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4.3 Il labile confine tra carnefice e vittima

4.3.1. Nemico oggettivo e delitto possibile

Violenza e terrore – come si è detto – costituiscono la cifra del Regime totalitario, carat- terizzato dalla loro persistenza anche nel momento in cui non vi sono più nemici reali da scon- figgere. Solo all’inizio esso si preoccupa dell’eliminazione degli avversari politici e concentra contro di loro le proprie forze, salvo poi orientare altrove i metodi brutali che gli sono propri. Allora, «after the extermination of real enemies has been completed and the hunt for “objective enemies” begun does terror become the actual content of totalitarian regimes»477. All’interno

non ci sono più nemici tali da rappresentare una minaccia per il governo, e così il terrore può manifestarsi in tutta la sua potenza contro coloro che la Arendt definisce “objective enemies”, nemici oggettivi. Questi sono le vittime di cui il Totalitarismo necessita per la sua sopravvi- venza, ma chi sono nello specifico?

Potenzialmente, chiunque può essere considerato ostile allo Stato e di conseguenza de- portato, quando non fatto immediatamente sparire. Concretamente, in realtà, i cosiddetti nemici oggettivi fanno parte di specifiche categorie, fissate dal Regime nella fase della formalizzazione della sua ideologia. Tuttavia, non rientrare in una di queste categorie non è indice di sicurezza, non implica il poter vivere senza preoccupazione alcuna circa la propria sorte, dato che si tratta di gruppi mobili e aperti, la cui definizione non è stabilita una volta per tutte. «The category of objective enemies outlives the first ideologically determined foes of the movement; new objec- tive enemies are discovered according to changing circumstances»478; infatti, il Nazismo e il

477 OT, cit., p. 422.

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Comunismo non prevedono alcun ritorno alla normalità una volta sterminati gli Ebrei o la classe borghese e, mentre si progetta e si attua la loro liquidazione, si individuano anche altri gruppi da eliminare. Per dare solo un’idea della grandezza del progetto, basti pensare che Hitler aspi- rava allo sterminio dei Polacchi e di alcune categorie di Tedeschi, mentre Stalin, conquistato il potere e uccisi i potenti di un tempo, si rivolge contro i kulaki e altri gruppi sociali479.

Ebbene, sono quindi definiti secondo precisi criteri ideologici se non altro i nemici che primariamente vengono presi di mira dalla polizia segreta, i quali sono additati come tali fin dagli anni precedenti all’ascesa al potere da parte del leader. Hitler, ad esempio, non nasconde mai l’avversione verso gli Ebrei prima del ’33, comportandosi «like a man who persistently insults another man until everybody knows that the latter is his enemy, so that he can, with some plausibility, go and kill him in self-defense»480. Essendo il popolo ebraico da tempo suo avversario giurato, le misure adottate contro di esso da Hitler, una volta al potere, divengono comprensibili alla luce dell’ipotetica minaccia che tale popolo da sempre costituisce.

In merito alle categorie da eliminare, c’è da aggiungere che la scelta delle stesse può apparire arbitraria a un osservatore esterno, là dove, invece, «the choice of such categories is never entirely arbitrary; since they are publicized and used for propaganda purposes of the movement abroad, they must appear plausible as possible enemies»481. Così, il combattere con- tro la presunta volontà ebraica di dominare il mondo o la gestione capitalistica dell’economia intercetta sicuramente l’approvazione di molti, e non soltanto in Germania o in Russia, ma an- che al di fuori dei rispettivi territori.

Da ultimo, si diceva che la nozione di nemico oggettivo è a tal punto ampia da non deter- minare mai compiutamente chi rientri nella categoria. Chiunque può, oggettivamente, essere un nemico da arrestare, e in quest’ottica si chiarisce anche la pratica del leader di far eliminare chi consegue un potere troppo grande e ha in precedenza avuto ruoli di comando. In casi del genere, è anzi frequente che i “nemici dello Stato” vengano citati in giudizio in tribunale, dove spesso manifestano quell’abnegazione, difficile da comprendere, di cui ci siamo occupati sopra.

The show trials which require subjective confessions of guilt from “objectively” identified ene- mies […] can best be staged with those who have received a totalitarian indoctrination that ena- bles them “subjectively” to understand their own “objective” harmfulness and to confess “for the sake of the cause”482.

479 Cfr. ivi, p. 425. Un Regime totalitario «is not a government in any traditional sense, but a movement, whose

advance constantly meets with new obstacles that have to be eliminated».

