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JUNG, L’ASTROLOGIA E LA SINCRONICITÀ

Nel documento LINGUAGGIO ASTRALE (pagine 114-129)

Cosa intendeva Jung con la parola “sincronicità”? Nel suo saggio del 1952 è utile distinguere sincronismo e l’aggettivo correlato sincrono, dalla parola da lui coniata sincronicità ed il relativo aggettivo sincronico.

“La sincronicità” è una coincidenza di due o più eventi non correlati che hanno un significato uguale o simile, contrapposto a “sincronismo”, che defini-sce semplicemente due eventi simultanei.”

Questa coincidenza significativa nel tempo può assumere tre forme: 1) La coincidenza di un certo contenuto psichico con un corrispondente

pro-cesso oggettivo, che è percepito in modo simultaneo.

Questa è la più comune esperienza di coincidenza, il libro che si apre alla pagina giusta, la telefonata di un amico mentre stavamo pensando a lui. 2) La coincidenza di uno stato psichico soggettivo con una fantasia (sogno o

visione) che più tardi si dimostra essere il riflesso più o meno fedele di un evento “sincronico” ma oggettivo che si verifica più o meno simultanea-mente, ma ad una certa distanza.

Come esempio di questo tipo, quello di una donna che ebbe un sogno sul-l’Armageddon mentre il marito si trovava in viaggio d’affari. Era all’oscuro, che il programma di viaggio di suo marito era stato cambiato all’ultimo momento e nel momento del suo sogno, si trovava ad Hiroshima.

3) E’ simile alla seconda, tranne che quello che si percepisce è relativo al fu-turo, ed è riportato al presente solo dal sogno o dalla visione.

E’ il caso delle predizioni, ad esempio attraverso una sfera di cristallo, le premonizioni ed i fenomeni di chiaroveggenza. Alcune predizioni astrologi-che possono rientrare in questa categoria.

Il secondo tipo di coincidenza significativa – come il caso del sogno della donna – è conosciuto più comunemente come telepatia o lettura del pensiero. E’ significativo che Jung classificasse questo fenomeno all’interno della sin-cronicità.

Questa classificazione deve essere vista nel contesto dello studio dei fe-nomeni occulti nella psicanalisi.

Dello spettro delle manifestazioni dell’occulto Freud era disposto a consi-derare solo il fenomeno della telepatia come parte del contesto analitico e tentò di ridurre ad essa alcuni fenomeni ugualmente inspiegabili. Questo gli permise di razionalizzare questi fenomeni sotto forma di energia psichica, sen-za allontanarsi troppo da una spiegazione scientifica, ma sfuggendo da ogni altra ogni possibilità – “la faccia oscura”. In questo modo si precluse la possi-bilità di una teoria oggettiva sulla divinazione e su altri fenomeni connessi, al-l’interno della teoria analitica.

Per Jung invece la questione della divinazione rimase aperta, avendo tro-vato il coraggio intellettuale di ammettere la sua veridicità. Questa è una ra-gione del fondamentale contributo che egli dette all’astrologia.

Tutte e tre le definizioni di sincronicità comportano una qualche forma di energia psichica, un misterioso senso del significato di un evento. E’ vero che non tutte le esperienze si adattano perfettamente a queste definizioni, ma

pos-sono essere comunque ricomprese nel fenomeno della sincronicità proprio perché includono questo senso di inquietante significato.

Durante la stesura di questo libro, stavo raccontando ad alcuni amici del-l’episodio di Jung, e di Filemone, e quello del martin pescatore trovato morto nel suo giardino (n.d.t. in inglese martin pescatore è kingfisher,

letteralmen-te re pescatore).Chiesi loro se avevano mai visto dei martin pescatori o cono-scessero la leggenda del Pescatore del Graal. Non sapevano niente dei primi e pochissimo del secondo. Alcuni giorni più tardi ricevetti la seguente lettera:

Siamo stati molto bene domenica scorsa. Lunedì pomeriggio, mia madre ed io abbiamo visto di sfuggita un martin pescatore che volava sul lago. Allora mia madre si è ricordata di aver trovato un martin pescatore morto che si era schiantato su una finestra della piscina all’interno del complesso sportivo loca-le, e di averlo portato alla nipote per farglielo vedere.

