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La rapida evoluzione del commercio vitivinicolo rispecchia le rinnovate esigenze di un mercato dove cambiano modalità, frequenze e luoghi di consumo del prodotto, e nello stesso tempo si assiste a una netta segmentazione dei consumatori.

Per valorizzare al meglio la propria struttura produttiva, i maggiori competitor del settore spostano una quota sempre maggiore della propria produzione dal mercato interno all’export con l’obiettivo di compensare la contestuale crescita delle importazioni di prodotti stranieri, e soprattutto conquistare i più ampi

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margini di profitto che alcuni mercati internazionali assicurano. Negli ultimi anni gli scambi internazionali globali, considerati come somma delle esportazioni, si sono intensificati passando progressivamente dai 70 milioni di ettolitri del 2002 a circa 90 milioni del 2007. Il grafico seguente mostra come molti competitor del nuovo mondo abbiano incrementato la propria propensione all’ export tra il 1995 e il 2005.

Grafico 9_ Indice di propensione all’export del vino prodotto, variazione % nell’ultimo decennio (Tonnellate esportate/tonnellate prodotte, valori %).

Fonte: Rapporto sul settore vitivinicolo 2007

I competitor più dipendenti dai mercati esteri sono il Cile (il 64,2% della produzione va all’estero) la Nuova Zelanda (59,9%), l’Australia (50,9%), e, in misura minore, il Sudafrica (32,2%). A differenza dei competitor europei, questi Paesi non hanno a disposizione un robusto mercato interno e il forte aumento della produzione vitivinicola che si è verificato nell’ultimo decennio è

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stato trainato dalla domanda internazionale. La tabella seguente mostra i maggiori esportatori di vino a livello mondiale.

Tabella 3_ Principali paesi esportatori di vino nel Mondo in volume (mln hl)

2005 2006 2007 Var%

2007/06

Quota 2007

ITALIA 15721 18224 18260 0,2% 19,8%

FRANCIA 14334 15576 17444 12% 18,9%

SPAGNA 13850 14709 15150 3% 16,5%

AUSTRALIA 7018 7595 7853 3,4% 8,5%

CILE 4211 4740 6100 28,7% 6,6%

ARGENTINA 3168 4134 5074 22,8% 5,5%

USA 3449 3702 4081 10,2% 4,4%

SUDAFRICA 2811 2717 3132 15,3% 3,4%

ALTRI 17390 15040 15006 -0,2% 16,3%

MONDO 81881 86435 92100 6,5% 100%

FONTE: Speciale vinitaly, ISMEA Aprile 2008

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Tabella 4_ Principali paesi esportatori di vino nel Mondo in valore (mln di

Considerando i volumi di produzione, l’Italia, che con oltre 18 milioni di ettolitri supera, sebbene di misura, il già ottimo risultato del 2006, confermandosi anche nel 2007 primo paese esportatore in volume, seguito da Francia e Spagna. Tra i paesi del nuovo mondo, è l’Australia ad impressionare maggiormente; la quota di vino australiano destinata ai mercati esteri è quasi raddoppiata negli ultimi anni grazie anche ad un’adeguata rete di distribuzione e commercializzazione. Il 2007 è stato un anno comunque positivo per tutti i principali paesi esportatori, con Cile e Argentina che hanno realizzato le migliori performance in termini di crescita dell’export.Analizzando la tabella 4 si può notare che è cresciuto il valore delle esportazioni in tutti quei paesi tradizionalmente protagonisti del settore e nel contempo si sono affermati nuovi competitor su scala globale, inoltre che l’Europa vede crescere più lentamente il valore delle proprie esportazioni. Spagna e Italia nel 2007 rispetto

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il 2003 registrano una crescita rispettivamente del 11,1% e del 9,5% mentre la Francia è il paese ad aver maggiormente risentito della concorrenza dei vini dell’emisfero sud con preoccupanti perdite di competitività nei principali mercati mondiali; le imprese francesi sono riuscite a mantenersi su livelli elevati in termini di valore solo grazie al buon andamento dello champagne e al consolidamento di alcuni prodotti di fascia medio-alta. Infatti, in termini di valore la leadership resta alla Francia con 5,8 miliardi di dollari, seguita dall’Italia, con 4,2 miliardi, dall’Australia con 2,4 miliardi e dalla Spagna che nel 2007 ha sfiorato i due 2 miliardi di dollari.

