• Non ci sono risultati.

L'Ottocento: dalle Accademie alle mostre d'arte

Le novità introdotte durante il XVIII secolo plasmarono notevolmente l'assetto delle società europee sia in ambito politico che culturale. La nascita della borghesia, in contrapposizione ad un'aristocrazia ormai decaduta, aveva spostato il fulcro politico da una società nobile ad una retta dal lavoro, dal commercio ed in generale dalla Rivoluzione Industriale: il cambio di prospettive della popolazione, toccò

88 Per le vicende degli Uffizi di fine Settecento cfr. CATERINA ROMEI, Visitatori e copisti agli Uffici a fine

Settecento. Analisi del gusto artistico attraverso i permessi di copia (1775-1792), in Scritti di Museologia e di Storia del collezionismo in onore di Cristina de Benedictis, a cura di DONATELLA

PEGAZZANO, Firenze , EDIFIR- Edizioni Firenze, 2012, pp. 153-162.

inevitabilmente anche il settore artistico, del quale la borghesia si fece promotrice. Fu infatti la nuova classe sociale ad imporsi anche nel superamento del neoclassicismo: l'insofferenza nei confronti di un'arte prettamente nobile e lontana dalla società moderna, scaturì una cosiddetta reazione romantica contro le restaurazioni monarchiche che seguirono la Rivoluzione Francese, ed una conseguente spinta al nazionalismo che conferì una propria identità agli Stati europei. Parallelamente, le nuove scoperte scientifiche in ambito tecnologico gettarono le basi per la moderna organizzazione della produzione economica: l'arte classica, già messa in crisi dall'avanzare romantico, perse nell'Ottocento il suo ruolo di attività primaria, rimanendo esclusa dai processi che ormai caratterizzavano la società moderna. L'avvento dell'Impressionismo sancì definitivamente la morte del vecchio modo di fare arte, aprendo la strada non solo a tecniche pittoriche innovative, ma anche ad un modo di intendere l'arte nel contesto in cui essa veniva creata: “la tecnica pittorica è dunque una tecnica di conoscenza che non può essere esclusa dal sistema culturale del mondo moderno, eminentemente scientifico.”90 Di conseguenza l'Ottocento artistico può essere visto come un momento di passaggio costituito da un profondo dibattito tra il passato ed il presente: tra l'antica e nobile aristocrazia e la nuova borghesia industriale, tra il Neoclassicismo, il Romanticismo ed infine l'Impressionismo, tra le Accademie di Belle Arti e le mostre d'arte indipendenti. Fu infatti nell'ambito delle Accademie che si registrarono i più importanti cambiamenti in ambito artistico.

Le Accademie di Belle Arti, presenti in Europa già a partire dalla seconda metà del Cinquecento, nacquero come la naturale conseguenza della crisi delle botteghe artigianali che, secondo il Vasari, Leonardo e Michelangelo, non impartivano un'educazione teorica e metodologica, rimanendo legate all'aspetto prettamente tecnico del dipingere. Le Accademie fecero così acquisire all'arte e all'artista un ruolo centrale all'interno della società, permettendogli di esprimere la cultura dell'epoca

attraverso delle immagini frutto di accurati studi. Tra il Settecento e l'Ottocento, nei Paesi governati dalla monarchia assoluta, come per esempio la Francia, le Accademie divennero luoghi del potere assolutista e, attraverso una rigida educazione all'arte classica, costituirono per gli artisti una via (forse l'unica) per raggiungere la fama ed il successo nel settore artistico. L'educazione didattica impartita si basava sulla mimesis, ossia sull'imitazione di opere classiche “tese alla ricerca di un ideale estetico assoluto che potesse diventare anche modello etico per la società del tempo.”91 Un modello che, come abbiamo visto, era in netta contrapposizione con le novità dell'epoca. Le restrizioni in termini di educazione artistica imposte dalle Accademie ebbero come conseguenza non solo il rifiuto nei confronti di possibili visioni artistiche alternative, ma anche il proliferare di correnti innovative indipendenti che si posero ben presto in totale contrapposizione agli istituti accademici. Ciò per cui si batterono i giovani artisti esclusi dalle Accademie riguardava soprattutto il metodo didattico ed il sistema espositivo, entrambi definiti come troppo rigidi e causa dell'esclusione delle vedute innovative figlie della società moderna. Ne derivò perciò un vero scontro che contava da una parte l'alta-borghesia, derivante dall'ormai scomparsa nobiltà, e dall'altra la nuova classe industriale spinta dalle pulsioni di cui la rivoluzione tecnologica si era fatta promotrice. L'incapacità di rispondere alle richieste della nuova e mutata società contribuì alla definitiva crisi dell'Accademia. In Francia fu Jacques Louis David uno dei primi artisti a ribellarsi all'autorità dell'Académie Royale, definita come un'istituzione non democratica: paradossalmente, solo con l'avvento della Terza Repubblica si avrà la nascita dell'École des Beaux-Arts, istituto autonomo espressione della moderna cultura ottocentesca. A David si riconosce comunque il merito di aver preceduto quel meccanismo di negazione dell'arte accademica che portò all'insediamento del movimento impressionistico come corrente che rispecchiava le vedute della nuova

