caso, invece, non avviene in tutte le cose, ma solo nelle cose contrarie e intermedie oppure nelle cose che avvengono secondo contraddizione42. In base a questo criterio, il mutamento può essere di tre specie, le quali vengono denominate generazione, corruzione e movimento. La generazione è il mutamento che parte da un non-soggetto e termina a un soggetto; la corruzione è il mutamento opposto, da un soggetto verso un non-soggetto. Il movimento è, invece, il mutamento che parte da un soggetto e termina a un soggetto43. Il soggetto, in questo contesto, è inteso non come ciò che riceve la determinazione, ma come ciò che viene affermato (o negato) all’inizio e alla fine del mutamento44. Qualcosa che viene all’esistenza, o cessa di esistere, subisce un tipo di mutamento che è secondo contraddizione, dal non-essere all’essere, o viceversa (p.es. dal bianco al non-bianco oppure dal non-uomo all’uomo). Quando, invece, si ha un movimento, il soggetto iniziale e quello terminale sono contrari (o intermedi; p.es. se i contrari sono il bianco e il nero, gli intermedi saranno tutte le altre tonalità di colore) oppure si comparano secondo la privazione, che in questo caso si comporta come una contrarietà (p.es. se il soggetto è “nudo”, il termine contrario sarà “vestito”,

41 Cf. ARISTOTELE, Fisica, V, 223b, 21 - 224a, 25. 42 Cf. ARISTOTELE, Fisica, V, 224b, 26-30.

43 In questa descrizione, Aristotele stabilisce una distinzione tra il mutamento e il movimento, ponendo

quest’ultimo come una specie del primo. Non sempre però il suo uso è consistente con quanto qui stabilito. Su questo si veda: S.WATERLOW, Nature, Change and Agency in Aristotle’s Physics. A Philosophical Study, Clarendon Press, Oxford, 1982, 93-96.

44 Il soggetto di cui si parla non è la materia, la quale talvolta viene chiamata anche “soggetto”. Qui il soggetto è

ciò che viene affermato/negato al principio e al termine del mutamento: p.es. bianco/non-bianco (“subiectum”/”non-subicetum”); non-uomo/uomo (“non-subiectum”/”subiectum”); caldo/freddo (“subiectum”/”subiectum”). La materia, al contrario del soggetto di cui si parla in questi testi, non viene mai all’essere, né mai cessa di essere, ma sempre permane. Quindi il soggetto di cui si parla non può essere la materia. La materia viene chiamata talvolta “soggetto” perché riceve una forma, il bianco è un soggetto perché pone/afferma qualcosa nella realtà.

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sebbene qui l’opposizione sia di privazione, non di contrarietà)45. Inteso così, il movimento può essere solo in tre generi di cose: secondo la quantità, secondo la qualità e secondo il luogo (e quindi, si tratta di un moto che si trova nel genere del “dove”). Al primo tipo di movimento, si dà il nome di aumento o diminuzione; al secondo, si dà il nome di alterazione; al terzo, si dà il nome di moto locale.

Nel capitolo secondo di Fisica, V, Aristotele intende mostrare come mai il movimento esista solo in quei tre generi, e non negli altri46. È sufficiente fermarsi alla considerazione dei primi due casi presi in esame: la sostanza e i relativi.

Nel primo caso, si afferma che non vi può essere movimento nel genere della sostanza perché questa non ha contrari, mentre si è detto che il movimento avviene nelle cose contrarie o intermedie. Ogni volta, dunque, che si ha un mutamento della sostanza, esso avviene secondo contraddizione e pertanto appartiene alle specie della generazione o della corruzione, i quali non sono affatto dei movimenti47.

Il secondo caso affrontato è quello dei relativi. L’argomento di Aristotele teso a dimostrare che non vi è movimento nel genere dei relativi appare del tutto diverso rispetto a quello adoperato per la sostanza. Si tratta, in realtà, di un argomento alquanto oscuro a causa della sua brevità, a cui si aggiunge una trasmissione testuale incerta. In ogni caso, stando alla versione latina di tale testo, pare che la dimostrazione di Aristotele punti a ricondurre il mutamento dei relativi ai movimenti fortuiti (“per accidens”), i quali vengono esclusi dalla trattazione della

Fisica già al principio del Libro V.

