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La propensione per l’adozione del sistema monistico nelle banche a livello internazionale.

Le critiche e la diffusione del sistema monistico a livello interno e internazionale: il caso delle società bancarie

4. La propensione per l’adozione del sistema monistico nelle banche a livello internazionale.

Il dato maggiormente condiviso sull’adozione e diffusione dei sistemi alternativi a livello internazionale è che 20 Paesi su 40368 hanno optato per il sistema monistico; un dato non indifferente poiché essi rappresentano circa il 40% del PIL mondiale. In particolare, 7 hanno scelto il modello dualistico e 13 hanno dato la possibilità alle imprese di adottare più modelli, con la conclusione che i modelli del monistico e del dualistico sono i sistemi più diffusi nelle principali economie del mondo369.

La dottrina prevalente è concorde nel derivare le origini delle norme del diritto societario, che regolano le strutture organizzative delle imprese, dalle specificità dell’assetto proprietario, come è già stato affrontato, sulla base della comune distinzione tra il fenomeno tipico dei Paesi europei con aziende con significativa concentrazione di quote di proprietà (Insider System) e la situazione tipica dei Paesi anglosassoni con elevato frazionamento (Outsider System).

Da questa distinzione di base derivano, poi, le due strutture di riferimento della governance maggiormente diffuse, ovvero le modalità di separazione delle

366 A) Tavola Q01RI: Consistenze generali delle società iscritte al Registro Imprese, al 31/12/2016, in www.milomb.camcom.it/database-societario.

367 B) Tavola Q02RI: I Modelli di amministrazione e controllo adottati dalle società di capitali e cooperative iscritte al 31 dicembre 2016.

368 Che rappresentano il 66% del PIL mondiale sono i Paesi OCSE, più Argentina, Brasile, Cina, Hong Kong, Indonesia, Arabia Saudita e Singapore. Di cui, i Paesi OCSE sono: «L'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE) – in inglese Organisation for Economic Co-operation and Development (OECD)– è un'organizzazione internazionale di studi economici per i paesi membri, paesi sviluppati aventi in comune un'economia di mercato. […] L’OCSE, che ha sede a Parigi, conta attualmente 35 Paesi membri (Australia, Austria, Belgio, Canada, Cile, Danimarca, Estonia, Finlandia, Francia, Germania, Giappone, Grecia, Irlanda, Islanda, Israele, Italia, Lettonia, Lussemburgo, Messico, Norvegia, Nuova Zelanda, Paesi Bassi, Polonia, Portogallo, Repubblica Ceca, Repubblica di Corea, Repubblica Slovacca, Regno Unito, Slovenia, Spagna, Stati Uniti, Svezia, Svizzera, Turchia, Ungheria)» in www.italiarapparigi.esteri.it

135 funzioni amministrative e di controllo, per cui si hanno modelli monistici (one-tier

system) e dualistici (two-tier system). Il modello dualistico accomuna in

particolare, Germania, Francia e Italia (e diversi altri Paesi europei, tra i quali, Austria, Olanda, Danimarca e Slovenia): Paesi che sono stati caratterizzati in passato da un’economia fortemente statalista370 che ha limitato lo sviluppo di un capitalismo diffuso e ha determinato l’adozione di un sistema di governance «ibrido» che riflette, da un lato l’esigenza di rispondere a sistemi proprietari ristretti, dall’altro lato alla possibilità di intervenire direttamente sul controllo. Si tratta, però, di un modello ancora marginale nella sua adozione poiché ritenuto da molti amministratori raccomandabile solo in situazioni particolari. Il modello, infatti, è percepito – soprattutto in Italia- come «meno garantistico del tradizionale», sia per l’eliminazione del collegio sindacale, sia per il trasferimento di alcune funzioni assembleari e gestionali al consiglio di sorveglianza, con il conseguente parziale allontanamento dei soci dalle importanti decisioni aziendali, il che, secondo la dottrina, potrebbe dare vita a contraddizioni tra i soci e i membri dell’organo di controllo371. Bisogna, tuttavia, ricordare che, sebbene il legislatore italiano si sia «largamente ispirato al modello tedesco e francese, nonché allo Statuto della Società Europea, se ne discosta per alcuni elementi qualificanti»372, in particolare nella mancata previsione legislativa della nomina, fra i componenti il consiglio di sorveglianza, di rappresentanti dei lavoratori.