91 La morte dell’Accademia di Belle arti – Una battaglia tra potere e rivoluzionari, «StileArte.it. Quotidiano di cultura online», 24 marzo 2016, http://www.stilearte.it/la-morte-dellaccademia-di- belle-arti-una-battaglia-tra-potere-e-rivoluzionari/ (18 febbraio 2017).

società borghese. Nel corso dell'Ottocento, i maggiori Stati d'Europa, compresa l'Italia post-unitaria, vivevano così la definitiva separazione tra l'arte accademica e quella indipendente, confinando la prima all'interno delle Università e lasciando proliferare la seconda senza restrizioni. Uno dei primi risultati di questa “libertà” artistica fu, come si è visto, l'Impressionismo.

Nella prima metà dell'Ottocento, le mostre d'arte venivano organizzate dalle Accademie, le quali, non solo imponevano la tipologia di arte che doveva essere esposta, ma sceglievano personalmente gli artisti che rispecchiavano in toto la rigida educazione e metodologia neoclassiche, proprie degli istituti. Nel 1855 la giuria dell'esposizione internazionale si rifiutò di esporre l'opera di Gustave Coubert, L'atelier

del'artista, manifesto del realismo integrale e superamento dell'arte neoclassica e

romantica.

Escluso dalla possibilità di esporre le proprie opere, Coubert decise di creare a sue spese il Pavillon du Realism, sito in rue Montaigne e contenente una mostra di quaranta quadri: il catalogo personalmente redatto dall'artista divenne il Manifesto del

realismo. La rottura imposta da Coubert non fu solamente di tipo artistico, ma costituì

un grido di opposizione nei confronti delle rigidità accademiche: da questo momento,

Illustrazione 1.8. Gustave Coubert, L'atelier dell'artista, Museo d'Orsay di Parigi. (Fonte: wikipedia.it).

l'artista si sgancia da ogni concezione precostituita ed abbraccia la libertà di sperimentazione, facendo della pittura una via per affrontare i problemi della realtà.

Il movimento impressionista si sviluppò a Parigi tra il 1860 ed il 1870 e si presentò ufficialmente al pubblico il 15 aprile 1874, data della prima mostra degli artisti indipendenti, ossia slegati dai Salons ufficiali, ospitata nello studio fotografico di Nadar. Con questa data si sancisce idealmente anche l'inizio di un contemporaneo mercato dell'arte: gli impressionisti, infatti, non solo imposero un metodo pittorico innovativo, ma furono i primi a sviluppare un mercato basato sul sistema delle gallerie private. Il mercato dell'arte, che già dal Cinquecento regolamentava le vendite e gli acquisti nel settore artistico, conobbe nell'Ottocento il successo delle nuove figure dei mercanti d'arte che “si assicurarono talora l'esclusiva della produzione di grandi artisti contemporanei […], imposero il loro gusto al pubblico e in parte agli stessi autori, determinarono il successo di nuove correnti.”92 I nuovi mercanti d'arte si imposero così nel panorama artistico ottocentesco e fecero affermare artisti del calibro di Renoir, Picasso e Chagall.

Fu Paul Durand-Ruel, definito come il “prototipo del mercante d'arte contemporanea”93 ad instaurare un vero e proprio modello per il mercato ma anche per le gallerie: Durand-Ruel divenne ben presto un imprenditore, un innovatore del modo di fare arte, garantendo l'accesso gratuito alle mostre, facendosi finanziari per primo dalle banche, stipulando accordi finanziari con gli artisti e gestendo un vero e proprio ufficio stampa. “Lui aveva oggettivamente trionfato. La storia dell'arte era stata radicalmente alterata dall'abilità di un uomo di gestire il mercato.”94 Diretti eredi del

92 Enciclopedia dell'arte, cit., “mercato dell'arte”, p. 662.

93 NICOLA MAGGI, Artisti, mercanti, collezionisti: appunti per una breve storia del mercato dell'arte 1/3, in

«Collezione da Tiffany. Come collezionare arte contemporanea e vivere felici», 12 giugno 2012,

http://www.collezionedatiffany.com/artisti-mercanti-collezionisti-appunti-per-una-breve-storia-del- mercato-dellarte-1/ (18 febbraio 2017).

