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2.1 Caratteri della propaganda totalitaria

2.1.1. La liturgia hitleriana

Il Totalitarismo cerca di sfruttare capillarmente la propaganda, andando ad influenzare ogni aspetto che possa essere strumentalizzato ai fini di una più rapida adesione all’ideologia del Partito. È a questo che George Mosse fa riferimento parlando di «liturgia nazista», la quale tenderebbe al controllo totale della vita dell’uomo146. Ciò si traduce in un interventismo statale che, come accennato, permea e cerca di condizionare ogni aspetto della vita umana, dall’attività lavorativa al tempo libero, dall’arte alla letteratura, dal credo religioso al tifo sportivo147.

Mosse, al pari della Arendt, evidenzia la centralità di due elementi complementari nello Stato totalitario ma, diversamente da lei, identifica questi elementi con l’organizzazione e la liturgia. In un certo senso, l’organizzazione dello Stato è in tutto e per tutto liturgica, tanto

142 Cfr. Aristotele, Metafisica, tr. it. di G. Reale, Bompiani, Milano 2000, libro Z, dove l’analisi della forma

porta a riconoscere come essa sia vera sostanza, essenza del sinolo di materia e forma che costituisce le sostanze concrete. In tal senso, perdendo la forma, si perde l’essenza della cosa e, in ultima istanza, la cosa stessa.

143 OT, cit., p. 364. 144 Ivi, p. 362.

145 Cfr. Konrad Heiden, Der Führer: Hitler’s Rise to Power, Haughton Mifflin, Boston 1944, p. 139.

146 George Lachmann Mosse, La nazionalizzazione delle masse. Simbolismo politico e movimenti di massa in

Germania (1815-1933), tr. it. di L. De Felice, Il Mulino, Bologna 2009, p. 287.

147 Cfr. ibidem: «Quando Hitler parlava della realizzazione della sua visione del mondo, intendeva riferirsi non

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quanto la liturgia è perfettamente organizzata; o anche, direi che la liturgia contribuisce all’or- ganizzazione nella stessa misura in cui l’organizzazione conferisce sempre più importanza alla liturgia. Mosse parla principalmente di liturgia, Hannah Arendt di propaganda, ma non credo uno escluda l’altro: si tratta semplicemente di termini diversi per designare il medesimo oggetto. Continuando sulla stessa linea, possiamo sintetizzare affermando che la liturgia è propagandi- stica, così come la propaganda è liturgica, ed entrambe contribuiscono all’organizzazione del Regime su uno sfondo di persistente terrore e violenza.

Restando ora brevemente sull’analisi della liturgia totalitaria proposta da Mosse, vorrei sottolineare qualche aspetto rimasto ai margini dell’indagine della Arendt. Oltre a ribadire quanto già si è in parte detto, Mosse evidenzia come nella liturgia totalitaria abbiano un’impor- tanza tutta speciale i discorsi pubblici. Si è visto che il contenuto di tali discorsi non deve essere necessariamente originale, quanto piuttosto capace di intercettare i pensieri e i desideri dell’udi- torio. In un certo senso, sottolinea Mosse, «la folla è attratta dalla forma del discorso, “vive” il discorso più che analizzarne il contenuto»148. La maggiore o minore efficacia del tentativo del leader totalitario di indurre le masse a seguirlo risiede proprio nella sua capacità di irretirle tramite discorsi che è lui a costruire artificialmente, a fondare sulla menzogna e a tenere in pubblico, ma nel corso dei quali le masse si sentono protagoniste. «I discorsi di Hitler erano in realtà fatti, per le parole da lui usate, le domande retoriche, le affermazioni categoriche. In più avevano un ritmo costante, nel quale il popolo poteva inserirsi con esclamazioni»149.

In sostanza, il dittatore totalitario si esprime pubblicamente dando enfasi tutta particolare, più che a quanto dice, alla forma di ciò che dice, mascherando per mezzo di essa contenuti moralmente inaccettabili, progetti impossibili da realizzare, tesi deboli e facili da negare. Gli uditori, paghi del fatto che vengono loro rivolte delle domande e intenti a rispondere al mo- mento giusto, non si rendono conto che tali domande sono soltanto retoriche e che non possono esprimere realmente le loro idee.

