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5 (Segue) Il modello dualistico.

11. Modelli organizzativi e performance aziendali.

Come già anticipato nella premessa, l’analisi delle strutture organizzative delle imprese e la verifica dei processi di funzionamento rappresentano la parte centrale delle principali teorie in tema di corporate governance. Non è scopo del presente lavoro esaminare analiticamente le singole teorie su cui gli studiosi hanno ampiamente discusso, ma è apparso necessario evidenziare la possibilità di individuare i molteplici risultati e soluzioni, che danno spiegazione ai processi di costruzione delle relazioni degli organi, attraverso l’osservazione delle imprese sotto diversi angoli di indagine. La teoria prevalente è che sia fondamentale una normativa di regolamentazione dei meccanismi di controllo, a salvaguardia anche degli interessi dei soggetti che appartengono alle minoranze, e un impegno per garantire alle imprese la flessibilità necessaria per organizzare coerentemente strutture e processi di governo; così che si impone al legislatore di creare sistemi di regole non solo per incentivare comportamenti virtuosi di tutti i facenti parte l’impresa, ma anche scoraggiare quelli opportunistici, in base alle peculiarità delle tipologie aziendali.

I suddetti angoli di indagine a cui sono sottoposte le imprese dipendono dalle diverse “prospettive di osservazione della corporate governance”146 che attengono alle aree dell’economia aziendale. Nel presente lavoro le prospettive di osservazione sono risultate strettamente collegate tra loro, in particolare: l’ottica di diritto che esamina gli interventi del legislatore in materia societaria e dei mercati finanziari che hanno impatto sui sistemi di governo delle imprese, tanto da condizionarne struttura ed equilibrio; che non può prescindere da quella aziendalistica che evidenzia il legame dei modelli organizzativi con le scelte

60 strategiche147 poste in essere dagli imprenditori, considerando i contesti in cui operano.

Posto che si è già cercato di dare una definizione generale al sistema di

corporate governance, nell’accezione «dell’insieme di elementi attinenti struttura

e funzionamento degli organi di governo e controllo nei loro rapporti con la proprietà e il management»148 , appare utile interrogarsi sulla provenienza e sulle

motivazioni alla base delle configurazioni alternative in tema di amministrazione e controllo. Per tale ragione, è stato anche necessario presentare, in maniera semplificata, la tripartizione degli assetti proprietari nella convinzione che essi siano fortemente legati ai modelli di governance, dato che nonostante la presenza di organi “simili”, sono evidenti i diversi meccanismi di governo149 in base al grado di concentrazione proprietaria e dimensioni aziendali.

In relazione a ciò, si evidenzia che sono stati tanti gli studi in tema di

corporate governance e performance aziendali, senza giungere a conclusioni

univoche. Parte predominante della dottrina è concorde nel considerare la

corporate governance come una variabile chiave nel funzionamento dell’azienda.

Il dibattito sulla corporate governance si è ampiamente riacceso con la creazione delle società quotate, la progressiva integrazione dei mercati finanziari internazionali e la loro accresciuta apertura al mercato, che comporta la frammentazione del capitale e i problemi tipici della separazione tra proprietà e controllo: proprietari e manager perseguono obiettivi diversi.

In questo senso, si è focalizzata l’attenzione sulla realtà americana caratterizzata, infatti, dalla public company a struttura proprietaria aperta in cui si realizza la suddetta dissociazione tra proprietà e controllo, con la conseguenza che il potere di governo è trasferito ai manager e vi è mancanza di un controllo effettivo sul management, data la polverizzazione dell’azionariato. Tale controllo deve essere attivato e monitorato da adeguati meccanismi di corporate governance.

147 E. CAVALIERI ‒ R. FERRARIS FRANCESCHI, Attività aziendale e processi produttivi, in AA. VV., Economia aziendale, a cura di E. Cavalieri, vol. I, Torino, 2005, pag. 89.

