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La condizione essenziale per il mantenimento degli attuali livelli di competitività del sistema vitivinicolo italiano è un miglioramento costante della qualità dell’offerta, che non significa, semplicemente, miglioramento dei prodotti, significa piuttosto miglioramento della capacità di soddisfare le attese dei consumatori che sono estremamente differenziate e complesse, poichè comprendono gli aspetti sensoriali dei prodotti, l’immagine, la funzionalità, l’accessibilità.

Il sistema vitivinicolo italiano ha bisogno, dunque, di un deciso miglioramento di tutte le attività di marketing delle imprese con particolare attenzione allo studio dei mercati, per trarre vantaggio dalle nuove opportunità e contrastare le minacce sempre maggiori dei nuovi competitors.

Le politiche di marketing dovranno essere guidate da una migliore conoscenza degli attributi dei prodotti che i clienti nei diversi mercati obiettivo tengono in maggiore considerazione. Questo deve essere fatto considerando che la percezione della qualità da parte degli individui varia tra i diversi mercati geograficamente individuati nonché all’interno dei singoli mercati.

Inoltre, dovranno essere fatti degli sforzi specifici in termini di ricerca e sviluppo, in modo da disporre degli strumenti per trasformare la migliore conoscenza di mercati in prodotti migliori.

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Questo è cruciale per tutti i tipi di vino. Per i vini a denominazione, o più in generale per i vini appartenenti a categorie superiori, sarà necessario migliorare le caratteristiche individuali dei vini: l’eleganza, la tipicità, perfezionando i prodotti nell’ambito del loro concetto tradizionale; sfruttando e valorizzando le opportunità che i nuovi indirizzi della politica vitivinicola offrono; nell’ambito dei vini ordinari il miglioramento del rapporto qualità/prezzo, le politiche di marca e quelle di comunicazione appaiono gli unici strumenti per contrastare la pressante competizione sul prezzo proveniente da altri paesi produttori. Inoltre è importante migliorare il coordinamento orizzontale e verticale nonché l’efficienza logistica della filiera. La collaborazione tra produzione e distribuzione è essenziale perché il modo in cui opera il canale distributivo determina il posizionamento dei prodotti. Occorre poi ricordare che la produzione del vino, con l’eccezione in genere dei vini più pregiati, è caratterizzata da margini di profitto piuttosto ristretti; pertanto per mantenere ragionevoli livelli di profitto occorre monitorare la struttura di costo delle aziende attraverso una maggiore efficienza produttiva e distributiva.

Le imprese dovranno, però essere sostenute nelle loro azioni dalle istituzioni , ai vari livelli, che hanno ora la responsabilità di sviluppare le condizioni perché gli imprenditori possano cogliere le opportunità che il nuovo quadro normativo offre loro tendendo conto di due principali priorità:

- La promozione ed il sostegno di una vasta azione di riqualificazione professionale del personale addetto alla produzione dell’uva e del vino, considerato che oggi la preparazione attuale risulta insufficiente nel contesto attuale.

- La realizzazione di un intenso sforzo per lo sviluppo di tecniche collaudate e di accettabile complessità per la valutazione della vocazione dei territori viticoli, considerato che il numero di sottozone

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definite all’interno dei disciplinari DOC e DOCG è in parte anche la conseguenza della mancanza di procedure di analisi del territorio agevoli e scientificamente fondate.

Tali priorità dovranno essere soddisfatte nell’ambito di politiche strutturali attraverso forme di marketing collettivo e territoriale

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CAPITOLO 6

CASO: BANFI S.r.l

6.1 Introduzione

In questo capitolo è contenuta un’ampia argomentazione che concerne un caso pratico che si riallaccia bene alla trattazione dei capitoli precedenti in quanto Banfi rappresenta un caso molto originale, in quanto pur essendo un ‘impresa portatrice di una filosofia aziendale statunitense si è trovata ad operare in un contesto quale quello italiano, in particolare Montalcino, ottenendo nel tempo risultati rilevanti utilizzando, però una mentalità industriale diversa rispetto a

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quella che caratterizza da sempre le imprese italiane appartenenti al Vecchio mondo.

Il marchio Banfi è stato fin dalla sua origine legato alla Toscana ed è ormai conosciuto in tutto il mondo per l’eccellente qualità delle sue bottiglie, per il mantenimento di alti standard produttivi e soprattutto per l’elevata internazionalizzazione della sua ideologia produttiva, dei suoi canali distributivi e per le sue strategie di marketing. La grande novità apportata da questa impresa all’interno del panorama vitivinicolo italiano, è stata la sua pionieristica capacità di far penetrare nel tessuto commerciale nuovi prodotti provenienti da paesi del Nuovo Mondo.

In particolare ci si riferisce all’Australia, al Cile, alla Francia ed al Canada, nei confronti dei quali Banfi ha saputo realizzare dei progetti di inserimento e di diffusione dei loro vini all’interno del nostro paese, grazie alla creazione di partnership. Banfi è, dunque, un esempio da seguire poiché è riuscito con abilità a superare la chiusura nazionale e molte barriere di natura strategica, distributiva e di mentalità aziendale.

Ciò che colpisce di questa realtà è proprio una particolarità legata al fatto che l’azienda si trova in Italia ma è gestita in parte da manager americani ed in parte da manager italiani esportando in più di 80 paesi al mondo oltre che il Brunello anche molti vini internazionali. Nell’analizzare Banfi non si può, però prescindere dalla figura del Brunello e di Montalcino.

Il Brunello appartiene alla storia dell’Italia, di Montalcino e del suo territorio, la sua produzione è inequivocabilmente e automaticamente associata all’impegno di generazioni di produttori divenendo uno dei più importanti nomi del made in italy nel mondo.

Montalcino però, sta impiegando al meglio l'immagine del Brunello per proporre in Italia e all’estero anche altri prodotti tipici di queste campagne come l'olio, il formaggio, i salumi, il miele, i dolci. Di fatto, esiste un

“marchio” Montalcino che, grazie alla qualità dei prodotti ed alla serietà dei metodi di produzione, che coniugano tradizione e innovazione tecnologica,

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riesce ad utilizzare, in maniera positiva ed in ottica moderna, le risorse agricole del territorio. Questo sistema ha permesso di sviluppare, conservando intatte sia l’identità sia le peculiarità del territorio, anche un’attività turistica di ottimo livello.

Al Brunello sono legati altri comparti dell’economia locale oltre al turismo infatti c’è l’edilizia, con particolare riferimento a tutti i recuperi dei poderi avvenuti nelle campagne, alle cantine realizzate dai produttori, quindi è possibile affermare che il Brunello non è patrimonio dei soli produttori ma dell’intera collettività.

In tale contesto c’è il Castello Poggio alle Mura, una realtà rara tra le aziende vinicole italiane, non solo per le sue dimensioni, la sua distribuzione per vigneti singoli, o le sue modernissime cantine, ma anche perché fu creata dal niente nel 1978, quando John e Harry Mariani, importatori americani di successo, si affiancarono a un grande enologo italiano, Ezio Rivella, con l’obiettivo di produrre vino di prima qualità su scala mai tentata prima in Italia. Oggi il Gruppo Banfi conta due stabilimenti produttivi, uno a Montalcino e uno in Piemonte, mentre all’attività di produzione vitivinicola affianca quella di ospitalità e ristorazione. Se i vigneti rappresentano l'anima della proprietà e la cantina ne costituisce il cuore, l’Erp che è stato implementato fornisce un supporto insostituibile per la corretta gestione di tutti i processi che ruotano attorno a un’etichetta conosciuta e apprezzata oggi in oltre 80 Paesi del mondo.