Spicca l’incremento delle esportazioni per i paesi dell’emisfero sud, anche se tra di essi solo in Australia il settore ha ormai raggiunto un livello considerevole e paragonabile ai valori dei maggiori esportatori europei. La rapida ascesa degli scambi mondiali di vino ha visto il continente europeo svolgere un ruolo da protagonista non solo dal lato dell’offerta. Nell’ultimo decennio, infatti, il valore delle importazioni europee di vino da Paesi extra-UE è quasi quintuplicato; ciò per effetto della dinamica dei prezzi medi (+66%) e soprattutto della significativa crescita delle quantità acquistate (+191,2%). I Paesi extra-UE ad essere maggiormente presenti sul mercato comunitario del vino sono l’Australia, gli USA e il Cile.

Tabella 5_Quantità di vino in tonnellate importate nell’UE-25 (Anni 1995, 2000, 2005)

Fonte: elaborazioni Nomisma su dati FAO

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Tabella 6_ Import di vino in euro nell’UE-25 (Anni 1995, 2000, 2005)

Fonte: elaborazioni Nomisma su dati FAO

Tra il 1995 e il 2005 gli scambi tra paesi UE sono aumentati (in valore) del 55,4%; in questo caso tale risultato è esclusivamente dovuto all’aumento del prezzo medio praticato (+77,5%, crescita superiore al rispettivo valore per l’import da Paesi extra-UE) che ha più che compensato la riduzione delle quantità scambiate (-12,5% nel periodo 1995-2005).

Tabella 7_Prezzo medio (euro al kg) dei vini importati nell’UE-25 (Anni 1995, 2000, 2005)

Fonte: elaborazioni Nomisma su dati FAO

L’esplosione del commercio internazionale di vino deriva in buona misura dal fatto che i consumi di questo prodotto stanno subendo una profonda riallocazione dal punto di vista geografico aumentando soprattutto nei paesi che tradizionalmente non ne sono grandi produttori. Per quanto riguarda i principali paesi importatori in termini di valore sono da segnalare il Regno Unito, Stati Uniti, Germania e Canada.

In particolare, le importazioni statunitensi si avvicinano velocemente a quello che oggi resta il primo mercato mondiale del vino e cioè il Regno Unito. A frenare gli scambi sono le performance di Germania e Giappone: alla stasi delle importazioni tedesche si aggiunge la decisa flessione del Giappone per il quale va comunque sottolineato come dopo il crollo delle importazioni negli

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ultimi anni novanta, si registra una parziale ripresa a partire dal 2003. Per quanto riguarda i maggiori importatori mondiali l’Italia, paese essenzialmente vocato all’esportazione si posiziona solo al diciottesimo posto.

1.7 Il profilo attuale delle principali aziende vitivinicole

Durante gli anni ’80 è stato intrapreso un lungo processo di ristrutturazione su scala internazionale del settore delle bevande alcoliche che è terminato verso gli inizi degli anni ’90 con la costituzione di un gruppo ristretto di multinazionali quali Al lied lyons, Guinnes, Pernord Ricard5. Tale riorganizzazione era orientata verso la costituzione di una vasta gamma di prodotti quali champagne, cognac, whisky e spiriti mentre i vini non costituirono parte della politica di gamma delle grandi aziende dunque il settore rimase ai margini di tale processo di ristrutturazione. L’esclusione del vino fu dovuta principalmente ad alcune vicende interne al mercato del vino che si svilupparono in quegli anni che lo resero poco attrattivo determinando un basso livello di investimenti se non in molti casi disinvestimenti di grandi aziende che avevano investito nel settore6. Un'altra caratteristica di tale processo fu la valorizzazione dei marchi come elemento centrale della politica di marketing delle multinazionali delle bevande7.