Il mio amico non si ricordava di aver mai visto un martin pescatore prima d’allora. Questo è il classico tipo di incidenti che possono accadere leggendo Jung. Parlando di martin pescatori, ecco che i martin pescatori appaiono. Per parlare di sincronicità in termini junghiani deve trattarsi di coincidenze signifi-cative. Ma che vuol dire significative? Bastano due storie su alcuni martin pe-scatore morti ed una leggenda su un Pepe-scatore vivo? Sono naturalmente cu-riosa, come del resto il mio amico, di sapere perché doveva sentirne parlare così tanto in ventiquattro ore, quando prima di allora non c’era nessun pesca-tore in vista!

Ci possono essere diverse spiegazioni e naturalmente la telepatia è una di queste: dal giorno della nostra conversazione il mio amico li aveva in mente e sua madre li aveva semplicemente “letti”, e tra gli infiniti elementi del paesag-gio, aveva rilevato la loro presenza perché aveva percepito l’importanza che il figlio gli attribuiva.

Un altro tipo di approccio non avrebbe richiesto di tirare in ballo la telepa-tia: la spiegazione freudiana sarebbe stata quella arcinota del rapporto edipico tra madre e figlio, o semplicemente l’episodio potrebbe essere parte dell’as-surdità della vita e la ricerca di un significato è il solo il desiderio umano di cercare una spiegazione. La ricerca del “significato” potrebbe essere interpre-tato come un aspetto del desiderio di onnipotenza. Abbiamo paura della no-stra fragilità e del nostro isolamento e non sopportiamo di essere separati dal resto del mondo. Un evento fortuito come l’episodio dell’airone, testimonia che il nostro desiderio di significato è esaudito. Questa è una condizione in-dubbiamente presente per quegli individui immersi nell’inconscio e chiunque pratichi l’astrologia o un altro tipo di divinazione riconoscerà questo impulso in molti personaggi che girano nell’ambiente dell’occulto. Eppure non possia-mo ridurre la spiegazione di questo tipo di fenomeni che si riscontrano anche in tipi equilibrati, per non parlare di uomini saggi di tutte le epoche, alla sola “nevrosi”. Questa è una soluzione molto comune, ma intellettualmente poco fondata, ed anch’essa si rivela una difesa contro una realtà poco tranquilliz-zante. Una razionalizzazione di questo tipo che riduce la telepatia a desiderio di onnipotenza, liquida il fenomeno allo stesso modo dei rumori nella libreria

di Freud che egli classificò come “il complesso dello spettro”. Jung è l’unico degli intellettuali del ventesimo secolo che riconobbe esplicitamente un’espe-rienza ben conosciuta da molti esseri umani. Le sue descrizioni restituiscono a quelle esperienze la loro piena integrità, e danno loro voce.

Torniamo al nostro martin pescatore. Tutto l’episodio verificatosi mentre si parlava di Jung e di Filemone, ha un tocco junghiano! La sua apparizione è accompagnata da temi analitici tipici quali “complesso” e “piscina”, che costi-tuiscono una potente metafora dell’inconscio e delle sue componenti – com-plessi ed esperienze collettive. Possiamo cominciare a riconsiderare la storia del martin pescatore schiantato, come simbolo dell’anelito di portare alla luce i contenuti dell’inconscio (il pescare i pesci dall’acqua) e di come barriere in-visibili (vetro) possono distruggere lo Spirito.

Cosa significa tuttavia, tutto questo? Esiste un senso dietro il fenomeno della sincronicità, che sia esso personale o collettivo? Non ci può essere un unico significato dietro ad una coincidenza, perché i diversi protagonisti dell’e-pisodio hanno contesti differenti che apportano a quella esperienza. Lo stesso simbolo può significare cose differenti per persone differenti, ed allo stesso modo un airone può avere significati differenti per me, per il mio amico e per sua madre. A causa dell’incidente, mi soffermai a pensare al martin pescato-re, al Re-Pescatopescato-re, il Graal ed al lavoro di Jung. Le mie riflessioni su Jung si sono arricchite quando un simbolo della funzione trascendente viene attivato. E’ un processo in divenire poiché il simbolo del martin pescatore è gravido di significato, è il veicolo di molteplici possibili significati. Per coloro che hanno un’attitudine al pensiero simbolico, il simbolo non compare all’improvviso, ma permane, aleggia sospeso. Si percepisce che potrebbe voler dire qualcos’al-tro, e come nel mio caso, mette in moto processi psichici molto potenti. Ma allo stesso tempo, per dirla in termini junghiani, non è ancora stato portato al-la coscienza e potrebbe non arrivarci mai.

