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4.1 Il conseguimento del dominio totale

4.1.1. L’uccisione del soggetto di diritto

L’uccisione del soggetto di diritto avviene mediante la deformazione delle nozioni fon- danti del diritto e la collocazione degli individui ai margini del mondo civile e giuridico.

Per quanto concerne il primo aspetto qui richiamato, già si è detto molto nei capitoli pre- cedenti, specie in riferimento al problema rappresentato dalla legge e dalla conoscenza della stessa. In sintesi, essendo legge del mondo totalitario la volontà del leader, ma insieme essendo tale volontà profondamente mutevole, viene a mancare una fonte legislativa stabile cui guardare e appellarsi. Questo, oltre a rendere difficile distinguere ciò che è lecito da ciò che non lo è, ciò che si deve/si può fare da ciò che non si deve/non si può fare, priva il cittadino di qualsiasi garanzia di fronte ai funzionari dello Stato. I processi in tribunale – che si sono visti essere spesso segreti – nella maggior parte dei casi non hanno alcun valore, dato che la sentenza è già scritta in partenza407. E d’altra parte, come difendersi se nemmeno si conosce la legge?

In tal senso, la considerazione che fa una delle due guardie, giunte a prendere K. all’inizio de Il processo, è difficilmente confutabile. Quest’ultimo, non capendo per quale colpa viene arrestato, continua a ribadire di essere del tutto innocente; insieme, però, sostiene anche di non conoscere la legge di cui le guardie parlano. Allora una di esse interviene, rivolta all’altra: «Lo senti, Willem, ammette di non conoscere la legge e intanto sostiene di essere innocente»408. L’osservazione della guardia è perfettamente coerente: come può K. respingere l’accusa di col- pevolezza se non sa quali azioni, una volta compiute, costituiscono un reato?

Il secondo aspetto sopra evidenziato – la collocazione degli individui ai margini del mondo civile e giuridico – merita invece un ulteriore approfondimento. Infatti, se all’interno dello Stato totalitario la legge comunque c’è e il principale problema sta nel riconoscerla e rispettarla, esistono contesti che si situano del tutto al di là della legge, oltre la legge.

Questa posizione oltre la legge è riservata a categorie di persone e luoghi specifici, con- siderati alla stregua di non-persone – è questo l’obiettivo del processo di sottomissione

407 Vedremo poi come un analogo rimprovero sia mosso da Hannah Arendt agli accusatori di Eichmann a

Gerusalemme, i quali lo giudicano colpevole prima che il processo abbia inizio.

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dell’uomo messo in atto dal Regime – e di non-luoghi. Non che tali contesti siano al loro interno caotici e privi di disciplina, al contrario; ma la norma vigente è per lo più opposta a qualunque norma sociale a noi nota. Qui, gli individui perdono definitivamente la connotazione di soggetti di diritto, diventando soggetti di un diritto che è totalmente altro rispetto al diritto degli Stati civili, e che difficilmente saremmo disposti a definire appunto “diritto”. D’altra parte, anche in questo frangente la logica applicata è particolarmente cogente: come può essere soggetto al diritto un chi che non è persona? Come disciplinare tramite norme un dove che non è un luogo? L’Ebreo, che alla fine degli anni ’30 o all’inizio degli anni ’40 giunge nel campo di con- centramento, è da tempo spogliato della propria connotazione di “soggetto di diritto”. Questo è solo il primo passo del suo annientamento, come testimoniato dall’emanazione delle leggi raz- ziali nel Reich tedesco e conseguentemente in Italia. Per mezzo di esse, la comunità ebraica – già sotto molti aspetti emarginata dal resto della società – viene ulteriormente spinta ai limiti del mondo civile, perdendo progressivamente prerogative e diritti che le Rivoluzioni dei due secoli precedenti hanno prepotentemente affermato. Parallelamente, se le deportazioni non co- minciano subito, i discorsi intorno alla superiorità di una certa razza su altre, alla base delle Leggi di Norimberga e del Manifesto della Razza, preparano il terreno ai successivi sviluppi. Così, la rapida “scomparsa” degli Ebrei dai territori occupati, prima all’interno dei ghetti e poi nei campi di concentramento, non destabilizza una società che è ormai abituata a guardare loro di traverso e che, già da qualche tempo, è propensa a trattarli diversamente da qualsiasi altro individuo. Quando poi le comunità ebraiche giungono nei Lager da differenti zone dell’Europa, la loro condizione non cambia, limitatamente allo statuto di soggetti di diritto. «Totalitarian domination sees to it that the categories gathered in the camps have already lost their capacity for both normal or criminal action»409: esse hanno già perso tutto, con l’unica differenza che, se prima vivevano ai margini di una società di diritto, ora vivono isolate da qualsiasi società e da qualsiasi diritto.

Nei campi di concentramento e di sterminio, però, non troviamo – è chiaro – solo Ebrei. I prigionieri sono scelti «outside the normal judicial procedure in which a definite crime entails a predictable penalty»410 e godono di privilegi differenti a seconda della categoria di apparte-

nenza. All’interno dei Lager, infatti, sono spesso presenti criminali, i quali «do not properly belong in the concentration camps, if only because it is harder to kill the juridical person in a

409 OT, cit., p. 447.

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man who is guilty of some crime than in a totally innocent person»411. Essi sono qui costretti non tanto dalla pena che devono scontare – a ulteriore riprova del fatto che i campi sono collo- cati al di fuori del sistema penale ordinario – ma per motivi alquanto differenti. Nei Lager, i delinquenti vanno a costituire una sorta di aristocrazia: coloro che si trovano ai margini della società civile a causa dei loro delitti sono reintegrati socialmente nel luogo in cui il delitto è la norma. D’altra parte, la loro posizione è – certo – giustificata anche dalla lunga esperienza che hanno della vita interna al campo, dato che la popolazione dei Lager è costituita tanto in Russia che in Germania, ancora in tempi non sospetti, proprio da criminali e politici412. Inoltre, mesco-

landosi a persone innocenti, mostrano a queste ultime di essere decadute al livello più basso della società, con l’unica differenza che esse sono private in toto della loro entità giuridica413,

mentre i criminali conservano ancora «a remnant of their juridical person»414.

