IL PROJECT FINANCING NELLA LEGGE N 109 DEL 1994 E SUCCESSIVE MODIFICAZIONI: LA FASE DELL'AFFIDAMENTO
1. La nuova disciplina della concessione: l’ambito oggettivo.
Come accennato nella precedente esegesi delle fonti normative, la disciplina del
project financing è stata introdotta dalla legge 11 novembre 1998, n. 415 (art. 11),
che ha aggiunto, dopo l'art. 37 della legge 11 febbraio 1994, n. 109, gli artt. da 37-bis a 37-nonies.
Si tratta di una serie di disposizioni che formalmente incidono sull‟istituto della concessione, introducendo tuttavia delle innovazioni che mutano radicalmente l‟assetto normativo preesistente e rappresentano certamente un passo in avanti verso la realizzazione di opere pubbliche senza oneri finanziari per la p.a., e dunque per un effettivo radicamento della tecnica del project financing, pur presentando numerosi problemi interpretativi.
Il project financing, come configurato nelle norme introdotte dalla legge n. 415 del 1998, si distingue dalla concessione di costruzione e gestione disciplinata dall'art. 19 della legge, di cui pure costituisce una species, oltre che per gli aspetti connessi al diverso procedimento per l'individuazione del concessionario, anche per la sostanziale diversità dei soggetti protagonisti, atteso che il project financing si caratterizza per la presenza di una pluralità di finanziatori, che determina la costituzione di un'entità economica distinta e quindi l'intersecarsi di moduli contrattuali differenti.
Per ciò che concerne la tipologia di interventi per i quali è possibile il ricorso all'istituto, l'art. 37-bis dispone che le proposte possono riguardare la realizzazione di lavori pubblici o di pubblica utilità, inseriti nella programmazione triennale di cui all'art. 14, comma 2, ovvero negli strumenti di programmazione formalmente approvati dall'amministrazione aggiudicatrice sulla base della normativa vigente. La nozione di opera pubblica in dottrina viene individuata sulla base di un duplice
riferimento fondato sulla natura pubblica del soggetto attuatore e sul rapporto tra l'opera ed un determinato interesse pubblico, cioè il profilo finalistico146. Quanto all'elemento soggettivo, ai fini della qualificazione di un'opera come pubblica è necessaria sia l'esecuzione da parte dello Stato o da parte di altro ente pubblico, sia la relativa appartenenza.
L'elemento finalistico invece risponde alla necessità che l'opera sia destinata alla soddisfazione di un interesse pubblico.
La legge 109 del 1994 ha poi dato una definizione che prescinde dall'elemento finalistico e si incentra sull'elemento soggettivo e sulla tipologia di attività, assorbendo la nozione di opera pubblica in quella di lavori pubblici. Questi ultimi, infatti sono individuati, dall'art. 2 comma 1, con riferimento all'affidamento da parte dei soggetti di cui al comma 2 ed alle attività di costruzione, demolizione, recupero, ristrutturazione, restauro e manutenzione di opere ed impianti, anche di presidio e difesa ambientale e di ingegneria naturalistica.
Sotto tale profilo non ha alcun rilievo la natura pubblica o privata del soggetto, essendo molti enti aggiudicatori soggetti privati (es. le società miste), pur rilevando ad altri fini il carattere privato delle opere.
In giurisprudenza si registrano talune prese di posizione che hanno ritenuto l'interesse pubblico ai sensi dell'art. 16, legge 6 agosto 1967, n. 765 individuabile per la sua rispondenza agli scopi perseguiti dall'amministrazione, prescindendosi dalla qualità pubblica o privata dei soggetti147, mentre in altri casi l'espressione impianti di interesse pubblico è stata interpretata in senso restrittivo, facendo rientrare nella nozione solo gli interventi che seppure eseguiti da privati corrispondono a compiti assunti direttamente dalla pubblica amministrazione148.
L'opera di pubblica utilità e quindi i lavori di pubblica utilità, sono stati individuati con riferimento al solo profilo finalistico, cioè al perseguimento di un interesse pubblico mediante la realizzazione dell'opera o l'esecuzione di lavori che non comportino un risultato in termini di opera, prescindendo dal soggetto esecutore che potrebbe quindi anche essere un privato149.
