2.2.1 ‘D ARE FORMA ’
4. A LTRI LESSEMI RELATIVI AL MODO DI GOVERNARE DELLA PROVVIDENZA
4.4 M ODEROR , MODERATIO , MODERATR
In associazione alle parole-chiave, la famiglia lessicale di moderor è rappresentata dalla forma verbale, dall’astratto moderatio e dall’epiteto moderatrix; non sono invece attestate occorrenze del sostantivo moderamen e del maschile moderator:
LESSEMI NR.
OCCORRENZE PASSI DATAZIONE
moderor 4 diu. qu. 27: omnia haec diuina p-a pro meritis moderatur animarum.
388-391
diu. qu. 53,1: diuina enim p-a pulchre omnia moderante.
388-391
uera rel. 29: nostra supplicia diuina p-a moderata est.
388-391
c. Adim. 26: diuina enim p-a cuncta moderante et gubernante ita homo male facit, quod uult, ut male patiatur, quod non uult.
393/394
moderatio 1 s. 50,6: non solum condidit affluentissima bonitate, sed etiam prouidentissima moderatione dispensat70.
?71
moderatrix 1 uera rel. 43: conditricem uero ac moderatricem temporum diuinam p-am.
388-391
Tabella 30 Attestazioni agostiniane di moderor, moderatio, moderatrix associati alle parole-chiave
Il verbo moderor presenta due valori principali: significa da un lato ‘stabilire una misura’ o un limite, una regola e quindi ‘mitigare’, ‘mettere a freno’ (è detto, ad esempio, delle parole o dei moti dell’animo: cf. il greco μετριοπαθέω)72; dall’altro lato, il valore generico di ‘stabilire un ordine o un percorso’, lo avvicina al significato di
68 La terapia dell’anima messa in atto dalla provvidenza ha il suo culmine nell’incarnazione della sapienza in Cristo. Secondo A., la vera religione, il cristianesimo, sarebbe stato dunque in grado di guarire l’anima dal triplice vizio (della uoluptas, della superbia e della curiositas), laddove Platone aveva invece fallito, e avrebbe dato efficacia compiuta alle tre parti della filosofia; v. Bochet 1997, 143-175; ead. 2004, 333-371 e infra, cap. III, s.u. cura / curatio / curo, in partic. 222.
69 L’anima, precipitata da una condizione di eternità a una di temporalità in seguito al peccato originale (uera rel. 38: homo de paradiso in hoc saeculum expulsum est, id est ab aeternis ad temporalia) deve ora percorrere questo stesso itinerario a ritroso (conuersio), con l’aiuto della provvidenza; v. Camisasca 1987, 541ss.
70 V. infra, s.u. bonitas / bonus, 237s.
71 Il sermo potrebbe appartenere ai primi anni del sacerdozio (391-396), ma non è possibile escludere una datazione più tarda, al tempo della controversia pelagiana: cf. Drobner 2013, 500-502.
72 Cic. de orat. 3,40: lingua et spiritus et uocis sonus est ipse moderandus; fin. 2,60: moderatio
cupiditatum. Moderatio è anche uno dei termini proposti da Cicerone per rendere la virtù della
σωφροσύσνη (cf. Tusc. 3,16); cf. Chalc. comm. 2,140: cum occasiones uitiorum percipit [sc. anima
159
verbi come guberno e rego73: moderor significa infatti anche ‘condurre’, ‘dirigere’, ‘governare’ (riferito a un mezzo di trasporto, all’ambito politico, a un discorso o al canto); ma come si vedrà questi valori si trasferiscono anche alla sfera del divino; gli corrispondono i verbi greci διέπω, διοικέω (v. supra, s.u. administro, 60ss.), ἐπιστατέω74. Questi due valori caratterizzano anche i sostantivi derivati: il nomen
actionis moderatio (gr. διοίκησις, ἡνιοχεία, κοσμιότης, μετριότης)75 esprime l’atto di
‘stabilire una misura’ o di ‘dirigere’, ‘istituire un ordine’ o quello di ‘conformare’ a esso. Moderator / moderatrix designano invece il o la protagonista di queste azioni. L’impiego teologico di questi lessemi si attesta con Cicerone. Come già osservato a proposito di rego, essi esprimono il moto costante degli astri, il governo razionale dell’universo che mantiene il suo ordine nel divenire del tempo76. In contesti più strettamente cosmologici, la famiglia lessicale di moderor è ben attestata anche negli autori cristiani77.