148 V. CODA, Trasparenza informativa e correttezza gestionale: contenuti e condizioni di contesto, in Scritti di Economia Aziendale in Memoria di Raffaele d’Oriano, tomo I, Padova, 1997, p. 333.

149 ASSONIME- Corporate governance, assetti proprietari e autodisciplina, in www.assonime.it, cap. 1, 2008, p. 11 e ss.

61 Le discussioni in tema di relazione dei risultati aziendali e strutture di governo, però, devono tenere in considerazione altre molteplici variabili, dalle strategie aziendali fino alle dinamiche dei processi decisionali legati agli organi direttivi, le dimensioni degli stessi, l’indipendenza degli amministratori, che possono dunque avere un ruolo importante per il successo aziendale150.

Così, in tutti i Paesi industrializzati si è avvertita la necessità di ricerca di modelli ottimali di governance, data anche la forte crisi del sistema finanziario che ha evidenziato i problemi nel governo soprattutto degli istituti creditizi, imponendo una riflessione sulle modalità organizzative delle società bancarie e intermediarie al fine di incrementare i meccanismi di controllo e vigilanza.

In questo lavoro si farà cenno alla specificità del governo delle società bancarie, in particolare per la necessità di una maggiore regolamentazione dei controlli e la sottoposizione a vigilanza.

Per le banche, definire efficienti assetti di governo societario significa tenere in considerazione non solo le peculiarità che connotano l’attività bancaria, ma anche gli interessi in essa coinvolti, di rilievo costituzionale, nei meccanismi di salvaguardia dei «depositanti», al fine di assicurare le condizioni di sana e prudente gestione, che sono oggetto dell’azione di vigilanza.

Il profilo “sensibile” della società bancaria, infatti, non si riferisce unicamente al diverso funzionamento dell’amministrazione e controllo, ma pone in evidenza anche i ridimensionati poteri dei soci, una caratteristica che è comune a tutte le società che operano sui mercati finanziari.

Ma se, fino ad ora, lo stretto collegamento tra le funzioni imprenditoriali e la struttura organizzativa ha evidenziato l’importanza dei soci come elemento determinante, un’altra peculiarità delle banche è la rilevanza dei interessi riferibili a soggetti diversi. Tali interessi, infatti, non influiscono solo sulla gestione della società, nell’ottica di un necessario rafforzamento dei poteri e doveri in capo agli amministratori indipendenti, ma riguardano anche i rapporti con gli altri organi sociali, nel riconoscimento, in primis, di un maggiore potere in capo all’autorità di

150 G. ABATECOLA ‒ A. CAPUTO ‒ M. MARI ‒ S. POGGESI, Corporate governance e performance delle società per azioni. Un’analisi empirica delle public utilities quotate alla Borsa Valori di Milano (2000- 2008), in Finanza Marketing e Produzione, 29 (2), 2011, pp. 36-68.

62 vigilanza, la quale è chiamata ad assicurare il rispetto dei diversi interessi, in particolare in riferimento all’investimento del socio.

Lo spazio lasciato all’autorità di vigilanza si sostanzia in poteri che incidono su posizioni non solo patrimoniali, ma anche amministrative, prima fra tutte quella di poter ordinare la convocazione, in modo diretto o indiretto, degli organi sociali per «l’assunzione di determinate decisioni». Tra i poteri amministrativi che rientrano in quelle materie di compimento di operazioni di natura societaria, di natura restrittiva o limitativa, si ravvisano ancora: allontanamento degli esponenti aziendali; possibilità di ordinare la rimozione o sottoposizione delle modificazioni statutaria; autorizzazioni per le operazioni straordinarie di fusione e scissione.

Si tratta, perciò, del potere dell’autorità di vigilanza, soprattutto in caso di conflitto di interesse del socio, ad autorizzare una sospensione dei diritti amministrativi connessi alla partecipazione, oltre alla previsione di divieto di esercitare il voto.