In tale ottica, sotto il profilo soggettivo, si considerano opere di pubblica utilità, quelle realizzate da soggetti che, pur se non formalmente pubblici in base ai canoni ermeneutici interni, possiedono una rilevanza pubblicistica, in quanto fungono da strumento alternativo, rispetto agli organi classici della P.A., per la realizzazione di compiti di questa mediante l‟utilizzazione di fondi pubblici.
146 A. ACQUARONE, Enti locali sostituti dello Stato nell'esecuzione di opere
pubbliche, in Rass. dir. pubbl., 1960, 563, nn. 3-4-6; G.ROEHRSSEN, I lavori pubblici, cit., 3 e ss., S. GIACCHETTI, Profili funzionali della concessione di costruzione di
opere pubbliche, in Arch. giur. oo. pp., 1976, II sem., I, 96 e ss.
147 Così è stato qualificato tale l'edificio che soddisfa funzionalmente l'interesse turistico, la cui
rilevanza pubblica ne è strettamente connessa da Cons. Stato, Sez. IV, 6 ottobre 1983 n. 700, in Riv.
giur. ed., 1983, I, 971; T.A.R. Trentino Alto Adige, 4 luglio 1990 n. 319, in Foro amm., 1991, 101.
148 In tal senso Cons. Stato, sez. V, 11 dicembre 1992 n. 1428, in Cons. Stato,
1992, 12.
149 Cfr. A.CIANFLONE, L'appalto di opere pubbliche, Milano, 1988, ed. VIII, 85 "ogni opera
pubblica è certamente un'opera di pubblica utilità ma non ogni opera di pubblica utilità è un'opera pubblica. D'altra parte, l'opera di pubblica utilità, quando eseguita dal privato, lo è per scopi privati; solo che essa è atta soddisfare anche un interesse pubblico".
Una serie di istanze sociali riconosciute dall'ordinamento hanno comportato che si è giunti all'utilizzazione di procedure conformi o analoghe per opere pubbliche e per opere che tali non sono, pur soddisfacendo in senso lato un interesse pubblico.
Nella tradizione legislativa e giurisprudenziale sono state quindi considerate opere private di pubblico interesse, le opere non destinate a soddisfare un interesse diretto dell‟amministrazione, ma collegate ai compiti dello Stato sociale.
Appartengono a tale categoria gli interventi di edilizia residenziale realizzati nei piani di zona di cui alla legge 18 aprile 1962, n. 167, o quelli destinati al passaggio nel patrimonio comunale (art. 35 della legge 22 ottobre 1971, n. 865).
L‟edilizia residenziale pubblica è un campo paradigmatico.
In tale ambito la dottrina tradizionale distingue a seconda che l'attività venga svolta in modo diretto dallo Stato o da altro ente pubblico, attraverso la costruzione di alloggi realizzata direttamente, nel qual caso si hanno vere e proprie opere pubbliche, o in modo indiretto, attraverso la concessione di agevolazioni e benefici più o meno vasti a terzi che realizzano in nome proprio le costruzioni, nel qual caso possono aversi opere pubbliche, se il terzo è un soggetto pubblico, o di pubblica utilità se il terzo è un soggetto di diritto privato150.
La distinzione, apparentemente netta, è stata offuscata con l‟avvento del decentramento regionale, per cui un orientamento giurisprudenziale, argomentando dal fatto che l'art. 87 del D.P.R. n. 616 del 1977 ricomprende l'edilizia residenziale pubblica tra i lavori pubblici di interesse regionale, teorizzò che per opera pubblica "deve intendersi qualsiasi intervento sul territorio, singolo o complesso, purché facente capo ad un ente pubblico e correlativamente rispondente ad una funzione di pubblico interesse"151.