Il terzo asse della ristrutturazione fu la costituzione delle prime reti mondiali di distribuzione. Già all’inizio degli anni ’90 le grandi multinazionali delle bevande riuscirono a costituire reti di distribuzione che le trasformarono in

5 Tale processo si limitò in modo quasi esclusivo a quattro paesi: Inghilterra, Francia, Stati Uniti e Canada. Tra questi furono i due paesi Europei a realizzare le principali acquisizioni del settore delle bevande alcoliche. Tuttavia, anche in Italia Bacardi-Martini seppur in ritardo seguirono un analogo processo.

6 Fu il caso della Coca-cola che vendette la sua filiale The wine group

7 Il fenomeno aveva anche un risvolto patrimoniale e l’integrazione del valore dei marchi nelle immobilizzazioni immateriali di queste imprese diventò molto significativa; ad esempio Giunnes valorizzò i suoi marchi nello stato patrimoniale per 1770 milioni di sterline nel 1998.

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vere Global Company. La ristrutturazione consisteva nel fondere le reti commerciali delle diverse aziende di cui detenevano la proprietà, creando delle sinergie e facendo nascere reti di distribuzione che veicolavano una molteplicità di bevande e marchi.

Successivamente, seguendo questo linea strategica, nel caso in cui fosse necessario consolidare la posizione della propria rete commerciale in un dato paese, le multinazionali potevano acquisire una grande aziende nazionale, che, a sua volta, assumeva un livello d’importanza nell’attività della multinazionale stessa, a seconda dell’importanza della collegata commerciale. Nel caso non fosse possibile procedere tramite acquisizioni, le multinazionali, al fine di ottimizzare la rete commerciale, tentavano di stabilire accordi di distribuzione esclusiva dei loro prodotti attraverso delle reti locali controllate.

Infine, le reti commerciali diventarono progressivamente sempre più autonome costituendo un vero e proprio centro di valore. Le grandi aziende in questo modo duplicarono e diversificarono le proprie strategie.

Grazie allo sviluppo di reti commerciali impiantate nei principali mercati mondiali, al controllo delle marche di prestigio e alla costituzione di gamme costituite da diverse tipologie di bevande alcoliche, le grandi aziende riuscirono a consolidare una posizione di leader mondiali che attirò progressivamente le grandi marche che sfuggivano alla loro proprietà e che venivano commercializzate dalle multinazionali nelle loro reti mondiali di distribuzione. Quando si stava consolidando questo processo di ristrutturazione degli anni ’80, le grandi multinazionali dovettero affrontare negli anni ’90 una tendenza alla diminuzione delle bevande alcoliche , in parte dovuta alla crescente preoccupazione dei consumatori circa la salute e la qualità della vita.

Chiaramente per i consumatori il consumo di bevande con alta gradazione alcolica assume una connotazione negativa. In linea generale i consumatori in alcuni mercati tesero ad orientarsi verso il consumo di birra mentre in altri verso il consumo di vino. In particolare, si osserva il paradosso per il quale i consumatori nei paesi tradizionalmente consumatori di vino si orientarono

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verso il consumo di birra viceversa nei paesi tradizionalmente consumatori di birra come Regno Unito, Stati Uniti e Australia. L’elemento comune fu, a causa delle forti pressioni delle campagne pubbliche contro il consumo di alcool, la riduzione del consumo in tutti i paesi. Questo fenomeno mondiale spinse le grandi multinazionali ad effettuare ingenti investimenti nel settore vitivinicolo per compensare la perdita di dinamismo registrata per le altre bevande alcoliche. Non furono però solo le grandi multinazionali ad interessarsi al vino, infatti la stessa azienda produttrice di birra Heineken sviluppò sempre più la distribuzione di vino. Il processo di cambiamento del settore vitivinicolo, e più in generale delle bevande alcoliche, subisce una forte accelerazione nei primi anni del secolo, quando si registra una intensificazione del processo di acquisizione-vendita di numerose piccole e medie aziende di vino e birra.

