1.2 GLI STUDI SU SCOTO
1.2.6 L A NOZIONE DI “ TRANSCENDENS ”
1.2.6.2 La metafisica come “scientia transcendens”
Il termine “transcendens” è ambivalente. Esso può significare ciò che appartiene a Dio, il quale oltrepassa l’ambito delle realtà finite; in questo senso, ciò che si intende come “trasceso” è il mondo materiale o il mondo creato. Un secondo significato, invece, fa capo alle caratteristiche più generali della realtà; in questo senso, ciò che si intende come “trasceso” è la molteplicità e la particolarità categoriale delle cose78. Il primo senso di “transcendens” sarebbe più vicino al senso della parola “trascendente”, il secondo senso invece sarebbe più vicino al senso attribuito alla parola “trascendentale” a partire da Suàrez. Secondo Aertsen, la storia della metafisica nel Medioevo mostra una tensione continua tra questi due significati, i quali si mostrano interconnessi al punto da giustificare l’uso dell’unico termine “transcendens” per coprire l’area semantica di entrambi.
75 P. KING, Scotus on Metaphysics, 26-28. Si veda anche: G. ALLINEY, Giovanni Duns Scoto. Introduzione al pensiero filosofico, Pagina, Bari, 2012, 64-69.
76 A. VOS, The Philosophy, 289.
77 Cf. J.A. AERTSEN, Medieval Philosophy as Transcendental Thought: from Philip the Chancellor (ca. 1225) to Francisco Suárez, Brill, Leiden - Boston, 2012
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In questo quadro, l’opera di Duns Scoto rappresenta un momento decisivo. Egli reinterpreta l’etimologia della parola “metaphysica” come “scientia transcendens”, a partire da “meta” e “ycos” letti come “trans” e “scientia”. Questo fatto di indubbio interesse è stato messo in evidenza specialmente da L. Honnefelder, il quale rilegge in questa mossa linguistica il tentativo da parte di Scoto di dare un nuovo avvio allo studio della metafisica79. La concezione della metafisica come “scientia transcendens” conterrebbe perciò tutto il peso dell’originalità del progetto teoretico di Scoto, il quale rappresenta una forte discontinuità con la visione precedente. Secondo Honnefelder, la novità della visione di Scoto consiste soprattuto nella ridefinizione dell’oggetto della metafisica, individuandolo non più nel primo ente, ma nell’ente come primo conosciuto. In questo modo, egli avrebbe inaugurato la concezione della metafisica come ontologia pura. Aertsen ridimensiona il giudizio di Honnefelder, riconoscendo che nell’espressione di Scoto, “scientia transcendens”, opportunamente riportata al suo contesto, non vi è alcun intento polemico o rivoluzionario: in realtà, si tratta di un’espressione del tutto in continuità con la tradizione precedente, nella quale la metafisica è intimamene legata a una dottrina delle proprietà trascendentali dell’ente. Inoltre, appare discutibile stigmatizzare la metafisica di Scoto come una “ontologia pura”, dal momento che la sua dottrina dei trascendentali viene elaborata in un contesto tradizionale, le cui preoccupazioni sono di ordine teologico: per esempio, la tensione tra la semplicità di Dio e l’attribuzione a Dio di predicati comuni a Lui e alle creature; l’inclusione del divino nella nozione di “transcendens”; l’introduzione delle perfezioni pure all’interno della dottrina dei trascendentali; l’uso dei trascendentali disgiuntivi come via per dimostrare l’esistenza di Dio80.
79 La tesi di Honnefelder viene illustrata in due delle sue opere più importanti: L. HONNEFELDER, Ens inquantum ens. Der Begriff des Seienden als solchen als Gegenstand der Metaphysik nach der Lehre des Johannes Duns Scotus, Aschendorff, Münster, 1979 (Beiträge zur Geschichte der Philosophie und Theologie des Mittelalters.
Neue Folge, 16); L. HONNEFELDER, Scientia transcendens. Die formale Bestimmung der Seiendheit in der
Metaphysikvdes Mittelalters und der Neuzeit (Duns Scotus - Suárez - Wolff - Kant - Peirce), Meiner, Hamburg
1990. Per una sintesi del pensiero di Honnefelder, anche in altre lingue, si vedano: L. HONNEFELDER, Metaphysik
als scientia transcendens: Johannes Duns Scotus und der zweite Anfang der Metaphysik, in R. HOFMEISTER PICH (ed.), New Essays on Metaphysics as Scientia Transcendens. Proceedings of the Second International Conference
of Medieval Philosophy, held at the Pontifical Catholic University of Rio Grande do Sul (PUCRS), Porto Alegre/Brazil, 15-18 August 2006, F.I.D.E.M., Louvain-la-Neuve, 2007, 1-19; L. HONNEFELDER, Metaphysics as
a Discipline: From the ‘Transcendental Philosophy of the Ancients’ to Kant’s Notion of Transcendental Philosophy, in R.L. FRIEDMAN - L.O. NIELSEN (eds.), The Medieval Heritage in Early Modern Metaphysics and
Modal Theory 1400-1700, Kluwer, Dordrecht, 2003 (The new synthese historical library, 53), 53-74; P. MÜLLER,
Possibilità logica e capacità di Dio in Giovanni Duns Scoto, in E. DEZZA - A. GHISALBERTI (a cura di), “Pro statu
isto”. L’appello dell’uomo all’infinito. Atti del convegno nel 7° centenario della morte di Giovanni Duns Scoto, Milano 7-8 novembre 2008, Biblioteca Francescana, Milano, 2010, 105-118
80 «The presence of the theological motive is apparent in the reason for his main account in the Ordinatio, namely,
the tension between the simplicity of God and the attribution to God of predicates common to him and creatures; in the inclusion of the divine in Scotus’s notion of transcendens; in the introduction of the “pure perfections” into the doctrine; and in the modal explication of being by means of the disjunctive transcendentals, which ends in the proof of God’s existence» (J.A. AERTSEN, Medieval Philosophy, 432).
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La vera svolta operata da Scoto consisterebbe, invece, nell’elaborazione di una originale dottrina dei trascendentali fondata su una nuova concezione della trascendentalità, del primato cognitivo dell’ente e della sua predicibilità. Egli porta alle sue più estreme conseguenze la concezione delle proprietà trascendentali intese come “communissima”, al punto da interpretare i tradizionali trascendentali convertibili (uno, vero, buono) come predicati attribuibili a Dio e alle creature in modo univoco. Allo stesso tempo, però Scoto non vede nell’essere comune a tutte le cose l’unico criterio della trascendentalità. Con l’introduzione dei trascendentali disgiuntivi, egli offre un criterio differente che consiste nella non appartenenza a un genere81.