La giurisprudenza successiva, sulla scia della dottrina più risalente, ha escluso ogni necessaria equiparazione tra opera pubblica ed edilizia economica e popolare, ritenendo che l'interesse pubblico connesso agli interventi sarebbe suscettibile di qualificare le relative opere come di pubblica utilità, non come opere pubbliche in senso stretto152.
150 Con l'ulteriore precisazione che per attività svolta direttamente si allude ai casi nei quali la
legge prevede che la costruzione degli alloggi sia a totale carico del finanziamento pubblico; mentre nel caso di attività svolta in modo indiretto ci si riferisce ai casi nei quali per legge l'intervento pubblico si esplica attraverso alcune attività di carattere positivo che agevolano sotto il profilo finanziario (concorsi, contributi, mutui etc.) o sotto altri profili che pure finiscono con l'avere riflessi finanziari (espropriazioni, etc.), l'attività costruttiva di altri soggetti (G. ROEHRSSEN, Edilizia popolare
ed economica, , in Enc. giur. Treccani, Roma, 1990, vol. XVIII). Da tale distinzione discende che nel
caso di qualificazione dell'intervento come opera pubblica, le costruzioni sono soggette alle regole che disciplinano l'attività degli enti pubblici che le realizzano. Per cui in questi casi l'esecuzione delle opere deve avvenire attraverso i consueti sistemi dell'appalto o della concessione, mentre nel caso di intervento indiretto la realizzazione avviene in forma tendenzialmente libera, seppure il T.U. 28 aprile 1938, n. 1165, contiene una serie di disposizioni applicabili a qualsiasi ente che costruisca case economiche e popolari con il contributo erariale, quali ad es. l'art. 76 in base al quale le cooperative devono appaltare i lavori a licitazione privata (art. 76), l'art. 78 che prevede che tutti gli enti costruttori devono seguire le norme del R.D. 25 maggio 1895, n. 350, sulla direzione, contabilità e collaudo dei lavori, norme peraltro coerenti con la segnalata tendenza ad una certa omogeneizzazione normativa tra la disciplina delle opere pubbliche e quella delle opere di interesse pubblico.
151 T.A.R. Lombardia, 7 novembre 1979, n. 879, in Trib. amm. reg., 1980, I, 126, confermata da
Cons. Stato, sez. IV, 13 ottobre 1986, n. 661, in Cons. Stato, 1986, I, 1447.
In sostanza la funzione dell'edilizia economica e popolare, di soddisfazione immediata di bisogni collettivi, implica che le relative opere costituiscano di per sé ed immediatamente strumenti di soddisfazione dell'interesse pubblico ma non determina la piena equiparazione di tali opere alle opere pubbliche, bensì la sussistenza per alcuni versi di un regime di equipollenza, quanto meno in termini procedurali153, attestato dall‟estensione della normativa comunitaria, in base all‟art. 7 del D.Lgs. 19 dicembre 1991, n. 406 che, in termini analoghi alle previsioni della legge 584/1977, ne ha previsto l‟applicazione ai grandi programmi di edilizia residenziale pubblica che richiedono l'apporto collaborativo dell'imprenditore esecutore.
Pertanto sotto tale profilo si considerano opere pubbliche le opere destinate ad una fruizione da parte dell'intera collettività (strade, acquedotti, scuole etc...), mentre per opere di pubblica utilità si intendono quelle destinate ad una fruizione individuale che però soddisfa un interesse generale come appunto nel caso dell'edilizia residenziale pubblica.
Il testo unico sull'espropriazione D.P.R. 8 giugno 2001, n. 327, disciplina (art. 1) l'espropriazione, anche a favore di privati, dei beni immobili o di diritti relativi ad immobili per l'esecuzione di opere pubbliche o di pubblica utilità, mantenendo la distinzione tra le due categorie di opere.
L'art. 36 del predetto testo unico considera opere private di pubblica utilità, le opere che rientrano nell'ambito dell'edilizia residenziale pubblica, convenzionata, agevolata o comunque denominata e nell'ambito dei piani di insediamenti produttivi di iniziativa pubblica, nonché tutte le altre opere private di pubblica utilità non appartenenti ad una di queste categorie. Solo per quest'ultima categoria di opere si ha una differenza nelle regole procedurali, in quanto l'indennità di esproprio è determinata nella misura corrispondente al valore venale del bene e non si applicano le altre disposizioni relative alla determinazione dell'indennità154.