I paesi in cui il processo di ristrutturazione si è manifestato in maniera più intensa sono l’Australia, la Francia e la Spagna, in cui si è realizzata la metà delle operazioni, i cui tre quarti delle operazioni sono state realizzate all’interno dei confini nazionali anche se le più imponenti operazioni hanno carattere internazionale8. È doveroso citare alcune importanti acquisizioni di aziende vitivinicole a livello nazionale in Australia e negli Stati Uniti quale quella di Southcorp da parte di Foster’s e di Robert Mondavi da parte di Costellation, entrambe nel 2005. A seguito dei rilevanti mutamenti avuti negli ultimi anni è possibile immaginare uno scenario globale che gravita intorno a tre tipologie di gruppi aziendali:

• le grandi compagnie – Global Company ovvero le aziende di bevande alcoliche con la missione di operare su scala mondiale;

8 Alcuni esempi di acquisizione a livello internazionale da citare sono quello di Beringer Blass da parte di Foster’s (2000), di Montana da parte di Allied Domecq (2001), di BRL Hardy da parte di Costellation (2003), di Allied Domecq da parte di Pernod Ricard (2005).

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• le grandi aziende vitivinicole di origine nazionale ma che operano su scala internazionale;

• le aziende di birra che si muovono, però, anche nel settore vitivinicolo.

Queste tre tipologie di aziende sono caratterizzate da differenti tipi di statuti giuridici (cooperative, aziende private) e realizzano diverse tipologie di prodotti a diversi livelli di prezzo.

1.7.1 Le global company

Le principali Global company sono Diageo, Pernod Ricard, LVMH, Bacardi-Martini, Maxxium. Le caratteristiche di queste grandi multinazionali sono tre:

• il possesso di una vasta gamma di bevande che sempre più spesso viene assortita;

• operare con marche note a livello internazionale;

• detenere un circuito di commercializzazione con basi localizzati in diversi luoghi e suscettibile di esercitare una forte influenza sui principali mercati mondiali.

Da citare sono poi diverse aziende come Campari, Brown Forman, Rèmy Cointreau che seppur non ancora posizionate allo stesso livello dei grandi gruppi sopra citati, stanno orientando le loro strategie in questa direzione.

Per capire l’imponenza di questa global company si soffermerà l’attenzione su Diageo, Pernod Ricard e su Maxxium.

Diageo è la risultante dalla fusione , nel 1997, di Guinnes e GrandMet ed esprime insieme a Pernod Ricard e LVMH, il paradigma della global company.

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Opera in 180 mercati, è un’azienda leader con numerose bevande che esprimono ampie gamme, controlla nove delle venti marche più prestigiose a livello mondiale. Le sue attività si concentrano nel settore delle bevande alcoliche (Smirnoff, J&b, Johnny Walker), del vino e della birra Guinnes. Nel settore del vino si registra una intensificazioni delle sue operazioni a partire dal 2001 con l’acquisto delle attività vitivinicole di Seagram. La filiale Diageo chateau & Estate Wines, detiene la proprietà di Barton & Guestier ed ha acquistato nel 2004 per 260 milioni di dollari l’azienda americana Chalone wine group. Per quanto riguarda il gruppo francese Pernod Ricard, esso concentra la sua attività vitivinicola in via principale nella sua filiale australiana Orlando Wyndham Group che opera con la marca Jacob’s Creek.