Permettendomi di dissentire, almeno in parte, da quanto afferma Hannah Arendt, ritengo che il dittatore totalitario debba avere un certo carisma, intendendo per “carisma” una «qualità considerata straordinaria […] che viene attribuita a una persona»150. La definizione qui data è

weberiana e, muovendo dalla spiegazione del potere carismatico che offre Weber, credo si possa far rientrare, nel suo ambito, il potere proprio del leader totalitario. Hitler e Stalin, infatti,

148 Ivi, p. 284 [corsivo mio].

149 Ibidem.

150 Max Weber, Economia e società. Vol. I: Teoria delle categorie sociologiche, tr. it. di T. Bagiotti, F. Casa-

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certamente non sono grandi oratori, ma questo non toglie abbiano, concretamente, buone capa- cità persuasive per farsi ascoltare e amare dalle masse151. E ciò è appunto riconosciuto anche da Weber, il quale sottolinea che

da un punto di vista concettuale è del tutto indifferente il modo in cui la qualità in questione [la qualità in cui propriamente consiste il carisma] dovrebbe essere valutata in base a criteri “ogget- tivamente” corretti, di carattere etico o estetico o di altro tipo; ciò che importa è soltanto come essa è effettivamente valutata da coloro che sono dominati carismaticamente, dai “seguaci”152.

In sostanza, nel caso di un leader carismatico non conta tanto ci sia un carisma oggettivo, bensì che un certo – anche solo presunto – carisma sia nondimeno riconosciuto pubblica- mente153.

Mi si concederà di sottolineare che questo discorso vale non solo nel contesto totalitario, ma all’interno di qualsiasi contesto politico, passato e presente. A tal proposito, Bernard Manin arriva a definire quella contemporanea come la “democrazia del pubblico”, la quale sarebbe preceduta da altre due forme di democrazia da lui analizzate, la democrazia dei notabili e dei partiti154. Attualmente assistiamo a una sempre maggior spettacolarizzazione dell’attività poli- tica, che deve far fronte a tutta una serie di cambiamenti che si presentano a livello sociale. Tale democrazia si caratterizza in particolare per un rapporto diretto e personale tra la schiera degli elettori e i potenziali membri del nuovo governo, così che singoli leader, più che interi partiti, vengono ad assumere grande importanza sulla scena pubblica155. Questi leader, «through radio and television, can communicate directly with their constituents without the mediation of a party network»156 e, stando così le cose, finiscono per essere validi candidati

not local notables, but what we call “media figures”, persons who have a better command of the techniques of media communication than others […]. A new élite of experts in communication has replaced the political activist and the party bureaucrat. Audience democracy is the rule of the

media expert157.

151 Cfr. OT, pp. 361-362. Quello che contraddistingue i capi totalitari – dice la Arendt – non sono le doti da

grandi oratori, ma «the simple-minded single-minded purposefulness» che consente loro di scegliere, muovendo dalle ideologie esistenti, gli elementi che meglio si adattano al mondo che intendono costruire.

152 M. Weber, Economia e società, cit., p. 238.

153 Per approfondire la questione, cfr. ivi, parte I, capp. III-V. Si tenga altresì presente che Weber scrive Eco-

nomia e società prima dell’avvento dei grandi Regimi totalitari, staliniano e nazista. La riconduzione del leader

totalitario alla categoria di “capo carismatico” è quindi del tutto, di necessità, a lui estranea.

154 Cfr. Bernard Manin, The Principles of Representative Government, Cambridge University Press, Cambridge

1997. Originariamente, il testo esce in lingua francese: Principes du gouvernement représentatif, Calmann-Levy, Paris 1995, mentre la traduzione inglese, posteriore, è curata dallo stesso Manin.

155 Cfr. ivi, p. 219. 156 Ivi, p. 220. 157 Ibidem.

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Ho voluto proporre un rapido riferimento alle considerazioni di Manin per evidenziare quanto nella politica odierna, oltre che nel contesto totalitario, le figure che si stagliano sulla scena, i leader dei movimenti e dei partiti abbiano più o meno successo a seconda della loro capacità di avvicinare le masse. Proprio questo sottolinea l’autore, ovvero come oggi sia parti- colarmente rilevante l’impatto che il politico ha sull’elettore, il legame che riesce a instaurare con lui, più del programma di governo e dei suoi contenuti. In una parola, con Weber possiamo dire che quello che conta è che il leader abbia un certo “carisma” o, se non ce l’ha, che almeno paia disporne agli occhi della folla. In ciò è facilitato dai moderni mezzi di comunicazione, che tuttavia, mantenendoci all’interno del paragone, vanno semplicemente a prendere il posto degli strumenti con cui la stessa propaganda totalitaria è attuata. L’aspetto tragico della questione è che, in una democrazia di questo genere, l’uomo si sente padrone del proprio destino e attiva- mente partecipe alla vita politica, mentre si affida a governanti non necessariamente meritevoli, più esperti di media che – come vorrebbe invece Aristotele – veri πολιτικόι [politikòi, poli- tici]158.