Dall’altro canto, l’adozione del modello monistico, originariamente sviluppato e tipico dei Paesi a common law, pone in risalto, invece, la volontà di “delegare” all’organo amministrativo i poteri e le responsabilità legate al controllo, sulla base della tendenza generale al ricorso delle best practices che consentono di contenere le dimensioni dell’organo amministrativo e di ricorrere alla costituzione

370 Da Wikipedia, l'enciclopedia libera: «Lo statalismo è la tendenza ad attribuire allo Stato un ruolo forte nel possesso di aziende e nel controllo dell'economia nazionale, dove possiede la grande maggioranza delle aziende e non permette lo sviluppo dei liberi professionisti. Il processo viene definito statalizzazione, o nazionalizzazione, mentre il procedimento opposto è la privatizzazione».

371 P. SCHWIZER, Il modello dualistico. Dalla norma all’attuazione, in Fondazione Italiana Accenture/nedcommunity – amministratori non esecutivi ed indipendenti, disponibile su www.economia.uniroma2.it, Milano, 22 giugno 2009.

372 G. BALP, Commento sub art 2409-octies, in Commentario alla riforma delle società, diretto da P. Marchetti, L.A. Bianchi, F. Ghezzi, M. Notari, Milano, 2005, cit., p. 10 ss.

136 di comitati indipendenti373. Infatti, si può affermare che la scelta dei modelli di governo societario è spesso influenzata dai codici di autodisciplina emanati su base nazionale o dalle regolamentazioni dei settori speciali, di cui brevemente si ricordano a livello europeo: il Rapport Vienot del 1995 in Francia; il Codigo

Olivencia del 1998 in Spagna; il Codice di Autodisciplina italiano del 1999 e più

volte rivisitato; il Deutsher Corporate Governance Kodex in Germania del 2002; il Cadbury Code del 1992 e il Combined Code nel Regno Unito.

Le ragioni che spingono verso l’adozione del sistema monistico sono innumerevoli e condivise a livello mondiale. Tant’è che secondo indagini recenti374, il monistico rappresenta una valida alternativa in tema di amministrazione e controllo ed è considerato il modello di riferimento nei Paesi economicamente più evoluti sia per i vantaggi che gli sono riconosciuti, sia perché realizza maggiormente la conformità agli standard internazionali, a cui già si orienta la Commissione Europea in tema della governance societaria.

Il modello monistico vanta un primato, in termini di diffusione, nel sistema anglo-americano, poiché l’assetto proprietario diffuso non sottopone le aziende a particolari vincoli legali e si apre a chiunque abbia le disponibilità finanziarie per accedervi. Nell’ottica del paradigma italiano, però, il modello dell’impresa ad azionariato diffuso di stampo anglosassone trova la sua espressione solo successivamente al 2003, anno in cui viene introdotta con l’articolo 2325-bis c.c. la distinzione tra società per azioni “aperte” e “chiuse”.

La fonte di finanziamento fondamentale delle società aperte è costituita dagli apporti di capitale di rischio da parte di investitori istituzionali o piccoli risparmiatori, ma i dati empirici dimostrano che in l’Italia l’ammontare di partecipazioni possedute da intermediari finanziari è basso375.

373 G. GANDINI - R. CASSANO, Sistemi giuridici a confronto: modelli di corporate governance e comunicazione aziendale, in Paper 74 presentato alla Seventh International Business Research Conference, Sydney, 3-6 dicembre 2007, p. 8 e ss.

374 (THE)EUROPEAN HOUSE AMBROSETTI, L’osservatorio sull’eccellenza dei sistemi di governo in Italia – Rapporto finale, ed. 2015, disponibile su www.ambrosetti.eu.

375 R. FORMISANI, Gli assetti proprietari delle società quotate e delle banche italiane. La partecipazione nelle assemblee, in www.filodiritto.com, parte I, 2013.

137 Uno dei punti di forza del sistema monistico è costituito dalla possibilità di attrarre, infatti, gli investitori internazionali376, soprattutto gli istituzionali377; anche se parte degli interpreti sostengono che affinché gli investitori siano realmente attratti dal modello monistico, è necessario che esso non si discosti troppo da quello anglosassone, parzialmente diverso dal modello disciplinato dal legislatore delle Riforma del 2003378. Negli ultimi anni gli investitori istituzionali hanno dato particolare rilievo alla «qualità del sistema di governo» come determinante delle decisioni di investimento; pertanto, diventa importante nella scelta del sistema monistico la valutazione sulla trasparenza e sulla capacità di individuazione della catena delle responsabilità come elementi chiave in tema di scelte strategiche insieme alla considerazioni in tema di: struttura proprietaria di un’azienda qualità dell’informativa, composizione dell’organo amministrativo e dei comitati, competenze e indipendenza dei consiglieri.379

