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I L LESSICO DELLA PROVVIDENZA “ NASCOSTA ”: CONSIDERAZIONI GENERAL

E XCVRSVS I L “ LAVORO ” DELLA PROVVIDENZA : FACIO , FIO E OPERATIO , OPEROR , OPVS

II. I L MISTERO DELLA PROVVIDENZA

1. I L LESSICO DELLA PROVVIDENZA “ NASCOSTA ”: CONSIDERAZIONI GENERAL

L’idea della presenza nascosta della provvidenza è espressa da A. con una certa varietà di lessemi o di espressioni, associati alla parola-chiave prouidentia. A parte lateo (latenter), che significa ‘essere nascosto’, il valore traslato (‘nascosto’; ‘segreto’) degli altri lessemi si è formato a partire da etimi differenti: abdo (abditum) è un ‘nascondere’ conseguenza di un allontanamento6; secerno (secretus) è un nascondere ‘mettendo da parte’7; occulo (occultus), derivato dalla radice *kel-, comune anche al verbo greco καλύπτω (orig. ‘sotterrare’)8, significa ‘coprire’, ‘avvolgere’, ‘velare’ e quindi ‘nascondere’ (un valore corrispondente anche a operio)9; altus rende infine l’idea della segretezza e dell’oscurità a partire dal valore di ‘profondo’10.

Occultus corrisponde agli aggettivi greci ἀπόκρυφος, κρυφιμαῖος, κρυπτός e al

neutro sostantivato della forma participiale ϰεϰϱυμμένον11. La tendenza agostiniana al cumulo sinonimico si riscontra anche quanto riguarda per la sfera semantica del mistero, si tratta però di un uso linguistico consolidato già in precedenza: occultus, ad esempio, è spesso attestato in associazione ad aggettivi di significato concorrente (con abditus: v. Cic. nat. deor. 1,49: res occultas et penitus abditas; Plin. nat. 9,25; Rufin. hist. 3,25; Aug. s. 241,3: occultis atque abditis sinibus; con secretus, cf. Sen. ira 3,13,1: occultam

6 DEL, s.u. do. 7 DEL, s.u. cerno.

8 Oepke 1957a, 558; cf. id. 1957b, 960. Κρύπτω è verbo complementare a καλύπτω e significa ‘avvolgere’ per nascondere (e per proteggere), ‘nascondere’ per dissimulare (DEG, s.u. κρύπτω); nel tempo i due verbi hanno subito il reciproco influsso (ibid.). Al contrario, il composto con ἀπο- esprime l’idea del disvelamento: v. DEG, s.u. καλύπτω. Ἀποκαλύψις (‘rivelazione’) è un termine dalle complesse implicazioni teologiche: «Offenbarung ist Manifestation des Göttlichen. […] Alle Religion hat irgendwie mit Manifestation des Göttlichen zu tun. Diese besteht in der Aufhebung der Verborgenheit» (Oepke 1957a, 566). Nella religione greca la manifestazione divina non è tuttavia un ἀποκαλύπτειν, ma una ἐπίδειξις o il σημαίνειν della divinità. Questo scarto lessicale è indicativo del fatto che la segretezza non costituisce un tratto essenziale del concetto greco di divinità (ibid. 568). I termini ἀποκαλύπτω e ἀποκαλύψις sono lessemi di per sé rari e, con accezione esclusivamente teologica, fanno parte del lessico biblico e sono attestati esclusivamente in testi di epoca tarda (ibid. 572). Nel Nuovo Testamento, la manifestazione divina è espressa dai lessemi γνωρίζω, δηλόω, φανερόω, ἐμφανίζω, ἀποκαλύτω / ἀποκαλύψις, che costituiscono una sorta di climax, in cui il “tasso di solennità” aumenta progressivamente (al diminuire del numero di attestazioni dei lessemi in contesto profano): dal significato di ‘comunicare’ si passa a quello di ‘rendere noto’, di ‘rendere manifesto’ e, infine, di ‘rivelare’ (ibid. 594s.).

9 Th.l.L. IX/2,682,6, s.u.

10 Th.l.L. I 1779,6ss., s.u. altus; Diff. gramm. suppl. 284,26: inter altum et excelsum hoc interest, quod

altum tam in superiorem partem elatum intellegitur, quam quod ad inferiora deponitur, excelsum in superius tantum; cf. i sinonimi di avverbi riferiti all’accezione di ‘profondo’: interius, penitus, occultius, impresse (Th.l.L. I 1786,47s., s.u.). Al campo semantico di profundus è dedicato lo studio di Mantovanelli

(1981).