Queste premesse servono a configurare una disciplina speciale per il modello dell’impresa bancaria, sia al fine di accordare la tutela alle esigenze tipiche di queste imprese, sia per mettere in luce un’inversione dei ruoli che caratterizzano la struttura societaria delle banche. Infatti, proprio relativamente alla disciplina della società bancaria, diretta a tutelare le esigenze riconducibili al controllo sull’investimento del socio, si desume un ruolo strumentale e marginale di quest’ultimo nell’impresa, contrariamente a quanto accade nelle società ordinarie in cui invece l’impresa è percepita dal socio come lo strumento per raggiungere i suoi profitti.

Da questo importante cambiamento deriva la circostanza per cui non è riconosciuto il potere discrezionale dei soci di gestire il proprio investimento, perché subordinato all’autorizzazione dell’autorità di vigilanza. Tant’è che si rilevano due speciali configurazioni dell’organizzazione dell’impresa bancaria: da una parte nel senso di uno strumento di investimento diverso dei soci; dall’altra si riconosce in capo al socio la posizione di titolare di pretese patrimoniali residuali, soprattutto nella disciplina della società bancaria in crisi, da cui deriva la figura del

63 socio più come finanziatore che come proprietario, nella valorizzazione delle prerogative patrimoniali rispetto a quelle organizzative151.

Dunque ciò che sembra realmente rilevare la differenza della disciplina bancaria rispetto a quella ordinaria, è la differenza della posizione normativa dei soci di società bancaria in crisi, tale per cui si “dominano” i creditori, i quali creano un nuovo equilibrio finanziario nell’impresa bancaria (maggiore esposizione debitoria ‒passività‒ rispetto al capitale proprio), per cui l’ammontare dell’indebitamento e, infine, la liquidità bancaria, si fa indice di inefficienza del funzionamento della banca.

Da qui deriva che la disciplina delle società bancarie va espressamente intesa nella differenza tra creditori e soci, in quanto la situazione di crisi consente di “tralasciare” la volontà dei soci al fine di attuare operazioni straordinarie in favore dei creditori.152

In base alla posizione dottrinale per cui la scelta di un modello organizzativo può esercitare una notevole influenza sulla crescita aziendale, si riconosce che a livello internazionale, le strutture preferibilmente adottate per le società bancarie appaiono essere il sistema monistico e il sistema dualistico, poiché il contesto finanziario attuale richiede agli organi di controllo interno di svolgere un ruolo “proattivo” nella gestione aziendale, indirizzando l’operatività e la crescita della banca nel rispetto degli obiettivi di performance, di sana e prudente gestione.

Tale per cui, anche in Italia si è sentita la necessità di adeguarsi al contesto europeo, introducendo i due modelli alternativi nell’ordinamento italiano nell’ottica che funzioni di controllo “innovative” e “professionali” contribuiscono a creare una cultura aziendale di correttezza dei comportamenti, al fine di accrescere la fiducia del mercato nell’operatività delle banche.

Così che nel corso del presente lavoro, e soprattutto nel prossimo capitolo, si approfondiranno le interpretazioni relative alla disciplina e al funzionamento dei

151 D. LA LICATA, La struttura finanziaria della società bancaria: patrimonio, patrimonio netto, patrimonio di vigilanza, Torino, 2008, pp. 33 ss., spec. 38 ss.

152 G.FERRIJR, La posizione dei soci di società bancaria, in Dir. della banca e del mercato finanziario, 2016, I, p. 757.

64 meccanismi di controllo del sistema monistico, sulla quale sono intervenute anche disposizioni speciali previste dal TUF (e dal TUB per le banche), introducendo alcuni correttivi per fornire a questo sistema alternativo gli strumenti per la costituzione di un sistema di controlli efficace, ed equiparato al modello tradizionale, nelle società quotate153.

153 F. CHIAPPETTA M. MENCHINI S. SCETTRI ‒A. STABILINI ‒F. ZABBAN, Il modello monistico. Un’opportunità per l’evoluzione della governance, in Riv. Banc. – Minerva Bancaria, Anno LXXI (nuova serie), settembre-dicembre 2015, n. 5-6.

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CAPITOLO II