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L A FAMIGLIA LESSICALE DI GVBERNO NEI PAGAN

METAFORA “ EDILE ”

2. G VBERNO , GVBERNACVLVM , GVBERNATIO , GVBERNATOR

2.1 A TTESTAZIONI DI GVBERNO E DERIVATI PRECEDENTI E CONTEMPORANEE AD A GOSTINO

2.1.1 L A FAMIGLIA LESSICALE DI GVBERNO NEI PAGAN

Guberno è calco del greco κυβερνῶ (variato talora dal composto διακυβερνῶ)1; il

significato del verbo latino, come del suo corrispettivo greco, è caratterizzato da un alto valore metaforico: entrambi sono infatti termini tecnici del lessico nautico e significano propriamente ‘tenere saldo il timone’; ‘mantenere la rotta’; ‘governare la nave attraverso le onde’2. L’originaria accezione marinara di guberno conferisce al verbo un dinamismo che si mantiene anche nei suoi impieghi traslati, perché esso esprime un movimento finalizzato (‘dirigere’; ‘condurre ad un fine’; ‘volgere al giusto’)3, svolto da una figura, quella del gubernator (κυβερνήτης), che riveste una posizione di comando non solo per la sua superiorità gerarchica rispetto al resto dell’equipaggio, ma anche per la responsabilità che caratterizza il suo ruolo4 e per la sua capacità di anticipare l’imprevisto5. Anche nelle accezioni in cui il valore proprio sfuma, e prevalgono invece i valori più astratti di ‘organizzare’, ‘regolare’ le singole parti di un’unità composita (come lo stato, il popolo, le res ecclesiasticae, l’universo o una sua parte, ad es. le res

humanae) o di ‘prendersi cura’6, rimangono vive le componenti della volontà e del

potere, sia che per gubernare si intenda l’atto di dirigere cose o persone nello spazio sia

1 Il composto greco è piuttosto raro e di origine platonica: Tim. 42e (cf. con Cic. Tim. 46, entrambi citt.

infra, 9898); leg. 709b (Ὡς θεὸς μὲν πάντα, καὶ μετὰ θεοῦ τύχη καὶ καιρός, τἀνθρώπινα διακυβερνῶσι

σύμπαντα). È poi ripreso da Plutarco (an. procr. 1026e: διακυβερνᾷ τὸν κόσμον). Lo ritroviamo anche nei LXX (Sap 14,3: v. infra, 101; 3 Macch 6,2) e in Clem. Strom. 6,11,93. In ambito provvidenziale (talora anche in presenza dei lessemi πρόνοια / προνοέω) è attestato in Eusebio (praep. eu. 3,6,6;

demonstr. eu. 4,10,15; eccl. theol. 3,3,5; in Ps. 23,225; 248: καθ’ ἣν [sc. διοίκησιν] προνοεῖ καὶ διέπει [sc.

ὁ τῶν πάντων ποιητὴς Θεός] ὡσπερεὶ χερσὶ ταῖς ἑαυτοῦ προνοητικαῖς δυνάμεσι διακυβερνῶν τὰ πάντα; 1220).

2 Cf. Enn. Ann. 22,483: dum clauum rectum teneam nauemque gubernem; v. Th.l.L. VI/2,2349,60ss., s.u.;

DEL, s.u. guberno; LSJ, s.u. κυβερνάω; per la patristica, v. anche PGL, s.u. κυβερνάω, κυβερνήσις,

κυβερνήτης; per le attestazioni agostiniane, v. le voci guberno, gubernator, gubernatio, gubernaculum in

SLA, II s.uu.

3 Th.l.L. VI/2,2350,8 ss., s.u. 4 Beyer 1957, 1034.

5 Cic. diu. 2,13: et medici et gubernatoris et imperatoris praesensio est rerum fortuita rum. Sull’accostamento di queste tre figure, v. Pease 1963, 370, ad loc, e infra, 97.

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che si intenda, in senso più lato, l’azione di gestirle. Con questo aspetto volontaristico, il verbo si presta quindi bene a esprimere il governo dell’anima sul corpo7, assimilabile a quello dell’anima mundi sull’universo (Chalc. comm. 2,150: sanxit deus [sc.

sanctionem] animae mundi ad perpetuam rerum omnium gubernationem)8.