94 CRISTIAN CAMANZI, Paul Durand-Ruel, il mercante che inventò gli impressionisti, in «Artesplorando. Il

blog che esplora l'arte», 27 novembre 2015, http://artesplorando.blogspot.it/2015/11/paul-durand- ruel-il-mercante-che.html (18 febbraio 2017).

Durand-Ruel furono Ambroise Vollard, personalità che riuscì a collegare il movimento impressionista a quelli successivi, e Daniel Henry Kahnweiler, il mercante dei cubisti. 1.2.9. Il Novecento ed il collezionismo contemporaneo

L'Impressionismo aveva aperto un nuovo orizzonte in campo artistico tanto che, cavallo tra Ottocento e Novecento si svilupparono diverse correnti artistiche, nate per lo più con lo scopo di affiancare ed assecondare gli sviluppi tecnologici, sociali e politici della società moderna. Tra queste si distinsero correnti come il Modernismo, sfoggio artistico della civiltà industriale, che può essere suddiviso in due sezioni: l'Art-Nouveau, fenomeno urbano che interessa le categorie legate all'urbanistica come, ad esempio, l'arredamento e l'abbigliamento, e la pittura modernista. Fu nell'ambito pittorico che la figura dell'artista cominciò ad essere messa in discussione e, di conseguenza, perdere il suo ruolo centrale nella società. Tra la fine del XIX e l'inizio del XX secolo, infatti, la ricca borghesia industriale non solo aveva imposto il proprio gusto in termini artistici, ma decise di dare valore ad un'arte che fosse pienamente in linea con l'andare dei tempi: “la società moderna, che si vanta di essere avanzata, vuole artisti avanzati, ma non ama l'arte che fa problema.”95 Paradossalmente, fu proprio in quegli anni che tra i pittori nacquero personalità come Klimt, che nelle sue ricercate opere, affascinato dall'idea di un tramonto storico, sembrò accorgersi dell'inevitabile decadenza della società;96 al suo fianco s'impose anche Edvard Munch, pioniere “esistenzialista” dell'Espressionismo, che fece delle sue opere una vera denuncia della società del tempo. Tramite la sua arte, Munch scoprirà “i segreti dell'inconscio di classe, il carnevale grottesco della superstizione e del vizio, l'assillante paura della morte.”97

La borghesia, se non per motivo di prestigio e ricchezza, non si interessava più di tanto alle correnti innovative appena viste, per cui l'unica grande salvezza per gli 95 G. C. ARGAN, L'Arte moderna, 1770-1970, cit., p. 107.

96 Secondo Klimt “l'arte è il prodotto di una civiltà ormai estinta, nella nuova civiltà industriale non può sopravvivere che come ombra o ricordo di se stessa.” Ivi, p. 108.

artisti dell'epoca fu la nascita dei già citati mercanti d'arte: dotati non solo di gusto, ma anche di intuito, i mercanti riuscirono a capire che il valore denigrato delle opere nel presente, avrebbe costituito un patrimonio nel futuro, portando i dipinti ad essere valutati profumatamente. Fu proprio verso la metà del secolo che l'attenzione al collezionare si spostò dal singolo, agli istituti di credito che, grazie agli investimenti di capitali, crearono un vero e proprio sistema economico del collezionismo98 che permise all'arte d'avanguardia di avere un peso sempre maggiore anche a livello extraeuropeo: si svilupparono in quegli anni le grandi gallerie d'arte parigine, i primi musei statunitensi come il MOMA ed il Guggenheim di New York e la Biennale di Venezia, sorta nel 1895 per incentivare il confronto tra le correnti artistiche delle varie nazioni. Nel Novecento l'arte stessa si sgancia dall'individualità dell'artista per diventare un prodotto economico, creato e diffuso per un pubblico sempre più vasto, eterogeneo e non “di settore”: questi cambiamenti non poterono non influire sul campo del collezionismo che, parallelamente all'arte, divenne il mezzo economico di un mercato multiforme dove a fare da principe non era più solo l'opera, ma anche il suo valore economico.

