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È indubbio che il leader del Regime totalitario possieda un enorme potere che però – direi con un gioco di parole – risiede più nella capacità di gestione dello stesso, che nel possesso di territori, ricchezze, di un esercito forte… in breve, in ciò che, invece, comunemente conside- riamo indice di potenza. In sostanza, il capo ha potere finché è in grado di conservarlo, dopo- diché perde tutto. Con ciò non intendo ribadire un’ovvietà, ma quella che – forse – è la diffe- renza principale tra il leader di un governo totalitario e quello di un movimento politico in genere o, ad esempio, di un movimento religioso.

Nel caso muoia o venga sostituito un capo politico il cui valore è ampiamente ricono- sciuto, si cerca di continuare a far vivere le sue idee, di portare avanti i progetti da lui iniziati, di onorarne la memoria; analogamente, una personalità religiosa di spicco riesce a trasmettere qualcosa che resta nel tempo e a far sì che certi princìpi siano condivisi nelle generazioni a venire113. Questo non accade – in linea generale114 – con i leader totalitari, che esercitano sulle folle un fascino tanto grande quanto lo è la rapidità con cui sono dimenticati115. Essi sanno

rispondere alla sete del popolo di uomini che siano dalla loro parte e dicano – o paiano almeno

112 Infatti, «la pluralità, l’essere insieme, la presenza di altri – ciò che più propriamente costituisce la realtà

come ambito dei fenomeni, sfera di ciò che appare, si manifesta – definisce dunque l’essere al mondo dell’uomo: non l’Uomo, ma gli uomini abitano la terra», L. Boella, Hannah Arendt, p. 127.

113 Cfr. Atti degli Apostoli, 5,34-39. Nel sinedrio si discute della sorte da riservare agli Apostoli che, nonostante

le minacce, continuano ad annunciare il messaggio di Cristo. Ad un certo punto interviene Gamaliele, un fariseo, che afferma: «Uomini di Israele, badate bene a ciò che state per fare contro questi uomini. Qualche tempo fa venne Tèuda, dicendo di essere qualcuno, e a lui si aggregarono circa quattrocento uomini. Ma fu ucciso, e quanti s’erano lasciati persuadere da lui si dispersero e finirono nel nulla. Dopo di lui sorse Giuda il Galileo, al tempo del censi- mento, e indusse molta gente a seguirlo, ma anch’egli perì e quanti s’erano lasciati persuadere da lui furono di- spersi. Per quanto riguarda il caso presente, ecco ciò che vi dico: Non occupatevi di questi uomini e lasciateli andare. Se infatti questa teoria o questa attività è di origine umana, verrà distrutta; ma se essa viene da Dio, non riuscirete a sconfiggerli; non vi accada di trovarvi a combattere contro Dio!». Uscendo dal contesto religioso, e forse azzardando un po’, direi che le idee che hanno valore restano nel tempo; al contrario, tutte le altre, più o meno velocemente, vengono a cadere.

114 Dico “in linea generale” perché certo non mancano i casi di grandi personalità le cui azioni e i cui discorsi

sono (stati) oggetto di comune biasimo, e ciò nonostante incontrano (ancora) una qualche forma di appoggio.

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dire – le cose come stanno, ma le masse sono anche in grado di fare a meno di un leader, o se non altro di far sentire la loro voce quando si tratta di sceglierne uno. Propriamente, gli uomini sono alla ricerca di qualcuno che abbia autorità116, e non semplicemente di un individuo che sappia esercitare il potere. Talvolta, in assenza del meglio, ci si accontenta di quello che il mondo offre, ma altro è avere una guida autorevole, altro essere sottomessi a un dittatore tota- litario.