L’astratto gubernatio (κυβερνήσις)9 esprime tecnicamente l’azione o l’arte di governare la nave10; è insito nel sostantivo il concetto di “buon governo” (cf. Plat. rep. 332e), perché il nocchiero è esperto del mare e della navigazione e il suo aiuto è tanto più essenziale quanto più è alto il pericolo del naufragio11. In Cicerone, autore nel quale il composto gubernatio è attestato per la prima volta, il sostantivo è impiegato sia con valore proprio che con valore traslato, non solo in ambito politico (rep. 1,2,3: ciuitatis

gubernatio)12, ma anche in ambito etico-filosofico (inu. 2,164: continentia est, per quam cupiditas consilii gubernatione regitur). In Cicerone, l’accezione astratta di gubernatio

si riferisce prevalentemente alla sfera umana; in Catil. 3,18, è presente tuttavia una sovrapposizione tra l’azione amministratrice umana e quella divina nella gestione della grave situazione politica romana13. Fatta eccezione per l’unica attestazione senecana (ep. 87,17), il sostantivo passa direttamente al latino cristiano e a Calcidio (comm. 2,150, cit. supra, 92; 177: lex diuina promulgata ... ad rerum omnium gubernationem): l’impiego cosmologico-teologico di gubernatio si consolida con Lattanzio e sarà poi suggellato dagli otto libri De gubernatione dei di Salviano di Marsiglia. Bisogna tuttavia tenere presente che questa accezione di gubernatio è marginale rispetto agli altri

7 La metafora dell’anima come gubernator si incontra in Platone (Phaedr. 247c: ψυχῆς κυβερνήτῃ... νῷ; cf. Plotin. 4,3,21) e nel mondo latino è recepita a partire dalla commedia (Ter. Hec. 311: ... gubernat

animus...); cf. Lucr. 5,559: ... uis animae, quae membra gubernat): v. Fantham 1972, 22, in partic. n. 11.

Si tratta di un’immagine diffusissima in Ambrogio, autore nel quale la famiglia lessicale di guberno è attestata soprattutto con accezione morale, per designare l’attività di controllo dell’anima sul corpo o sulle passioni: v. infra, n. 60.

8 Per il parallelo tra anima umana e mens divina, v. Lact. opif. dei 16,10 (cit. infra, n. 74). 9 L’astratto è più raro di κυβερνῶ e κυβερνήτης.

10 Th.l.L. VI/2, 2344,66 ss., s.u. gubernatio; per il valore metaforico v. ibid. 72ss. 11 Scarpat 1996, II 293.

12 Quella del capo politico come κυβερνήτης è un’immagine attestata sia in poesia (Pind. Pyth. 1,86 ss; in partic. 92: ... κυβερνάτας ἀνήρ) sia in filosofia (Plat. Resp. 488a-489d; leg. 758a; Euthyd. 291c). A Roma la metafora è frequente da Catone in poi (ap. Plut. Cato maior 19e), è diffusa in Cicerone (Sest. 20; 98;

Rep. 2,51; un più ampio censimento di passi in Fantham 1972, 23 s.). In Cicerone, la celebre metafora

della nave-stato (cf. Alceo 208 a V.; Degani-Burzacchini 20052, 217ss.) è un topos ricorrente: «gubernacula and naufragium are the favourite symbols of Ciceronian political imagery» (Fantham 1972, 127, n. 22); l’osservazione può estendersi anche agli altri membri della famiglia di guberno (v. May 1980, 259ss.); v. anche Sen. ep. 73,9; Armisen-Marchetti 1989, 148.

13 Cic. Catil. 3,18: quod uix uidetur humani consili tantarum rerum gubernatio esse potuisse; cf. quanto affermato immediatamente prima: Quamquam haec omnia ... ita sunt a me administrata, ut deorum

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valori dell’astratto, un’osservazione valida anche per il suo corrispondente greco κυβερνήσις14.