A prima vista le coincidenze potrebbero apparire banali ed insignificanti, come i lapsus. Il sogno che avverte del disastro o la premonizione che salva una vita accadono ma sono abbastanza rari, mentre la maggior parte delle coincidenze sono meno drammatiche e caratterizzate da un’apparente man-canza di significato. Ma il fatto che siano così bizzarre, le carica di significato ed attiva la funzione trascendente. Quando questo accade, la coincidenza di-venta significativa e didi-venta sincronistica nel senso junghiano, attivando un elemento archetipico. Jung era convinto, infatti, che alla base di eventi sincro-nistici si trovano gli archetipi:

la maggior parte di fenomeni sincronistici spontanei che ho avuto l’oppor-tunità di osservare ed analizzare, è direttamente connessa ad un archetipo.

Nella pratica, questa base archetipica può essere difficile da individuare. Du-rante la lettura di un libro di Von Franz, mi aveva molto colpito il suo com-mento sulle coincidenze che accadono alle persone che viaggiano, perché in questo caso le cose sono letteralmente in movimento. Il giorno dopo, durante l’ora di punta, riuscii a conquistare l’unico posto libero sul treno affollato di pendolari, e tirai fuori il libro della Von Franz per impiegare il tempo. Quando

alzai la testa, mi accorsi che la donna di fronte a me stava leggendo lo stesso libro. Tuttavia in questo caso non c’era nessuna carica emotiva sulla situazio-ne, se non il senso della bizzarra natura dell’Unus Mundus. Era solo una strana coincidenza, che poteva avere significato solo se io o e la donna avessimo co-minciato una conversazione. Non fu così, e per me l’episodio rimase la prova che la Von Franz aveva ragione sulle coincidenze di viaggio. Se ci fosse qual-che contenuto arqual-chetipo più profondo, non me ne accorsi.

C’è tuttavia una questione più profonda dietro la descrizione della sincro-nicità fatta da Jung. Essa è il tentativo di combinare la sua esperienza diretta dell’irrazionale con la scienza, districandosi fra i due poli della percezione sim-bolica e della costruzione teoretica. I suoi sforzi sono pieni di paradossi: seb-bene si muova tra colorati miti e magiche storie, Progoff ne ricorda l’ammira-zione per la scienza ed il suo desiderio di costruire un teoria unificante come quella della relatività.] Tuttavia, mentre sviluppava la sua idea di sincronicità, egli fu costretto a modificare le sue aspettative di conciliare le due differenti visioni, come la stessa Von Franz sottolinea:

quando Jung elaborò le sue ipotesi sul principio di sincronicità, fra noi si discusse a lungo se esistesse una legge che descrivesse i fenomeni sincronisti-ci… ma non si riuscì a trovarla e Jung, dopo una lunga riflessione e discussio-ne, arrivò alla conclusione che dovevamo ammettere, anche se questo poteva turbare le nostre menti razionali, che erano fenomeni fini a se stessi.

La prima menzione scritta della sincronicità apparve nel 1930, nel discor-so commemorativo per la morte di Richard Wilhelm dove Jung affrontò il te-ma dell’astrologia sostenendo che alle basi di questa disciplina ci fosse “un si-stema di misura del tempo arbitrario e puramente concettuale”.

Ammettendo che esistano delle diagnosi astrologiche corrette, esse non di-pendono dagli effetti delle costellazioni, ma dalle nostre ipotetiche qualità del tempo. In altre parole, qualunque cosa nasca o inizi in un certo momento di tempo, ha le qualità di quel momento di tempo

Questa è una citazione molto amata dagli astrologi. In genere viene estra-polata dal suo contesto ed invariabilmente usata per sostenere l’importanza del momento oggettivo della nascita. In effetti, questa prima nozione di sincro-nicità fa riferimento ad una qualità oggettiva, occulta, del momento della na-scita che Jung continuò a sostenere almeno fino al 1949 nella sua Introduzio-ne all’I-Ching.