Approfondendo la questione, aggiungerei che da un lato, il capo è soggetto alla «fickle- ness of the masses and the fame that rests on them»117; dall’altro, proprio in virtù di questo, la

stessa ideologia è soggetta alla caducità [impermanence] del capo. Qui si individua un’ulteriore differenza tra quello che la Arendt chiama «the fanaticism of totalitarian movements»118 e una qualsiasi forma di idealismo. Il fanatismo totalitario viene meno quando viene meno il leader del movimento, a tal punto è forte l’identificazione capo-movimento-membri; l’idealismo, al contrario, sussiste indipendentemente dalla situazione contingente. Esso «always springs from some individual decision and conviction, is subject to experience and argument»119 e perciò corrisponde a una libera adesione del soggetto, che resta fedele all’ideale pure quando tutto sembra perduto. L’adesione, la decisione – più o meno – libera sono cifre anche del fanatico, che tuttavia non accoglie l’idea per se stessa, ma in quanto parte di un sistema col quale egli si identifica. Sgretolandosi il sistema, l’idea inaridisce e il fanatico o cessa di essere tale, o tenta invano di riportare in vita quanto è ormai distrutto, perdendo così se stesso120.

Si tenga presente che un ideale, sia esso morale, politico, religioso… può sempre dege- nerare, conducendo i suoi sostenitori a ricoprire posizioni fanatiche, il che porta all’adozione di mezzi spesso estremi e, alla lunga, alla morte dello stesso ideale. Credere in qualcosa, credere in Dio, ad esempio, non nuoce ad alcuno, eppure non sono mancati – e tuttora non mancano – contesti in cui il proprio credo è portato dall’uomo all’estremo. Ciò si è tradotto in passato – e

116 Si veda Hannah Arendt, On Violence, in Crises of the Republic, Harcourt, Brace & Company, San Diego/

New York/ London 1972, p. 144: «Authority […]: its hallmark is unquestioning recognition by those who are asked to obey; neither coercion nor persuasion is needed. (A father can lose his authority either by beating his child or by starting to argue with him, that is, either by behaving like a tyrant or by treating him as an equal)».

117 OT, cit., p. 306. 118 Ivi, p. 307. 119 Ibidem.

120 Un’interessante descrizione del modo in cui nasce e si sviluppa un Regime totalitario, oltre che delle con-

seguenze che provoca nel comportamento e nel carattere di chi vi aderisce, è offerta dal film L’onda (Die Welle, Dennis Gansel, 2008). Qui, tra le altre cose, si vedono bene gli effetti che il “Partito” esercita su quanti, emarginati dalla società reale, trovano un loro posto soltanto all’interno di esso e finiscono per assumere delle posizioni di marcato fanatismo. Quando poi il Regime crolla, sono proprio i fanatici a faticare maggiormente a riprendere la vita consueta, e a compiere le azioni più disperate, poiché sentono di aver perso non tanto un posto o un ruolo, quanto piuttosto la loro specifica identità.

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oggi si traduce – nell’uccisione dell’infedele, nella conversione coatta di uomini e popoli, nella sospensione dell’etica in favore dell’ideale… e, in ultima istanza, nella perdita di valore dell’ideale stesso. Infatti, è allora che ci si domanda: può un Dio lasciare che si combatta e si uccida in Suo nome? E quel Dio, il cui credo si intende diffondere, finisce per essere sempre più oscurato dai modi per mezzo dei quali l’uomo professa la sua fede e la annuncia. Così, abbandonando l’esempio, pure un regime politico può avere buoni ideali da realizzare, ma adot- tare degli strumenti e far proprio un fanatismo che, alla lunga, rovesciano il segno positivo di tali ideali.

Tornando col discorso più vicini al Totalitarismo, vediamo che il fanatismo – qui, come ad esempio nel contesto religioso – si traduce in una disponibilità delle masse a sacrificarsi e in una piena fiducia nella presunta infallibilità del leader121. Egli, dall’alto della sua onnipotenza, sarebbe in grado di leggere gli eventi e darne un’interpretazione, elaborando conseguentemente delle predizioni sul futuro. Tali predizioni non possono che essere vere e, se rischiano di non esserlo, non resta che lavorare perché siano confermate dalla realtà dei fatti, pena il crollo del mito dell’infallibilità del capo. Quest’ultimo aspetto è emblematico nel caso dei Nazisti che, avendo adottato lo slogan – che è insieme un presagio – “vittoria o distruzione”, «did not hesi- tate to use, at the end of the war, the concentrated force of their still intact organization to bring about as complete a destruction of Germany as possible, in order to make true their prediction that the German people would be ruined in case of defeat»122.

