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O NNICOMPRENSIVITÀ DELL ’ AZIONE “ AMMINISTRATRICE ” DELLA PROVVIDENZA 1 D ALL ’ ALTO AL BASSO : ONNICOMPRENSIVITÀ A LIVELLO ONTOLOGICO E

LESSEMI NR OCCORRENZE

1.2.3 O NNICOMPRENSIVITÀ DELL ’ AZIONE “ AMMINISTRATRICE ” DELLA PROVVIDENZA 1 D ALL ’ ALTO AL BASSO : ONNICOMPRENSIVITÀ A LIVELLO ONTOLOGICO E

MORALE

diu. qu. 53,2: non itaque deus deceptor ..., sed meritorum et personarum iustissimus distributor, faciens quaedam per se ipsum, ... sicuti est inluminare animas et se ipsum eis ad perfruendum praebendo sapientes beatasque praestare, alia per seruientem sibi creaturam integerrimis legibus pro meritis ordinatam, quaedam eorum iubens quaedam permittens, usque ad passerum administrationem, sicut dominus in euangelio dicit, et usque ad faeni decorem, usque ad numerum etiam capillorum nostrorum diuina prouidentia pertendente atque ueniente.

Con il nesso passerum administratio, A. parafrasa e sintetizza l’immagine derivata dal regno naturale presente in Mt 10,29 (nonne duo passeres asse ueneunt? et unus ex illis

non cadet super terram sine patre uestro)63. L’espressione ricorre in un’enumerazione

di immagini evangeliche, la bellezza del fieno64 e il numero dei capelli65: assieme a quella dei gigli (Mt 6,28), queste immagini fanno parte di un tradizionale repertorio scritturistico e patristico sul tema della provvidenza66. Per A., questi riferimenti evangelici hanno lo statuto di prove concrete (e “letterali”, che non occorre quindi interpretare in senso allegorico) dell’onnicomprensività dell’azione divina (s. dom. m.

anche egli ci sia” trad. di G. Faggin). La metafora del boia compare a conclusione di un passo dove è ampiamente sviluppata l’analogia fra mondo e dramma teatrale: fra mondo e testo, quindi (cf. ibid.: τόδε τὸ πᾶν ποίημα).

63 Cf. Mt 6,26: Respicite uolatilia caeli, quoniam non serunt, neque metunt, neque congregant in horrea:

et Pater uester caelestis pascit illa. Nonne uos magis pluris estis illis? Attraverso la mediazione del

vangelo, la administratio si caratterizza non soltanto come mera “gestione” o “controllo” dell’universo ma acquisisce anche una sfumatura “affettiva”, tipica della concezione neotestamentaria di Dio e della sua provvidenza (v. supra, 23). La administratio consiste qui nella cura di Dio per le sue creature: egli provvede infatti al loro sostentamento (pascit).

64 Mt 6,30: Si autem faenum agri, quod hodie est et cras in clibanum mittitur, Deus sic uestit, quanto

magis uos, minimae fidei?; cf. Lc 12,28.

65 Mt 10,30: Vestri autem capilli capitis omnes numerati sunt.

66 Mt 6,26: Ambr. in Lc. 7,124; hex. 4,2,6 (sulla generosità divina); Hier. in Matth. 6,26,850 ss.; Mt 10,29- 30: Nouatian. trin. 8,6; Rufin. Orig. princ. 2,11,5; 3,2,7 (nihil sine deo fiat); in Rom. 3,1; Hier. in Matth. 10,29,1735 ss.; 10,30,1758 ss.; Ambr. in psalm. 38,20,1 (deus, cui nihil inmensum sit, qui omnia mensura

quadam suae scientiae comprehendat, nihilque ei sit inaestimabile, nihil inexaminatum atque inenumerabile, qui ait sed et capilli capitis uestri omnes numerati sunt). Tuttavia, nei Padri,

l’interpretazione provvidenziale di questi versetti concorre con altre: i duo passeres assumono significato morale, come allegorie dell’anima e del corpo (Tert. scorp. 9,7; Ambr. in Lc. 7,114); l’immagine dei capelli è prova dell’elezione divina (Ambr. Abr. 1,3,15: ad gratiam iustorum) o della promessa escatologica (Tert. resurr. 35,9 s.; Ambr. spir. 2 prol. 15 s.: ... quid mihi prodest, si deus omnipotens

meos nouit capillos? Illud mihi redundat et proficit, si bonorum operum peruigil testis remunerationem gloriae donet aeternae).