Ci sono astrologi che possono dire, senza nessuna conoscenza pregressa, quale sia la posizione al momento della nascita, del Sole, della Luna e dell’A-scendente di qualcuno. Alla luce di questi fatti si deve ammettere che momenti di tempo possono avere conseguenze di lunga durata.

Tuttavia contemporaneamente stava sviluppando la sua idea di “tempo ipotetico” con le sue inimmaginabili implicazioni. Cinque anni più tardi, nel 1955, nella lettera all’astrologo francese Andrè Barbault, fece un riferimento cruciale sulla sincronicità che non possiamo ignorare. La sua affermazione ca-povolge la sua idea primitiva di qualità dei momenti di tempo e la sostituisce con la nozione di sincronicità:

E’ una definizione che ho usato in passato, ma che ho sostituito con il con-cetto di sincronicità…poiché il tempo qualitativo non è altro che un flusso di cose, questa ipotesi non stabilisce nulla se non una tautologia, il flusso delle cose e degli eventi è la causa del flusso di cose….

Come e perché Jung arrivò a questa conclusione? La risposta è che egli riconobbe di non aver chiaramente espresso, seppur intuito, la componente soggettiva della sincronicità. Nelle sue definizioni si ritrova una volontaria am-biguità circa la natura della componente psichica, che lascia aperta una dop-pia interpretazione. E’ quello che accade ad esempio nell’introduzione all’I-Ching:

La sincronicità considera la coincidenza degli eventi nello spazio e nel tempo, non come mera casualità, ma come peculiare interdipendenza di fattori oggettivi sia tra loro, sia con lo stato soggettivo (psichico) dell’osservatore o de-gli osservatori..

L’ambiguità consiste sia nella scelta delle parole che nel loro significato. La relazione tra gli eventi oggettivi e lo stato psichico soggettivo dell’osserva-tore non è chiara. Ciò permette due versioni della definizione che chiamerò Sincronicità I e II. La prima sottolinea l’interdipendenza significativa degli eventi fra loro (I); la seconda mette in luce la partecipazione soggettiva del-l’osservatore (II). Una volta chiarito il fatto che si tratta di due definizioni diver-se, si chiariscono alcuni elementi.

La prima versione (I) suggerisce che esiste una relazione tra la mente os-servata oggettivamente e gli eventi osservati oggettivamente. Se così fosse, e come Jung sperava inizialmente, queste interconnessioni potrebbero essere studiate oggettivamente. La sincronicità I incoraggia una percezione oggettiva e distaccata del tempo qualitativo e può generare una teoria o una legge ge-nerale. Tuttavia la seconda versione (sincronicità II) riconosce la partecipazio-ne soggettiva della mente che osserva, cioè di quella mente che sta cercando una legge generale. Questo produce la natura imprevedibile, misteriosa, uni-ca, degli eventi sincronistici che Jung e tutti coloro a cui è accaduto di fare predizioni conoscono.

Nel saggio del 1952 sulla sincronicità, Jung stava cercando una legge ge-nerale, ma non riuscì a distinguere tra le due definizioni latenti nel suo stesso enunciato. Si muoveva ambiguamente tra le due, cercando di colmare lo spa-zio tra l’oggettivo ed il soggettivo, che tutta la filosofia occidentale non era riu-scita a colmare malgrado la sua storia millenaria. Egli comprese che non era possibile separare il “significato” - l’ingrediente fondamentale dei fenomeni sincronistici - dall’attività psichica e cercò di tenerli assieme postulando uno “stato psicoide” esistente a priori della consapevolezza umana, che fosse alla base di entrambi. Questo livello psicoide di realtà è il mistico, unificatore Unus Mundus, attraverso il quale gli archetipi si possono manifestare oggettivamen-te sul piano fisico. Tuttavia solo la Sincronicità II , postulando la paroggettivamen-tecipazio- partecipazio-ne della psiche, partecipazio-ne permette la sua realizzaziopartecipazio-ne. Non si può rimapartecipazio-nere fuori a sbirciare, se si guarda nel Mondo Unico.

