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La duplice responsabilità dei membri del comitato?.

10 (Segue.) La vigilanza sull’adeguatezza degli assetti.

11. La duplice responsabilità dei membri del comitato?.

In tema di responsabilità, sia per gli amministratori che per i membri del comitato, l’art. 2409-noviesdecies c.c. fa un integrale rinvio al sistema tradizionale, per il quale essi devono «adempiere i loro doveri con la diligenza e la professionalità richieste dalla natura dell’incarico».

308 Che si possono invece trovare all’art. 151-ter T.U.F. 309 F.GHEZZI M.RIGOTTI, op. cit. p. 295.

113 Tale regime ha, però, destato delle perplessità soprattutto in considerazione delle diverse funzioni svolte dai soggetti operanti nell’impresa.

In primo luogo, si ravvisano delle proposte al fine di incentivare una maggiore differenziazione nei profili di responsabilità soprattutto per quanto attiene agli amministratori indipendenti, coerentemente ai profili più stringenti dei requisiti di indipendenza311. In secondo luogo, la mancanza di un’apposita disciplina su questo tema, rafforza le ipotesi che il comitato non sia un organo indipendente.

Per la definizione di un quadro generale, è necessaria la lettura combinata dell’art. 2392 c.c. sulla responsabilità degli amministratori e dell’art. 2407 c.c. riferito ai sindaci, per cui si possono sinteticamente stabilire le diverse discipline che dipendono dal ruolo assunto.

Da una parte, infatti, è generalmente affermato che gli amministratori adempiono ai loro doveri, non solo dalla diligenza richiesta dalla natura dell’incarico, ma «dalle loro specifiche competenze» e «sono responsabili solidalmente dei danni derivanti dall’inosservanza di tali doveri», una responsabilità solidale che dipende «se, essendo a conoscenza di fatti pregiudizievoli, non hanno fatto quanto potevano per impedirne il compimento o eliminarne o attenuarne le conseguenze dannose». Dall’altra parte, per i sindaci si parla di adempiere ai loro doveri per la «professionalità e diligenza» dell’incarico, e che «sono responsabili solidalmente con gli amministratori per i fatti e le omissioni di questi, quando il danno non si sarebbe prodotto se (…) avessero vigilato in conformità degli obblighi», e sono responsabili per la «verità delle loro attestazioni e l’obbligo di conservare il segreto sui fatti e sui documenti di cui hanno conoscenza per ragione del loro ufficio»312.

Posti questi richiami, le problematiche interpretative nel sistema monistico si pongono in relazione ad un possibile «riparto delle responsabilità», ovvero nell’individuazione dei profili di responsabilità che realmente attengono ai membri

311 Cfr. CONFINDUSTRIA, Audizione (21-11-2002), in Riv. Soc., 2002, pp.1630-1631. 312 G.RIOLFO, op. cit., p. 146.

114 del comitato per il controllo del sistema monistico in base alle competenze che li distinguono dagli amministratori esecutivi313.

La dottrina ha ampiamente discusso se l’appartenenza al comitato presupponga l’assunzione di una responsabilità diversa e, quasi, più rigorosa rispetto agli amministratori314. Alcuni Autori, addirittura, hanno parlato di “doppia responsabilità” dei membri dell’organo di controllo derivante dalla loro natura di amministratori, ma con l’aggravante di essere preposti al controllo dell’azienda.

Ma non si è comunque chiarito se alla responsabilità di un’omessa vigilanza del comitato possa corrispondere un’irresponsabilità degli amministratori esecutivi (o gli altri non esecutivi). Così la dottrina315 sostiene che nel sistema monistico si deve avere una disciplina della responsabilità al pari dei sindaci, con l’aggiunta che essendo membri interni al consiglio di amministrazione, sia scontata una circolazione di informazione tra controllori ed amministratori, tale per cui si deve imputare al comitato di controllo un comportamento colposo ogniqualvolta non abbia impedito atti dannosi per la società.

In linea con questo orientamento, si considera, inoltre, che il comitato è composto anche da amministratori indipendenti e che ad essi spettino poteri più ampi rispetto ai sindaci. Ma si è voluto motivare il mancato richiamo all’art. 2407 c.c. come una conseguenza del voler estendere implicitamente anche agli amministratori indipendenti la responsabilità prevista per tutti gli amministratori, trattandosi in definitiva di una responsabilità speciale rispetto ai normali amministratori per il fatto di poter essere chiamati a rispondere non solo per il negligente controllo, ma anche per l’omessa comunicazione del proprio interesse in relazione all’operazione assoggettata a controllo.

Non tutti, però condividono questa “corresponsabilità”.

Appare evidente, infatti, che nonostante ci sia un generale dovere di diligenza, i profili di responsabilità debbano essere visti alla luce delle funzioni diverse, tale per cui: si ha una disposizione più ampia e variegata per gli

313 F.GHEZZI M.RIGOTTI, op. cit. p. 318 e ss. 314 V. CALANDRA BUONAURA, op. cit., p. 555 ss. 315 C. ALVISI, op. cit. p. 1078

115 amministratori, mentre più ristretta per i sindaci data la “sola” funzione di controllo.

