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R EGO IN ASSOCIAZIONE A UN VERBO DI CREAZIONE ; IL GOVERNO ONNICOMPRENSIVO DELLE COSE

2.2.1 ‘D ARE FORMA ’

3. R EGO , RECTOR , REGIMEN , REGNVM

3.1 A TTESTAZIONI DI REGO E DERIVATI PRECEDENTI E CONTEMPORANEE AD A GOSTINO

3.2.1 R EGO IN ASSOCIAZIONE A UN VERBO DI CREAZIONE ; IL GOVERNO ONNICOMPRENSIVO DELLE COSE

Sul piano linguistico, la distinzione tra azione creatrice e azione governatrice di Dio, è evidenziata dalla coppia costituita da un verbo di creazione (usato al perfetto) e il verbo

rego (usato al presente), oppure da due sostantivi corrispondenti (la stessa struttura si

incontra anche con le famiglie lessicali di administro e di guberno). Si tratta di un usus stilistico anteriore ad A. A. usa questi lessemi per esprimere le posizioni pagane in materia di provvidenza, condivise anche dai cristiani (ciu. 1,36; c. Faust. 22,19, cit.

supra, s.u. administro, 69, n. 50), e insiste poi sull’estensione onnicomprensiva del

governo della provvidenza, che coinvolge anche il piano della storia77: rego (o un sostantivo membro della stessa famiglia etimologica) è associato infatti ad aggettivi pronominali come omnis, cuncti; oppure a uniuersum / uniuersitas o a mundus78; equivalenti espressivi del modulo a summis usque ad infima ... regi (s. dom. m. 1,52; su questa formula, più frequente nella forma pertendo usque ad / in, v. appendice, 283ss.). L’idea del governo onnicomprensivo nel tempo presente è sfruttata da A. in dimostrazioni di varia natura e riguarda anche il piano della storia individuale.

Gn. litt. 5,22,43: quid ergo absurdius, quid insulsius sentiri potest quam eam [sc. hanc mundi partem, quam putant fortuitis motibus perturbari] totam esse uacuam nutu et regimine prouidentiae, cuius extrema et exigua uideas tanta dispositione formari, ut aliquanto adtentius cogitata ineffabilem incutiant admirationis horrorem? Et cum animae natura naturae corporis antecellat, quid est dementius quam putare nullum esse diuinae prouidentiae iudicium de moribus hominum, cum in eorum carne tanta eius sollertiae clareant et demonstrentur indicia?

L’analogia tra un principio razionale umano e uno cosmico è inoltre usuale, sia in ambito classico che cristiano (si pensi a Lattanzio), è il parallelismo fra macrocosmo e microcosmo. Anche in questo passo A. accenna alla relazione fra anima e corpo, ma lo fa in termini differenti da quelli visti finora: il focus del ragionamento agostiniano non risiede infatti nella dimostrazione dell’esistenza di un regimen provvidenziale, ma nello stabilirne l’estensione. Inversamente rispetto a quanto osservato finora, il punto di partenza non è quindi tanto la sfera dell’anima, quanto piuttosto quella del corpo.

77 La provvidenza determina infatti l’esistenza e lo sviluppo dei regna umani (ciu. 5,1) e, in generale della storia, a tutti i livelli: raggiunge anche il più minuto e insignificante dettaglio naturale (ciu. 5,11: [sc. deus

summus et uerus] qui non solum caelum et terram, nec solum angelum et hominem, sed nec exigui et contemptibilis animantis uiscera nec auis pinnulam, nec herbae flosculum nec arboris folium sine suarum partium conuenientia et quadam ueluti pace dereliquit: nullo modo est credendus regna hominum eorumque dominationes et seruitutes a suae prouidentiae legibus alienas esse uoluisse); cf. Lact. inst.

5,15,8: cum possit deus reges quoque ipsos inferiores etiam infimis facere. 78 V. diu. qu. 36,1; Gn. litt. 5,21,42, trattato s.u. guberno, 112s.; c. Faust. 22,19.

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L’onnicomprensività della provvidenza, estesa anche al piano morale, permette ad A. di affermare che la sua azione coinvolge anche l’anima schiava del peccato (guidata anche essa dal numerus, che ne determina la bellezza, seppure di livello inferiore: mus. 6,56) e che Dio non può quindi essere responsabile del male, né di quello compiuto (peccatum) né di quello subito (poena) dall’anima malvagia (lib. arb. 1,1). L’azione reggitrice e governatrice della provvidenza coincide, infatti, con il concetto di giustizia distributiva, che riporta l’ordine morale, turbato dall’azione di una volontà libera di volgersi sia al bene immutabile (conuersio) sia ai beni mutevoli (auersio): cf.

lib. arb. 2,53. Lo stesso discorso si applica ai demoni: posto che è la provvidenza a

governare l’universo, e non il caso (ciu. 9,13: porro quia prouidentia summi dei ... non

fortuita temeritate regitur mundus)79, ne consegue che la loro eterna infelicità (aeterna miseria) è una conseguenza della loro malvagità (magna malitia). In ciu. 1,28, il nesso creator mundi et rector è infine associato all’idea dell’imperscrutabilità dei giudizi

divini: la provvidenza è infatti qualificata dall’aggettivo altus (su questo passo, v. infra, il cap. dedicato al mistero della provvidenza)80.

en. Ps. 145,13: sic factus est homo, ut norit consulere iumentis suis; nec inde praecepta a deo accepit, sed insinuatum est illi in mentem a deo, ut possit et sine praecepto facere; fecit illum talem deus. Sed quomodo regit pecus, regendus est ab alio; ab eo a quo regitur, praeceptum accepit. Ad praecepti ergo tenorem, “non est de bobus cura deo” [1 Cor 9,9]: ad prouidentiam uniuersitatis, qua creauit omnia et mundum regit: “homines et iumenta saluos facies, domine” [Ps 35,7].

In en. Ps. 145,13, A. analizza un versetto dal significato ambiguo (cf. prou. dei 9; agon. 9): l’affermazione di 1 Cor 9,9 (“Dio non si prende cura dei buoi”) appare infatti come una limitazione del dominio della provvidenza. Rego è usato sia in riferimento alla conduzione del bestiame, secondo un uso che sembra vicino a quello biblico, visto in Ps 22,1, corrispondente al greco ποιμαίνω (v. supra, 135), sia in riferimento all’azione della provvidenza; inoltre, attraverso la citazione di Ps 35,7, rego assume una valenza escatologica e salvifica. Nel modulo chiastico creauit omnia et mundum regit vi è quindi la successione fra la creazione conclusa nell’arco dei sei giorni e il governo continuo della provvidenza, che si dilata, per così dire, anche nel futuro; il valore di

79 Cf. Aug. en. Ps. 31,2,18: si casibus reguntur homines, nulla prouidentia aliquid geritur (A. sintetizza così una delle tesi degli empi).

80 Cf. Aug. s. 18,1: uident habere diuitias et pessimos homines et bonos homines uident etiam … laborare

in his miseriis non solum bonos, deus nec respicit nec regit, sed omnino in intimo quodam fundo mundi huius dimisit nos casibus uolui, nec aliquam prouidentiam exhibet nobis. A. gioca qui sull’antitesi tra

visibilità e invisibilità e sulla contrapposizione tra piano del presente e piano del futuro, in cui avrà luogo il giudizio divino. Prouidentia sembra avere qui il valore di ‘interesse’.

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rego salda, quindi, la dimensione del presente e quella del futuro (cf. le attestazioni

bibliche di rego, sempre al futuro).