Le attestazioni cosmologiche di guberno / gubernator, così come quelle di κυβερνῶ / κυβερνήτης sono numerose: la metafora ‒ efficace15 e, diremmo, archetipica ‒ del comando della nave, rende questi lessemi particolarmente adatti a esprimere l’idea dell’azione del dio che regge il mondo e, appunto, lo governa districandolo dal caos. Il loro uso teologico è debitore non solo alla metafora nautica ma anche all’impiego, già con valore traslato, di guberno / κυβερνῶ in ambito politico; privato del suo valore tecnico, guberno ricorre infatti anche come equivalente di moderor o in associazione a quest’ultimo16 (un uso ben attestato negli autori cristiani, compreso A.). Sul piano stilistico, il doppio uso di guberno, con accezione nautica e politica, si traduce nel frequente accostamento di guberno e rego (o delle loro rispettive forme sostantivali)17, caratteristica che si riscontra nell’accezione cosmologico-teologica di questi lessemi sia in A. stesso sia negli autori a lui precedenti. In ambito cristiano l’associazione di rego e

guberno si arricchisce anche dell’immagine del regno celeste (Min. Fel. 18,5: caeleste regnum gubernetur).

L’uso di questi lessemi come espressioni dell’attività divina affonda le sue radici nel greco: la concezione di dio come κυβερνήτης è diffusa sia in poesia che in filosofia; da Pindaro in poi Zeus è infatti descritto come ‘timoniere’ dell’universo (Pind. Pyth. 5,122: Διός τοι νόος μέγας κυβερνᾷ): si tratta di una metafora popolare, presente nei presocratici18, nel teatro19, ereditata da Platone (Crit. 109c; Symp. 186e: πᾶσα διὰ τοῦ θεοῦ τούτου κυβερνᾶται; 197b: Ζεὺς κυβερνᾶν θεῶν τε καὶ ἀνθρώπων; 197e, detto di Eros; Polit. 272e: τοῦ παντὸς ὁ ... κυβερνήτης, etc.) e assorbita dallo stoicismo (pensiamo al celebre Inno a Zeus di Cleante: v. infra, n. 45). Nella filosofia stoica

14 Con questo valore, il sostantivo greco è attestato in Plutarco (sept. sap. conu. 162a: θεοῦ κυβερνήσει; cf. Clem Alex. Protr. 12,118,4: κυβερνήσει σε ὁ λόγος ὁ τοῦ θεοῦ); v. Beyer 1957, 1034s.

15 Il gubernator «donne l’image d’une autorité compétente au milieu des périls» (Armisen-Marchetti 1989, 148).

16 Cf. Cic. fam. 2,7,1: teque hortor ut omnia gubernes et moderere prudentia tua; v. Fantham 1972, 24. 17 Cic. rep. 2,15: gubernari et regi ciuitates; 2,51: rector et gubernator ciuitatis; Sen. ep. 85,33:

Gubernator tibi non felicitatem promisit, sed utilem operam et nauis regendae scientiam, Plin. nat. 12,87: gubernacula regant.

18 Per Anassimandro, v. VS 12 A 15,5 [= Arist. Phys. 3,203 b]: πάντα κυβερνᾶν [sc. τὸ ἄπειρον]; per Parmenide, v. VS 28 B 12,3: ... δαίμων ἣ πάντα κυβερνᾶι; per Diogene di Apollonia, v. VS 64 B 5,6. 19 Soph. Aj. 34s.: πάντα... /... σῇ κυβερνῶμαι χερί - così Ulisse, rivolgendosi alla dea Atena; Eur. Suppl. 880.

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κυβερνῶ è verbo riservato all’azione di ‘guida’ della ragione sull’intero essere umano20, l’unico essere vivente a essere guidato dal logos: SVF III 390 = Plut. uirt. mor. 10,450d, ma κυβερνῶ è anche il verbo dell’attività divina sull’universo21, esplicitamente associato da Crisippo al sostantivo προνοία (SVF II 1184: κυβερνῶνται δὲ ὑπὸ τῆς καθόλου προνοίας). Non a caso, a Roma, la prima attestazione di guberno in associazione a prouidentia è attestata nel secondo libro del De natura deorum di Cicerone (2,73): … ab iis [sc. Stoicis] prouidentiam fingi quasi quandam deam

singularem, quae mundum omnem gubernet et regat22; ritroviamo il verbo nella

tradizionale discussione filo- e antiprovvidenzialistica che vede gli stoici in prima linea:

Quibus non uidetur mundus dei et hominum causa institutus neque res humanae prouidentia gubernari, graui se argumento uti putant, cum ita dicunt: “si esset prouidentia, nulla essent mala” (Gell. 7,1,1)23. Infine, la similitudine stessa del

κυβερνήτης / gubernator (spesso associata a quella del medico) e l’azione della provvidenza è presente in Crisippo (SVF II 1171); in ambito latino si incontrerà spesso a partire da Cicerone (v. infra, 97ss.).

