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alla comunicazione

1.29 La pratica riflessiva

Austin, si è visto, segnò il passaggio da una concezione del linguaggio come rappresentazione al linguaggio come azione. L’atto linguistico stabilisce così un particolare tipo di interazione tra il sistema concettuale e le capacità operative. Anche nel pensiero di Goffman la comunicazione è azione, è “teatro di azioni comunicative”. Un terzo interessante processo di interazione tra conoscenza e agire pratico è stato studiato dal filosofo americano D. A. Schön e denominato “pratica riflessiva”. Schön (1983) propone una “nuova epistemologia della pratica” contraddistinta dalla “riflessione nell’azione e sull’azione” e dalla capacità di “fondere la conoscenza accademica con l’abilità pratica”. Molto spesso, infatti, riflettere e agire sono considerate due attività distinte, o tendenti ad escludersi.

Schön si è dedicato all’analisi dell’apprendimento mediante l’esperienza soprattutto nell’ambito della pratica professionale, approfondendo le modalità con cui i professionisti correlano preparazione teorica e pratica quotidiana. Nella seconda metà del Ventesimo secolo il modello dominante del sapere professionale, scrive l’autore, è inteso come “l’applicazione di teorie e tecniche scientifiche ai problemi strumentali della pratica”. Allo stesso modo “l’attività professionale consiste nella soluzione strumentale di problemi” un modo di procedere che Schön definisce “razionalità tecnica”. Il concetto di applicazione comporta una scissione tra i “principi generali” e

la soluzione di questioni concrete. Tradotto, significa che c’è un rapporto di separazione tra pensare e agire, tra conoscere e fare, tra progettare e attuare. Il modello descritto fonda le sue radici nel Positivismo, la dottrina filosofica sorta nel Diciottesimo secolo che vedeva nella scienza e nella tecnica il conseguimento del progresso umano.

Una pratica riflessiva implica una revisione del modello consueto di formazione basato sulla razionalità tecnica. La razionalità tecnica ha raggiunto il suo culmine nei primi decenni del ventesimo secolo, non solo nelle menti degli uomini, ma anche nelle istituzioni compresa l’università. Nella visione sopra citata all’università compete la conoscenza, alle professioni la pratica. Tuttavia tra il 1963 e il 1982 la visone positivistica ha progressivamente perso parte della sua legittimità, a causa di una serie di danni, ad esempio ambientali, sociali, o economici. E’ progressivamente cresciuta la consapevolezza “dell’importanza per la pratica reale di fenomeni – complessità, incertezza, instabilità, unicità e conflitti di valore – che non si accordano con il modello della razionalità tecnica”.176

Nella prospettiva di Schön, infatti, considerare soltanto la “soluzione di problemi” impedisce di porre attenzione “all’impostazione del problema” che indica il processo attraverso il quale si definiscono decisioni, fini e mezzi da impiegare. Nella realtà della pratica le situazioni sono “incerte, complesse, uniche”, non si presentano come “dati”. La strutturazione della situazione non può avvenire attraverso un processo tecnico, soprattutto in presenza di paradigmi contrastanti della pratica professionale, come accade in ambiti quali la psichiatria, l’assistenza sociale, la pianificazione urbana, dove esistono molteplici modi di affrontare e risolvere le questioni. Non il modello della razionalità tecnica, ma il “lavoro di designazione e strutturazione” permette di organizzare il ruolo della pratica.

Il pensiero di Schön segue la teoria dell’indagine di J. Dewey (1938). Secondo Dewey l’indagine “combina il ragionamento mentale e l’azione nel contesto reale in un processo che è transazionale, indeterminato e intrinsecamente sociale”. Anche chi svolge l’indagine partecipa alla situazione, è “in transazione con essa”. Dewey si era occupato anche di

176 Schön D. A., The Reflexive Practitioner, New York, Basic Books, 1983, trad. it. Il professionista riflessivo, Bari, Dedalo, 2010.

pensiero riflessivo e l’aveva strettamente connesso all’indagine che si costruisce nella realtà. Nella pratica professionale, prosegue Schön, vi sono ambiti di esercizio in cui si può fare uso di teorie e tecniche, ma vi sono anche ampi spazi incerti o meno chiaramente definiti che non si prestano a soluzioni tecniche. Il punto centrale sta nel fatto che proprio in questo secondo tipo di ambiti vi sono le questioni di maggiore interesse umano. Schön sostiene che le situazioni connotate da incertezza, unicità o conflitti di valore possano essere affrontati attraverso un processo di riflessione nell’azione. Più precisamente l’azione può essere guidata da due modalità: la “conoscenza nell’azione” e la “ riflessione nell’azione”.