Nel caso della concessione di lavori pubblici, la soluzione è legata alla qualificazione
rilievo della connotazione funzionale, in virtù della quale l'opera pubblica è quella destinata al perseguimento di fini pubblici predeterminati, è stato ritenuto che in materia di edilizia residenziale pubblica convenzionata tale connotazione funzionale manca del tutto, sia sotto il profilo formale, non essendovi una esplicita qualificazione in tal senso da parte dell'ordinamento, sia sotto il profilo sostanziale, in quanto ciò che risponde a finalità di pubblico interesse è l'attività edilizia globalmente ed astrattamente considerata e non i singoli fabbricati che in concreto vengono realizzati (Cons. Giust. Amm. Reg. Sic. 4 dicembre 1992 n. 394, in Cons. Stato, 1992, I, 1206). Pertanto gli interventi di edilizia residenziale convenzionata ed agevolata, sono stati considerati non meritevoli ex se della qualificazione propria di opera pubblica (Cons. Stato, sez. IV, 27 marzo 1984, in Cons. Stato, 1984 I, 257; T.A.R. Lazio 5 giugno 1985, n. 705, in Trib. amm. reg., 1985, I, 2046; T.A.R. L'Aquila 9 settembre 1983, n. 272, ibidem, 1983, I, 3267; T.A.R. Napoli 18 febbraio 1981, n. 180, ibidem, 1981, I, 1385).
153 Regime già presente nella legislazione del T.U. 28 aprile 1938, n. 1165, e successivamente
avvalorato dal legislatore con la legge 8 agosto 1977, n. 584. Quest'ultima legge, consentiva infatti di applicare le procedure di adeguamento alla normativa comunitaria in materia di appalti pubblici, a quella parte di edilizia residenziale pubblica in cui la progettazione e costruzione di un complesso di alloggi di importo superiore ad un miliardo veniva aggiudicata dallo Stato, da aziende autonome, da enti pubblici o locali, a condizione che il piano, per entità, complessità e durata dei lavori, fosse stabilito fin dall'inizio di concerto con l'appaltatore (T.A.R. Abruzzo, 9 settembre 1983, n. 272, in Trib.
amm. reg., 1983, I, 3267).
154 Cfr. R. DE NICTOLIS, in F. Caringella - G. De Marzo - R. De Nictolis - L. Maruotti,
L'espropriazione per pubblica utilità - Commento al testo unico emanato con il decreto del Presidente della Repubblica 8 giugno 2001, n. 327 come modificato dal D.Lgs. 302/2002, II ed., Milano, 2003, 8.
delle utilità che l‟opera è destinata a soddisfare in termini di servizio pubblico.
In particolare, allorché le opere siano strumentali alla gestione di un pubblico servizio, le stesse si qualificano come “opere di pubblica utilità”, ossia opere di pertinenza, diversamente dalle opere pubbliche, di soggetti non pubblici ma ciò nondimeno funzionali al soddisfacimento di interessi pubblici155.
Si tratta quindi di opere, realizzate dai soggetti individuati dall'art. 2, comma 2, della legge 109, qualificabili come organismi di diritto pubblico (art. 2, comma 6, lett. a), cioè società con capitale pubblico, in misura anche non prevalente, che abbiano ad oggetto della propria attività la produzione di beni o servizi non destinati ad essere collocati sul mercato in regime di libera concorrenza (comma 2, lett. b) e soggetti privati, relativamente a lavori di cui all'allegato A del D.Lgs. 19 dicembre 1991, n. 406, per la cui realizzazione sia previsto, da parte dei soggetti di cui alla lett. a), un contributo diretto e specifico, in conto interessi o in conto capitale che, attualizzato, superi il 50% dell'importo dei lavori (comma 2 lett. b).
