2.10 LA CREAZIONE E LA RELAZIONE
2.10.2 L E ORIGINI DELLA DISTINZIONE TRA CREAZIONE ATTIVA E CREAZIONE PASSIVA
Le prime attestazioni di una duplice considerazione dell’atto creativo, distinto secondo i due versanti del rapporto azione-passione, sono relativamente tardive nella riflessione latino- medievale. La distinzione tra la creazione come azione (“creatio actio”) e la creazione come passione (“creatio passio”) sembra sia stata introdotta per la prima volta nella serie di questioni di un anonimo autore incluse nel ms. Douai 434, databile intorno al 1230187. Il manoscritto contiene tre serie di questioni dedicate al tema della creazione e dell’eternità del mondo. La prima serie di questioni è stata attribuita a Guglielmo di Durham, mentre la paternità delle altre due serie è ancora incerta. La distinzione tra “creatio actio” e “creatio passio” compare nella prima delle due serie di questioni anonime, in uno degli argomenti favorevoli alla tesi dell’eternità del mondo. L’argomento distingue i due aspetti della creazione e afferma che la “creatio actio” è un’azione, mentre la “creatio passio” è la passione corrispondente; siccome l’azione creatrice è propria di Dio, bisogna ammettere che la corrispondente passione si trovi nella creatura; ma la creatura deve essere anteriore alla passione che riceve, perché questa è un accidente che accade in un soggetto; da ciò consegue che almeno qualcosa deve esistere prima della creazione del mondo per ricevere la passione corrispondete all’azione creatrice188.
L’anonimo maestro controbatte a questo argomento affermando che non c’è alcuna passione corrispondente all’azione creatrice, perché non c’è alcuna cosa su cui Dio agisce creando189. In questo modo, si rivendica la peculiarità dell’azione creativa, ciò che la distingue da tutte le altre azioni. Queste ultime richiedono sempre un soggetto in cui agire, mentre la creazione non presuppone nulla: essa costituisce il semplice venire all’essere delle cose.
In questa prima attestazione, la distinzione tra la “creatio actio” e la “creatio passio” viene proposta in favore della tesi della “creatio ab aeterno”. La questione sarà a lungo dibattuta lungo tutto il XIII secolo, soprattutto perché tocca uno dei temi che alimentano la polemica anti- aristotelica mai del tutto sopita. Tesi come quella dell’eternità del mondo e della “creatio ab aeterno” sembrano irriconciliabili con l’insegnamento della fede cristiana circa la creazione. Guardando, perciò, al contesto in cui compare per la prima volta la distinzione tra la “creatio actio” e la “creatio passio”, si può notare come essa non rappresenti affatto un utile strumento teoretico, quanto piuttosto un nodo da sciogliere, specialmente sul versante della “creatio
187 Cf. R. DALES, Discussions, 56.
188 «Item, creatio actio actio est, et actioni respondet passio. Sed passio, cum sit accidens in aliquo, fuit quod fuit
ante passionem. Et sic videtur quod aliquid fuerit ante mundum. Similiter obicitur de illo exitu qui fuit inter rem et causam suam» (R. DALES -O.ARGERAMI, Texts, 30).
189 «De creatione actione, dicimus quod ei non respondet aliqua passio, quia non requirit in quid agat, sicut actione
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passio”. Probabilmente, proprio a causa della sua natura controversa, tale distinzione non è passata inosservata, ma è finita al centro di un dibattito. In effetti, come ha notato R. Dales, tale distinzione diviene una sorta di luogo comune per gli autori successivi190. Essa riceve particolare importanza nelle opere dei maestri della tradizione francescana191, quali Alessandro di Hales, Odo Rigaldi (1200/1215 - 1276), Bonaventura, Giovanni Pecham (1230 ca. - 1292), Arlotto da Prato († 1286), Matteo d’Acquasparta (c. 1240 - 1302) e Riccardo di Middleton (c. 1249 - 1302)192.
Nelle questioni intitolate De duratione mundi, attribuite ad Alessandro di Hales e databili prima del 1236, la distinzione tra la “creatio actio” e la “creatio passio” viene introdotta in un argomento molto simile a quello già visto nell’anonimo di Douai in favore della “creatio ab aeterno”. Alessandro, tuttavia, si dedica specialmente alla “creatio actio” e si chiede se essa sia eterna o meno, lasciando l’affermazione dell’eternità delle creature come probelma secondario193. Nell’anonimo di Douai, invece, si adopera la distinzione tra “creatio actio” e
190 Cf. Ivi, 30, nota aa; 49, nota f. Dales segnala la ricorrenza dell’argomento della “creatio passio” in una serie di
maestri francescani: Alessandro di Hales, Bonaventura da Bagnoregio, Giovanni Pecham, Odo Rigaldi, Arlotto da Prato.
