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alla comunicazione

1.22 Tempi e spazi della comunicazione

Per proseguire nell’analisi del concetto di comunicazione occorre ora ritornare al punto di partenza, ovvero all’essenziale e preesistente rapporto che la comunicazione in generale e il linguaggio in primo luogo hanno, con l’acquisizione dell’umanità. L’esperienza umana non è pensabile come disgiunta o isolata dal mondo linguistico e comunicativo e nemmeno come una casuale o libera possibilità.

La comunicazione di fatto circonda ogni neonato, quando egli ancora non ha acquisito le prime capacità intellettuali e, se così non fosse, non potrebbe crescere in modo sano. Gli studi dei paleontologi confermano che lo sviluppo dell’umanità fino alla formazione delle società complesse è dovuto al progredire delle capacità comunicative, in modo preminente del linguaggio.

Nella Sacra Scrittura la priorità del linguaggio è data dalla potenza della Parola creatrice, dal dire efficace di Dio che fa avvenire quanto nomina. La voce che dice, non viene dopo, non è un’esplicazione all’agire di Dio, bensì crea il mondo. In modo simile, certo non identico, si può parlare della condizione dell’essere umano: la comunicazione non solo lo circonda, ma innanzi tutto è “dentro di noi, perché la nostra mente è plasmata su quello strumento essenzialmente comunicativo che il linguaggio”. 127

Questo fatto si riconduce a un punto già specificato nelle pagine precedenti, in cui si afferma che anche gli animali comunicano, come pure un’immagine, un brano musicale o un testo narrativo, ma la dimensione umana della comunicazione è diversa, in quanto determinata da quello straordinario “sistema modellizzante primario” (Lotman 1974) che è il linguaggio. Il linguaggio è la condizione del modo in cui l’essere umano instaura la sua relazione cognitiva e affettiva con il mondo. Più estesamente la comunicazione e le sue forme influiscono o determinano grandemente l’immagine e la rappresentazione della realtà, nonché i rapporti con il mondo sociale e fisico. In questo senso la comunicazione contribuisce a dare forma anche alla coscienza individuale e collettiva della società.

Tuttavia, il linguaggio che pur esiste essenzialmente “dentro di noi”, mette in relazione le persone e pertanto, nella sua forma comunicativa, esiste “fuori” anzi, più precisamente “fra” le persone. Oltre al “dialogo interiore” sempre presente in ragione del fatto che il linguaggio interagisce con l’attività cognitiva e con l’immagine del mondo che esso ci ha presentato, l’aspetto comunicativo del linguaggio presuppone la presenza di uno o più interlocutori. “Il linguaggio e in generale la comunicazione è un tramiti che unisce e insieme distingue le persone nella loro pluralità irriducibile”.128 Le culture e le società stesse si costituiscono attraverso la comunicazione, ma da quest’ultima vengono anche trasformate. La comunicazione che intercorre “tra” gli esseri umani si chiama “discorso”. Il discorso si presenta sotto diverse forme, a seconda delle culture, dei contesti, dei contenuti di riferimento. Anche la sua analisi interessa più discipline. La linguistica e la semiotica, che già sono state incontrate nelle pagine precedenti, ne studiano la struttura sintattica, morfologica e lessicale; i rapporti tra linguaggio e società si riconducono alla sociolinguistica o sociosemiotica, mentre lo studio dei processi mentali relativi all’acquisizione e all’uso della lingua rientrano nel campo d’indagine della psicolinguistica.

Il discorso si manifesta in luoghi e ambiti specifici, definiti “spazi”, che possono assumere una forma ampia, come nel caso di una cultura, oppure molto ristretti come ad esempio una conversazione del tutto contingente. In Habermas (1962) l’aspetto spaziale della comunicazione è detto “sfera”. Gli spazi comunicativi possono essere concreti oppure astratti e virtuali. In senso generale comprendono tutto ciò che circonda la vita delle persone e le definisce come soggetti che in ogni caso comunicano, anche quando non ne sono consapevoli. Gli spazi comunicativi presentano sia una dimensione temporale, si pensi ad esempio al processo del discorso che si elabora nel tempo, sia una collocazione nello spazio, come dice il nome stesso e che è sempre presente. E. Goffman (1956) individua due aspetti paradigmatici di ogni comunicazione: uno spazio esterno progettato per essere visto, che l’autore identifica con la “scena” teatrale e uno spazio interno pensato per preparare i contenuti che si intendono far percepire e vengono percepiti dal

pubblico, chiamato “retroscena”. Significa che “l’interiorità” della comunicazione è percepita e orientata per essere percepita all’esterno. La comunicazione non è uno stato soggettivo ma uno scambio; si situa “fra” le entità ed è esterna alle entità stesse. In altre parole è pubblica. Di fatto, la comunicazione avviene tra soggetti compresenti in uno spazio determinato, in un rapporto di relazione esterna e disposti secondo un certo ordine come si può notare ad esempio in un’aula del parlamento o in una cerimonia. In questa prospettiva dà forma alla vita sociale. In genere si ricorre alla figura del cerchio per rappresentare la dimensione comunicativa pubblica, principalmente per due motivi: primo, che ciascuno è circondato dagli altri e dalla loro comunicazione, secondo che ciascuno di questo stesso spazio pubblico è anche spettatore.

La sfera pubblica del nostro tempo è sempre più virtuale e mediatica, ma anche paradossale: le tecnologie della comunicazione pensate come “finestre sul mondo” sono progressivamente divenute, come sostiene V. Flusser (1992) “una sorta di privatizzazione degli ambiti della comunicazione”. In ogni spazio discorsivo inoltre, si realizzano delle scelte linguistiche e comunicative. Infatti, alcune forme vengono privilegiate, altre escluse, ma non in modo completamente libero, bensì in ragione di un consenso quantomeno implicito. Tuttavia, una volta definito lo spazio comunicativo, è consentito solo un certo uso e non altri del linguaggio,. Chi si scosta dall’attività di linguaggio e comunicativa di un’area (che significa spazio) si distingue da quella stessa area. In determinati spazi comunicativi l’autorizzazione e il divieto ad un certo uso del linguaggio è esplicito poiché, come ad esempio i tribunali o i parlamenti sono ambienti discorsivi retti da un regolamento.

Nella maggior parte dei casi, nondimeno, l’uso del linguaggio è considerato proprio della competenza comunicativa o delle consuetudini: per questo motivo autorizzazioni e richieste possono essere spesso implicite. U. Volli 129 specifica ulteriormente i limiti del linguaggio e dei partecipanti di ogni spazio comunicativo. Ad esempio possono essere ammessi certi “contenuti” e non altri, possono essere previste certe “regole”, richiesti certi “titoli o competenze”, stabiliti certi “fini” usati certi “mezzi”.

129 Ibidem, pag. 29.

Merita ricordare infine che l’invenzione della stampa e di internet hanno aperto spazi discorsivi prima sconosciuti.