3.2 LA RELAZIONE NELLE OPERE FILOSOFICHE E TEOLOGICHE
3.2.2.1 La relazione come “respectus”
Il primo a introdurre il termine “respectus” con un significato tecnico in una teoria della relazione è stato probabilmente Pietro Abelardo190. In ordine alla risoluzione del problema della paternità multipla egli offre un criterio di identificazione della relazione basato sul riconoscimento del “respectus”. Ogni relazione è un “respectus”, quindi, nel caso di un padre che ha molti figli occorre dire che vi sono tante relazioni di paternità quanti sono i riferimenti verso ciascun figlio.
Il problema della paternità multipla riceve ancora parecchia attenzione nel corso del XIII secolo, in particolare riguardo alla questione se in Cristo vi siano due relazioni di figliolanza, una verso il Padre celeste e una verso la sua madre terrena, la Vergine Maria191. Molte delle
188 Simile a quella del termine “respectus” è l’origine del termine “annuitio” (o “adnuitio”), il quale deriva dal
verbo “annuere”, far cenno con la testa. Si veda: supra, par. 2.6, nota n. 96.
189 «Relatio, comparatio, habitudo, annuitio (illud est secundum verbum Simplicii), respectus, adaliquitas: idem
videntur significare et eorum denominativa idem» (QMet., V, 11, § 12, III, 575); «Omnis respectus talis, sive habitudo sive relatio (sive qualitercumque nominetur, quia ista sunt synonyma), potest per se concipi ut per se unum, habens aliquod praedicatum quiditativum dictum de eo in ‘quid’» (Ord., II, 1, § 229 VII, 115); «Respectus non semper fundatur in relatione ut aliud ab ea, quia ponere talia duo est superfluum; quod si respectus sit idem relationi in qua fundatur, igitur idem est dicere respectum plurificari et relationem» (Ord., III, 8, § 28, IX, 304).
190 Cf. Supra, par. 2.4.
191 Tale problema viene discusso nella d. 8 del Libro III delle Sentenze di Pietro Lombardo. La persona di Cristo è
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soluzioni offerte a questo problema teologico suppongono un’analisi della relazione discordante da quella di Abelardo. Per esempio, Bonaventura sostiene che: «Quando quis generat – post primum filium – alium, non nascitur in eo nova paternitas, sed primae paternitati innascitur novus respectus, quia ‘pater’ est plurium quam prius erat»192. In tal modo egli mostra che la relazione e il “respectus” non sono sinonimi: una medesima relazione, infatti, può sostenere molteplici “respectus”. Quando una relazione è della medesima specie, la molteplicità dei termini di riferimento dell’unico soggetto è, per il soggetto stesso, qualcosa di accidentale. Perciò, è essenziale che vi sia un figlio, affinché un uomo diventi padre; tuttavia, che sia padre di questo o di quel figlio particolare, è qualcosa di accidentale e non moltiplica la relazione al livello formale. Non moltiplica la relazione neanche al livello materiale, perché per far ciò occorrerebbe avere diversi soggetti di inerenza. Dunque, l’unica cosa che viene moltiplicata è il mero riferimento, ossia il “respectus”.
In sintesi, la posizione di Bonaventura può essere riassunta così: il numero di fondamenti determina quante specie di relazioni vi sono; il numero dei soggetti, determina il numero delle relazioni di una certa specie; il numero dei termini, determina il numero dei riferimenti (“respectus”)193. In Cristo perciò, non vi sono due relazioni di figliolanza, bensì una sola relazione e due “respectus”, uno verso il Padre e uno verso la Vergine Maria. Sulla questione della duplice figliolanza di Cristo, Tommaso perviene a una conclusione analoga, benché partendo da altre premesse194. Lo stesso vale per Enrico di Gand195. Tutti questi autori, infatti,
ritengono che vi sia una certa distinzione tra la relazione e il “respectus”.
Scoto propende, invece, per ammettere una duplice figliolanza in Cristo. Il motivo, chiaramente, risiede in una differente concezione della relazione.