191 Dal punto di vista storico è discutibile l’esistenza di una “scuola” francescana, intesa come una precisa ed
ufficiale tradizione di studi dell’ordine dei frati Minori; su questo si veda: L.SILEO, I primi maestri francescani di
Parigi e di Oxford, in G.D’ONOFRIO (a cura di), Storia della teologia nel Medioevo. II. La grande fioritura, Piemme, Casale Monferrato (Alessandria), 1996, 645-649. Per esempio, le soluzioni bonaventuriane non sempre ricevono una piena accoglienza nei maestri francescani successivi; talvolta, esse vengono integrate – anche in maniera eclettica – con argomentazioni di origine tomista. Nonostante ciò, una delle tesi che, in un modo o nell’altro, viene sempre difesa è proprio quella che afferma l’inizio temporale del mondo. Con tale tesi non si intende concedere che vi sia un “prima” temporale rispetto alla creazione, ma che la creazione rappresenta l’inizio stesso del tempo, da cui consegue che ogni realtà creata ha necessariamente un punto iniziale nel tempo. In questo modo, l’idea che il mondo sia infinitamente vecchio, cioè esistente da un tempo infinito, risulta contraria non solo al dato di fede, ma anche alla ragione. Guglielmo di Ware, intorno al 1305, esibisce una delle più complesse e articolate difese di questa posizione nel suo Commento alle Sentenze, nella q. 9 del Libro II intitolata: «Utrum repugnat alicui creature, inquantum creatura est, fuisse ab eterno». Su questo si vedano: R. DALES, Discussions, 237-240.
192 «Creatio vero passio est ipsa creatura cum relatione ad Creatorem, quae quidem relatio non ponit aliquid
secundum rem differens a creatura» (MATTEO D’ACQUASPARTA, De productione rerum, q. 4, ad 14um, in
MATTHAEUS AB AQUASPARTA, Quaestiones disputatae de productione rerum et de providentia, ad fidem codicum nunc primum editae cura G. Gàl, Quaracchi, Firenze, 1956, 107); «Creari non est aliud, quàm nunc primo esse ab aliquo non de aliquo , et hoc importat relationem ipsius essentiae creatae ad creatorem» (RICCARDO DI MIDDLETON,
Super Sent., II, d. 1, a. 1, q. 4, in Clarissimi Theologi Ricardi de Media Villa Super Quatuor Libros Sententiarum Petri Lombardi Quaestiones Subtilissimae, II, Brescia, 1591, 6-8). Le questioni in cui Riccardo tratta della
distinzione tra “creatio actio” e “creatio passio” sono la terza e la quarta dell’articolo primo (Super Sent., II, d. 1) e hanno come titolo: “Utrum creatio activa sit creator”; “Utrum creatio passiva sit creatura”. Sia Matteo d’Acquasparta, sia Riccardo di Middleton ritengono che la “creatio passio” sia in qualche modo identica alla creatura o, almeno, che sia una relazione fondata sull’essenza stessa. Tuttavia, entrambi non si sentono di negare che tale relazione sia un accidente. Per un approfondimento, si vedano: J.DOWD, Matthew of Aquasparta’s De productione rerum and its relation to St. Thomas Aquinas and St. Bonaventure, in “Franciscan Studies” (1974), n. 34, 55-60; M.HENNINGER, Relations, 59-67.
193 «Creatio-passio est creatura; sed creatio-actio relatiue opponitur creationi-passioni et econuerso; si relatiue
opposita, impossibile est esse in eodem, palam est quod creatio-actio et creatio-passio non erunt in eodem; sed creatio-passio est in creatura, ergo creatio-actio non est in creatura, ergo est in Deo; sed nichil est in Deo quod non sit Deus; ergo creatio-actio est Deus. Ex hoc posset concludi ulterius quod creatio-actio fuit ab aeterno; sed quando fuit creatio, fuerunt res create, ergo res fuerunt create ab aeterno, ergo plura ab aeterno» (ALESSANDRO DI HALES,
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“creatio passio” principalmente per affermare l’eternità di qualche creatura, mentre la domanda sull’eternità dell’azione creativa viene posta in un’altra questione e assume una forma leggermente diversa: si chiede se Dio sia causa delle creature “ab aeterno”. La risposta dell’anonimo di Douai a questo interrogativo è che Dio è causa “ab aeterno”, ma non è causante dall’eternità, perché il suo effetto non è eterno. Il fatto che le creature siano prodotte dal nulla fa sì che esse non possano essere causate dall’eternità; ne consegue che l’impossibilità di causare qualcosa “ab aeterno” non dev’essere ricondotta a Dio, ma alle creature.