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secretamque; Cypr. laps. 27; Mar. Victorin. hymn. 3,200: secreta atque in occulto substantia, deus...; Rufin. hist. 6,8,2; Aug. ep. 102,29; retr. 1,11)12. Nella Vulgata, le

forme di abscondo tendono a prevalere sui termini di significato affine (come abdo /

abditus; arcanus; lateo; occulo / occultus; operio / opertus; secerno / secretus)13;

abscondo traduce prevalentemente il greco κρύπτω, ma anche altri verbi di significato

affine, come κλέπτω, καλύπτω, λανθάνω14. Nella Bibbia, le scelte lessicali variano a seconda della traduzione latina: nella Vetus Latina e nella Vulgata, la resa dello stesso lessema greco oscilla infatti tra occultus, absconditus o un’alternativa corrispondente15.

L’associazione tra le parole-chiave prouidentia / prouideo / prouisio e i lessemi che esprimono l’idea di essere nascosto è rara e si riscontra soltanto negli autori cristiani. Tuttavia, già in Lucrezio – in un contesto fortemente antiteologico –, si trova un riferimento alla forza nascosta della natura (5,1233s.: usque adeo res humanas uis

abdita quaedam / opterit…)16, capace di spazzare via in un attimo le res humanae

(iunctura, quest’ultima, tematica della provvidenza: v. infra, s.u., 247-249), e dimostra così che la divinità non può (o non vuole) intercedere a favore dell’uomo.

Secondo Lattanzio, la presunzione di riuscire a penetrare con la ragione il mistero della provvidenza di Dio – un attributo costitutivo della sua essenza –17 è una prerogativa della filosofia pagana18: in quo illos [sc. qui naturam rerum putauerint

12 Th.l.L. IX/2,363,60ss., s.u. occulo.

13 Th.l.L. I 163,4ss., s.u. abscondo; il dato è confermato anche da una ricerca nella LLT-A: alle 294 occorrenze di abscondo nella Vulgata, ne corrispondono 52 di occult-; 39 di secerno / secretus; 21 di

lateo; 4 di abditus.

14 Th.l.L. I 153,49ss., s.u. abscondo.

15 Ad esempio, la traduzione di Mt 10,26 (οὐδὲν … ϰεϰαλυμμένον, ὃ οὐϰ ἀποϰαλυφϑήσεται ...) nihil

occultum, quod non reuelabitur è attestata in Tert. paenit. 6; uirg. uel. 14; Aug. mor. 1,31; Gn. adu. Man.

2,32; gr. et lib. arb. 44, mentre la Vulgata traduce con nihil enim opertum quod non reuelabitur (così anche Ambr. in ps. 43,82,2; Aug. Spec. 25); λόγος … ϰϱύφιος di Iud 3,19 è reso con uerbum occultum in Aug. qu. 7,20, mentre la Vulgata presenta l’aggettivo secretum.

16 La iunctura esprime la forza segreta e casuale che determina il divenire dell’universo, scambiata invece per forza divina da quanti, digiuni di filosofia epicurea, sono preda di una fede cieca e di un timore superstizioso: « [...] it [sc. uis] is the controlling force of the atomic mundus, which men do not understand when they misdirect their prayers to the gods, but which is the real power that grinds down human hopes and achievements» (Costa 1984, 138); cf. Ernout-Robin 1962, ad loc.; Bailey 1963, ad loc.; Müller 1975, 288.

17 Loi 1970, 67; v. supra, 24s.

18 Si pensi a Epicuro, qui res occultas et penitus abditas non modo uideat animo sed etiam sic tractet ut

manu (Cic. nat. deor. 1,49); cf. Sen. nat. 6,5,2: magni animi res fuit rerum naturae latebras dimouere, nec contentum exteriore eius aspectu introspicere et in deorum secreta descendere; Manil. 4,308 s.: quae tibi non oculis, alta sed mente fuganda est / caligo, penitusque deus, non fronte, notandus; Apul. mund. 30: non aliter diuinarum et humanarum rerum status regitur, quando uno moderamine contenta omnia pensum sui operis agnoscunt curatque omnibus occulta uis nullis oculis obuia, nisi quibus mens aciem suae lucis intendit; cf. le antitesi senecane tra il futuro chiaro per gli dèi (in aperto; prouisa ac familiaria);

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ingenio posse conprehendi] non excordes tantum fuisse arbitror, sed etiam inpios, quod in secreta caelestis illius prouidentiae curiosos oculos uoluerint inmittere (diu. inst.

3,20,2)19.