Questa marca, leader delle esportazioni di vino dell’Australia, è anche la più venduta nel mercato Britannico. Nel marzo del 2004 ha esteso la propria attività alla Nuova Zelanda attraverso l’acquisizione di Framingham, che realizza vini di marca di tipo premium. L’accesso al settore vitivinicolo, però è dovuto principalmente all’acquisizione nel 2005 del gruppo Britannico Allied Domecq, il più grande operatore nel settore delle bevande in Spagna, Argentina, Francia, Stati Uniti e Regno Unito.

Un’altra global company, di natura prettamente commerciale è Maxxium World wide. Creato nel 1999 da The Edrington Group, Jim Beam e Rèmy Cointreau, questa azienda commerciale riuniva in sé il circuito di distribuzione di The Edrington Group in Regno Unito, quello commerciale di Jim Beam in Australia e il circuito di distribuzione mondiale di Rèmy Cointreau. In seguito il gruppo aumento le proprie attività commerciali in Asia, in Nuova Zelanda e nell’Europa dell’est. I suoi 1700 impiegati distribuiscono a livello globale un ampia gamma di bevande come lo champagne, gli sparkling wine australiani, ma anche vodka, rum , brandy, gin, cognac, etc. avvalendosi di una rete distributiva con 36 filiali dislocate in Europa ( Francia, Italia, Spagna, Germania, Regno Unito ed altri paesi), Asia ( Giappone, Cina ed altri), America ( Messico, Canada, Stati Uniti, Brasile e Argentina). Questa azienda

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di distribuzione, filiale comune di aziende di diversi paesi che non sono legate tra loro da vincoli finanziari né da partecipazioni incrociate, rappresenta l’impegno alla costruzione di sinergie a livello mondiale con l’obiettivo di competere con le reti di distribuzione create da grandi compagnie di bevande come Diageo, LVMH e Pernod Ricard.

Tabella 8_Principali imprese multinazionali operanti nel settore beverage

IMPRESA PAESE DI ORIGINE

Diageo UK

1.7.2 Le grandi aziende vitivinicole

Nel settore del vino operano, naturalmente un gran numero di aziende la maggior parte delle quali ha natura nazionale. In generale, la loro posizione e le strategie adottate hanno un forte legame con le specificità che caratterizzano il mercato d’origine. Non potendo trattare tutti i paesi si farà riferimento solo ad alcuni paesi appartenenti al nuovo mondo come gli Stati Uniti e l’Australia e ad altri come la Francia massima espressione di paese con un’importante tradizione vitivinicola.

Considerando gli Stati Uniti ci si deve soffermare sulla California che rappresenta il 90% della produzione degli Stati Uniti. Il numero delle aziende

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vitivinicole californiane è aumentato considerevolmente negli ultimi anni passando da 775 aziende nel 1998 a 1367 nel 2005. L’attività è orientata sia al mercato interno che all’esportazione. Per quanto attiene al mercato interno i vini californiani rappresentano il 74% delle vendite seguiti poi da quelli australiani. In termini di preferenze i consumatori sembrano avere una buona opinione ed immagine dei vini italiani che occupano il terzo posto nelle vendite. Il settore vino negli Stati Uniti è organizzato intorno tre tipi di operatori:

• due grandi aziende nazionali, Gallo9 e Constellation, anche se sempre più con vocazione internazionale;

• aziende che operano con vini di qualità intermedia, realizzando in termini produttivi poche decine di milioni di bottiglie, orientate prevalentemente al mercato interno;

• un grande numero di produttori di vin de garage o vin boutique che possono produrre alcune decine di migliaia di bottiglie di vini di elevata qualità.

Per quanto riguarda la struttura aziendale del settore vitivinicolo Australiano è bene sottolineare due elementi. Il primo è che le aziende si distinguono in quelle orientate al mercato interno, e quelle dedicate all’esportazione, generalmente di elevate dimensioni.

Il secondo importante elemento è che la dinamica positiva delle esportazioni ha attratto molte global company che hanno acquistato grandi aziende esportatrici.