«Praeterea, pater aliquo modo aliter respicit hunc filium et illum: si alia relatione, habetur propositum, – si alio respectu eiusdem rationis, item habetur propositum, quia illi respectus erunt eiusdem rationis propter fundamenta eădem specie. Similiter, hoc est falsum, quia respectus non semper fundatur in relatione ut aliud ab ea, quia ponere talia duo est superfluum; quod si respectus
dalla Vergine Maria. Le due generazioni dembrano fondare due relazioni di figliolanza distinte. Non tutti però sono d’accordo su questo punto. Tommaso d’Aquino, Bonaventura ed Enrico di Gand sostengono che vi sia un’unica figliolanza; Scoto, invece, ammette una duplice figliolanza.
192 BONAVENTURA, Super Sent., III, d. 8, a. 2, q. 2, ad 2um (OpOm., III 194b). 193 Cf. BONAVENTURA, Super Sent., III, d. 8, a. 2, q. 2, co. (OpOm., III 194a-b).
194 Cf. TOMMASO D’AQUINO, Super Sent., I, d. 26, q. 2, a. 1 (Mandonnet, I, 628-631); Super Sent., III, d. 8, q. 1, a.
5 (291-295); Quodl., I, q. 2, a. 1 (Leonina, XXV/2, 178a-179b).
195 «Dicendum ad hoc per simile, quod in paternitate contraria filiationi videmus contingere in creaturis. Ibi enim
aliquis, dictus ‘pater’ ex respectu ad unum filium generatum ab ipso primitus, etsi postmodum generat alium, ad quem similiter ex generatione habet respectum sicut ad primum filium, unica tamen paternitate secundum numerum respicit utrumque: primum ex antiquo, ex cuius respectu causata est primo in ipso illa paternitas, – secundum de novo per antiquam paternitatem, sine omni nova paternitate, de novo in ipso causata ex generatione illius, aut ex respectu ad illum» (ENRICO DI GAND, Quodl., IV, q. 3 [Wilson-Etzkorn, VIII, 6]).
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sit idem relationi in qua fundatur, igitur idem est dicere respectum plurificari et relationem; ergo habetur propositum»196.
Il brano riportato è tratto dal Libro III dell’Ordinatio (d. 8), e presenta una delle ragioni che Scoto avanza per confutare la tesi dell’unica relazione di figliolanza. Tale tesi viene sorretta proprio dall’argomento dell’unica relazione di paternità e dei molteplici “respectus”, mediante il quale si offre una spiegazione del rapporto padre-figli che eviti di ammettere due relazioni della stessa specie nella medesima cosa. Scoto ritiene, al contrario, che più relazioni della stessa specie possono coesistere nella medesima cosa. Anche ammesso che vi sia una sola relazione sulla quale si innestano poi diversi “respectus”, è evidente che tutti questi “respectus” avrebbero la stessa “ratio” e si troverebbero nello stesso fondamento; pertanto si riproporrebbe il problema della compresenza di più entità della stessa specie. Tanto vale ammettere che tali entità sono proprio le relazioni. Dunque, poiché nello stesso fondamento vi sono molte relazioni della stessa specie, non c’è motivo di accettare la tesi dell’unica figliolanza. Questa posizione collima con quella di Abelardo e, fatta salva la differenza di contesto, sembra che anche Scoto ritenga che non abbia senso porre distinzione tra “relatio” e “respectus”.
Al di là dello specifico problema del rapporto padre-figli, vi sono molte altre occorrenze che testimoniano un uso intercambiabile dei termini “respectus” e “relatio” 197. In alcuni casi, Scoto afferma esplicitamente che tali termini (insieme ad alcuni altri) sono sinonimi198.
Nonostante ciò, sarebbe affrettato ridurre la relazione al semplice riferimento/“respectus”. Una soluzione così facile non può rendere ragione di tutta la complessità delle nozioni in gioco, né la questione può essere risolta solo sul piano delle occorrenze linguistiche o di qualche recisa affermazione, sia pure inequivocabile, dettata dallo stesso Scoto. Vi sono, infatti, altri testi che mostrano un approfondimento del problema, i quali meritano grande attenzione.