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Nomina, determinazione del numero e revoca dei componenti il comitato per il controllo sulla gestione

5.2 (Segue) Comitato per il controllo sulla gestione e consiglio di amministrazione: tra autonomia funzionale e dipendenza strutturale.

6. Nomina, determinazione del numero e revoca dei componenti il comitato per il controllo sulla gestione

Le indicazioni sulla composizione del comitato per il controllo sono contenute all’art. 2409 octiesdecies c.c. in cui la competenza di determinare il numero e nominare i commissari è attribuita al consiglio di amministrazione, salvo diversa disposizione dello statuto. Ci si riferisce all’osservazione che non tutti gli amministratori non esecutivi devono necessariamente far parte del comitato, anche se in questo caso diventa dubbia la loro area di competenza237.

Fin da subito, perciò, si ravvisa una delle peculiarità che conduce alle diverse, e spesso critiche, interpretazioni sul sistema monistico per cui i controllati scelgono i loro controllori tra i soggetti indipendenti – che vengono comunque nominati dall’assemblea –. Si tratta di una competenza che, secondo parte della dottrina, altera gli equilibri e rende incerta, per non dire impossibile, l’indipendenza dei controllori, in quanto la libertà del consiglio di amministrazione

235 N.ABRIANI, op. cit., p. 97 e ss.

236 G.RACUGNO, I controlli interni, in Atti dei seminari celebrativi per i 40 anni dall’istituzione della Commissione Nazionale per le Società e la Borsa, “Amministrazione e controllo nelle società quotate: prospettive di riforma”, a cura di G. Mollo, Roma, 6 giugno 2014, p. 120.

237 S. AMBROSINI, La riforma., p. 328. attraverso lo statuto comunque i membri del comitato possono coincidere esattamente con la quota di amministratori indipendenti.

91 di scegliere i membri esecutivi e non esecutivi, nelle società chiuse, ha la diretta conseguenza di ampliare l’influenza dei soci di controllo238.

Per quanto attiene al numero minimo dei membri del comitato, l’art. 2409-

octiesdecies c.c. procede nel definire che «nelle società che fanno ricorso al

mercato del capitale di rischio il numero dei componenti del comitato non può essere inferiore a tre».

Maggiori discussioni, allora, sorgono in relazione alle società chiuse, posto che il comitato per il controllo «elegge al suo interno a maggioranza assoluta dei suoi membri, il presidente». Una prima posizione della dottrina, in base al principio della collegialità del comitato, sostiene la previsione di un numero minimo anche di due membri239, sempre negando la figura dell’amministratore unico; di converso, un’altra parte sostiene che un minimo di tre membri sia necessario nella determinazione della maggioranza assoluta – dei componenti in carica – per le delibere del comitato. Mentre non è ammissibile, in materia di organi collegiali di società di capitali, l’assunzione delle delibere all’unanimità in caso di presenza di soli due componenti240, poiché la giurisprudenza è concorde che questo ultimo caso del principio unanimistico nei quorum sia in contrasto con la «speditezza decisionale richiesta dalla funzione gestoria»241.

Nel caso di quorum deliberativo una probabile soluzione in caso di parità sarebbe la previsione del voto prevalente del presidente, per cui, infatti, parte minoritaria della dottrina ritiene ammissibile la formazione dell’organo per numeri pari (multipli di due). Ma nel particolare caso di due componenti, concedere ad uno di essi un voto prevalente andrebbe ad inficiare la funzione di confronto tipica del metodo collegiale. Si pongono, dunque, a favore dell’applicazione, anche per le società chiuse, le disposizioni che si orientano verso comitati composti da un numero dispari (almeno tre) dei componenti242.

238 M. CERA, op. cit., p. 369; N. FACCHIN, Il controllo nelle società per azioni: concorrenza tra i modelli, in Contratto Impresa, 2004, p. 379.

239 A. GUACCERO, op. cit., p. 194; F.BONELLI, Gli amministratori di S.p.a., in Commentario breve alla riforma delle società di capitali, Milano, 2004 p. 181.