Ritornando a Mosse, vediamo quindi come nel Regime si realizzi pienamente il motto «niente spettatori, solo attori»159: l’idea che si intende veicolare è quella di cittadini che abbiano un ruolo politicamente attivo, per quanto ciò non sia altro che una delle tante menzogne su cui il Totalitarismo è costruito.

Ma la liturgia totalitaria certo non si esaurisce nei discorsi tenuti dal leader. L’organizza- zione – dicevamo – disciplina ogni momento della giornata, nel tentativo di controllare piena- mente la vita dei cittadini. Hitler, ad esempio, cerca di abolire il calendario cristiano, sostituen- dolo con uno nazista, che tenga conto dei momenti fondamentali dell’ascesa al potere e dell’af- fermazione del Regime. Egli riesce a scandire a modo proprio l’anno, facendo passare in se- condo piano festività e ricorrenze preesistenti160, ma ben poco può contro la religione in quanto tale, poiché

158 Cfr. Aristotele, Pol. 1253a 3, dove si afferma che l’uomo è per natura animale politico [πολιτικὸν ζῷον].

Lasciando da parte le critiche precedentemente evidenziate a questa affermazione, soffermiamoci sui possibili sensi del termine “politico”. Da una parte, uomo politico, il politico è chi si occupa per professione di politica; dall’altra – e questa è l’accezione che principalmente ha in mente Aristotele nella Politica – l’uomo in generale, qualsiasi uomo si caratterizza per la sua politicità, che poi può declinarsi in maniera diversa. Il politico di profes- sione dovrà avere le qualità proprie di qualsiasi animale sociale, qual è l’uomo, ma insieme dovrà possedere anche qualcosa in più, laddove essere media expert non necessariamente è sufficiente per ben governare.

159 Cfr. G. Mosse, La nazionalizzazione delle masse, cit., p. 290.

160 Cfr. ivi, pp. 288-289: «Le feste tradizionali dovevano essere tenute in secondo piano e così il Natale fu

trasformato nella festa del solstizio d’inverno e la gioventù hitleriana non cantò più gli inni natalizi, ma Notte

52 le Chiese difesero molto bene la loro autonomia organizzativa e l’indipendenza spirituale. I Te- stimoni di Geova preferivano il martirio al compromesso col regime. L’ideologia nazista non venne mai integrata nelle pratiche religiose delle varie confessioni. La Germania rimase una so- cietà di fedeli prevalentemente cristiani che frequentavano le messe e, in questo senso, nel 1945 la situazione era immutata rispetto a quella del 1933161.

Nonostante gli sforzi di esautorare la Chiesa del suo potere, dunque, Hitler è presto co- stretto ad ammettere lo scacco e a lavorare più per il mantenimento di rapporti pacifici con le autorità ecclesiastiche, che non per la distruzione di qualsiasi credo religioso.

D’altra parte, dalle diverse confessioni il Totalitarismo attinge tratti e pratiche che con- fluiscono nell’istituzione di una sorta di “religione laica”. Il leader si presenta come un «sim- bolo vivente» che merita il culto della Nazione, come un individuo che è tutto fuorché un uomo comune, che ciò nondimeno da uomo comune si comporta162. Questo stesso culto della Nazione

si traduce poi, concretamente, nell’esposizione della bandiera del Regime e in ore di venera- zione, cui si sommano le numerose cerimonie tenute nelle scuole e in quelle associazioni che il Partito, pensando principalmente ai giovani, istituisce per il tempo libero163.

Infine, anche l’ammissione definitiva nelle alte gerarchie ricalca da vicino l’ingresso all’interno di una comunità religiosa:

il corrispettivo nazista del battesimo, la “consacrazione del nome”, avveniva in una stanza spe- ciale, al cui centro era posto un altare sul quale all’immagine di Cristo era sostituito il ritratto di Hitler e dietro il quale stavano tre uomini delle SS, per simboleggiare con la loro presenza reale il nuovo tipo di uomo che il regime voleva creare164.

Per ora basti quanto si è detto sulla propaganda totalitaria, che a breve vedremo concre- tamente all’opera nella realizzazione di un mondo alternativo a quello reale, fallace e in sé contraddittorio, ma ciò nonostante accettato come vero.