È qui emersa una delle motivazioni principali della nostra fatica a comprendere l’istitu- zione dei Lager, il fatto che ivi siano rinchiuse soprattutto persone che non hanno fatto nulla per meritarlo. La stessa incapacità di comprensione nasce di fronte ai tanti attentati che vengono messi in atto ai nostri giorni: perché sono colpiti loro? Non sarei forse potuto essere io – non potrei forse essere io, la prossima volta – una delle vittime? E la giustificazione razziale o po- litica dei campi di concentramento non soddisfa la nostra sete di risposte, come non la soddisfa il riferimento alla sorte e alla contingenza nel caso degli attentati. La domanda resta: perché loro? Perché io sono nato cristiano e non ebreo o musulmano, e ciò che non ho scelto gioca ora a mio vantaggio, ora a mio svantaggio?

Le questioni potrebbero non finire, se solo continuassimo a seguire l’andamento del no- stro pensiero, ma non ci porterebbero lontano. La storia ci presenta i fatti, fatti che non sempre soddisfano la nostra conoscenza e i nostri desideri, e interrogarsi intorno ad essi ha senso nella misura in cui ciò allarga la prospettiva e consente di vivere e agire con consapevolezza. Bloc- carsi al “perché loro?” o al “e se succedesse a me?” né amplia i nostri orizzonti, né favorisce l’azione, motivo per cui è necessario – oltre che salutare – andare oltre. E tuttavia, frenare il pensiero è talvolta difficile, talaltra impossibile, e seguirlo per qualche momento, anche quando

411 Ivi, p. 448.

412 Cfr. ivi, p. 449.

413 Cfr. ivi, p. 450, dove Hannah Arendt sostiene come la divisione degli internati in categorie, che di fatto

risponde a esigenze organizzative, offra loro, d’altra parte, un appiglio, un punto di riferimento, perché «the inma- tes identified themselves with these categories, as though they represented a last authentic remnant of their juridical person». È importante, però, la sottolineatura per cui i prigionieri percepiscono tali divisioni as though, come se, simboleggiassero un residuo della loro personalità giuridica, là dove per il personale del campo esse non hanno che un valore pratico.

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ci porta lontano, non è mai per nulla. Questo è il motivo che mi spinge a lasciare un inciso che può forse apparire fuori luogo, ma che esprime – se non altro – la difficoltà di chi cerca di analizzare con freddezza e distacco ciò che non può non scaldare il cuore.

Ebbene, il fatto che nei Lager si incontrino anche criminali, dunque individui con una personalità giuridica definita, non contraddice l’obiettivo ultimo del Totalitarismo, quello di realizzare un dominio totale sull’uomo. Infatti, dato che storicamente i campi di concentramento si sono andati via via popolando di masse di innocenti, costituite in Germania – a partire dal 1938 – prevalentemente da Ebrei, mentre in Russia da gruppi «for any reason having nothing to do with their actions, incurred the disfavor of the authorities»415, possiamo dire che la ten- denza del Regime è proprio quella di recludere al loro interno, a lungo andare, solo innocenti. È questa l’esperienza che fa anche K. ne Il processo, dove viene chiamato in causa da un tribunale estraneo all’ordinario sistema giudiziario ed è da esso privato dei diritti che, di fronte a un qualsiasi giudice, dovrebbero essere garantiti all’uomo. Come nel caso dell’emanazione delle leggi razziali le proteste si levano deboli e poco numerose, così in Kafka nessuno inter- viene in soccorso del protagonista; o meglio, nessuno che non sia già parte integrante del si- stema che lo accusa e fedele a tale sistema. E progressivamente, anzi, lo stesso K. finisce per accettare la nuova condizione di soggetto-ad-altro-diritto, analogamente – lo vedremo – agli internati dei campi di concentramento, che si riducono a far propria la legge sui generis del campo.

In sintesi, «the destruction of a man’s rights, the killing of the juridical person in him, is a prerequisite for dominating him entirely»416: il dominio totale sull’intera popolazione, perciò, potrà avvenire solo distruggendo ogni residuo di diritto civile, in modo da rendere i cittadini quasi «outlawed in their own country as the stateless and homeless»417. In tal senso, sembra di poter concludere che, nel Regime totalitario, l’annullamento delle libertà fondamentali coin- volga solo in un primo momento categorie specifiche di individui, salvo poi estendersi all’intera popolazione civile. Oltre tutto, ad essere annullato è anche il libero consenso, tant’è che non soltanto l’opposizione al Regime, ma altresì l’adesione volontaria ad esso risulta, per certi versi, problematica. Il Lager è un monito e insieme l’emblema del potere del Totalitarismo, che qui mostra su larga scala quanto poco conti la distinzione tra colpevolezza e innocenza, tra infedeltà e fedeltà al governo. Infatti, se queste fossero categorie stabili, se la persecuzione si limitasse

415 Ibidem.

416 Ivi, p. 451. 417 Ibidem.

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sempre a certi gruppi sociali, tutto ciò «would make for a new system of justice, which, given any stability at all, could not fail to produce a new juridical person in man, that would elude the totalitarian domination»418.