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alla comunicazione

1.20 L’elaborazione degli approcci teoric

Dell’approccio matematico si è parlato in precedenza. E’stato il primo, il più semplice, applicabile in informatica e nella cibernetica, ma inadeguato ad affrontare e comprendere la complessità delle relazioni interpersonali e delle situazioni sociali. L’approccio semiotico è stato affrontato in modo più esteso. Rispetto al primo pone l’accento sul processo di significazione sottolineando con ciò la relazione tra comunicazione e cultura. Definisce il concetto di segno come equivalenza e come inferenza, ampiamente descritto nella parte dedicata alla linguistica. Nella teoria strutturale di Saussure il contesto è presente, ma rimane ancora un aspetto marginale della comunicazione, mentre assume maggior rilievo nella prospettiva del segno come inferenza di Peirce.

Dall’analisi della struttura del sistema linguistico l’attenzione si sposta, con l’approccio pragmatico, all’atto concreto e contestualizzato di comunicazione. Due principali aspetti denotano la pragmatica:

• il rapporto di interdipendenza tra “testo” e “contesto”; • la relazione tra “segni” e “interpretanti”.

All’interno della pragmatica si incontrano diverse posizioni teoriche: nel presente lavoro verranno approfondite le ricerche della scuola di Palo Alto con gli studi sulla pragmatica della comunicazione umana e la teoria degli atti linguistici elaborata dai filosofi del linguaggio J. Austin e J.R. Searle. Secondo la teoria degli atti linguistici la comunicazione è processo, intenzione, azione.

Sempre nell’ambito della filosofia del linguaggio, e più precisamente delle scienze cognitive, la riflessione continua con l’analisi del filosofo britannico Paul Grice che analizza il modo in cui concretamente avviene la comunicazione. E’ una prospettiva della pragmatica cognitiva.

Ogni messaggio comporta la presenza di alcuni principi, definiti “Principi conversazionali di Grice”, sui quali si fondano l’interpretazione e le deduzioni implicite sul pensiero e sulle intenzioni dell’interlocutore, caratteristiche di ogni discorso. Comunicare, in questo senso, significa esprimere “intenzioni o stati mentali” da parte di chi parla, mentre significa riconoscere “intenzioni o stati mentali” da parte di chi ascolta. La possibile differenza tra quanto detto e quanto inteso lascia spazio all’interpretazione, ma anche al fraintendimento. I contenuti impliciti della comunicazione dipendono dalle circostanze, dal contesto, dalle conoscenze che gli interlocutori hanno del mondo dell’uno rispetto all’altro. Il modello proposto da Grice è di tipo inferenziale e si contrappone al modello tradizionale del codice: nel primo caso comunicare implica un processo di interdipendenza e di “attribuzione di intenzioni”, nel secondo caso, invece, indica un rapporto di corrispondenza tra le rappresentazioni mentali di chi parla e di chi ascolta. Anche la tesi di Grice tornerà ad essere argomentata, nel seguito di questo lavoro, perché apporta un contributo notevole allo studio della comunicazione umana.

Nel suo insieme la visione pragmatica si presenta interessante, tuttavia si fonda quasi esclusivamente sull’analisi dei fenomeni linguistici, mettendo in secondo piano gli aspetti relazionali ed interattivi che, viceversa, tanta parte hanno nel processo comunicativo.

Anche la sociologia si è interessata alla conoscenza della comunicazione, sia a livello macro, studiando le grandi strutture della società (esempio: le istituzioni, le organizzazioni, le leggi, l’economia, il sistema politico, la

religione, la coltura, … ), sia a livello micro, oggetto di analisi del quale è l’interazione tra le persone o interazione sociale che può avvenire tra due soggetti o nei gruppi. Negli ultimi anni, la cosiddetta “svolta comunicativa” ha profondamente segnato la sociologia determinando il passaggio dalla teoria dell’azione alla teoria della comunicazione.

Il passaggio anzidetto può esser tradotto nel seguente modo: “da una concezione ontologica della realtà al concetto di costruzione sociale della realtà, dove la realtà è il prodotto dell’attività cognitiva umana; da una razionalità a priori (astratta ed universale) ad una razionalità a posteriori (contingente e locale); dalla morale definita come insieme di norme che trascendono la prassi alla pratica quotidiana; dal senso del soggetto (inteso come attore intenzionale) al senso comune (definito come l’insieme delle conoscenze acquisite e date per scontate)”. 120

Una seconda recente corrente di pensiero, sempre all’interno della sociologia, si è dispiegata intorno al concetto di “postmoderno”. Si fonda su presupposti contrari ai grandi ideali o illusioni, a seconda dei punti di vista, dell’età moderna come ad esempio il progresso, la libertà, la giustizia, il sapere, la ragione, il bene, la globalizzazione.

Due paradigmi la caratterizzano:

• la descrizione della realtà è possibile solo alla luce di uno schema concettuale di fondo;

• gli schemi concettuali sono molteplici, fra loro non totalmente traducibili, ovvero fra loro diversi.

All’idea di un “pensiero forte”, di affermazioni universalistiche, di una certezza della verità e di valori assoluti, si contrappone la “consapevolezza dei limiti del sapere”, di una “pluralità di universi di senso, della contestualità della conoscenza, la “dissoluzione delle certezze e dei valori assoluti”. I termini segnati tra virgolette indicano i concetti formulati dai diversi autori che hanno contribuito alla definizione della prospettiva filosofica del “postmoderno”.