In Lucrezio guberno è attestato con valore astratto nell’ambito delle discussioni antiteologiche. In Lucr. 1,21, il verbo ha un valore apparentemente positivo: il poeta lo riferisce infatti alla forza governatrice di Venere sulla natura (quae [sc. Venus] quoniam

rerum naturam sola gubernas)24: sembrerebbe dunque trattarsi di una sua concessione

al teologismo. Venere è la forza costitutrice e ordinatrice dei diversi elementi dell’universo (intendendo la natura sia come insieme composto dalle diverse res sia come le res stesse, risultato dell’aggregato atomico). Se si considera però che il regno di Venere è noto per i giochi di amore e del caso, anche l’azione ordinatrice della dea (espressa qui da guberno) andrà allora inserita entro la più ampia cornice del caso: l’ordine costituisce quindi un momento accidentale nel flusso casuale delle cose25. In questa prospettiva, nella Venere di Lucrezio si potrebbe riconoscere una figura

20 Già Platone aveva riferito questo verbo all’attività dell’anima: Phaedr. 247c. 21 SVF II 1171: ὁ κόσμος ἡνιοχεῖταί τε καὶ κυβερνᾶται; Posidonio fr. 386,61 Theiler.

22 Anche qui in coppia con rego; cf. nat. deor. 1,100: naturam, quae haec effecisset moueret, regeret,

gubernaret.

23 Il passo è citato da Lattanzio (epit. 24,5).

24 I commentatori di Lucrezio propongono il confronto tra questo passo e Parmenide VS 28 B 12,3 (cit.

supra, n. 18): v. Bailey 1963, ad loc.; Ernout-Robin 1962, ad loc.

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allegorica antitetica a quella di Zeus26, emblema della divinità governatrice per gli stoici.

In Lucr. 5,77, il participio gubernans designa la natura «come principio ordinatore che ammette sia la necessità (uis, ἀνάγνη) sia la casualità (casus, τύχη) [...]. Una delle attività fondamentali della natura, forza cosmica e impersonale, è proprio quella costitutiva ed ordinatrice, di controllo del mondo fisico»27. L’azione governatrice della natura si riferisce nello specifico alle leggi meccanicistiche della fisica, che determinano il moto degli astri (5,76s: Praeterea solis cursus lunaeque meatus /

expediam qua ui flectat natura gubernans)28. La stessa clausola chiude il v. 107 (fortuna gubernans)29, dove il participio è congiunto a flectat, stessa forma verbale di Lucr. 5,77.

La iunctura è speculare a natura gubernans del v. 77. L’alternanza dei soggetti (natura e fortuna) ha sollevato diversi problemi di carattere esegetico30; secondo Jackson (2013, 156), il nesso fortuna gubernans sarebbe complementare a natura gubernans del v. 77, e non in contraddizione con esso, perché è espressione della concezione epicurea secondo la quale tutto ciò che accade è dovuto al caso. In questa prospettiva si rivela dunque inutile intendere i due sostantivi come sinonimi uno dell’altro.

Lucr. 5,1240 presenta infine una prima attestazione del nesso cuncta

gubernare31, una iunctura corrispondente è già attestata in greco (v. supra, n. 18);

capovolto di senso e variato spesso da omnia, il nesso costituisce una costante espressiva (agostiniana e non solo) dell’estensione universale dell’azione della

26 Come mostrato da Asmis (1982, 458-470). 27 Jackson 2013, 135 (con bibliografia).

28 Il nesso natura gubernans esprime dunque una posizione antitetica alla «teologia astrale platonica, aristotelica e stoica» (Dionigi 20012, 429). Diverse possibilità interpretative della iunctura sono proposte da Gigandet 1996 (213-225), che nella iunctura individua «la tâche de penser la nécessité elle-même comme effet local du hasard, les lois comme agencement précaire de la contingence» (ibid. 223). A essa lo studioso conferisce funzione antistoica (v. ibid. 224).