È opinione comune, per parte degli interpreti, che il sistema monistico sia attrattivo per l’efficacia dei controlli, non solo ritenuti equivalenti rispetto agli altri sistemi, ma anche nel senso di aver «razionalizzato il sistema di controlli interni»; infatti, il giudizio è che il sistema monistico sia caratterizzato dalla trasparenza e tempestività dei flussi informativi; da una forte spinta ad esercitare un controllo ex

ante proveniente dalla compartecipazione dei controllori alla gestione; e

semplificazione del sistema dei controlli mediante l’eliminazione delle sovrapposizioni di funzioni e accentramento in un unico organo.

Tra gli altri vantaggi riconosciuti al sistema monistico, si avverte anche un indubbio risparmio di costo derivante dalla semplificazione della struttura organizzativa; un consolidamento della professionalità dei componenti del comitato per il controllo sulla gestione attraverso specifiche previsioni del Codice di Autodisciplina; ampio spazio riconosciuto all’autonomia statutaria al fine di

376 cfr. S. PROVIDENTI, op. cit., p. 418. Di recente, sul punto, v. F.CHIAPPETTA M.MENCHINI S.SCETTRI –A.STABILINI,F.ZABBAN, op. cit., p. 221.

377 Così L. A. BIANCHI, Il modello monistico è più efficiente di quello tradizionale? Appunti per una ricerca, in Analisi Giuridica dell’Economia, 1, 2016, p. 24: «Soprattutto gli istituzionali, che si muovono con maggiore dimestichezza in contesti, come quelli dei paesi di common law, in cui amministrazione e controllo sono per definizione concentrati in un solo board)

378L.A. BIANCHI, op. cit., p. 27 e ss.

379 V.DE MOLLI M.VISANI, La buona governance attrae i capitali. La qualità del «governo» delle imprese è una dei determinati delle decisioni di investimento, in Il Sole 24 ore, 17 dicembre 2015, p. 31.

138 compensare le debolezze ed i mancati richiami del “nuovo” modello al sistema tradizionale; e una maggiore «riconoscibilità all’estero» per cui è possibile accedere nei mercati di capitali internazionali380.

Gli interpreti hanno, però, espresso delle perplessità in merito alla riconoscibilità381 poiché se da una parte si è discusso sulla valenza delle peculiarità che nel concreto differenziano il «sistema monistico italiano» da quello di origine anglosassone; dall’altra parte è apparsa dubbia la sua utilità nelle società quotate italiane per essere maggiormente appetibili. In questo ultimo caso, gli studi hanno dimostrato che gli investitori istituzionali italiani sono meno interessati alla gestione e dunque alla cura dei profili che caratterizzano la governance aziendale, ma sono più indirizzati ai rapidi profitti strategici382. Da qui la comune considerazione che l’attrattività del mercato italiano pecca rispetto agli altri ordinamenti, non solo per un minore ricorso al sistema monistico, ma per le carenze di mercato, precedentemente accennate, che principalmente dipendono dall’assenza di importanti investitori istituzionali, da una minore affidabilità del sistema fiscale e da un’eccessiva burocrazia.

Il recente (anche se limitato) successo dei modelli alternativi del contesto italiano è stato, però, spinto dagli incentivi della Consob383 nelle raccomandazioni a ricorrere al sistema di amministrazione e controllo monistico, data l’ampia diffusione a livello internazionale, per cercare sia di rendere «più competitive le imprese sui mercati internazionali» sia di sopperire «le inefficienze dei sistema di controllo interni degli altri modelli caratterizzati da una pluralità di organi» («collegio sindacale, dirigente preposto alla redazione dei documenti contabili, organismo di vigilanza, funzione di internal audit, comitato controllo e rischi»)384.

380 F.CHIAPPETTA M.MENCHINI S.SCETTRI A.STABILINI,F.ZABBAN, op. cit., p. 220.

381 ID., op. cit., nota 30 p. 44: Sul fatto che il nostro monistico sia un monistico italiano, non necessariamente identificabile con il monitoring board di derivazione anglosassone, esiste un acceso dibattito. Cfr. F. GHEZZI ‒M.RIGOTTI, op. cit., cit., pp. 192 ss. V. anche C. AMATUCCI, Vigilanza e gestione dei rischi dopo la crisi. Un’occasione per riflettere sul ruolo dell’organo amministrativo nelle società quotate, in Crisi dei mercati finanziari e corporate governance: poteri dei soci e tutela del risparmio, Roma, 2014, pp. 78 ss. 382 L.A. BIANCHI, op. loc. ult. cit.