Al contrario, in A. moderor e moderatio ricorrono in associazione al lessico della provvidenza non tanto con valore cosmologico, quanto piuttosto per designare il governo di quest’ultima sulla storia umana (in particolare biblica: diu. qu. 53,1)78, ma in A. questi lessemi dicono anche e soprattutto la giustizia della provvidenza. In c. Adim. 26, ad esempio, la giustizia è intesa in termini distributivi (v. supra, s.u. guberno, 120s.): sul piano morale essa riflette lo stesso criterio razionale posto a fondamento
73 Th.l.L. VIII/2,1214,58ss., s.u. moderor.
74 Th.l.L. VIII/2,1212,34s., s.u. moderor; Forcellini, s.u. 75 Th.l.L. VIII/2,1205,79s., s.u. moderatio; Forcellini, s.u.
76 Cic. nat. deor. 2,87: nisi sensu moderante diuinaque prouidentia (riferito alle diverse parti dell’universo); ac. 119: Stoicus est, hunc mundum esse sapientem, habere mentem quae et se et ipsum
fabricata sit et omnia moderetur moueat regat; nat. deor. 2,60. L’ordine e la costanza con cui hanno
luogo i moti dell’universo inducono a pensare che esso sia abitato da un dio che lo regge e lo governa (nat. deor. 2,90: rectorem et moderatorem; v. supra, s.u. rego, 131, n. 41); rep. 6,17: [sc. sol] dux et
princeps et moderator luminum reliquorum, mens mundi et temperatio; 26: qui [sc. deus] prouidet, qui tam regit et moderatur et mouet id corpus cui praepositus est; Tusc. 1,68; leg. 1,61; Chalc. comm. 2,251
(v. supra, s.u. rego, 126, n. 7); 3,311: opificis moderatio (della materia); cf. Cic. nat. deor. 1,67: nulla
moderante natura; fin. 4,11: quanta sit etiam apud deos moderatio, quantus ordo (confrontandosi con le
tesi epicuree).
77 Lact. inst. 1,3,1; 1,8,2; 2,11,4; 3,20,13; epit. 2,3; 2,5; opif. 10,14; 16,4; 10 (spesso associato a lessemi della famiglia lessicale di rego: alcuni di questi passi sono infatti citati anche nella sezione precedente: v.
supra); Arnob. nat. 2,74; 3,2; Ambr. hex. 1,4,13; 4,6,28; epist. 36,1. In associazione al lessico della
provvidenza, moderor e derivati sono usati in contesto cosmologico in Rufin. Apol. 2,12: quae [sc.
prouidentia dei] moderatur uniuersa; Rufin. Recogn. 1,32,3: ex ratione et ordine stellarum agnoscere potuit conditorem eiusque prouidentia intellexit cuncta moderari; Hier. in Eccl. 3,14: deus certa ratione cuncta moderatus est, et iussit humanis usibus elementa seruire, ut homines haec uidentes, intellegant esse prouidentiam (l’universo, quindi, è prova dell’esistenza di Dio).
160
dell’ordine dell’universo (diuina enim prouidentia cuncta moderante et gubernante ita
homo male facit, quod uult, ut male patiatur, quod non uult); la provvidenza punisce
infatti l’uomo che sbaglia riconducendo il male commesso entro un disegno generale di ordine.