29 L’associazione di guberno e derivati con il sostantivo fortuna è anteriore a Lucrezio (cf. Ter. Eu. 1046: ... quae [sc. fortuna] gubernatrix fuit) ed è un modulo ricorrente. In Cicerone guberno è attestato nel corso di riflessioni personali sulla situazione politica di Roma (Att. 6,3,3; cf. har. resp. 19) e sembra che in Cicerone l’associazione di guberno e fortuna si concentri soprattutto negli scritti epistolari, più intimi (Att. 8,4,1; 14,11,1; cf. 15,9,1: casus gubernabit); cf. Val. Max. 9,12 praef. (fortuna gubernaculum rexit); Ou. trist. 5,14,29.

30 L’alternanza tra natura e fortuna è stata interpretata come variazione sinonimica (così Munro 1886, 289), perché, secondo la concezione epicurea, la natura sarebbe allo stesso tempo caso cieco e necessità inesorabile, oppure come l’alternarsi di due concetti distinti tra loro e compresi entrambi nel sistema lucreziano (così Bailey 1963, 1332; secondo il quale il clinamen sarebbe una forma di causalità, compresa nel processo naturale delle cose; v. ibid. 1755).

31 Negli autori pagani, questa iunctura è attestata esclusivamente come clausola poetica: v. Manil. 2,82: … deus et ratio, quae cuncta gubernat; Sil. 6,467. È poetica anche l’unica occorrenza cristiana della

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provvidenza nell’universo (v. infra, n. 85). In questo passo la iunctura serve invece a descrivere come di fronte a eventi catastrofici la ragione umana finisca per abbandonarsi a una fede irrazionale negli dèi: quid mirum si ... / ... potestates magnas mirasque

relinquunt [sc. mortalia saecla] / in rebus uiris diuum, quae cuncta gubernent (con il

congiuntivo obliquo gubernent, che marca la presa di distanza di Lucrezio dall’idea di un governo divino).

Guberno è spesso usato per designare il moto naturale degli astri: con questo

valore, è attestato soprattutto in Varrone, Cicerone, Manilio e Apuleio. In Varr. Sat. Men. fr. 351, il verbo esprime l’azione direttrice del sole (astro divino, secondo il pitagorismo)32 sul cosmo, paragonato a una lira: quam mobilem diuum lyram sol

harmoge / quadam gubernans motibus diis ueget. Anche in Manilio il verbo guberno

(unico rappresentante di questa famiglia etimologica attestato in questo autore) ha negli astri il proprio soggetto agente: negli Astronomica, infatti, le stelle non sono governate ma governano esse stesse l’intero universo (2,823; 912; 925; 3,139; 208); la ratio divina dirige la totalità degli esseri attraverso le costellazioni dello zodiaco33, e il cielo stesso ha carattere divino. Il verbo è però attestato anche con il soggetto deus:… sacroque meatu /

conspirat [sc. hoc opus immensi … mundi] deus et tacita ratione gubernat (1,250s.). In

questi versi guberno esprime l’azione armonizzatrice di dio che, ordinandole, stabilisce una sintonia tra le diverse parti del cosmo34, descritto come un corpo composto da varie membra35, paragonate al microcosmo umano nel quarto libro (886ss.), dove guberno ricorre due volte, per indicare sia il governo della ratio sull’universo (890) sia quello dell’anima sul microcosmo umano36.

Nel De mundo, Apuleio descrive l’azione mediatrice e benefica degli astri (27:

horum [sc. sol ac luna cunctumque caelum] enim cura salutem terrenorum omnium

32 «On n’ignore pas que les Pythagoriciens divinisaient le soleil et voyaient en lui le chef, le guide, le maître (dux, princeps, moderator, rector, ἡγεμῶν, ἄρχων) de l’univers» (Cèbe 1990, ΙΧ 1498).

33 Manil. 2,82s.: hic igitur deus et ratio, quae cuncta gubernat, / ducit ab aetheriis terrena animalia

signis.

34 V. Th.l.L. VI/2,2351,17ss., s.u. guberno. L’azione armonizzatrice della ratio divina è variamente sottolineata da Manilio (251: conspirat; 252: mutuaque … foedera; altera … alterius; faciatque feratque; 254: maneat cognata) in contrapposizione all’eterogeneità degli elementi costitutivi dell’universo (1,247:

membra; diuersa … forma; 252: in cunctas … partes; 254: per uarias … figuras).