In Italia, il collezionismo moderno nacque ai primi del Novecento a Milano grazie all'impegno di alcuni collezionisti quali Riccardo Juker, Emilio Jesi e Lamberto Vitali: questi ebbero la capacità di instaurare rapporti con le gallerie e con i musei, anche stranieri, e riuscirono ad introdurre in Italia quel nuovo approccio all'arte che già si era sviluppato negli stati europei ed americani. Dagli anni '40 le collezioni private vennero progressivamente donate alle gallerie ed ai musei, fenomeno questo che provocò una spinta di modernità all'interno del circuito dell'arte italiana. Tra i collezionisti che riuscirono ad imporsi negli anni successivi, si ricordano Giorgio Franchetti, proprietario dell'omonima Galleria che conserva la sua collezione privata, e Riccardo Gualino, collezionista d'arte e mecenate di architettura moderna. Negli anni

98 WIKIPEDIA, L'ENCICLOPEDIA LIBERA, “Collezionismo d'arte”, https://it.wikipedia.org/wiki/Collezionismo_d

60' l'attenzione per il collezionismo italiano si spostò anche a Torino, facendo della città la culla dell'arte contemporanea: con la fondazione del Museo Civico nel 1863, Torino divenne la prima città italiana ad ospitare una raccolta di arte moderna. Il boom economico, la nascita delle grandi industrie italiane e l'esponenziale crescita economica del nord Italia influirono anche sul mondo dell'arte, creando un terreno fertile per la fioritura di esperienze culturali innovative. Esperienze che investirono l'arte di ideologie e percezioni nuove e la portarono a lasciare i musei, luoghi della cultura antica, per trovare spazio nelle piazze, nelle fiere, ed infine anche nelle strade. Sono gli anni della libertà, della trasgressione, delle lotte politiche e sociali che anche nel mondo dell'arte si fecero sentire, lasciando da parte il collezionismo basato sul potere del denaro, per sviluppare nuovi trend anticonformisti.99

99 In questi anni si sviluppano produzioni artistiche come gli happening, manifestazione artistica d'avanguardia, e le performance dal vivo. SILVIA DALMIGLIO, Il collezionismo contemporaneo in Italia, in

«Collezione da Tiffany. Come collezionare arte contemporanea e vivere felici», 11 febbraio 2016,

http://www.collezionedatiffany.com/il-collezionismo-contemporaneo-in-italia/ (18 febbraio 2017).

Illustrazione 1.9. Facciata del Palazzo Franchetti (Ca' d'Oro) dopo i lavori di restauro di Giovan Battista Meduna di metà Ottocento. (Fonte: wikipedia.it).

Durante gli ultimi due decenni del XX secolo il collezionismo ed il mercato dell'arte riacquistarono un ruolo centrale. Negli anni '80 l'Italia, superata la crisi culturale, sociale e politica del decennio precedente, affidò l’arte alla nuova corrente della Transavanguardia che, su progetto di Achille Bonito Oliva, puntava ad una sperimentazione linguistica delle Avanguardie attraverso un ritorno alla tradizione, senza tuttavia dimenticarsi del presente: si trattava di “rimasticare il passato, smantellandone le gerarchie […], senza dimenticare di vivere in una società di massa, attraversata dalla produzione o riproduzione di immagini.”100 Con la Transavanguardia si creò così un mix perfetto tra più livelli, quello alto delle avanguardie storiche, e quello basso proprio della cultura popolare. Le opere degli italiani Sandro Chia, Francesco Clemente, Enzo Cucchi e di stranieri quali Haring sono solo alcuni degli esempi di questa nuova corrente. Nel campo del collezionismo, la spinta data dalle nuove visioni artistiche, arricchì il panorama di talenti che i maggiori collezionisti presero sotto la loro ala protettiva. Sul finire del secolo e con l'avvento della tecnologia legata al mondo del Web, l'arte divenne sempre più internazionale affidando al mercato un ruolo di primo piano nelle trattative. In Italia, le gallerie si diffusero in molte città della penisola, cominciando a delineare il lavoro di quelli che sarebbero stato i maggiori collezionisti del nuovo Millennio.

Il collezionismo d'arte contemporaneo ha raggiunto e continua a tutt'oggi a raggiungere milioni di sfaccettature che sarebbe difficile riportare qui senza dilungarsi troppo. Ciò che a questo punto ci interessa, è l'altro aspetto del collezionismo, quello non legato all'arte, così come letteralmente intesa, bensì all'oggettistica: si tratta del collezionismo minore.