In riferimento alla giustizia i lessemi in questione si avvicinano al primo dei due valori ricordati sopra (‘stabilire una misura’, ‘un criterio giusto’)79. In uera rel. 29, ad esempio, la provvidenza commina in modo equilibrato i suoi castighi (nostra supplicia
diuina prouidentia moderata est), che hanno una funzione educativa per l’uomo
(amaritudine poenarum erudiamur), offrendogli l’occasione di correggere la propria
superbia e rivolgersi così a Dio80. Un concetto analogo è in Hier. in Eph. 6,31, p. 549A: in illo [sc. domino] moderata et ordinata sunt omnia, et poena qua peccatores corriguntur81. L’espressione agostiniana supplicia moderari riecheggia il lessico
giuridico82.
In diu. qu. 27, A. afferma, facendo riferimento a una concezione retributiva della giustizia, che l’azione della provvidenza è proporzionata ai meriti di ciascuna anima (omnia haec diuina prouidentia pro meritis moderatur animarum); A. fornisce così una motivazione all’idea della relatività delle tribulationes che affliggono indiscriminatamente buoni e malvagi: esse sono infatti un castigo (poena) per i malvagi e un’occasione di miglioramento (exercitatio) per i buoni. La funzione educativa di questi mali apparenti per i buoni è una risposta all’insoluto problema della teodicea e della sofferenza del giusto (v. infra, 270-276). Già in Cicerone moderatio assumeva una
79 Th.l.L. VIII/2,1214,11ss.
80 Cf. Bardy 1960b, 803. Per il ruolo di Dio che guida l’animo nel volgere i vizi in virtù, cf. Lact. inst. 6,17,12 (nam istae concitationes animorum iuncto currui similes sunt, in quo recte moderando summum
rectoris officium est ut uiam nouerit), una rivisitazione in chiave cristiana della metafora platonica della
biga (Phaedr. 246a-b), con Dio che si sostituisce alla ragione nel ruolo di auriga. Il vizio diviene virtù quando le pulsioni dell’anima non sono più rivolte agli oggetti terreni ma a Dio; v. supra, s.u. guberno, 102, n. 60.
81 Anche in Ambrogio il concetto di moderatio poenae, sinonimo della misericordia divina (Noe 13,45), ha la funzione di richiamare l’uomo a Dio (pat. 1,1: debet enim iustitiam temperare moderatio ... ideo
dominus Iesus conpassus nobis est, ut ad se uocaret, non ut deterreret).
82 Cf. coll. Mos. 1,11,3: poenam ... recte ... moderatus es ad modum culpae; Vulp. dig. 48,13,7:
moderanda poena est. Il concetto della moderatio poenae costituisce il fondamento dell’azione giusta: v.
Ambr. in Ps. 118,18,5: iustus ... sicut ultor culpae, ita moderator est poenae, sicut uindex peccatorum, ita
remunerator est uirtutum optimorumque meritorum (in Ambrogio l’idea della “ giusta proporzione” del
castigo inflitto non si fonda su un criterio educativo, come per A., ma sulla capacità di sopportazione di ciascuno, v. in Ps. 118,20,41: ne sine moderatione mensurae poenae cumulo grauarentur. Et sustinere
non possent); Hier. in Leu. 11,2: est enim apud iudicem iustum poenae moderatio, non solum pro qualitate, uerum etiam pro quanti tate, in merito al giudizio finale.
161
valenza morale83, proprio nell’ambito della tradizionale obiezione antiprovvidenzialistica (nat. deor. 3,86: mundi diuina in homines moderatio profecto
nulla est, si in ea discrimen nullum est bonorum et malorum)84.