383 V. il Discorso del Presidente della Consob in occasione dell’Incontro annuale con il mercato finanziario del 5 maggio 2014.

139 Poste queste brevi premesse sui vantaggi che sono riconosciuti al sistema monistico, odierni studi in tema bancario385 hanno dimostrato come le recenti crisi finanziarie, determinate anche da carenze nella governance delle banche, abbiano dato avvio ad un necessario ripensamento a livello internazionale degli stessi meccanismi di governo d’impresa, con una conseguente spinta alla modifiche delle caratteristiche dei board, dei poteri e delle responsabilità attribuite agli organi di controllo, nell’ottica che un sistema organizzativo di governo possa assicurare delle migliori performance rispetto ad un altro, soprattutto nel “fragile” contesto finanziario per cui diventa necessaria la definizione di un controllo continuo.

Tale necessità nasce, infatti, dalla consapevolezza dell’importanza di una buona organizzazione interna nelle società bancarie, di cui gli effetti negativi sono risentiti su tutta la stabilità del sistema finanziario. Pertanto, sono stati avanzati interventi di regolamentazione internazionale ed europea386 al fine di assicurare il funzionamento dei meccanismi di governo interno delle società bancarie, per cui è rilevante la valutazione e la gestione dei rischi al fine di costruzione di un efficace

risk governance framework387, come previsto nelle grandi economie mondiali.

Tutta la nuova produzione internazionale388 ha l’obiettivo di colmare quell’esigenza, espressa dapprima dagli intermediari finanziari389, della capacità di

385 K.J. HOPT, Better Governance of Financial Institutions, ECGI Working Paper n. 207/2013, in www. ssrn.com, p. 337 e ss.

386 «Il movimento di riforma delle regole di governo delle società bancarie si concretizza dapprima nelle indicazioni del Financial Stability Board e del Comitato di Basilea, trovando sbocco in Europa nella direttiva 2013/39/UE del 26 giugno 2013 (CRD IV) che ha dettato le regole prescrittive sull’organizzazione interna delle banche – Guidelines on internal governance- affidando il compito di emanare orientamenti applicativi all’European Banking Autorithy» cfr. A.MIRONE, Temi e problemi in materia di governo societario delle banche, in occasione del VIII Convegno annuale dell’associazione italiana dei professori universitari di diritto commerciale “Orizzonti del Diritto Commerciale” – “Il diritto commerciale verso il 2020: i grandi dibattiti in corso, i grandi cantieri aperti”, Roma, 17-18 febbraio 2017.

387 Definito in www.irgc.org : «The IRGC Framework provides guidance for early identification and handling of risks, involving multiple stakeholders. It recommends an inclusive approach to frame, assess, evaluate, manage and communicate important risk issues, often marked by complexity, uncertainty and ambiguity. The Framework is generic and adaptable. It can be tailored to various risks and organisations. The Framework comprises four interlinked elements, and three cross-cutting aspects: 1. Pre-assessment – Identification and framing. 2. Appraisal – Assessing the technical and perceived causes and consequences of the risk. 3. Characterisation and evaluation – Making a judgment about the risk and the need to manage it. 4. Management – Deciding on and implementing risk management options. 5. Cross-cutting aspects – Communicating, engaging with stakeholders, considering the context.

388 Cfr. Basilea 2015 e i documenti del Financial Stability Board.

389 «[t]he recent global financial crisis exposed a number of governance weaknesses that resulted in firms’ failure to understand the risks they were taking. In the wake of the crisis, numerous reports painted a fairly bleak picture of risk governance frameworks at financial institutions» (FSB, 2013a).

140 valutare i rischi ai quali la banca è esposta attraverso sia un’attività di controllo ex

ante, sia attraverso un monitoraggio continuo. Gli studi in questione, se in un primo

momento si riferiscono ad «ridisegno dei principi di buona governance» da parte degli Organismi internazionali390 in tema di qualità dei board, parallelamente si dirigono verso il rafforzamento del ruolo di supervisione delle autorità di vigilanza391 e di indirizzo verso le best practices e agli highest international

standards392.

Tra i profili che assumono maggior rilievo, un ruolo importante è riconosciuto al board, a cui non solo è imputata una responsabilità nella costruzione di adeguati assetti organizzativi, ma anche nella definizione delle linee politiche e strategiche e nell’esercizio di una preminente funzione di controllo sul

management vero e proprio. Questa attribuzione specifica in capo all’organo

amministrativo comporta lo studio di elementi che costituiscono il carattere quantitativo e qualitativo dei board, dai quali dipende la diversa struttura dell’organizzazione interna e le performance aziendali: dimensioni degli organi; indicatori qualitativi come l’impegno e l’organizzazione interna dei board; il bilanciamento dei poteri (check & balance); la diversity (età, genere e internazionalizzazione); competenze e impegno di ciascun membro.