Si rende qui necessario dare inoltre evidenza al concetto di globalizzazione in quanto luogo di contraddizione, luogo di incontro delle antinomie della

società contemporanea, ovverossia postmoderna. In questo senso la globalizzazione costituisce un “processo contraddittorio” attraversato dalle seguenti opposizioni: a) universalismo vs. particolarismo, b) integrazione vs. frammentazione, c) omogeneizzazione vs. differenziazione, d) centralizzazione vs. decentralizzazione, e) giustapposizione vs. sincretizzazione. 121

Nella prospettiva postmoderna globalizzazione non significa universalismo, né omogeneizzazione, bensì pluralismo di culture e di senso. Ne consegue, da un lato una perdita d’identità e di principi guida sia per l’individuo che per la società, dall’altro l’emergere di una maggiore riflessività. La riflessività interroga e mette in questione le posizioni del singolo e nel confronto con gli altri. All’interno di questo processo la comunicazione riveste un ruolo fondamentale, poiché ogni nuova informazione costituisce per ciascuno motivo di ripensamento e messa in discussione del sapere acquisito “generando una condizione di instabilità della conoscenza e della coscienza.” 122

Da questo punto di vista la comunicazione è in se stessa riflessività. Andando verso la conclusione del presente paragrafo rimane ora da esaminare l’approccio psicologico dal contenuto assolutamente interessante ai fini della tesi sostenuta nel presente lavoro: la comunicazione come relazione. La psicologia ha studiato la comunicazione non solo come processo di significazione, di relazione, di informazione e di trasmissione nella dimensione del singolo soggetto, dei gruppi o delle istituzioni, ma anche come “dimensione intrinseca”, personale, che esprime l’identità di ogni singola persona. Costituisce oggetto particolare di indagine lo sviluppo della competenza comunicativa nel neonato e nel bambino. Uno dei primi ed insigni studiosi dell’essenziale relazione tra comunicazione e costruzione della propria identità fu G. Bateson. L’approccio tradizionale (mettersi in comunicazione) e l’approccio interattivo (prendere parte alla comunicazione) pongono in evidenza due aspetti importanti, ma non

121 Ibidem, pag. 32. 122 Ibidem, pag. 33.

esaustivi di un processo che si costituisce soprattutto nell’essere in comunicazione. Significa che la comunicazione nasce e si costruisce nel tessuto delle relazioni in un duplice senso: le relazioni sono generate e a loro volta generano comunicazione. Bateson osservò inoltre la presenza di più livelli: il livello della comunicazione si riferisce ai contenuti, mentre il livello della metacomunicazione ha come oggetto la comunicazione stessa. Il passaggio alla metacomunicazione sposta lo scambio comunicativo sulla relazione interpersonale. L’oggetto del discorso diventa la “cornice” interpretativa (o frame) del messaggio stesso, poiché la metacomunicazione fornisce un modello di riferimento. In ogni atto comunicativo il soggetto definisce se stesso e l’altro, ma anche la natura della relazione che li unisce. E’ come se ciascuno dicesse:”Ecco come sono. Ecco come mi vedo. Ecco come mi presento; e contemporaneamente: Ecco come ti vedo. Ecco come tu sei secondo me; e ancora: Ecco che tipo di relazione ci lega.”123

Gli scambi comunicativi avvengono in modo continuo, reciproco, ininterrotto e a più livelli. Nell’ordine delle categorie della psicologia tradizionale “la risposta” ad un messaggio precedente è nel contempo uno “stimolo” per l’interlocutore e un “rinforzo” del modello comunicativo in atto. Il processo ininterrotto e circolare della comunicazione è spesso all’origine dei conflitti interpersonali e della difficoltà di riconoscere chi, all’interno di una relazione, abbia posto le premesse di un certo modello comunicativo. La stessa relazione è sostanzialmente determinata dai processi comunicativi. Bateson identificò due modelli base delle relazioni umane, tra le svariate forme esistenti:

la relazione simmetrica, tesa “all’uguaglianza dei rapporti” che, in una sequenza di “escalation” conduce a forme di “competizione comunicativa” (come a d esempio nella corsa agli armamenti, nella competizione commerciale nelle relazioni familiari); la relazione complementare basata invece sulla “differenza dei rapporti”. Di solito, in questo caso, vi è chi fra i partecipanti occupa una posizione di dominanza e chi occupa una posizione di sottomissione . Si generano così coppie di comportamenti opposti. Riassumendo, l’approccio psicologico individua nella comunicazione il

luogo costitutivo tanto dell’identità personale, quanto del sistema delle relazioni, in un rapporto continuo e necessario di interdipendenza. Ne consegue che la comunicazione assume un ruolo essenziale anche nei confronti del benessere e della sofferenza psicologica. Si può parlare, infatti, di forme standard o di default di comunicazione “improntate a un sufficiente grado di trasparenza, di lealtà e di pertinenza”, ma esistono anche “numerose forme di discomunicazione e di comunicazione patologica, caratterizzate dall’ambiguità, dall’equivocità, dalla cripticità e dalla paradossalità degli enunciati …”124.