Infine, una questione molto problematica per quello che concerne la responsabilità dei singoli individui che agiscono all’interno del Regime totalitario è il cosiddetto «Leader princi- ple, according to which every functionary is not only appointed by the Leader but is his walking embodiment, and every order is supposed to emanate from this one ever-present source»123. Il capo si assume la responsabilità di qualunque cosa facciano i suoi sottoposti che, proprio perché agiscono in suo nome, non possono diventare oggetto di critica. Qualora – ipotizziamo – egli stesso sia convinto che alcuni di loro hanno agito male, non potrebbe fare altro che ucciderli e qualora, invece, si penta di qualcosa, non potrebbe darlo a vedere, ma dovrebbe attribuire ad altri la colpa dei suoi errori, bollando costoro come traditori124. Quello che conta – come ve-

dremo meglio – è che il principio del capo distrugge ogni responsabilità. Infatti, poiché qualsiasi

121 Cfr. OT, p. 348.

122 Ivi, p. 349. 123 Ivi, p. 374.

124 Cfr. ivi, p. 375: «The Leader cannot tolerate criticism of his subordinates, since they act always in his name;

if he wants to correct his own errors, he must liquidate those who carried them out; if he wants to blame his mistakes on others, he must kill them».

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critica mossa all’autorità è una critica rivolta al leader, ma il leader è infallibile e non può essere criticato, allora potenzialmente nulla è sbagliato, niente è da biasimare, nessuno è responsabile di ipotetici errori. Estremizzando, non ci sono sbagli, non ci sono falsità, ergo tutto è vero.

Queste ultime affermazioni aprono la strada ai capitoli successivi, nei quali tenteremo di analizzare il valore della menzogna, del falso, su cui i Regimi totalitari si fondano.

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CAPITOLO SECONDO

La propaganda totalitaria e il terrore

La propaganda è un’arte, non importa se, poi, racconti la verità.

Joseph Paul Goebbels, Ministro della Propaganda del Terzo Reich

Nell’analisi proposta circa gli strumenti utilizzati dal Regime per conseguire i propri obiettivi, ho volontariamente tralasciato qualcuno di essi, che mi preme ora prendere in esame nel dettaglio. Prima ancora di potersi dedicare all’indottrinamento dei propri sottoposti, infatti, il Totalitarismo ha bisogno di far breccia nella popolazione per mezzo della propaganda, che funge da condizione necessaria per una compiuta organizzazione. Solo una volta che la propa- ganda ha raggiunto almeno in parte il proprio obiettivo e il Regime ha conseguito un certo grado di stabilità125, è possibile procedere oltre e mirare a un cambiamento profondo nella natura stessa dell’uomo. A questo punto, il Totalitarismo «replaces propaganda with indoctrination and uses violence not so much to frighten people […] as to realize constantly its ideological doctrines and its practical lies»126. Ecco emergere anche il secondo elemento che, al momento a livello introduttivo, desidero sottolineare. Come in parte accennato, il terrore e la violenza rappresentano degli strumenti127 di cui il Regime si serve nel corso dell’intera sua esistenza: tanto all’inizio, per convincere gli uomini ad aderire ad esso, quanto successivamente, per far sì che la dottrina abbia presa su di loro.

Vediamo ora, quindi, quali sono i caratteri specifici della propaganda totalitaria e i suoi contenuti, con particolare riferimento all’ideologia nazista e alla “questione ebraica”, che tanto impegna politici e intellettuali specie tra XIX e XX secolo. Questo ci consentirà di trattare più diffusamente anche la tematica del terrore, strumento necessario sia alla propaganda, e dunque direi alla nascita del Regime, sia all’indottrinamento e alla conservazione del Regime stesso.

125 Si tenga presente che si parla di “stabilità” sempre nel senso indicato sopra, e quindi di una stabilità mai

definitiva e compiuta.

126 OT, cit., p. 341.

127 Qui e poco oltre, si definiscono il terrore e la violenza come strumenti di cui il Regime totalitario si servi-

rebbe per affermarsi sulla scena politica prima, e per mantenere il potere poi. Mostreremo, tuttavia, come per Hannah Arendt sia di fatto riduttivo attribuire al terrore un mero carattere strumentale, quando esso rappresenta piuttosto l’essenza reale del Totalitarismo.

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