Sebbene la conclusione della dimostrazione vada in questa direzione, è difficile comprendere in che modo venga mostrato che il movimento dei relativi accade in modo accidentale. A tal proposito, le parole di Aristotele sembrano offrire non più che una mera constatazione: accade

45 Aristotele deve apporre questo tipo di chiarimento perché poco prima aveva dichiarato di intendere il soggetto

in senso affermativo. Ora, la privazione di per sé è una negazione in un soggetto; ma, talvolta, viene espressa in modo positivo, come nel caso del termine “nudo”, che si comporta linguisticamente come il contrario di “vestito”, sebbene logicamente sia da considerarsi la negazione dell’essere vestito.

46 Cf. ARISTOTELE, Fisica, V, 225b, 10ss.

47 Cf. ARISTOTELE, Fisica, V, 225b1-5. L’ultima parte del capitolo 1 di Fisica, V, intende rimarcare la tesi per cui

la generazione e la corruzione non sono dei movimenti. Non si deve confondere il mutamento della sostanza con il mutamento che avviene nella sostanza. Quando è la sostanza stessa a mutare, essa inizia o cessa di esistere: è un caso di generazione o corruzione in senso assoluto. Invece, quando due determinazioni si avvicendano nella stessa sostanza, il mutamento è accidentale: anche in questo caso si può dire che qualcosa si genera/corrompe (p.es., il bianco si corrompe e diventa non-bianco) oppure si può dire che vi è un movimento, se il termine non viene espresso mediante una negazione contraddittoria bensì mediante un contrario (p.es. il bianco si altera e diventa nero). Secondo Decorte, il mutamento sostanziale non rientra nel campo di studio della Fisica, la quale si occupa principalmente del movimento, bma rientra nel campo di studio dell’opera intitolata De generatione et

corruptione: «Substantial change as such, therefore, falls outside the scope of the Physics, which studies motion,

its kinds and its causes; it is the subject-matter of On Generation and Corruption» (J. DECORTE, Avicenna’s

Ontology, 199). Tuttavia, la questione del soggetto della Fisica è piuttosto complessa; su questo si veda: A.

FALCON, The Subject Matter of Aristotle’s Physics, in Th. BUCHHEIM - D. MEISSNER - N. WACHSMANN (eds.),

ΣΩΜΑ: Körperkonzepte und körperliche Existenz in der antiken Philosophie und Literatur, Meiner, Hamburg,

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che una cosa, senza subire alcuna mutazione in se stessa, divenga relativa a un’altra per il solo fatto che sia quell’altra cosa a mutare. In questo modo, talvolta una cosa diventa relativa per un mutamento che avviene in sé, talvolta per un mutamento che avviene in altro da sé. Per esempio, se il giovane Platone, crescendo, aumenta la sua altezza fino ad eguagliare quella di Socrate, non solo Platone diverrà uguale a Socrate, ma anche Socrate diverrà uguale a Platone. Eppure, Socrate non è mutato in nulla, mentre l’unico ad essere mutato è Platone. Ciò che Aristotele sembra voler dire è che è fortuito il fatto che Socrate divenga uguale a Platone, così come è fortuito che il musico si muova di moto locale. Infatti, come al musico accade di camminare, non in quanto musico, ma in quanto animale, così a Socrate accade di essere uguale non in quanto uomo, ma in quanto ha una certa altezza. Oppure, come l’uomo diventa sano perché la sua mano è diventata sana, così Platone diventa “uguale a” qualcosa, non perché egli muti, ma perché un altro – p.es. Socrate – è mutato secondo la quantità.

Anche parafrasato in questo modo, l’argomento di Aristotele continua a rimanere controverso, specialmente per i commentatori medievali, i quali lo adoperano come una fonte autorevole riguardo al tema della relazione, con esiti spesso disparati.