Questi elementi sono stati utilizzati per lo studio di un campione di 27 grandi banche quotate europee che rappresentano il 43% delle istituzioni creditizie europee393, da cui è emerso che il modello di governance maggiormente adottato

390Dei 13 principi in cui si articolano le nuove guidelines, i primi 5 principi riguardano l’alta governance (i primi 3 il board, il quarto principio riguarda il senior management, il quinto la governance all’interno dei gruppi). I principi da 6 a 10 riguardano le 3 funzioni di controllo (risk management, compliance e internal audit), il principio n.11 concerne le remunerazioni, il n. 12, la disclosure e la trasparenza della governance e da ultimo il principio n.13 concerne il ruolo di guida e di supervisione delle AAVV in tema di governance. 391 Principio n.13 che afferma: «Supervisors should provide guidance for and supervise corporate governance at banks, including through comprehensive evaluations and regular interaction with boards and senior management, should require improvement and remedial action as necessary, and should share information on corporate governance with other supervisors».

392 Si vedano, ad esempio J. DICKSON, The relevance of the supervision of behaviour and culture to the SSM, in ECB, Banking Supervision, speech 24 September, 2015; D. NOUY, European banking supervision after year one: what lies ahead?, in ECB, Banking Supervision, speech 10 November 2015.

393 Il campione si compone di 27 grandi banche quotate europee che hanno sede nei principali paesi dell’UME e nel Regno Unito (cfr. TAB. 1). 22 banche rientrano direttamente nel SSM e più in dettaglio 3 banche tedesche, 3 banche francesi, 10 banche italiane e 6 banche spagnole. Queste 22 banche rappresentano in termini di Totale Attivo (TA) il 43% delle istituzioni creditizie dell’area euro e il 50% delle banche significative all’interno del SSM. Ad esse si aggiungono le 5 banche quotate inglesi, che rappresentano per TA il 37% del nostro campione.

141 è il modello monistico (14 su 27), mentre il modello tradizionale è solo previsto nell’ordinamento italiano.

Dallo studio degli indicatori di governance sopraelencati, gli operatori hanno costruito un data base dalle informazioni estratte dalle Relazioni sul Governo Societario di ciascun Paese da cui è emerso che nelle principali banche quotate europee si sta registrando una crescita in termini di qualità dei board, anche se ancora, come nel caso italiano, si ha sia un’inferiorità in termini dimensionali, sia una minor tendenza ad adattarsi ai livelli internazionali richiesti, dato lo stretto legame ai modelli d’origine. Di contro, è emersa anche una netta preferenza del sistema monistico a livello internazionale poiché è stato associato alle migliori caratteristiche strutturali e qualitative del board richieste dalle best practices; ad esso si riconosce un vantaggio proveniente dall’imputazione della funzione di controllo in capo ad un comitato interno al consiglio di amministrazione, formato da amministratori non esecutivi e indipendenti. Infatti, il modello monistico sembra consentire sia la razionalizzazione del sistema dei controlli, sia il rafforzamento della verifica in termini di efficacia ed immediatezza sull’operato degli amministratori esecutivi. E ancor più, in ambito bancario, il coordinamento tra la funzione di indirizzo e monitoraggio in capo ad un unico organo costituisce un elemento cardine del modello del risk governance framework tipico dell’one-

tier board a livello internazionale.

Tali elementi, anche se non in maniera del tutto definitiva, risultano essere d’aiuto nel mettere in evidenza la relazione tra alcune caratteristiche dei board dei diversi sistemi di amministrazione e controllo e le performance bancarie, da cui sembra registrarsi una reale rilevanza a livello internazionale del sistema monistico in termini di efficacia e funzionamento dei suoi organi, di effettività del controllo e riconoscibilità all’estero394. Tale che, si potrebbe ipotizzare una «disciplina» comune in tema di governo d’impresa (quella del modello monistico) che sia

394 R. LENER, Monistico come modello ottimale per le quotate? Qualche riflessione a margine del rapporto Consob sulla corporate governance, in Analisi giuridica dell’economia, I, 2016, p. 8.

142 davvero in grado di allineare gli interessi di azionisti e amministratori nella specificità delle società bancarie395.