È nella traduzione rufiniana del De Principiis di Origene che si riscontrano le maggiori affinità espressive (la versione latina dell’opera origeniana risale al 398 ed è dunque successiva ai passi agostiniani qui analizzati)85, perché la famiglia lessicale di
moderor ricorre in associazione al lessico della provvidenza e in relazione al tema della
giustizia, come declinazione del concetto di ordine86. In Rufin. Orig. Princ. 2,9,8, emerge come Dio sia in grado di provvedere a tutte le anime, adeguando la sua azione ai meriti di ciascuna (quae omnia deus usque ad minimum uirtute sapientiae suae
prouidens atque dinoscens moderamine iudicii sui, aequissima retributione uniuersa disposuit, quatenus unicuique pro merito uel succurri uel consuli deberet). L’azione
divina segue pertanto un criterio di equità che secondo Origene è valido sia nella fase di preesistenza delle anime sia nel momento del giudizio finale (cf. Rufin. Orig. Princ. 3,1,17).
Infine, l’epiteto moderatrix è riferito a prouidentia soltanto in uera rel. 43 (conditricem ... ac moderatricem temporum), ed è di matrice ciceroniana (nat. deor. 3,92: eius [sc. materiae] ... uniuersae fictricem et moderatricem diuinam ...
prouidentiam). Sia in Cicerone che in A., moderatrix è accostato a un altro nomen agentis riferito alla generazione dell’universo, ma l’indubbia analogia fra A. e Cicerone
è tale soltanto sul piano formale, perché su quello semantico l’uso agostiniano si rivela più ricco di significati: in Cicerone moderatrix esprime la facoltà della provvidenza di plasmare ciò che essa vuole dalla materia (con un movimento, quindi, finalizzato alla generazione); in A., invece, la provvidenza è moderatrix temporum (i tempi di pronuncia delle sillabe, in questo contesto): l’epiteto compare, infatti, nell’ambito di una similitudine fra poesia e creazione (si deve amare il creatore, non la creatura, altrimenti
83 Un ulteriore esempio ciceroniano dell’uso di questi lessemi in riferimento alla giustizia divina è rappresentato da leg. 2,15: dominos esse omnium rerum ac moderatores deos, eaque, quae gerantur,
eorum geri iudicio ac numine; su iudicio, v. il commento di Dyck (2004, 284 ad loc.).
84 Cf. Gaudent. serm. 44: dum uolunt fortuita adstruere uniuersa, quae creator omnium deus iusto
moderamine prouidenter exercet, ita loquuntur: “Si dei prouidentia gubernaretur hic mundus, numquam promiscue bonos et malos tribulationum, dolorum, aerumnarum atque aegritudinum plagae conficerent”.
85 Simonetti 2010, 11.
86 Perché la provvidenza ha la funzione di affidare a ciascuna anima il posto che le spetta, a seconda dello
status morale assunto da ognuna nella sua condizione di preesistenza; cf. Rufin. Orig. Princ. 3,2,3: de diuina prouidentia quod omnes, qui in hos humanae uitae descenderint agones, iustissima moderatione dispenset secundum rationem uniuscuiusque uirtutis.
162
sarebbe come soffermarsi soltanto su di un’unica sillaba di una poesia, senza cogliere la bellezza dell’intero componimento). Alla base dell’uso agostiniano di questo lessema c’è dunque il valore tecnico di moderor, che esprime la modulazione della voce e del canto87; la prouidentia moderatrix di A. è quindi una provvidenza “cantatrice”, secondo un’immagine del tutto coerente con la metaforica agostiniana della parola (in cui il mondo è concepito come carmen)88.
4.5TEMPERO
Come verbo transitivo tempero (usato nella forma deponente da Lattanzio, sul modello di moderor) significa ‘mescolare’, ‘combinare’ rispettando le proporzioni (gr. κεράννυμι); modificare una sostanza per mezzo di un’altra: diluire, ad esempio, il vino con l’acqua o con un altro liquido per addolcirlo o mitigarne il sapore. Da qui, quindi, il significato di ‘temperare’, ‘moderare’89.