La prima , la conoscenza nell’azione, si manifesta nell’esecuzione spontanea di un atto di cui siamo spesso inconsapevoli ed è difficile da verbalizzare, da esprimere con parole o con ragionamenti. M. Polanyi (1967) descrive questi processi non logici, che guidano silenziosamente l’azione, come ad esempio condurre una bicicletta, con la frase “conoscere tacito”. Nella realtà quotidiana l’azione di professionisti esperti molto spesso si rivela un’attività di pensiero più ampia di quanto non si riesca a descrivere. Conoscere nell’azione indica la conoscenza pratica comune. Tuttavia, quando un’attività spontanea produce soltanto risultati attesi, si è portati a non riflettere su quanto accade. Quando invece un’azione intuitiva contiene un elemento di sorpresa è possibile reagire con una riflessione. La riflessione nel corso dell’azione determina una modifica di quest’ultima durante il suo svolgimento e conduce alla scoperta di nuovi significati o di una nuova ristrutturazione e descrive la seconda modalità dell’agire che Schön definisce riflessione nell’azione.

Il concetto dell’intelligenza dell’azione è importante perché significa che non solo il pensiero consapevole, ma l’intero comportamento umano rientra nel campo dell’attività cognitiva.

L’intelligenza dell’azione conferisce al professionista un’epistemologia propria rispetto al sapere accademico. Le situazioni di incertezza, instabilità e complessità pongono i professionisti vincolati al modello della razionalità tecnica di fronte al “dilemma fra rigore e pertinenza”, ovvero tra la loro rigorosa definizione della conoscenza fedele al sapere accademico e i confini confusi e contradditori della situazione concreta. Schön propone la

riflessione nel corso dell’azione in alternativa alla razionalità tecnica. Egli afferma che “quando qualcuno riflette nel corso dell’azione non dipende dalle categorie consolidate della teoria e della tecnica, ma costruisce una teoria del caso unico”. Significa che la riflessione nel corso dell’azione consente di affrontare situazioni complesse o uniche perché non è “limitata dalle dicotomie della razionalità tecnica”.

La riflessione nel corso dell’azione non esclude tuttavia l’alternanza tra il fare e il pensare.

Il professionista riflessivo non tiene separati i fini dai mezzi, né il pensiero dall’azione, bensì li definisce in modo interattivo. Instaura un “processo conversazionale” con la situazione concreta e i fenomeni che egli cerca di capire. La realtà, infatti, presenta una “resistenza” al cambiamento che si manifesta soprattutto nel passaggio dalla progettazione alla realizzazione di quanto progettato. Nel pensiero di Schön il dilemma tra rigore e pertinenza trova soluzione in una epistemologia della pratica che ponga la soluzione tecnica delle situazioni nel contesto più ampio dell’indagine riflessiva. Comprendere una situazione significa cercare di trasformarla in un ‘altra. Ecco perché secondo Schön il professionista si comporta come un ricercatore che agisce nel contesto della pratica.

Nel suo rapporto conversazionale con la realtà il professionista agisce secondo la “metafora generativa” del “vedere come “.

Il professionista mette in relazione i saperi e le conoscenze di cui dispone, ma senza rinchiudere la situazione in una categoria predefinita, con l’esperienza presente.

La capacità di “vedere come” e “agire come” consente di affrontare le situazioni uniche, non riconducibili a forme esistenti. Infine, secondo Schön, il modello della razionalità tecnica e il modello della riflessione nell’azione influiscono anche sulle modalità di partecipazione al confronto sociale. Seguendo il primo modello, l’interazione interpersonale “tende ad essere tale che o si vince o si perde”; adottando il secondo “le parti sono aperte all’apprendimento.