240 G. E. COLOMBO, Amministrazione e controllo, p. 200.

241 Cass., 30 novembre 1959, n. 3486, in. Giur. It., 1960, I, p. 527 e in dottrina O. CAGNASSO, L’amministrazione collegiale e delegata, in Trattato delle società per azioni, diretto da G.E. Colombo e G.B. Portale, Torino, 4, 1991 p. 265.

92 Se queste però sono le possibili soluzioni previste per il metodo legale, emerge una difficoltà maggiore derivante dall’ampliamento dell’autonomia statutaria in riferimento sia al numero dei membri, ma soprattutto all’attribuzione del potere di nomina (ad esempio all’assemblea o agli amministratori indipendenti), dovuta dalla volontà sia di armonizzare l’adozione del sistema monistico nelle società quotate sia di risolvere delle problematiche già tipiche del modello tradizionale.

Così, la circostanza che la nomina sia demandata all’assemblea «potrebbe rendere il controllo più libero rispetto agli amministratori da controllare»243, nel senso di attenuare la dipendenza del comitato dall’organo amministrativo; un effetto che potrebbe essere prodotto, in tema di designazione dei membri del comitato, anche da clausole che richiedono un aumento delle maggioranze per l’elezione dei membri o, coerentemente alla necessità di tutela, l’attribuzione da parte di particolari categorie di azionisti o dalle minoranze. Si tratta, ovviamente, di modalità particolari che, nel caso di adozione del modello legale, cioè quando la scelta spetta al consiglio di amministrazione, necessitano di un meccanismo statutario che sposta il potere di designazione di membri ad altri organi attraverso, cioè, una deroga alla regola generale244; invece, nel caso di nomina per via assembleare, la dottrina prevalente è concorde nel sostenere che, in mancanza di diversa previsione statutaria, le nomine da parte di particolari soggetti non possono essere messe in discussione, cioè non c’è la necessità di alcun atto deliberativo da parte dell’assemblea, in quanto essa viene privata di suddetta competenza245.

243 S. FORTUNATO, I controlli nella riforma delle società, cit., p. 886 244 F.GHEZZI M.RIGOTTI, op. cit., p. 259.

245 S.AMBROSINI, Nomina pubblica delle cariche sociali e nullità della delibera assembleare per carenza di potere, in Giur. it, 2002, p. 125.

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7. I requisiti richiesti agli amministratori non esecutivi.

In base a quanto disposto dall’art. 2409-octiesdecies, comma 2, c.c.: «Il comitato ècomposto da amministratori che:

1. Siano in possesso dei requisiti di onorabilità e professionalità stabiliti dallo statuto e dei requisiti di indipendenza di cui all'articolo 2409-septiesdecies c.c.; 2. Non siano membri del comitato esecutivo ed ai quali non siano attribuite deleghe o particolari cariche;

3. Non svolgano, anche di solo fatto, funzioni attinenti alla gestione dell'impresa sociale o di società controllanti o controllate».

La lettura della norma presuppone una serie di considerazioni.

Innanzitutto, il richiamo all’art. 2409 septiesdecies c.c., che a sua volta rinvia all’art. 2399 c.c. sulla nozione di indipendenza valida per i sindaci, asserisce che tale aspetto possa essere legittimo anche per gli amministratori esecutivi, il comitato esecutivo o gli amministratori delegati, contrastando quanto pienamente è disposto nel sistema anglosassone in cui il requisito d’indipendenza è soprattutto dettato in ragione degli amministratori esecutivi, al fine di contrastare i problemi derivanti dalla dissociazione tra proprietà e controllo tipici delle public companies; di contro, invece, nel sistema monistico la norma serve a dare una generica attribuzione dell’indipendenza agli amministratori a prescindere che siano esecutivi o meno, e tra questi poi rimanda la scelta tra quelli che possono far parte del comitato e quelli non esecutivi ed anche indipendenti.

Ma in particolar modo, in riferimento alla nozione di amministratore non esecutivo si nota che il legislatore ne ha dato una definizione in negativo, escludendolo perciò dalle funzioni gestorie e da particolari competenze interne246, e comportando difficoltà nell’individuazione delle sue reali funzioni, aggravata dalla non neutralità sulla natura esecutiva e non esecutiva causata dall’imputazione di questo giudizio al consiglio di amministrazione stesso, che è libero di valutare se un amministratore abbia o meno i requisiti richiesti247.