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2,52: ista documenta non sicut allegoriae discutienda sunt, ut quaeramus quid

significent aues caeli aut lilia agri; posita sunt enim, ut de rebus minoribus maiora persuaderentur). Administratio ricorre qui in associazione a pertendo usque ad (cf. Sap

8,1 cit. al termine del passo), un modulo impiegato spesso da A. per esprimere l’estensione dell’azione provvidenziale (v. infra, 283ss.), che in questo caso si dispiega lungo la direttrice alto-basso67, coinvolgendo anche le creature inferiori dell’universo (gli animali e le piante: i passeres e il faenum) o i dettagli apparentemente più insignificanti del cosmo (il numero dei capelli sui nostri capi)68. Su questo punto, A. si trova d’accordo con i platonici, secondo i quali la bellezza del regno vegetale e animale costituisce una prova dell’estensione universale della provvidenza69: diuinam

prouidentiam haec quoque rerum infima atque terrena administrare docuerunt [sc. philosophi praecipueque Platonici] numerosarum testimonio pulchritudinum, quae non solum in corporibus animalium, uerum in herbis etiam faenoque gignuntur (ciu.

10,17)70.

Tuttavia, questo riferimento cosmologico si inserisce in un discorso di carattere morale ben più ampio, volto a dimostrare come la giustizia di Dio (che può intervenire sia in forma diretta sia in forma mediata nell’universo) non trascuri alcun ambito: il male morale non è, quindi, un inganno divino ma la punizione di colpe precedenti, secondo lo schema retributivo. Administratio esprime quindi la cura divina estesa anche al livello inferiore della gerarchia dell’essere. La prova dell’onnicomprensività della

67 Cf. Orig. in Ier. 12,5: τὰ ἐν τῷ οὐρανῷ, τὰ ἐν τῇ γῇ πανταχοῦ διοικεῖ. Questa azione divina consiste qui nel prendersi cura (συμφέρει) dell’intero universo e anche dell’individuo, nei limiti in cui questo non turba l’equilibrio universale.

68 A. fa spesso riferimento a questi versetti nella discussione sul tema della provvidenza: Mt 6,26 è cit. in

s. dom. m. 2,51; agon. 9; in associazione a 1 Cor 9,9 (un altro versetto sul quale A. riflette nell’ambito

della discussione sulla provvidenza; v. prou. dei 9): qu. 2,89; en. Ps. 145,14; Mt 6,30 è cit. in s. dom. m. 2,52; ciu. 10,14 (particolarmente interessante per l’associazione delle immagini evangeliche e plotiniane: v, infra, n. 70 e 283-285); c. adu. leg. 1,6; ep. 205,17; Mt 10,30: conf. 1,19; en. Ps. 36,3,13; 96,17; 145,14; cf. la rivisitazione della metafora vegetale in conf. 7,8: qua [sc. sapientia] mundus administratur

usque ad arborum uolatica folia.

69 In c. Faust. 22,19, il terreno comune tra pagani e cristiani è impiegato polemicamente per accentuare la distanza rispetto all’avversario manicheo (quod [sc.iudicium dei] neque pagani negant, qui dei

prouidentia istam uniuersitatem regi et administrari a summis usque ad ima concedunt).

70 In ciu. 10,14, A. associa Plotin. 3,2,13 (Plotinus Platonicus disputat eamque a summo deo... usque ad

haec terrena et ima pertingere flosculorum atque foliorum pulchritudine conprobat) a Mt 6,28-30; il

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provvidenza è funzionale a dimostrare che ogni aspetto dell’universo – anche l’ambito morale – ricade sotto il governo della legge divina71.

uera rel. 63: quare ista peruersitas corrigenda est, quia nisi fecerit [sc. animus] quod sursum est deorsum et quod deorsum est sursum, regno caelorum aptus non erit ... nec ideo diuinae prouidentiae administratio minus decora fit, quia et iniusti iuste et foedi pulchre ordinantur ...

Questo passo mette in luce lo stretto legame tra administratio e ordo, risultato dell’azione della provvidenza. La sua azione ordinatrice, che coinvolge anche gli aspetti inferiori, ha valore morale ed estetico (con una sovrapposizione dei due livelli: cf. il doppio statuto semantico di decora e foedi). L’azione della provvidenza è un movimento inclusivo e correttivo, che trasforma, ordinandoli, l’ingiustizia in giustizia e la bruttezza in bellezza: questo movimento di conuersio del negativo entro una cornice positiva (di matrice plotiniana: v. Plotin. 3,2,5, cit. infra, cap. IV, n. 5) si contrappone alla peruersio umana, che capovolge la gerarchia ontologica e morale, perché valuta “male”, ponendo ai vertici ciò che deve stare in basso e viceversa. La direttrice verticale alto-basso su cui si dispiega la administratio divina è così integrata da un movimento circolare di inclusione e diviene un elemento utile al progresso interiore dell’anima (v.

infra, cap. IV, in partic. 259s.).

1.2.3.2DALL’INIZIO ALLA FINE: LA ADMINISTRATIO DELLA STORIA

uera rel. 50: sic proportione uniuersum genus humanum, cuius tamquam unius hominis uita est ab Adam usque ad finem huius saeculi, ita sub diuinae prouidentiae legibus administratur, ut in duo genera distributum appareat.

