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3.2 La filiera vitivinicola nazionale

3.2.2 La fase industriale

La fase cosiddetta industriale della filiera accoglie tutte le attività di trasformazione che conducono dalla materia prima alla realizzazione del prodotto finito, per l’avvio alla commercializzazione.

Risponde alle logiche dei processi di trasformazione ed è fisicamente identificabile con la cantina.

Si riassumono sotto questa voce tutte le attività che vanno dalla realizzazione del mosto allo stoccaggio del vino.

Il processo è caratterizzato da alcune fasi intermedie di trasformazione che portano alla realizzazione di stati ben identificati del prodotto (ammostatura:

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dalla tramoggia alla fase di fermentazione mosto; dalla fase di fermentazione al vino pronto vino; stoccaggio/affinamento del vino). I prodotti in uscita dal processo (mosti e vini nelle diverse categorie e tipologie) sono da considerare prodotti finiti che possono essere confezionati dalla stessa impresa o venduti in forma di prodotto sfuso, oltre che al consumatore finale, ad altre imprese che provvederanno ad ulteriori pratiche o trattamenti enologici, al confezionamento o a ulteriore vendita.

A tale processo segue il confezionamento che va dal ricevimento del vino dalla cantina allo stoccaggio delle confezioni di prodotto finito. E’ un processo generalmente a forte grado di automazione.

Il prodotto finito è costituito dal vino nelle differenti categorie e tipologie confezionato nei diversi tipi di contenitori e in diversi formati (bottiglia, fusto, damigiana, bag in box, brik).

Il prodotto confezionato può essere venduto direttamente al consumatore o ai diversi canali della distribuzione tradizionale e moderna. E’ importante sviluppare alcune considerazioni sulle tipologie di relazioni che collegano la

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fase agricola a quella industriale; gli approvvigionamenti possono avvenire nei seguenti modi:

• in primo luogo, nel caso delle cantine sociali, queste vinificano le uve conferite dai propri soci;

• le imprese vinicole acquistano le uve dalle imprese viticole e le immettono nel processo di trasformazione;

• le imprese di produzione e trasformazione delle uve sono concentrate in un’unica impresa vitivinicola attraverso processi di integrazione. Tale soluzione è adottata spesso per controllare maggiormente la qualità del prodotto e per accreditarsi maggiormente, in termini di immagine, nei confronti della clientela;

• una ulteriore ipotesi consiste nello sviluppare relazioni di tipo intermedio, attraverso le quali si regolano i flussi e gli scambi tra le imprese in base ad accordi di varia natura e legami di differente intensità; questi possono avere ad oggetto la semplice fornitura, oppure vincolare in ordine alle caratteristiche qualitative o ad elementi quantitativi, fino a giungere a ipotesi di conduzione congiunta, forme di assistenza tecnica o amministrativa, consorzi di produzione.

Nella realtà di filiera si riscontrano forme miste, scaturenti dall’affiancamento, di alcune o tutte di queste formule di approvvigionamento poiché consentono di incrementare il grado di flessibilità rispetto alle condizioni del mercato del consumo.

Sul piano soggettivo la componente industriale è varia ed articolata, il che rende meno agevole un quadro di sintesi quali-quantitativo. La prima

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distinzione effettuata è tra vinificatori privati e strutture associative e di tipo cooperativo.

Analizzando le aziende per capacità produttiva si evidenzia come, anche nella vinificazione, prevalga la presenza di piccolissime realtà alle quali, però, afferisce una quota molto piccola della produzione. Disaggregando invece per regione si osserva l’elevata numerosità di vinificatori in Toscana e Piemonte, realtà accomunate dall’elevata incidenza delle produzioni di vini DOC-DOCG per i quali è frequente che anche le piccole aziende siano integrate verticalmente, riuscendo a sopportare i costi dell’intera filiera grazie all’elevato valore aggiunto del prodotto.