“l’interdipen-denza dei fenomeni oggettivi fra loro”, poiché non si può immaginare una rela-zione di causa-effetto tra pianeti ed eventi. In essa un insieme di elementi – i pianeti – corrisponde ad un altro insieme – gli eventi. Nel caso di un evento come il disastro di Chernobyl, la sua ricorrenza vicino all’eclisse in un giorno in cui il Sole si opponeva a Plutone, apparentemente in modo indipendente ri-spetto all’osservatore, è indubbiamente significativo. Allo stesso modo, come ho fatto nei capitoli precedenti di questo libro, si possono confrontare le posi-zioni planetarie della carta di Jung con gli eventi della sua vita. Questa è quel-la che io intendo come “interdipendenza di eventi oggettivi fra loro”.

Jung sperava, con il suo esperimento sul matrimonio, di dimostrare la sin-cronicità e trovare un “principio di connessione acausale” che potesse “essere equivalente al principio di causa-effetto”.

E’ significativo dell’atteggiamento di’ambivalenza di Jung verso la divina-zione, il fatto che ancora in questa fase della sua vita, quando aveva raggiunto ormai i settant’anni, e dopo decenni di contatti con il regno dei simboli e del-l’occulto, poteva ancora esordire con l’assunto di adottare un metodo scientifi-co.

Nessuna fede nell’astrologia è necessaria per fare un tale esperimento, solo i dati di nascita, le effemeridi, e una tavola di logaritmi per costruire le carte.

Chiaramente si tratta della sincronicità I, una interdipendenza di fattori oggettivi fra loro. Ecco il solco tra lo scienziato e il mago. Come farà lo scien-ziato a scoprire il principio che spiegha le coincidenze e le bizzarre qualità de-gli avvenimenti fortuiti? O a trovare l’evidenza scientifica del modo i cui sim-boli come quelli astrologici, acquistano un senso per l’astrologo? Jung è come il padre Juniper del noto racconto, quando cerca di scoprire il mistero del ponte di San Luis Rey. Koestler dice di Jung e di Kammerer, con il suo analo-go lavoro sulla” legge di serialità”,

Come i teologi che iniziano con la premessa che la mente di Dio è al di là della comprensione umana e poi continuano spiegando come funziona la men-te di Dio, essi cominciano postulando un principio acausale, e vanno avanti a spiegarlo in termini pseudo-causali.

L’iniziale assunto di Jung proviene dalla sua tesi iniziale che esista una qualità oggettiva dei momenti di tempo (Sincronicità I), la stessa posizione del 1930. Egli è convinto che

Le coincidenze significative che stiamo cercando sono assolutamente evi-denti in astrologia, perché gli astrologi sostengono che i dati astronomici corri-spondono ai tratti individuali del carattere.

E’ sorprendente il fatto che Jung non dia molta importanza alla sua stes-sa definizione di simbolo e che, concentrandosi solo sullo straordinario potere dell’astrologia di apparire “oggettiva”, tralasci la sua natura simbolica e divi-natoria. Dalla sua prospettiva di Sincronicità I, Jung fa l’errore di confondere i dati astronomici con i simboli, e nella sua definizione di astrologia l’astrono-mia si accoppia con le caratteristiche individuali, lasciando fuori dall’equazio-ne l’interpretaziodall’equazio-ne soggettiva dell’astrologo che deriva i suoi significati dai simboli.

La difficoltà di trovare una definizione univoca ai tratti del carattere, portò Jung a studiare un evento specifico come il matrimonio e la sinastria fra le coppie sposate. Delle varie e possibili combinazioni astrologiche favorevoli al-l’amore e alla relazione, egli scelse tre fattori indicati da Tolomeo come signifi-catori del matrimonio: Sole congiunto Luna, Luna congiunta Luna, Ascenden-te congiunto Luna. Era così impazienAscenden-te di analizzare i dati che non riuscì ad aspettare di avere tutti i dati, per chiedere alla sua collaboratrice di Lilian Frey-Rhon di analizzarli. Il risultato sembrò essere una straordinaria conferma della validità dell’astrologia, perché le coppie mostravano una frequenza ele-vata dell’aspetto Sole-Luna . Jung era conscio del fatto che il test non avrebbe avuto valore statistico finché il resto dei dati non avrebbe confermato il risulta-to. Tuttavia Von Franz ricorda che Jung era seduto nel suo giardino riflettendo

Nel documento LINGUAGGIO ASTRALE (pagine 114-129)