Pertanto, considerato che i membri dell’organo di controllo sono amministratori, richiamare la responsabilità di quest’ultimi potrebbe avvicinare anche la responsabilità dei membri dell’organo di controllo a quelle dei sindaci per cui alla diligenza si associano anche la prudenza e la perizia316.

La questione non è risolta.

Il problema deve essere analizzato sotto altri due punti di vista per la natura dell’amministratore: in che misura il danno possa derivare da una negligenza del comitato; e in che misura membri dell’organo di controllo siano esenti da colpa se il consiglio non ha fatto nulla per evitare il danno alla società.

In altre parole come si ripartisce la responsabilità tra le due figure di amministratori quando la società subisce un danno: a causa di una delibera del consiglio adottata successivamente all’esercizio negligente dell’attività di vigilanza del comitato; oppure quando membri dell’organo di controllo sono esentati da responsabilità nel caso in cui il consiglio non abbia agito (deliberato) successivamente ad una proposta formulata dall’attenta attività di vigilanza del comitato che ha notato l’irregolarità.

Partendo dal secondo caso, al verificarsi di un’irregolarità nel sistema di controllo interno, nonostante si ipotizzi un comportamento diligente dei membri dell’organo di controllo nelle funzioni di vigilanza, contrariamente a chi in nome delle sue funzioni esecutive non ha operato regolarmente, non si può escludere una responsabilità di un amministratore. Infatti, per tale esclusione, è necessario che il membro dell’organo di controllo ponga in essere alcuni strumenti previsti dalla legge, come ad esempio esprimendo il suo dissenso o convocando l’assemblea, e non limitandosi a svolgere diligentemente la sua attività.

Nel primo caso, se il consiglio ha fatto una scorretta valutazione per una negligenza della vigilanza del comitato, non si può applicare il principio per cui la responsabilità non è solidale per i delegati di cui l’art. 2392., essendo il comitato un organo non delegato.

116 Innanzitutto si parte dall’ipotesi che l’azione di responsabilità dovrebbe essere mossa contro gli amministratori, i quali devono agire, ma non hanno fatto niente per modificare la carenza dell’assetto non idoneo, così da determinare delle rilevanti perdite. In questo caso, non si può imputare la colpa a tutto il consiglio, anche ai non esecutivi, innanzitutto perché il danno deriva da una negligenza da parte di alcuni di loro, cioè di quegli amministratori esecutivi che potevano agire, ma non l’hanno fatto.

In conseguenza di ciò si dovrebbe concludere che il comitato, in quanto organo indipendente, dovrebbe avere una responsabilità propria.

Ma anche quest’ultima affermazione presuppone delle considerazioni aggiuntive:

- innanzitutto si riconosce un tentativo del legislatore nel rimuovere l’ipotesi di «responsabilità sostanzialmente oggettiva»317: gli amministratori sono tenuti ad assumere le decisioni e ad attivarsi nel caso sussista un ragionevole dubbio sulla regolarità dell’attività svolta dal comitato, ma non possono rispondere in solido per non aver vigilato sul grado di accuratezza dell’attività del comitato e per le informazioni che gli sono state fornite nel plenum consiliare perché si creerebbe una situazione circolare per cui il consiglio dovrebbe, infatti, vigilare su un comitato che è preposto a vigilare sugli amministratori stessi, per cui si deve ipotizzare che viga il principio del «ragionevole affidamento» per cui nell’adempiere i propri doveri, un amministratore in buona fede fa affidamento sul comportamento di un comitato interno al consiglio318; - non si può applicare il principio per cui «gli amministratori non sono

solidalmente responsabili verso la società se il danno deriva da omissioni o compimento di atti che rientrano nell’ambito della delega», a ragione del fatto che la delibera è comunque assunta nel plenum consiliare, sebbene ci sia la condotta colposa dei membri dell’organo di controllo;

317 F.GHEZZI M.RIGOTTI, op. loc. ult. cit. 318 All principles of Corporate Law.

117 - non si può applicare l’ultimo comma della norma in riferimento perché essa si riferisce alla situazione in cui il singolo amministratore manifesta dissenso dissociandosi dalla deliberazione.

Da altra parte, tenuto conto che il consiglio si avvale del comitato per adempiere ai doveri generali di vigilanza e valutazione dell’adeguatezza degli assetti, si dovrebbe concludere che la distinzione di ruoli all’esterno non possa avere rilevanza poiché “all’esterno” vale il principio solidale, mentre “all’interno” si potrebbe avere una sorta di graduazione dei profili di colpa, con annessa concessione agli amministratori esecutivi di esercitare l’azione di regresso sui membri dell’organo di controllo, in considerazione anche del fatto che il consiglio non ha modo di interferire nelle modalità di esecuzione dei poteri di delega – nel significato che assume nel sistema monistico. Si avrebbe da una parte una competenza esclusiva del comitato riguardante quei fatti e operazioni sui quali il consiglio non può intervenire.

Così in conclusione, si riconosce una responsabilità propria dei membri dell’organo di controllo per non aver agito con la diligenza richiesta dalla natura del loro incarico, se gli amministratori esecutivi fossero in grado di dimostrare di essersi fidati del comitato e di aver agito informati, risultando esenti da colpa. Se invece, hanno contribuito con il loro voto ad una delibera scorretta, sono solidalmente responsabili.

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APITOLO

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Le critiche e la diffusione del sistema monistico a livello interno e