Le aziende vinificatrici sono molte anche nelle regioni dove non è diffusa la cooperazione, come in Campania. Le realtà cooperative sono, invece, molto radicate in regioni come Emilia Romagna, Sicilia e Puglia.

Per quanto attiene alle imprese di vinificazione private, esse possono avere un raggio d’azione più o meno diversificato, e spesso si orientano verso altri comparti dell’alimentare come l’olio di oliva, i distillati, o la sola commercializzazione di prodotti vinicoli o di altre bevande alcoliche di provenienza estera10, caratterizzati da omogeneità distributive, comunicative, in modo da ricercare un completamento nel portafoglio di attività idoneo ad incrementare il potenziale competitivo delle imprese.

Si registrano, altresì, strategie di differenziazione tendenti non solo ad occupare più segmenti di consumo a diversi livelli di potere d’acquisto, bensì anche orizzontalmente, attraverso acquisizioni di aziende in differenti zone di produzione, in modo da realizzare un’offerta articolata e rappresentativa di più aree di provenienza del territorio nazionale11, tendenza che negli anni passati si accompagnava all’orientamento normativo che privilegiava il territorio

10 È il caso dell’azienda Marchesi-Antinori che distribuisce nel nostro paese, tra gli altri prodotti, gli Champagne Krug.

11 A titolo esemplificativo l’azienda Zonin ha effettuato investimenti distribuiti geograficamente in modo da coprire diverse regioni italiane vocate ( Veneto, Friuli, Piemonte, Toscana, Lombardia).

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inducendo molti operatori ad investire in tale fattore di produzione. La fase di vinificazione consta di diverse attività (quali la pigiatura, la pressatura, la fermentazione, la stabilizzazione, ecc.) culminanti nello stadio del vino sfuso, che pure ha un ruolo importante nella filiera.

Le vendite di vino sfuso, oggi, rispetto al passato sono in forte calo, in coerenza con il miglioramento e la qualificazione delle produzioni, mentre ancora viene utilizzato, come vino da taglio, a fronte di esigenze di correzione di gradazione alcolica, acidità, colore e profumi. Normalmente il vino sfuso continua il suo processo attraverso l’invecchiamento in legno.

Un ulteriore importante fase è quella dell’imbottigliamento, che viene sottoposto a controlli attenti essendo l’ultimo momento di contatto del prodotto con l’esterno prima che venga immesso al consumo.

Esistono pertanto prescrizioni rigorose che impongono l’esposizione in etichetta delle informazioni necessarie all’identificazione dell’imbottigliatore.

All’imbottigliamento, spesso segue un periodo in cui il vino in bottiglia rimane in cantina per un affinamento, in maniera da ottimizzare le caratteristiche dello stesso fino al momento dell’immissione sul mercato del consumo.

Gli imbottigliatori in realtà sono una figura ibrida in quanto, in generale, non svolgono come unica attività quella del confezionamento, ma sono al tempo stesso anche produttori di vino. Senza entrare nello specifico dei singoli segmenti, esistono oltre 30 mila confezionatori.

A tale proposito va evidenziato che negli ultimi tempi molte aziende hanno cominciato ad internalizzare la fase del confezionamento, soprattutto nei segmenti più pregiati, dalle IGT alle DOC-DOCG. Quanto al segmento dei brik, in particolare, questo presenta una concentrazione ancora più spiccata, con circa una ventina di confezionatori operanti.

Tali stadi della fase industriale vengono generalmente svolte all’interno dell’impresa vinicola, almeno al di sopra di una certa dimensione, e conducono all’apposizione del marchio, che corrisponde al momento in cui si lega l’identificazione di un prodotto ad un’immagine trasmessa ai consumatori.

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Importante è sottolineare come in questa fase partecipino una serie di soggetti quali fornitori di impianti e macchine per l’imbottigliamento e confezionamento, di servizi professionali, fornitori di vari materiali accessori.