35 Manil. 1,247ss.: hoc opus immensi constructum corpore mundi / membraque naturae diversā condita

formā / aeris atque ignis, terrae pelagique iacentis.

36 Manil. 4, 892s.: sic esse in nobis terrenae corpora sortis / sanguineasque animas, animum, qui cuncta

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gubernari). Questo concetto è assente nel modello greco37, e riflette in modo coerente la

classificazione tripartita delle divinità formulata da Apuleio nel De Platone et eius

dogmate (1,204s.)38.

Anche in Cicerone guberno ricorre in riferimento sia al moto degli astri sia, più in generale, al governo dell’universo. È tuttavia assente la divinizzazione del cielo riscontrata in Varrone, Manilio e Apuleio: i corpi celesti sono piuttosto oggetto dell’azione di una forza naturale e divina che interviene senza identificarsi con essi: nat.

deor. 1,52: qui [sc. aliquis deus] regat, qui gubernet, qui cursus astrorum mutationes temporum rerum uicissitudines ordinesque conseruet. In nat. deor. 2,15, Cicerone

attribuisce a Cleante l’idea che la regolarità, l’ordine e la bellezza degli astri siano di per sé dimostrazione dell’esistenza di una ragione che sovrintende a questi moti: necesse est

ab aliqua mente tantos naturae motus gubernari (nat. deor. 2,15).

In diversi luoghi, Cicerone istituisce una similitudine fra il governo della nave e quello dell’universo, associando la figura del gubernator a quella dell’amministratore (administrator) della domus, del medico, del comandante dell’esercito (imperator)39. Tali similitudini sono richiamate costantemente nella descrizione dell’azione divina sull’universo. Si tratta di un parallelo di matrice stoica, come emerge dal sillogismo deduttivo (una struttura di ragionamento essa stessa di origine stoica) esemplificato in

inu. 1,58 ss., già discusso a proposito della famiglia lessicale di administro (v. supra,

63s.). Nel terzo libro del De natura deorum (3,75s.), le figure del medicus e del

gubernator sono riferite all’azione divina (cf. SVF II 1171), questa volta però con

intento polemico, in antitesi alla dottrina stoica che, assieme a quella platonica, intendeva deresponsabilizzare gli dèi dal male. Secondo Cotta, infatti, se il male deriva da un cattivo uso della ragione, dono dagli dèi, è corretto ritenere questi ultimi direttamente responsabili degli effetti negativi del loro dono. Incolpare soltanto gli

37 Cf. περὶ κόσμου 398b, 7-10. «Apulée a introduit la notion importante de la délégation de pouvoir aux astres» (Beaujeu 1973, 332).

38 L’idea dell’attività governatrice affidata alle divinità intermedie lascia traccia anche nell’Apologia (43:

... inter deos atque homines natura et loco medias quasdam diuorum potestates intersitas, easque diuinationes cunctas et magorum miracula gubernare); cf. Min. Fel. 27,1: auium uolatus gubernant [sc. daemones], sortes regunt.

39 V. supra, n. 5. L’accostamento di queste figure è già in Platone: v. e.g. Polit. 298d; Resp. 360e; Symp. 197e; leg. 902d.

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esseri umani dei loro errori è come ritenere il medico responsabile della malattia o incolpare il capitano (gubernator) della violenza di una tempesta40.

Nella traduzione ciceroniana del Timeo, guberno non si riferisce alla generica azione divina sul cosmo, come è invece nella maggioranza delle attestazioni ciceroniane del lessema, ma alla vita dell’uomo e implica, quindi, l’idea dell’interesse e della premura della divinità per il genere umano: il demiurgo predispone, infatti, che gli dèi più giovani dirigano la vita degli uomini, per evitare che questi ultimi si procurino da soli inutili sofferenze: deinde ut huic animanti principes se ducesque praeberent [sc. dii

iuniores] uitamque eius quam pulcherrime regerent et gubernarent, quatenus non ipse bene factus sua culpa sibi aliquid miseriae quaereret (Tim. 46). Guberno traduce il

composto greco διακυβερνῶ (Plat. Tim. 42e: ... ὅτι κάλλιστα καὶ ἄριστα τὸ θνητὸν διακυβερνᾶν ζῷον, ὅτι μὴ κακῶν αὐτὸ ἑαυτῷ γίγνοιτο αἴτιον), un verbo piuttosto raro e di matrice platonica (v. supra, n. 1)41.