Nella traduzione rufiniana del De principiis di Origene, gli elementi dell’invisibilità e dell’incomprensibilità (occulte / in occulto / occultus,

inconpraehensibiliter [sic!], penitus, lateo, ineffabilis, latens, abscondo) sono comuni

all’azione della provvidenza nell’universo e al carattere ispirato della Scrittura che finisce per sfuggire, se ci si concentra soltanto sul suo senso letterale20. La provvidenza governa ogni cosa, ma la sua ratio non si manifesta in modo uniforme: alia uero tam

occulte tamque inconpraehensibiliter [sic!] explicantur, ut penitus in his lateat diuinae ratio prouidentiae (Rufin. Orig. Princ. 4,1,7). L’invisibilità del criterio provvidenziale –

espressa attraverso un cumulo di lessemi riconducibili a questa area semantica –21 solleva dei dubbi riguardo all’universalità della provvidenza; la ratio prouidentiae non sfugge tuttavia in misura uguale a tutti gli esseri umani22.

Il tema del mistero accomuna dunque il piano cosmologico e il piano esegetico- scritturistico e si fonda sulla relazione tra signum e res: come infatti nell’universo, i

uisibilia (o corporalia) sono segni che rimandano a significati (res) ulteriori e invisibili

(inuisibilia o incorporalia), così l’oscurità del dettato biblico richiede

oscuro e inaspettato, invece, per l’uomo (ex abdito; repentina): nobis ex abdito subit, et, quae repentina

putamus, illis prouisa ueniunt ac familiaria (Sen. benef. 4,32,1).

19 Non solo la provvidenza è nascosta, ma essa lascia avvolti nel mistero anche alcuni meccanismi della creazione, che si rivelano soltanto ai fedeli; cf. Rufin. Clement. 8,27,1: sed et in hoc admiranda est diuina

prouidentia, quod uidere nos quidem et agnoscere fecit quae fiunt, quomodo autem et qualiter fiant, in secreto posuit et in occulto, ut non indignis ad agnitionem subiaceant, sed dignis et fidelibus, cum meruerint, patefiant.

20 Crouzel-Simonetti 1980, IV 154. La fede nella provvidenza impedisce di mettere in discussione la sua azione soltanto perché non si è in grado di comprenderla; in modo analogo, il carattere ispirato della Scrittura non deve essere messo in dubbio, soltanto perché non si riesce a coglierne il significato al di là dei segni verbali (Princ. 4,1,7: ... ne scripturae quidem sanctae diuina esse inspiratio ... pro eo non

putabitur, quod infirmitas intellegentiae nostrae non ualet per singula uerba occultas et latentes inuestigare sententias ...). Sull’oscurità come caratteristica costitutiva della Scrittura, v. Rufin. Orig. in Num. 18,4.

21 Rispetto all’originale greco (ἕτερα δὲ οὕτως ἀποκέκρυπται, ὡς ἀπιστίας χώραν παρέχειν δοκεῖν τῆς περὶ τοῦ τέχνῃ ἀφάτῳ καὶ δυνάμει διοικοῦντος τὰ ὅλα θεοῦ), la traduzione latina è notevolmente dilatata. Nel testo greco, l’idea della imperscrutabilità di alcune opere della provvidenza è espressa soltanto dal verbo ἀποκρύπτω, a fronte dei quattro termini latini riconducibili alla medesima sfera semantica (occulte,

inconpraehensibiliter [sic!], penitus, lateat).

22 Rufin. Orig. Princ. 4,1,7: ita ut interdum a nonnullis nec credantur quaedam ad prouidentiam

pertinere, quoniam quidem ratio ab eis latet, per quam ineffabili quadam arte opera diuinae prouidentiae dispensantur; quae tamen ratio non aequaliter omnibus in occulto est; cf. Aug. en. Ps. 103,2: deo placuit talium rerum figuris abscondere sapientiam suam, non auferre studiosis, sed claudere negligentibus, aperire pulsantibus.

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un’interpretazione che superi il mero senso letterale23. L’idea dell’oscurità divina si lega quindi in modo indissolubile al metodo allegorico, che spinge alla ricerca di un significato ulteriore della Scrittura e, più in generale, all’idea che l’universo sia disseminato di signa della presenza divina24. In doctr. chr. 2,7, la locuzione prouisum

esse diuinitus25 esprime la funzione educativa dell’oscurità della Scrittura; nel passo si

condensa un cumulo di lessemi riconducibili alla sfera semantica dell’oscurità (obscure;

densa caligo e, prima, obscuritas et ambiguitas)26: ita obscure dicta quaedam densissimam caliginem obducunt. quod totum prouisum esse diuinitus non dubito ad edomandam labore superbiam et intellectum a fastidio renouandum, cui facile inuestigata plerumque uilescunt. L’idea dell’oscurità delle Scritture come risultato di

una disposizione provvidenziale, dalla quale deriva l’esigenza di ricercarne un senso più profondo al di là del significato letterale, avvicina A. alla tradizione alessandrina, ma con la differenza che per gli alessandrini il fine di tale oscurità è quello di tenere lontani gli indegni dal significato autentico della Scrittura; mentre A. insiste sulla funzione educativa di tale oscurità che funge da stimolo alla ricerca e alla modestia27.