480 Ivi, p. 424. 481 Ibidem. 482 Ivi, p. 425.

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Come ne Il processo Josef K. e coloro che questi conosce nel corso del romanzo finiscono per arrendersi alla sua condanna, perché rientra nell’ordine delle cose e perché così opera il Sistema, parimenti quanti sono maggiormente impregnati della dottrina totalitaria accettano la loro stessa morte come qualcosa di positivo per il Regime, come la testimonianza ultima della loro fedeltà. Soggettivamente, essi comprendono la loro dannosità oggettiva e la necessità che conduce alla loro condanna, e l’obbedienza e il senso di abnegazione raggiungono un punto tale da non consentire più al soggetto di pensare autonomamente, mentre tutto è filtrato attraverso categorie totalitarie. Allora non fa problema essere giudicati colpevoli quando si è innocenti, come non fa problema rispettare l’ordine di trucidare un villaggio di donne e bambini: io non capisco il perché, ma il Regime non agisce mai senza motivo.

Dunque, vi è una differenza tra “nemico oggettivo” e “sospetto” analoga a quella tra “de- litto possibile” e “sospetto di reato”, entrambe indice della peculiare distinzione del Regime totalitario da quello dispotico. Infatti, «the “objective enemy” is defined by the policy of the government»483 e individuato dallo Stato indipendentemente dalle sue azioni, mentre il sospetto è tale in virtù delle sue azioni e indipendentemente dalla politica del governo. La differenza evidenziata ci consente perciò di guardare a un’altra categoria tipicamente totalitaria, quella di “delitto possibile”. Si tratta di una nozione soggettiva tanto quella di “nemico oggettivo”, nella misura in cui sono potenzialmente infiniti i delitti che un uomo può compiere, così come chiun- que può essere additato come ostile prescindendo dalle sue azioni.

Ora se, di norma, la decisione di arrestare qualcuno sulla base di un “sospetto di reato” è presa alla luce di prove concrete e mira a prevenire che un reato venga effettivamente compiuto, l’accusa di “delitto possibile” si estende per un raggio illimitato e non richiede evidenze a suo sostegno. Nel primo caso, si cerca di prevenire ciò che, altrimenti, quasi di certo accadrebbe nell’immediato; nel secondo caso, invece, la condanna va a toccare azioni non compiute, non progettate, spesso non pensate e forse nemmeno realizzabili. Per questo, i delitti possibili, al pari dei nemici oggettivi, sono individuati direttamente dallo Stato, e non dalla polizia.

In sintesi,

the totalitarian version of the possible crime is based on the logical anticipation of objective de- velopments. The Moscow Trials of the old Bolshevik guard and the chiefs of the Red Army were classic examples of punishment for possible crimes. Behind the fantastic, fabricated charges one can easily detect the following logical calculation: developments in the Soviet Union might lead to a crisis, a crisis might lead to the overthrow of Stalin’s dictatorship, this might weaken the

483 Ivi, p. 423.

157 country’s military force and possibly bring about a situation in which the new government would have to sign a truce or even conclude an alliance with Hitler484.

È chiaro che si tratta di fatti oggettivamente possibili ma, nel momento in cui si puniscono la guardia bolscevica o i comandanti dell’Armata Rossa, nulla lascia presagire quale debba essere il futuro del governo staliniano. Le possibilità sono potenzialmente infinite, e chiunque potrebbe allora essere punito per il suo ipotetico ruolo nell’altrettanto ipotetica caduta di Stalin e nelle vicende russe posteriori ad essa. Insieme, però, credo non ci si debba stupire di un modo di ragionare basato sulla nozione di “nemico oggettivo” e “delitto possibile”, che è pienamente in linea con il principio totalitario secondo cui tutto è possibile e conduce così «to the absurd and terrible consequence that every crime the rulers can conceive of must be punished, regard- less of whether or not it has been committed»485.

Su scala ridotta, il timore per un “delitto possibile” si rinviene anche nei rapporti sociali tra privati cittadini, sempre all’insegna della “provocazione”, nella misura in cui la persona con cui si parla potrebbe lavorare come spia per il Regime. Allora diventa necessario prestare grande attenzione a ciò che si afferma, essendo gli uomini facili alle denunce e potendo cia- scuno, in qualsiasi momento, essere accusato di un “possibile delitto” come “nemico ogget- tivo”.

Per concludere, richiamo una sottolineatura della Arendt circa il superamento, a un certo punto della vita del Regime totalitario, delle categorie analizzate in questo paragrafo:

Only in its last and fully totalitarian stage are the concepts of the objective enemy and the logically possible crime abandoned, the victims chosen completely at random and, even without being ac- cused, declared unfit to live. This new category of “undesirables” may consist, as in the case of the Nazis, of the mentally ill or persons with lung and heart disease, or in the Soviet Union, of people who happen to have been taken up in that percentage, varying from one province to an- other, which is ordered to be deported486.

Insomma, la macchina totalitaria della morte non è pensata per smettere di funzionare, bensì come cuore pulsante del Regime, che cessa di battere solo quando il Regime stesso crolla o che, al contrario, determina il suo crollo nel momento in cui non pompa più sangue.

484 Ivi, pp. 426-427.

485 Ivi, p. 427.

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