In una successiva ripresa della questione, testimoniata nella sua Summa theologica, Alessandro di Hales precisa che l’espressione “creatio actio” non denota un’unica realtà, ma due realtà distinte194. Bisogna distinguere, perciò, una significazione principale che è l’azione divina, la quale coincide con l’essenza di Dio, e una significazione secondaria o connotazione, presa dalla parte della creatura, il cui contenuto è «fieri aliquid ex nihilo»195. Alla luce di questa molteplicità semantica, dire che l’azione creativa è eterna corrisponderebbe a verità solo per una parte, ossia in quanto l’atto creativo significa l’essenza divina, ma risulterebbe falso per un’altra parte, ossia in quanto esso connota la creatura196.
Un secondo problema messo in luce dalla distinzione tra la “creatio actio” e la “creatio passio” è quello dell’identità di queste realtà con ciò in cui esse si trovano. Nel De duratione
mundi si mostra la tendenza a identificare la “creatio actio” con Dio stesso, nella misura in cui
si tratta di un’azione di Dio. Data la correlatività, non è difficile che lo stesso ragionamento venga svolto anche riguardo alla “creatio passio”. È quanto viene mostrato in un altro brano della Summa:
«Sicut se habent ad invicem esse causae et esse causati, sic se habent creatio active dicta et passive; ergo permutatim, sicut se habet creatio active dicta ad esse causae, ita creatio passive dicta ad esse causati; sed creatio active dicta idem est quod esse causae; ergo creatio passive dicta idem est quod esse creati»197.
194 «Dicendum quod creatio vel creare duo dicit: unum sicut principaliter significatum, et hoc est divina actio; et
aliud sicut connotatum, et hoc est fieri aliquid ex nihilo: creare enim est facere aliquid ex nihilo. Quantum ergo ad principale significatum, quod est divinum agere sive divina actio, quae non est aliud quam divinum esse vel essentia, eo modo quo supra dictum est, significatur aeternum; quantum vero ad connotatum, quod est creatum, designatur temporaneum. Non ergo sequitur: ‘creatio sive creare est divina actio, ergo est aeterna’, quia per hoc quod dico ‘creare’ ponitur et divina actio et creatura de nihilo; et ideo si diceretur aeterna, diceretur non solum aeternitas actionis divinae, sed etiam creaturae: quod non potest esse» (ALESSANDRO DI HALES, Summa, I, tract. 2, q. 4, ad 8um, [Quaracchi, I, 97b]).
195 Ibidem.
196 Si può osservare come nella risposta a questo argomento appare ormai come risolto il problema della
temporalità della creatura. Infatti, la tesi per cui la creatura è temporale viene presupposta, ma non dimostrata. Per Alessandro, almeno a questo stadio della discussione, la produzione “ex nihilo” esclude necessariamente l’eternità; per questo può affermare che la creatura, poiché è “ex nihilo”, non è eterna.
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L’argomento è un “contra”, al quale il maestro francescano dovrà rispondere. Tale argomento istituisce una proporzione tra la creazione e il rapporto causa-causato: così come la creazione in senso attivo si rapporta all’essere della causa, allo stesso modo la creazione in senso passivo si rapporta all’essere del causato. La creazione in senso attivo è un’azione e va attribuita a Dio; dunque, è identica a Dio. Secondo la proporzione, anche la creazione in senso passivo deve identificarsi con l’essere del causato, cioè la creatura.
Alessandro concede una parte dell’argomento, ma con una importante riserva:
«Ad id vero quod obicitur ex permutata proportione, dicendum est quod non est simile in creatione active dicta respectu essentiae creantis et in creatione passive dicta respectu essentiae creatae. Nam creatio active dicta est ab essentia creantis et est idem cum essentia creantis secundum rem; essentia vero creati non est a qua sit ipsum creari, sed simul sunt et quodammodo idem, quodammodo non idem»198.
La proporzione non può essere stabilita perché il rapporto è asimmetrico. La creazione attiva procede dall’essenza del Creatore ed è identica ad esso “secundum rem”; invece, la creazione passiva non è qualcosa che procede dall’essenza della creatura, ma è solamente posta insieme ad essa in modo tale che per certi aspetti le due cose si identificano, per altri aspetti non si identificano. L’intento di questa risposta è differenziare il modo in cui il Creatore si identifica con la creazione attiva, dal modo in cui la creatura si identifica con la creazione passiva – sebbene in entrambi i casi si ammetta che vi è un qualche tipo di identificazione volto ad escludere che la creazione possieda una propria distinta realtà. Il problema verrà affrontato con molta attenzione da Bonaventura, il quale si sforzerà di specificare meglio i limiti entro cui intendere la portata di queste identificazioni.