In Seneca prevalgono i composti nominali gubernator e gubernaculum sulla forma verbale42: un dato contrario alla tendenza generale che vede una ricorrenza maggiore del verbo rispetto ai sostantivi corradicali, ma coerente con il prevalere, in Seneca, del valore metaforico di questa radice (perché l’ originario valore tecnico si attenua più facilmente nel verbo che non nei sostantivi corrispondenti), e con l’importanza delle immagini nel suo pensiero43. In epist. 107,10, Seneca ci restituisce il ritratto di un Giove capitano, che tiene saldo il timone del mondo: … Iouem, cuius

40 Cic. nat. deor. 3,76: Sed urgetis identidem hominum esse istam culpam non deorum. Ut si medicus

grauitatem morbi, gubernator uim tempestatis accuset; v. Pease 1958, 1170. L’innocenza degli dèi è un Leitmotiv della teologia platonica (cf. Tim. 42d; rep. 379b; 617e:αἰτία ἑλομένου·θεὸς ἀναίτιος; leg. 900a-

e), ereditato dalla riflessione successiva: dallo stoicismo (cf. Crisippo ap. Gell. 7,2,12) e dal platonismo di Plutarco e, prima ancora, di Filone di Alessandria (opif. mundi 75; conf. ling. 31,161;36,180): cf. Sen. nat. 5,18,5; 5,18,13: non tamen… queri possumus de auctore nostri deo si beneficia eius corrupimus et ut

essent contraria efficimus; Apul. Plat. 1,12: … nec ullius mali causa deo poterit adscribi: Holford-

Strevens 1988, 202s.; v. Lanzi 2000.

41 L’idea della premura e della protezione divina in associazione al verbo guberno è presente anche in Apuleio che, introducendo il concetto di provvidenza, afferma: sed omnia quae naturaliter et propterea

recte feruntur prouidentiae custodia gubernantur (Plat. 1,12).

42 In Seneca, la radice di guberno è attestata 50 volte in tutto: il verbo guberno è attestato solo 4 volte, a fronte delle 35 occorrenze di gubernator e delle 8 di gubernaculum; l’astratto gubernatio ricorre invece 2 volte. A questi sostantivi si aggiunge la neoformazione gubernabilis (nat. qu. 3,29,2: siue animal est

mundus, siue corpus natura gubernabile…).

43 «L’élaboration des concepts stoïciens est bien évidemment antérieure à Sénèque. Mais adhérer a une doctrine est, dans une certaine mesure, réitérer l’invention originelle des fondateurs du système […]; et ici l’imagination joue son rôle, au niveau des couches profondes du psychisme» (Armisen-Marchetti 1989, 275).

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gubernaculo moles ista derigitur44 (cf. Phaedr. 903: … gubernator poli, vale a dire

Giove “timoniere del cielo”, ovvero «garant de l’ordre du monde, et de la Fides»; Grimal 1965, ad loc.). La metafora introduce la celebre traduzione dell’inno a Zeus di Cleante45 (cf. ibid. 11: Duc, o parens celsique dominator poli); come accennato, la caratterizzazione del padre degli dèi come gubernator è un motivo tradizionale nella letteratura greca (v. supra, 93). L’universo, costituito da elementi contrari tra loro (ibid. 8), si contrappone all’immagine del saggio, al quale non resta che obbedire all’immutabile legge dell’universo (ibid. 9: malus miles est qui imperatorem gemens

sequitur). Il passo conferma, quindi, il colore stoico delle immagini del gubernator e

dell’imperator usate per descrivere l’azione divina sull’universo (v. supra). In Seneca, però, queste metafore tradizionali e cosmologiche acquistano un valore esistenziale: è infatti l’uomo stesso ad assurgere al ruolo di gubernator, nel tentativo di districarsi dalle tempeste della vita (Marc. 5,5; prou. 4,5; 5,9)46. Attraverso la pratica della filosofia, il timone passa, per così dire, di mano, da dio all’uomo, che diviene soggetto attivo, il