246 Così ASSOCIAZIONE DISIANO PREITE, op. cit., p. 186. 247 F.GHEZZI M.RIGOTTI, op. cit., p. 263.

94 Perciò, come sappiamo, il requisito di indipendenza di cui si parla è richiesto per almeno un terzo dei componenti del consiglio di amministrazione. Con particolare riguardo al comitato per il controllo, si registra un’incongruenza tra il dettato dell’attuale disciplina, per cui il requisito di indipendenza è richiesto a tutti i membri, e la legge delega, che allineandosi alle indicazioni a livello europeo248, si limitava a prevedere che solo la maggioranza fosse in possesso di suddetto requisito. La ragione di tale mutamento di disciplina è dipesa dall’orientamento statunitense in cui vi era già prevista la totalità degli amministratori indipendenti nei comitati, che però non ha riscontrato poche critiche nel complesso italiano da parte dei primi commentatori in tema di rigidità della struttura e ampliamento dei costi, soprattutto per le società chiuse.

Ma d’altro canto si deve accostare questo cambiamento della volontà del legislatore ad una scelta di coerenza con le discipline sui compensi e sulla revoca dei membri dell’organo di controllo,per le quali la presenza di amministratori non indipendenti avrebbe portato a delle conseguenze negative in termini di autonomia.

In particolare, infatti, si ravvisa che in tema di determinazione del compenso dei membri dell’organo di controllo, in mancanza di esplicita previsione statutaria, vi sono parecchie soluzioni, tra cui quella di attribuire tale compito al consiglio di amministrazione, tale da indebolire maggiormente il comitato, infatti la migliore soluzione sarebbe quella di riservare la scelta ad un indipendente comitato per i compensi249; così come per l’attribuzione agli amministratori del potere di revoca dei membri dell’organo di controllo, senza giusta causa, rende quest’ultimi ancora meno indipendenti rispetto al consiglio, con il risultato di generare una diffusa inefficienza.

Accanto alla circostanza della revoca anche senza giusta causa, della mancata esplicita previsione in tema di determinazione del compenso e della durata minima dell’incarico, non è prevista un’altra garanzia di indipendenza per i

248 Cfr. EUROPEAN COMMISSION, Report of the High-Level Group of Company Law Experts on a Modern Regulatory Framework for Company Law in Europe, Brussels, 4 November 2002, p. 60.

249 N.ABRIANI, Le regole di governance delle società per azioni: introduzione alla nuova disciplina, in La riforma delle società di capitali. Aziendalisti e giuristi a confronto, a cura di N. Abriani, T. Onesti, Milano, 2004, p. 31 ss.

95 membri del comitato; il che incide ancor di più sulla condizione di dipendenza del comitato per il controllo dal consiglio di amministrazione.

Gli altri requisiti richiesti sono quelli di onorabilità e professionalità stabili dallo statuto, con la conseguenza che il venir meno di detti requisiti comporta la decadenza dell’incarico250. Data la “gravità” della mancanza di questi requisiti, parte della dottrina è concorde nello stabilire che lo statuto non possa esentarsi dall’indicare in modo esplicito un minimo dei requisiti per poter essere membri del comitato, nonostante ci sia qualche opinione contraria a riguardo251.

Nello stabilire quali siano questi requisiti non si può non partire da un confronto tra i sistemi di amministrazione e controllo, per cui sicuramente si fa riferimento a quanto previsto per i sindaci, ma si deve prendere in considerazione tutta la serie di ipotesi di natura statutaria che possono stabilire l’assunzione della carica al «possesso di particolari requisiti» in relazione alle caratteristiche dell’azienda o del ruolo svolto.

Infine, il terzo comma della norma in questione stabilisce che almeno uno dei componenti debba essere iscritto nel registro dei revisori contabili, così come accade nelle discipline post riforma degli altri due sistemi, a dimostrazione del fatto che si può, per così dire, individuare un «minimo comune denominatore»252 nell’individuazione dei requisiti spettanti non solo ai membri del comitato, ma forse a tutti i componenti degli organi di controllo.

8. Il funzionamento. La cessazione dell’incarico, la sostituzione e la