Il riferimento alla nozione di lavori di pubblica utilità di cui all'art. 37-bis, ed all'art. 19 comma 1, andrebbe quindi riferito anche alle opere realizzate da tale categoria di soggetti privati.
Ma tale soluzione, oltre ad essere in contrasto con l'art. 2 comma 2 e con la consolidata configurazione della concessione e della società mista quali strumenti tra loro alternativi, è chiaramente smentita dallo stesso art. 37-bis, dal quale si desume che l'istituto è utilizzabile unicamente dagli enti e dalle amministrazioni pubbliche di cui all'art. 2 comma 1 lett. a), poiché in base all'espressa previsione dell'art. 2 comma 6 lett. c) soltanto a questi soggetti può riferirsi il termine "amministrazioni aggiudicatrici", utilizzato dall'art. 37-bis per indicare i soggetti destinatari della proposta.
In sostanza la definizione di lavori pubblici contenuta nell‟art. 2 della legge, con l‟estensione dell‟ambito soggettivo e con il superamento della connotazione pubblicistica formale, sembra non lasciare spazio ai lavori di pubblica utilità, la cui nozione resta assorbita in quella di lavori pubblici.
A questo deve aggiungersi che la proposta deve riguardare lavori pubblici inseriti nella programmazione triennale di cui all'art. 14, comma 2, ovvero negli altri strumenti di programmazione che, anche se intesi in un'accezione lata comprendente i piani urbanistici, sono comunque strumenti esclusivi delle amministrazioni156. Pertanto lo strumento non potrebbe essere utilizzato da una società mista, atteso che
155 Cons. Stato, sez. VI, 28 ottobre 1998, n. 1478, in Urb. e App., n. 12/1998, 1358, cfr. pure
Cass., sez. un., 6 maggio 1995, n. 4989, in Foro it., 1996, I, 1364, con nota di F. Caringella, Le società
per azioni deputate alla gestione dei servizi pubblici: un difficile compromesso tra privatizzazioni e garanzie, che pur giungendo a conclusioni diametralmente opposte rispetto al Consiglio di Stato per
quanto riguarda il problema della giurisdizione, negando il carattere di funzione pubblica alla procedura di scelta dell'esecutore, in una fattispecie concernente la realizzazione da parte di una società mista di strutture, opere ed aree attrezzate destinate al servizio parcheggi, ha ritenuto tali opere qualificabili non come opere pubbliche ma piuttosto come opere private di pubblico interesse, "in quanto contrattualmente vincolate all'esercizio del servizio pubblico dei parcheggi e destinate, sia pure al termine di un lunghissimo periodo di tempo, a diventare di proprietà comunale".
156 Rilevano S.AMOROSINO -R.SCIUTO, op. cit., 69 che la precondizione posta dal legislatore
consistente nella necessaria comprensione delle opere oggetto di proposta nel programma triennale di interventi dell'amministrazione, esclude implicitamente che la proposta possa riguardare anche opere di pubblica utilità.
la stessa non rientra nel novero delle amministrazioni aggiudicatrici di cui all'art. 2, comma 1, lett. a), essendo ricompresa nella successiva lett. b)157.
La definizione contenuta nella norma sembra piuttosto il riflesso della progressiva assimilazione, sia sotto il profilo delle procedure di affidamento che sotto quello della giurisdizione, anticipata dall'art. 19, del D.L. 25 marzo 1997, n. 67, convertito con modificazioni in legge 23 maggio 1997, n. 135 e poi confermata dal D.Lgs. n. 80 del 1998 e dalla legge n. 205 del 2000, delle opere di pubblica utilità alle opere pubbliche.
In proposito va considerato che mentre l'art. 19 comma 2 nell'identificare l'oggetto della concessione di lavori pubblici si riferisce anche ai lavori ad essi strutturalmente e direttamente collegati, pure ai fini della gestione funzionale ed economica, l'art. 37-
bis si limita a riferirsi alla realizzazione di lavori pubblici (o di pubblica utilità); si
tratta tuttavia di un mero difetto di coordinamento risolvibile tramite il richiamo operato dallo stesso art. 37-bis ai contratti di concessione di cui all'art. 19, comma 2 che comprende quindi anche le opere strumentali o complementari rispetto all'opera pubblica.