Tempero è attestato con valore cosmologico, per designare il momento della
generazione del mondo narrata nel Timeo (Cic. Tim. 22; 27; 42; Chalc. comm. 2,296, cit.
infra, n. 91). Alla base dell’uso agostiniano di questo verbo c’è l’idea della mescolanza
di elementi contrari fra loro, che in questo modo riducono reciprocamente il loro effetto, componendo un insieme equilibrato; tempero è infatti un termine tecnico del lessico dell’armonia (cf. Cic. rep. 6,18: acuta cum grauibus temperans uarios aequabiliter
concentus efficit; Apul. mund. 21,336: initiorum inter se imparium conuentu[s] pari nec discordante consensu natura ueluti musicam temperauit ... unumque ex omnibus et ex uno omnia)90.
A. riferisce però questo verbo al piano della storia (ciu. 18,51: cui [sc. ciuitati
peregrinae] ... et rebus prosperis consolatio, ut non frangatur aduersis, et rebus aduersis exercitatio, ut non corrumpatur prosperis, per diuinam prouidentiam procuratur, atque ita temperatur utrumque ab alterutro). I fedeli cristiani subiscono
87 Th.l.L. VIII/2,1216,32ss., s.u. moderor.
88 A. riferisce questo stesso epiteto anche a iustitia (duab. an. 20; c. Sec. 15: moderatrice summa atque
ordinatrice iustitia); a mens (ciu. 14,19: moderatrice mente atque ratione; ep. 118,24: mentem illam ordinatricem et moderatricem rerum omnium; non a caso parafrasando Cic. nat. deor. 1,26!) e alla sapientia di Dio (c. Sec. 15: summam dei sapientiam ... fabricatricem ac moderatricem suam [sc. pulchritudinis temporalis]); cf. Eustath. Bas. hex. 3,7: moderatricem sapientiam dei, resa del greco τὴν
μεγάλην τοῦ τὰ πάντα κυβερνῶντος σοφίαν.
89 Forcellini, s.u. tempero; DEL, s.u. tempero; con valore assoluto, tempero significa invece ‘moderarsi’ o ‘astenersi da’, costruito con il dativo; in epoca tarda è però attestato anche il costrutto se temperare ab (DEL, s.u.).
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eventi sia favorevoli sia avversi: la provvidenza è responsabile di entrambi e di mantenere una proporzione equilibrata fra essi, un’armonia fra gioia e dolore. Le attestazioni di tempero in riferimento alla commistione di un principio negativo e di uno positivo, per dare origine a un insieme armonico ed equilibrato, trovano riscontro anche in altri autori91; si tratta tuttavia di principi cosmologici e non di eventi appartenenti alla dimensione della storia: l’impressione è che A. riprenda quindi l’uso classico e consueto di questo verbo, specializzatosi nel lessico filosofico come lessema dell’armonia cosmica, per poi servirsene in un contesto del tutto differente92.
91 Lact. inst. 2,8, par. add. 2: fecitque ante omnia duos fontes rerum sibi aduersarum inter seque
pugnantium, illos scilicet duos spiritus, rectum atque prauum ... ut in eorum essent potestate contraria illa, quorum mixtura et temperatione mundus et quae in eo sunt uniuersa constarent; Chalc. comm. 2,296: mundum ex speciei bonitate siluaeque malitia temperatum.
92 Tempero si riferisce alla sfera morale in Gaudent. praef. 45 (deus omnipotens easdem plagarum species
pro qualitatibus temperat meritorum, quosdam quidem puniens, quosdam uero uel emendans a uitiis uel emundans uel certe ad ampliorem gloriam promouens). Il valore del verbo è tuttavia diverso dall’uso
agostiniano: qui infatti non c’è traccia dell’idea della mescolanza di elementi fra loro contrapposti, per dare luogo a un composto armonico; si tratta piuttosto della capacità di Dio di commisurare ai meriti di ciascuno le pene inflitte (un valore che era invece emerso per moderor: v. supra, s.u., in partic. 159-161).
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