Tale aspetto è confermato dal fatto che le prime quattro aziende Australiane esportatrici non sono controllate da operatori nazionali del settore vitivinicolo.

9 L’azienda Gallo, fondata nel 1933, è la più grande winery del mondo e l’unica davvero specializzata nel vino, con una produzione annua propria di circa 780 milioni di bottiglie.

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Due delle grandi aziende vitivinicole Southcorp wines e Beringer Blass sono controllate dall’azienda australiana di birra Foster’s. La terza dal gruppo americano Costellation e la quarta da quello francese Pernod Ricard.

Per quanto riguarda la Francia, il vino si organizza in due grandi settori: lo champagne e i vini fermi.

Il settore dello champagne è estremamente dinamico, ruota attorno alle grandi marche a notorietà internazionale ed è costituito da un numero molto basso di aziende. Tale settore è fortemente internazionalizzato tanto che più di un terzo delle vendite è destinato alle esportazioni.

L’altro grande settore del vino, i vini fermi, che comprendono le AOC, i vin de pays e i vini da tavola presenta una struttura praticamente opposta a quella dello chamapagne.

La produzione infatti è ripartita tra un numero molto elevato di medie e piccole aziende specializzate nella produzione di vini caratterizzati da un forte legame con il territorio e la tradizione.

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CAPITOLO 2

L’OCM DEL VINO TRA DINAMICHE NAZIONALI E SCENARI NTERNAZIONALI

2.1 La nascita e l’evoluzione

Con l’inserimento nel trattato di Amsterdam dello sviluppo sostenibile tra gli obiettivi comunitari, l’Unione Europea ha inserito il tema della gestione equilibrata delle risorse naturali come elemento chiave nella definizione delle strategie agricole dei paesi membri.

La politica agricola comune (PAC) è stata la prima vera politica comune europea: la creazione delle organizzazioni comuni di mercato (OCM) già nel 1962 e la fissazione del prezzo unico europeo nel 1968, dimostrano quanto fosse importante per gli allora sei stati membri dotarsi di una politica comune che si fondasse sui principi dell’unicità del mercato, della preferenza comunitaria e sulla solidarietà finanziaria.

Il principio dell’unicità è attuata con la fissazione dei prezzi e con la creazione di organizzazioni valide su tutto il territorio comunitario, infatti, per ogni prodotto viene fissato dal consiglio europeo, all’inizio della campagna di commercializzazione un prezzo indicativo di mercato, prezzo al quale si presume ci sia sufficiente remunerazione per i produttori, convenienza per il consumatore e, in generale, equilibrio del mercato. Il consiglio fissa, inoltre, un prezzo di intervento al quale il produttore può vendere i prodotti ad un organismo predisposto ad hoc (per l’Italia l’Agea), quando il prezzo scende ad un livello tale da non essere più remunerativo.

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Il principio della preferenza comunitaria prevede, attraverso il meccanismo del sostegno dei prezzi interni, dei prelievi e delle tariffe doganali comuni un incremento degli scambi dei prodotti all’interno della comunità.

Il principio in parola era garantito da misure all’importazione e all’esportazione; le prime consistevano essenzialmente nella protezione attraverso una sorta di dazio “mobile”, il c.d. prelievo che si applicava ai prodotti importati nella misura corrispondente alla differenza tra i prezzi mondiali più bassi e i prezzi interni più alti, le seconde si riassumono nelle restituzioni all’esportazione che coprono la differenza tra i prezzi interni più alti e i prezzi internazionali inferiori.

Il principio della solidarietà finanziaria, infine, si manifesta attraverso il Fondo Europeo Agricolo di Orientamento e Garanzia (Feoga) che ha assicurato la

Il principio della solidarietà finanziaria, infine, si manifesta attraverso il Fondo Europeo Agricolo di Orientamento e Garanzia (Feoga) che ha assicurato la