In uera rel. 50, il campo di azione della provvidenza si dispiega nella storia lungo l’intero asse temporale (cf. il modulo usque ad), dal primo uomo alla fine del tempo, come si trattasse della vita di un singolo essere umano, che la provvidenza governa dall’infanzia alla vecchiaia72. L’associazione di administro al nesso sub legibus

prouidentiae, che accentua il valore gerarchico dell’espressione, ricollega il valore del

verbo al suo impiego originario e più frequente in ambito politico e giuridico (cf. agon.

71 Questo stesso schema si ritrova in Aug. lib. arb. 1,13, espresso in termini più asciutti: nam nescio

utrum non aliqua uehementiore ac secretissima lege teneantur [sc. res], si nihil rerum est, quod non administret diuina prouidentia.

72 V. le analogie lessicali di diu. qu. 53,1: diuina enim prouidentia pulchre omnia moderante, ita uniuersa

generationum series ab Adam usque ad finem saeculi administratur tamquam unius hominis a pueritia usque ad senectutem temporis sui tractum aetatis gradibus terminantis. Il parallelo tra governo del

singolo e governo dell’intero genere umano da parte della provvidenza è espresso attraverso un lessico di forte marca politica (cf. in partic. l’antitesi avverbiale priuatim / publice in uera rel. 46; diu. qu. 44: v.

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9: omnia ... in genere suo et in ordine suo diuinae prouidentiae legibus subdita

administrantur). Il valore giuridico-amministrativo del verbo è classico, ma A. lo

risemantizza, innovando sul piano sintattico (sono rari i riscontri precedenti ad A. di

administrari sub, così come l’associazione di administro e lex: attraverso questo

accostamento lessicale, A. costruisce un’espressione dalla veste tradizionale e romana)73; ravviva così la metafora insita nell’espressione, trasferendola alla sfera teologica (cosa che, prima di lui, avevano fatto Tertulliano e, prima ancora, Cicerone)74: le leggi cui accenna A. non sono più le leggi della città, ma i criteri dell’ordine divino, che sul piano morale comportano la distinzione (in duo genera distributum) tra empi e non.

1.2.3.3ADMINISTRATIO COME GARANZIA DI ORDINE E GIUSTIZIA

lib. arb. 2,53: quae [sc. alia uita] tamen regitur administratione diuinae prouidentiae, quae congruis sedibus ordinat omnia et pro meritis sua cuique distribuit.

Anche la condizione della volontà peccatrice (alia uita), che devia dal bene autentico (uoluntas ... auersa ab incommutabili et communi bono), rivolgendosi a una forma di bene inferiore (conuersa ad proprium bonum aut ad exterius aut ad inferius), rientra nell’administratio della provvidenza. Quest’ultima si manifesta, infatti, sia sul piano ontologico, come azione ordinatrice (ordinat), sia sul piano morale, come equa distribuzione di pene e castighi (distribuit): l’administratio opera quindi nei due ambiti, garantendo rispettivamente l’ordine e la giustizia, intesa in termini retributivi75, ed espressa attraverso una fortunatissima definizione di origine ciceroniana: pro meritis

sua cuique distribuit (lib. arb. 2,53); cf. Cic. inu. 2,160: iustitia est habitus animi communi utilitate conseruata suam cuique tribuens dignitatem76 (ciceroniano è anche

73 Questa associazione lessicale è presente in Cicerone (inu. 1,68: ex legibus omnes rem publicam optime

putant administrari; cf. 2,118), in riferimento al governo dello stato: A. impiega lo stesso lessico politico

in riferimento al governo della provvidenza.

74 Cic. Cluent. 147, cit. supra, 62 (con un valore già astratto di administro); Tert. adu. Marc. 2,8,3: …

secundum obsequium legum eius administratur [sc. eadem arbitrii libertas et potestas]. Eius è lezione

tràdita preferibile all’emendazione dei di Kroyman (ed. CSEL, vol. 47, 345), perché il referente del determinativo si deduce facilmente dal contesto (così Braun 1990, 63, n. 5).

75 Aug. lib. arb. 2,53: digna et iusta eam [sc. aduersionem atque conuersionem] miseriae poena

subsequitur.

76 Questo passo è compreso nella lunga citazione del De inuentione che A. fa in diu. qu. 31,1. La formula con cui Cicerone definisce la giustizia si trova anche in altre opere, come fin. 5,65 (quae animi affectio

suum cuique tribuens ... iustitia dicitur); 67 (iustitia in suo cuique tribuendo); nat. deor. 3,38 (iustitia... suum cuique distribuit); rep. 3,18; leg. 1,19; off. 1,15; 42. Cf. Plat. rep. 1,331e; Lact. epit. 50,5: plurimi quidem philosophorum, sed maxime Plato et Aristoteles de iustitia multa dixerunt adserentes et

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l’accostamento di digna et iusta; cf. il passo appena cit. e off. 1,15; 42: pro dignitate

cuique tribuatur id enim est iustitiae fundamentum)77.