Probabilmente il legislatore ha inteso usare l'espressione lavori di pubblica utilità, in senso atecnico, per estendere la gamma degli interventi realizzabili con tale sistema (es. edifici per la cultura, lo sport etc.).
La necessità di conferire all‟espressione “lavori di pubblica utilità” una portata effettiva, impone un ripensamento della tradizionale accezione, nel senso di un‟estensione della nozione di lavori di pubblica utilità tale da ricomprendere interventi che pur non rispondenti ad un interesse diretto del soggetto aggiudicatore, si caratterizzano per le finalità di interesse generale, la fruizione pubblica e l‟appartenenza pubblica, anche attraverso il trasferimento all‟amministrazione dell‟infrastruttura al termine della concessione.
Il problema è stato spesso affrontato da un punto di vista urbanistico, nell‟ambito del quale si pongono implicazioni analoghe.
Così nell‟ipotesi in cui, soprattutto nei Comuni minori, lo strumento urbanistico individua un‟unica zona riservata ad interventi pubblici e privati di uso pubblico, (es. scuole, attrezzature sportive e ricreative, cinema, teatri), la compatibilità urbanistica di strutture alberghiere o turistico-ricreative dipende dalla possibilità di ricomprendere tali interventi tra quelli destinati a finalità di carattere generale.
All‟elemento derivante dalla generalizzata usufruibilità pubblica di tali strutture, si contrappone, il rilievo secondo cui lo scopo di lucro perseguito dal privato imprenditore con la realizzazione dell‟opera, potrebbe non considerarsi compatibile con l‟elemento che consente di qualificare d'interesse pubblico l‟opera eseguita dal privato, cioè la finalizzazione al soddisfacimento, in via immediata e diretta, di tale interesse pubblico.
D‟altra parte l'interesse generale di un Comune si esprime anche nello sviluppo delle risorse dell‟economia locale e quindi si traduce in un interesse a favorire
157 Secondo S.AMOROSINO -R.SCIUTO, op. cit., 70, le società miste rientrerebbero invece nel
novero dei soggetti legittimati a presentare proposte, purché abbiano come oggetto sociale la realizzazione di infrastrutture, eventualmente anche nell'ambito di interventi di trasformazione urbana qualora le opere pubbliche siano inserite in tali interventi. In senso conforme F. CARINGELLA, in AA.VV., La nuova legge quadro sul lavori pubblici, cit., 1258.
l‟incremento del flusso turistico, cui sono preordinate le strutture necessarie per la ricettività turistica.
Su questa base la realizzazione di strutture turistiche, specie in località dove è notevole l'afflusso turistico, può ritenersi suscettibile di soddisfare un pubblico interesse, ravvisandosi nella possibilità di avvalersi della procedura espropriativa, un indice del carattere di pubblico interesse, pur in assenza del carattere pubblico dell‟opera158.
Il riferimento ai lavori collegati induce inoltre a ritenere comunque comprese nella nozione le opere di urbanizzazione, alcune delle quali, per essere suscettibili di redditività (es. mercati, delegazioni comunali, impianti sportivi, attrezzature culturali) possono presentare un indubbio interesse ai fini dell‟apporto del capitale privato, aprendo al mercato un settore finora precluso, in quanto le opere di urbanizzazione, quando realizzate dai privati, sono state sempre sottratte all‟applicazione della disciplina degli appalti pubblici.
Lo stesso riferimento potrebbe assumere una più ampia accezione, intesa a consentire la realizzazione anche di opere per attività di carattere commerciale, di servizi etc. che non hanno attinenza con l'interesse pubblico alla cui soddisfazione è destinata l'opera principale; ovviamente per la realizzazione di tali opere il concessionario potrà avvalersi dei vantaggi del collegamento con l'opera pubblica in primo luogo in termini di dichiarazione di pubblica utilità, indifferibilità ed urgenza e di variante al piano regolatore. Si tratta di una specifica disposizione volta ad agevolare il project